Occhio!
Un occhio. Tutto quello che
gli restava di lui era un occhio. L’iride color cioccolato fissava un punto
indefinito, perduto nell’oscurità circostante. In mezzo alla stanza, un
intricato disegno; un sovrapporsi di linee e di cerchi, che formavano quello
che era stato un pentacolo, ora mezzo cancellato dal fuoco che era divampato
qualche minuto prima.
Giuseppe, come la maggior parte
dei ragazzi, non credeva a scemenze del
genere: tavole ouija, rituali bizzarri… Erano una buffonata ideata per
spaventare le persone in un ambiente controllato. Non nascondeva quindi la sua
disapprovazione per chiunque avesse un parere contrario al suo.
Questo finché non aveva incontrato
Marco. Carismatico seppur inquietante, l’aveva subito preso in simpatia e, dopo
qualche uscita e qualche birra insieme, non sapeva come, lui lo aveva convinto
a provare un rituale.
“Niente di serio” gli aveva detto,
mentre preparava il necessario. “Solo un po’ di brivido, è la tua prima volta. Non
capiterà niente di male”.
Le ultime parole famose.
Non aveva la più pallida idea di
come fosse davvero accaduto; Marco aveva acceso un fuocherello al centro del
pentacolo, iniziando a recitare parole in una lingua sconosciuta. All’inizio
non era successo niente di niente, tant’è che Giuseppe lo aveva deriso,
accusandolo di aver rovinato la serata con una pagliacciata di quel calibro. Poi,
però, qualcosa era cambiato: la stanza era diventata fredda, e il buio si era
fatto più intenso. E poi, con un movimento tanto fulmineo quanto atroce, il
fuoco era divampato, inghiottendo Marco di netto. Quando le fiamme si erano placate,
il bulbo oculare, lucido e leggermente ingiallito, era lì sul pavimento, e
Marco non c’era più.
Giuseppe si era accasciato sul
pavimento, stralunato, improvvisamente incapace di parlare, o di muoversi. Non riusciva
nemmeno a pensare. Molto tempo dopo si accorse di aver riso; un riso gutturale
e senza allegria, causato probabilmente dallo shock di quel momento. Dall’assenza
dell’amico. E dalla terrificante certezza di non essere comunque solo, in
quella stanzetta buia illuminata solo dalla fioca luce del fuocherello al centro
del pentacolo.
C’era qualcosa, lì con lui. E lo
stava fissando intensamente, lo sentiva. Ogni millimetro della sua persona veniva
esaminato, alla ricerca di qualcosa che lui ignorava.
Era troppo spaventato per levare gli
occhi al soffitto; se lo avesse fatto, avrebbe capito perfettamente cosa lo stesse
guardando. Cosa lo stesse pregustando.
Invece Giuseppe restò lì,
rassicurato dalla presenza solida del muro, fino all’ultimo.
Fino a quando la creatura non gli
si gettò addosso come un rivolo di bava, iniziando a consumarlo lentamente. Il ragazzo
urlò finché non perse i sensi; urla strazianti, cariche di dolore e di rabbia. Rabbia
per aver accettato di partecipare ad un rituale esoterico. Rabbia per aver
avuto fiducia di un tipo che in realtà non aveva la minima idea di cosa stesse
facendo.
Giuseppe perse conoscenza dopo un
paio di secondi dall’inizio di quella tortura, eppure a lui sembrarono decenni.
E l’ultima cosa che fece, mentre
quell’orrendo mostro addentava di gusto il suo esofago, fu alzare un dito medio
verso quel solitario, impassibile occhio castano.
Angolo dell'autrice: buonasera! Rieccomi in una delle mie sezioni preferite :D Onestamente, non penso che questa storiella faccia davvero paura, però ho voluto comunque svilupparla. Più che alla paura, ho pensato alla stranezza della vita; di come una cosa stupida possa avere conseguenze inattese e, a volte, indelebili. Il prompt di oggi è "occhio" (questa storia partecipa al #writober2020 di fanwriter.it) e ho voluto lasciarlo sia all'inizio che nel titolo, che è un po' un foreshadowing di quello che accadrà dopo. Detto questo, vi ringrazio se avete letto, mi rende molto felice! Spero anche e soprattutto che abbiate gradito!
Alla prossima!
Frix