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Autore: Chiara PuroLuce    08/10/2020    8 recensioni
Flora ha un dono, il pollice verde e quel dono lo usa particolarmente bene sulla sua amata Salvia. Un giorno una sua amica la iscrive a un concorso per il giardino più bello e...
(Writober 2020 - pumpNIGHT 2020 - #fanwriter2020)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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                                                                     GALEOTTA FU LA SALVIA              
 
                                                                pumpNIGHT 2020 Prompt 7 – Salvia
 
 
Il mio giardino è pieno di cespugli di salvia. L’adoro. Il suo profumo è inebriante e mi dona il buonumore.
Ah, piacere, che sbadata, mi presento… sono Flora, ho 45 anni e sono una giornalista free lance. Vivo in un appartamento al piano terra di una palazzina e ho un piccolo giardino di cui vado molto orgogliosa. Amo le erbe aromatiche e ne ho piantate diverse. Timo, Maggiorana, Erba cipollina, Basilico, Origano e… Salvia, naturalmente. Tanta, tanta, salvia.
I miei tre cespugli sono così ampi e le loro foglie così larghe, che me li invidiano tutti e quando mi fanno i complimenti, vado in brodo di giuggiole.
E li adora anche il mio…
 
«Attila, no!»
 
… gatto europeo tigrato. Lui, ha cinque anni e ama stare in giardino. Possibilmente a fare disastri e devo guardarlo a vista o addio salvia. Così ho recintato tutti i miei cespugli aromatici, per buona pace del terriccio che veniva sempre preso di mira per gli scavi di quel terremoto. Nome azzeccatissimo – Attila – vero? La prima volta che lo vidi era piccolissimo, stava in una mano ed era in mezzo al marciapiede di una grande cittadina che confina con la mia, bagnato fradicio, ignorato dai passanti. Mi trovavo lì per fare delle ricerche per un articolo e non ci pensai due volte a prenderlo con me. Fin da subito i suoi occhi vispi, mi fecero capire che mi avrebbe dato da fare, e ho avuto ragione. Ma la sua dolcezza e la sua lealtà verso di me – ha infatti capito di essersi salvato a causa mia e non mi molla un attimo – me lo fanno amare sempre di più e gli perdono tutte le sue malefatte.
 
«Ciao Flora!» una voce alle spalle mi fa sobbalzare e mi giro, curiosa.
 
«Oh, Maria, buongiorno a te. Vieni, ti preparo un caffè» prendo in braccio il peloso, schiaccio il bottone del cancelletto e la faccio entrare. «A cosa devo questa tua visita improvvisa.»
 
«Ho una grandissima notizia per te» mi dice sedendosi al tavolo in cucina «hai presente quel concorso che il comune ha indotto per il giardino più bello del paese?»
 
«Sì, quello che ha in palio una fornitura per un anno di terriccio?»

«Proprio quello. Ebbene, ti ho iscritta e tra una settimana i giudici – ovvero il sindaco, l’assessore all’urbanistica, un certo signor Rizzo e la vigilessa – passeranno nei giardini segnalati e prenderanno appunti, faranno domande. Il vincitore verrà proclamato in piazza a fine mese.»
 
«Mi hai… iscritta? Una settimana? Il signor Rizzo? Quel Rizzo? Sebastiano Rizzo?» ripeto incredula come un pappagallo.
 
«L’ho fatto e… sss… sì, mi sembra che si chiami così. Ma chi è? Sembri sconvolta!»
 
E ne ho tutte le ragioni. Sebastiano Rizzo – oltre a essere un gran bell’uomo – è anche un paesaggista molto famoso e richiesto. È stato lui a rifare i giardini comunali e anche a curare il restauro di Villa Rose, la più famosa, meravigliosa ed estesa villa del circondario. Non ho ancora avuto il tempo di andare a visitarla, ma alla prossima visita aperta, lo farò. I miei zii che ci sono stati, hanno detto che sono spettacolari e che nel bel mezzo è stato costruito un labirinto. Sono curiosa. Ragion per cui mi sono già organizzata per poterci andare.
 
«È solo un bravissimo… giardiniere paesaggista, molto famoso. Ha scritto anche parecchi libri.»
 
«E scommetto anche notevole, vero?»
 
Mio malgrado sono arrossita. Se per notevole si intende un bel fusto di 1.75 cm per circa 65 kg, con i capelli biondi ramati tagliati alla militare, occhi verdi, bocca carnosa e mascella squadrata con al centro una fossetta… allora, sì, Sebastiano Rizzo è decisamente un adone notevole. E ha solo tre anni in più di me, anche se li porta davvero molto bene, a differenza mia.
 
«Abbastanza» le rispondo, spiazzandola e così continuo «non potevi avvisarmi prima? Dio, manca solo una settimana e guarda che disastro ho in giardino.»
 
«Lo vedi solo tu il disastro. È perfetto così e la tua salvia è meravigliosa. Farà un figurone, vedrai. Anche Rizzo ti farà i complimenti, ne sono sicura.»
 
Fa presto a parlare lei, non è il suo giardino a dovere essere giudicato, ma il mio.
 
«Meglio evitare che Attila ci scorrazzi fino al concorso. Non vorrei che mi distruggesse qualcosa» dissi ad alta voce, facendo ridere Maria.
 
«Ehi, magari tra di voi scatterà il colpo di fulmine. Sei una bella donna dopotutto, anche se hai il brutto vizio di svilirti.
 
Bella donna, io? Sono 165 cm, non mi peso più da anni per paura, ma le maniglie dell’amore che ho accumulato e il culone che mi è venuto, parlano per lei. Ho capelli castani tendenti al grigio e talmente ricci e ribelli che mi tocca tenerli corti per cercare di domarli un po’. Se succedesse una cosa del genere, sarebbe un miracolo puro.
Istintivamente scoppio a ridere e la mia amica mi guarda perplessa.
Maria s’intrattenne con lei per circa un’ora e poi la lasciò in preda all’ansia. Questa proprio non se l’aspettava. Aveva così tante cose da fare in quella settimana che era meglio incominciare subito, l’aspettava una lunga, lunghissima sfacchinata.
 
«Povero il mio tesoro felino» dissi al gatto che si era accomodato sul divano per farsi un bel bagnetto «per un po’ dovrai scordarti il giardino.»
 
 
 
 
Il tempo è passato veloce, troppo veloce e oggi… cavoli, oggi arrivano i giudici. Ho cercato di sistemare al meglio il giardino e spero di esserci riuscita. Attila non è più uscito e sta soffrendo molto, povero caro, ma non potevo rischiare che rovinasse tutto il mio lavoro.
 
«Ehi, sei pronta Flora? Stanno arrivando» a parlare è Maria, che è venuta per darmi supporto.
 
«Cosa? Di già? Oddio, ma non dovevo essere l’ultima della mattinata?»
 
Che diamine è successo. Sono in anticipo, troppo. Pensavo che arrivassero verso mezzogiorno e invece… oddio, e adesso che faccio? Chiudo Attila in camera, mi sistemo il vestito e mi avvio alla porta che ho appena sentito suonare.
 
«Buongiorno, Flora. Possiamo entrare?»
 
Il primo che vedo una volta aperta la porta è il sindaco che, con un largo sorriso e la sua bella fascia tricolore, mi allunga la mano per salutarmi. Annuisco e mi faccio da parte. La giuria entra, ma… ne manca uno.
Il sindaco, notando il mio sguardo confuso mi dice di non preoccuparmi che il signor Rizzo è solo andato a cercare un posteggio.
Eh, sì, la mia zona non ne ha molti. Io ne ho uno fuori e un box, quindi sono fortunata.
Faccio strada in giardino e subito partono le esclamazioni entusiaste. Maria mi fa due pollici in su e io le sorrido di rimando, in modo teso.
A un certo punto sento una voce baritonale provenire dall’interno della casa, ma non faccio in tempo a girarmi per raggiungere il suo proprietario che vado a sbatterci contro con la schiena, perdo leggermente l’equilibrio e un braccio mi sostiene per la vita. Non sarà… oddio, qualcuno mi dica che non è lui e che ho appena fatto una figura da barbina con qualcun altro. Ma la faccia sconvolta di Maria mi dice il contrario, così mi giro e… oh, wow!
 
«Sa… salve, benvenuto. Flora» e gli allungo la mano.
 
«Grazie» mi risponde guardandomi negli occhi, mentre ricambia il gesto, facendomi tremare le gambe come non mai «Sebastiano. Bel giardino e che buon profumo.»
 
«Io… sì, è… cioè, sono i miei cespugli di salvia. Ho anche altre erbe aromatiche, ma la salvia è la mia preferita e il suo profumo sovrasta su tutti gli altri.»
 
«Ha ragione e… oh, cavoli, sono enormi!» esclama dopo averli individuati «Meravigliosi» si congratula poi, sorridendomi.
 
E lì, il mio coraggio è scemato e non ho più aperto bocca. Ho solo annuito e sorriso, per, tutto, il, tempo. Maria ha fatto le mie veci, dando la colpa all’emozione. Che figura da cretina totale. E così mi sono giocata il premio.
All’improvviso un miagolio acuto mi raggiunge i timpani… oh, no. No, no, no.
 
«Attila, fermo!» urlo a pieni polmoni.
 
Ma secondo voi, uno con quel nome, ascolta? Come no. E infatti parte a razzo in giardino – ma come ha fatto a uscire dalla mia stanza? – e si avventa su tutto ciò che incontra. Quando lo vedo dirigersi verso il cespuglio di salvia più bello, chiudo gli occhi e impreco tra me. Sono pronta allo scempio e invece sento la voce calma di Sebastiano che gli parla. Parla al gatto!
 
«Ehi, tu, distruttore. Sei uno tosto, vero? Mi spiace, quel capolavoro della botanica non si tocca.»
 
Riapro gli occhi e – sorpresa! – vedo Attila tra le braccia di Sebastiano e ci si è messo pure comodo. Faccio per riprendermelo, ma lui mi blocca e inizia ad accarezzalo sul collo e lui che fa? Quel traditore del mio gatto che fa? Le fusa. Lui. Che è sempre così scostante con chi non conosce.
Gli sorrido. Ad Attila, non a lui. Ma stranamente lui ricambia.
Il resto della visita si svolge in un’atmosfera ovattata per me e tocca alla sempre solerte Maria, accompagnare gli ospiti alla porta. Prima di andarsene, Sebastiano mi restituisce Attila – che per tutto il tempo era rimasto con lui – mi fa l’occhiolino e se ne va.
Maria, appena sole, mi lancia un urlo degno di una valchiria e inizia a dire che ho fatto colpo e che sentiva l’amore nell’aria.
Certo, come no. Mister giardiniere figo si mette a corteggiare me, ma per favore. Saluto l’amica e finalmente rimango sola. Scivolo contro la porta e mi prendo la testa tra le mani.
 
«Però sarebbe bello!» mi dico sospirando.
 
 
 
 
«I dieci concorrenti al premio per il giardino più bello, si avvicinino per favore.»
 
Il mese è passato velocemente e tutto è ripreso a scorrere normalmente. Il mio lavoro mi ha preso quasi tutto il tempo, e quello libero è stato occupato da Attila e dal giardino, soprattutto dai cespugli di salvia che ho dovuto sfoltire, per fare spazio alle foglioline nuove. Le foglie tolte, quelle non giallognole, le ho usate in cucina in tanti modi. Impanate e fritte è quello che preferisco.
Mi avvicino al palchetto improvvisato sul quale il sindaco e gli altri giudici si sono assiepati. Li guardo. Sono quasi tutti seri, come se il fatto di fare parte della giuria li faccia alzare di grado e investire di potere. Ho detto quasi perché…
 
«Ed eccoci, finalmente, al momento che tutti stavamo aspettando. La proclamazione del vincitore o della vincitrice» dice il sindaco.
 
È già ora? Cavoli, come si va di fretta stasera. Non ho nemmeno sentito gli altri due classificati. Che, a quanto pare, sono due uomini.
Cerco di prestare attenzione.
 
«Sono orgoglioso e felice di annunciarvi che stiamo per rivelarvi il nome della vincitrice indiscussa di questa competizione comunale. Signor Rizzo, vuole dirlo lei in quanto esperto in materia?»
 
«Certamente» dice lui avvicinandosi al microfono «buonasera a tutti e grazie per essere venuti a questa piccola e grande premiazione. Il nome che tutti state aspettando, rullo di tamburi, grazie…» disse lui facendo ridere la folla che prese a mimarlo realmente «è quello di… Flora Bianchi. Il profumo inebriante della sua salvia ancora mi perseguita.»
 
Cosa? Cosa? Io? Qualcuno, Maria ovviamente, mi spinge sul palco e io ci vado. In trance, ma ci vado.
Sebastiano Rizzo mi accoglie, mi strizza l’occhio, mi bacia sulle guance – e per fortuna è sera o tutti le vedrebbero in fiamme – e mi dà il premio. Una bellissima rosa dorata in un vaso e la fornitura per un anno del miglior terriccio in circolazione, che mi verrà recapitata a casa la settimana seguente. Dico qualche parola di circostanza e poi scendo.
Sebastiano non mi ferma e non mi dice altro, io me ne vado con Maria a festeggiare in un bar.
 
 
 
 
Il mattino dopo sto facendo colazione in giardino, Attila accoccolato stranamente sulla poltroncina accanto alla mia, quando suonano alla porta.
A momenti mi viene un infarto, non appena vedo chi è stato a farlo.
 
«Buongiorno, disturbo?»
 
«No, niente affatto. Entra. Vuoi del caffè? Un cappuccino?» gli chiedo.
 
«Un appuntamento con te» risponde lui, spiazzandomi «voglio uscire a cena con te, se ti va. Mi faresti felice.»
 
Cazzarola. Più diretto di così non poteva essere. Che faccio, che faccio, che faccio!
 
«Io… io non so che dire. Mi hai sorpresa, non me l’aspettavo.»
 
«Vedo. Ma ti fa piacere, vero? Perché non la sento solo io questa attrazione che c’è tra noi, vero?»
 
Mi sposto in giardino e lui mi segue. Attila lo riconosce e si fa fare le coccole sulla testa. Incredibile.
 
«Be’, chiunque sappia conquistare Attila, merita una possibilità» gli rispondo guardandolo.
 
Subito dopo, vedendolo ridere, mi sento audace e così lo fisso intensamente e mi avvicino. Lui smette di dare retta al gatto e mi fissa a sua volta, poi circonda la vita con le mani e mi sorride.
È come se mi dicesse… Ehi, donna, puoi ancora tirarti indietro! …  ma io non sono di quell’avviso, mi alzo sulle punte e vado incontro alle sue morbide e calde labbra.
Finalmente a casa!
 
 
 
 
È passato un anno da quel giorno e ancora siamo insieme. Sebastiano si è trasferito da me e ora ho un giardino ancora più bello di quello che avevo prima, anche se piccolo per i suoi standard.
Lui dice che lo ama quasi quanto me e l’ha trasformato in una piccola oasi. Ha allestito un angolo solo per Attila e – non so come abbia fatto – ma da quel momento è cambiato. Da distruttore a tranquillo gatto di casa nel giro di un paio di giorni. Sebastiano dice che è l’angolo del relax e che ha usato materiali appositi che agissero da calmanti e hanno funzionato benissimo. Non era tenuto a farlo, ma l’ha fatto. La mia salvia… è salva!
Amo quell’uomo. Amo il mio gatto Attila. Amo il mio giardino. Amo i miei cespugli di salvia. Ma soprattutto amo essere amata.
   
 
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