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Autore: hugmejameshoran    08/10/2020    0 recensioni
“Bo, devi alzarti!”
Il bussare incessante rendeva difficile continuare a dormire. Mi coprii ancora di più con le coperte, gli occhi ancora serrati, cercando alla cieca un cuscino da scagliare sulla porta. Rotolai a sinistra col mio corpo, toccando la fine del letto con le punta dei piedi. Occupavo metà del materasso ed era confortevole.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Bo, devi alzarti!”

Il bussare incessante rendeva difficile continuare a dormire. Mi coprii ancora di più con le coperte, gli occhi ancora serrati, cercando alla cieca un cuscino da scagliare sulla porta. Rotolai a sinistra col mio corpo, toccando la fine del letto con le punta dei piedi. Occupavo metà del materasso ed era confortevole.

“Bo!”

Stavo comoda.

“Ancora cinque minuti, mamma”, gemetti.

Delle mani afferrarono il mio piumone, ma ben presto persi quella lotta a braccio di ferro. Il vincitore stava con le mie coperte strette al petto, tenendole in ostaggio fino a quando non le reclamai. Abituai gli occhi prima che aprisse le tende sottili della finestra, sopra la mia scrivania ingombra. Mi rannicchiai frustrata, cercando di farmi a sfera.

“Non sono tua madre! E se non ti alzi subito arriverai in ritardo! ANCORA!”

Le sopracciglia di Tiff erano sollevate, attendendo una risposta impaziente e battendo un piede a terra.

“Che ora è?” borbottai.

Avevo la gola secca e sentivo come se avessi appena attraversato il deserto. Probabilmente dovevo accendere il riscaldamento durante la notte, ma mi piace sentirmi infagottata quando fuori è brutto tempo.

“Sono le 9:45”

Chiusi gli occhi per una frazione di secondo, prima di comprendere l’ora ed irrigidire il corpo.

“Merda!”

Lasciai improvvisamente la mia posizione rannicchiata e mi alzai di scatto, quasi cadendo nella fretta di lasciare il letto. Raccolsi freneticamente le scarpe e gli oggetti da portare in bagno, spazzolino da denti, spazzola, deodorante, elastico.

Tiff se ne stava ferma, mentre correvo intorno a lei per prepararmi, consapevole che una sua mossa sarebbe stata bersaglio di uno scontro per la mia fretta. Era meglio per lei rimanere ferma.

La cucina sembrava occupata; l’aroma di pane tostato fu sufficiente per far brontolare dalla fame il mio stomaco. Ma non avevo tempo per mangiare. I miei piedi inciamparono nei pantaloni del pigiama troppo lunghi, mentre percorrevo il corridoio. Sentivo la possibilità di arrivare in tempo al seminario quella mattina, fino a quando non vidi la porta del bagno chiudersi davanti a me.

“Nooo!”

Quasi sprofondai sul pavimento per la sconfitta; i secondi scorrevano ed io non volevo deludere nuovamente il mio professore arrivando in ritardo.

“Rob, esci dal bagno, non voglio arrivare in ritardo!” bussai alla porta.

Sapevo che era lui perché lo sentivo canticchiare un brano di Miles Kane. Al campus la mia stanza era accanto alla sua, da cui, quasi ogni sera, sentivo cantare “Arabella” (se c’era lui). E Tiff si affacciava sempre da due porte più giù per dire a Rob, non molto educatamente, di star zitto.

“Forse dovevi alzarti prima?” disse sopra il rumore della doccia.

Volevo strozzarlo.

“Grazie per la tua perspicacia! Ora esci!”

Come coinquilino, era pessimo. Non l’ho mai visto portar fuori la spazzatura, e quasi sempre c’è una scia di briciole che porta dalla cucina alla sua stanza. Sono sorpresa dal fatto che non sia infestata da topi. Ma non si può mai sapere, prendendo in considerazione che non si intravede il tappeto per colpa dei mucchi di vestiti non lavati in giro per la sua stanza.

“Andiamo, Rob. Non posso andare ad un altro seminario puzzando di letto. La gente comincia a starmi lontano.”

Tiff stava ancora nella mia porta, osservando ciò che stava succedendo di fronte a lei. Poi entrò un attimo dentro la stanza, per poi apparire di nuovo, questa volta senza le coperte che mi aveva strappato prima da sopra. Camminò lungo il corridoio, prendendomi per il polso e portandomi con lei.

“Andiamo” mimò Tiff.

La sua stanza era immacolata, tutto ordinato, libri e cartelline foderate negli scaffali. Sulla sua bacheca c’era un calendario di lavoro con degli eventi sociali, affiancate a delle collane e gioielli. Una pulita lista “da fare”, di un blu acceso, era sulla sua scrivania, con una quantità spaventosa di elenchi puntati. Potevo solo sperare di finire il mio primo anno, in quel momento. Senza la pressione di un lavoro su dei post-it. Alemno allora avrei avuto delle idee con delle scadenze e qualche ricerca da fare.

C’è un cuscino del Chelsea Football Club sul letto rifatto di Tiff. Non ho mai amato molto il calcio come sport, ma il cameratismo dei tifosi è una cosa che ho assistito molte volte davanti alla TV, in camera.

“Apri”, disse Tiff.

Un pezzo di gomma fu ficcato dentro la mia bocca e la masticai un paio di volte, prima che lei controllasse scrupolosamente il mio respiro. Si stropicciò il naso, prima di ficcarmene un altro pezzo tra le labbra.

“Ehi” dissi imbronciata.

Mi ignorò fino a quando non ebbe finito il suo compito; portarmi ad un livello di igiene soddisfacente per una seduta di un seminario. Non che sia importante per la maggior parte dei ragazzi che erano rotolati giù dal letto, di mattina presto o nel tardo pomeriggio, non c’era differenza tra lo stato dei loro capelli.

“Solleva le braccia”

Sono in top con un reggiseno sportivo sotto. Le mie ascelle vennero spruzzate di deodorante, prima di infilarsi dentro un maglioncino marrone. Una volta che le maniche ebbero coperto le mie braccia, piagnucolai quando Tiff cominciò a pettinarmi. Lasciai i pensieri dolorosi fuori dalla mia mente, osservando le foto del suo anno sabbatico, attaccate al muro accanto al letto. Lei ha due anni in più della maggior parte delle matricole, ed anche se io sono un anno in meno di Rob, abbiamo assunto una responsabilità materna verso di lui. Dio solo sa quanto lui ne abbia bisogno.

Tiff ha promesso che una volta finita l’università, avremmo viaggiato insieme. Ci sono ancora posti che lei non ha visitato, ed io voglio andare con lei. E’ il modo per tenermi in movimento per qualche giorno, guardando foto sulle riviste dei viaggi, avendo l’ispirazione per scrivere un altro paragrafo del saggio, prima di crollare nel mio letto.

Aveva scherzato riguardo le probabili dimensioni della mia valigia, e alla quantità di cose che mi sarei portata dietro per il viaggio ritenendole necessarie all’estero. Quando accennai alla mia pila traballante di romanzi di fantasia, scosse la testa sorridendo.

“Non hai bisogno di portarti dietro i libri, avremo la nostra avventura.”

I capelli annodati sparirono, e quando mi guardai allo specchio vidi che Tiff mi aveva raccolto i capelli in una coda di cavallo.

“Credi possa andar bene?” chiesi esitante.

Avrei dovuto saperlo, che quando avevo detto che avevo intenzione di cambiare i miei capelli, Tiff ci avrebbe messo tutto per farlo. Con una rapida occhiata noti i suoi capelli legati in un elastico e raccolti con un foulard. Ha un piercing al naso, quasi come una principessa persiana, metà iraniana, ma con le caratteristiche di un bel paio d’occhi castani.

“Metterai tutti ko.” Disse sorridendo.

Era un biondo scuro. Non avevo avuto coraggio di farmi tutta platino. Mia mamma avrebbe avuto uno spavento se solo fossi tornata a casa questo fine settimana con i capelli più corti e di un biondo abbagliante.

“James lo amerà” mi incoraggiò.

“Non l’ho fatto per lui.”

La risposta fu istantanea ed automatica; aver convinto me stessa di compiacermi. Non è per nessuno, soprattutto non per qualche maschio. Quello che ho scelto di indossare, lo stile dei miei capelli, lo smalto, è per me.

“Lo so” sorrise.

Tiff capì. Da quello che avevo capito, lei non era una che si adattava, e sentivo che il suo stile non convenzionale ricadeva su di me.

“Mi vuoi parlare di lui?”

“Di lui chi?” chiesi, mentre mettevo il burro cacao.

“Del ragazzo che ti sei lasciata alle spalle.”

Il suo nome non doveva essere nominato. Anche con un nuovo inizio, non riuscivo ancora a mantenere il muro che avevo costruito per tenere i pensieri verso di lui a bada. Il mio stomaco si attorcigliò, ed ogni tentativo di apparire normale era inutile. Ero abbastanza sicura che avevo cambiato colorito in viso, e tutto quello che volevo era fuggire da quella situazione. Avevo sperato di dimenticarlo, ma lui era ancora lì; supplicandomi di non cancellare tutte le conversazioni insignificanti e i tocchi che abbiamo vissuto.

“Non ho…non c’era nessuno…”

La mia incapacità nel guardarla negli occhi aveva detto tutto.

“Bo, non sono stupida. Mia madre dice che ho un dono per questo genere di cose.”

“Ovviamente…” sorrisi.

“Ti ho vista con James, quando arriva e ti sorprende” la sua voce si addolcì.

“Quando tu vaghi con lo sguardo deluso, quasi come volessi fosse qualcun altro.”

Ingoiai il groppo in gola. So dove vuole arrivare con questa conversazione, ma voglio abbandonarla.

“L’altro ragazzo”, concluse Tiff.

La mia mente mi permise di dare uno sguardo ai vecchi ricordi che tenevo nel ‘bunker’. Lui mi sorride, ed ho subito voglia di interrompere i ricordi, sbattendogli la porta in faccia. E vengo alla conclusione che lui per me non sarà mai ‘L’ALTRO ragazzo’, ma sarà sempre ‘IL ragazzo’.

“Non è più importante.”

“La vostra mancanza dice il contrario.”

Gli occhi simpatici di Tiff e il suo tono di voce non mi tranquillizzavano, non fui mai tanto grata di sentire la voce allegra di Rob.

“Lo sai che hai due minuti, giusto?”

Si appoggiò alla porta con le braccia incrociate al petto. Aveva una macchia di dentifricio sul davanti della sua camicia pulita e portava una tuta.

“Ugh.”

Mi scossi passando accanto a lui, attraverso la porta, Rob alzò le mani in segno di resa per darmi ragione. L’odore del toast bruciato usciva dalla cucina, e non mi sorprese il fatto ci fosse l’americano calmo dell’ultima stanza. Mi fece un cenno con la testa e precipitò un ‘buongiorno’, quando passai svelta accanto a lui.

Ebbi appena il tempo di mettermi i jeans e le converse, prima di afferrare la borsa e correre lungo il corridoio fino alla porta d’ingresso. Uscita, mi caricai di un’adrenalina primaverile.

“Faremo colazione quando sarai di ritorno!” sentii urlare Tiff dietro di me.

Era insieme a Rob, che stava sgranocchiando dei biscotti.

“Va bene!”

Sono sicura che tutto il nostro chiasso, di “mattina presto” abbia svegliato tutti gli studenti del piano di sopra, ma non voglio averci a che fare, perché ero di nuovo in un ritardo pazzesco.

“Corri, Bo! Corri!” gridò Rob, mettendo le mani a coppa.
  
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