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Autore: Ashley Snape    10/10/2020    2 recensioni
“I funerali mi provocano curiosità.”
Hannibal osserva la figura di fronte a sé, al di là del vetro.
“Ti incuriosisce la disperazione altrui?”
“Mi incuriosisce la falsità in situazioni del genere.”
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{ What If } - #Hannigram
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Salve! Questa è una fan fiction nata dopo un violento re-watch di questa serie meravigliosa, una delle mie preferite in assoluto e che, come ogni volta, mi emoziona in modi che non so spiegare.
Potrebbe collocarsi nella terza stagione, dopo l'episodio di Verger. E' assolutamente una WHAT IF. Spero che possiate godere di una piacevole lettura. A presto, Ashley.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alana Bloom, Hannibal Lecter, Jack Crawford, Will Graham
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ciao a tutti! 
Spero di cuore che questa piccola one-shot vi piaccia e che possiate apprezzare quest'idea alternativa che ho avuto perché, ahimé, sono una fan delle cose drammatiche - anche se spero che questi due finiscano a limonare pesantemente, mettendo su famiglia in un'isola caraibica con mare, sole e cocktails a volontà.
Dedicata alla mia partner in crime Stefania. 
Loveyou.







 

Non Ti Scordar Di Me






 


 
Gennaio.
 

“Quanto mi resta?”
“Mesi. Se è fortunato, un anno.”
Il dottore si sfila gli occhiali tondi, lentamente, prendendo un respiro prima di parlare di nuovo. Non è facile comunicare notizie di quella portata, non lo sarà mai, anche dopo tutti quegli anni di lavoro. Troppi, per poterli contare.
“Mi dispiace molto. Quello che possiamo fare, è iniziare un ciclo di chemio per tardare tutto il più possibile.”
“Non abbia paura di dire tardare la morte, dottor Gulliver. Non la temo.”
Il medico, a quelle parole, non riesce ad evitare un timido sorriso: si può percepire da come si muove e lo osserva che prova dispiacere per lui, nonostante l’assenza di un possibile legame affettivo e della posizione da lui ricoperta.
“Ci vediamo settimana prossima. La chiameranno dall’ospedale per concordare orario e giorno esatti, non dobbiamo assolutamente perdere tempo” dice, chiudendo un grosso quaderno nero di fronte a sé “Arrivederci, per il momento.”
Una stretta di mano leggera è tutto quello che l’uomo seduto dall’altra parte della scrivania lascia alle sue spalle, mentre apre la porta per uscire all’aria aperta.
Fa freddo.
Il vento pungente è come uno schiaffo improvviso, che lo costringe ad alzare il volto verso il cielo, per scrutarne le meravigliose nuvole che giocano a rincorrersi, creando dei disegni astratti, come se fossero parte di un quadro pronto ad essere esposto nel più bello dei musei.
Quando qualche goccia di pioggia gli colora il naso e le labbra, chiude gli occhi: il cielo piange. Lo fa in modo lento, silenzioso, in punta di piedi.

Per lui, forse?

Le lacrime sono sinonimo di vita, di presenza fisica, di emozione. Quando si prova dolore, quando si prova un qualsiasi sentimento, significa avere ancora la possibilità di avvertire il sangue nelle vene ed il cuore  battere ripetutamente come un tamburo, mai stanco.

Vale la pena disperarsi?

Un suono inizialmente lontano interrompe il flusso dei suoi pensieri, costringendolo a sbattere le palpebre ritmicamente, destandosi da quella realtà che si stava costruendo intorno a sé, come uno scudo immaginario che inconsciamente sa – oh, se lo sa bene – vorrebbe poter usare per proteggersi da ogni cosa. Anche da sé stesso.
La mano s’infila nella tasca ampia del cappotto nero, recuperando il colpevole di quell’interruzione della quale non sentiva alcuna necessità: il nome che lampeggia sullo schermo gli fa storcere leggermene il naso e prendere un pesante respiro, prima che il suo pollice scivoli sul tasto “rispondi”.
“Will, dove ti eri cacciato? Abbiamo un caso importante, ho bisogno di te. Pare ci sia stato un altro omicidio, è una donna di circa trent’anni questa volta. Stesso metodo, stessi segni.”
“…”
“L’arma del delitto è identica a quella trovata in casa Mason.”
“…”
“Ci sei? Will, mi senti?”
“Jack.”
La voce del profiler sembra vetro: è tagliente, decisa, potrebbe quasi far sanguinare.
L’uomo dall’altra parte non fiata più. Will avverte solo il suo respiro e percepisce un’attesa per qualcosa non sembra arrivare. Una risposta, magari.
Questa volta il vetro si trasforma in cristallo. Delicato, leggero, con la paura di rompersi tanto quanto le corde vocali che devono pronunciare quelle parole.
“Mi hanno dato gli esiti degli esami.”
“… Will.”
“…”
Chiude gli occhi ed il mondo diventa improvvisamente nero.
“Mi resta un anno di vita.”








 
Marzo

 

“Perché non mi hai detto niente, Will?”
Alana ha gli occhi annebbiati di lacrime, che senza alcuna vergogna scivolano sul suo viso di porcellana. La voce non è morbida e delicata, ma rotta in mille pezzi, come un vetro scalfito.
“Perché?” sospira, portandosi nervosamente le mani tra i capelli color ebano “Due mesi, Will. Sono quasi de mesi che stai facendo la chemioterapia e non---“
“Alana, basta così.”
Jack guarda la donna in modo gentile, nonostante il suo tono sia piuttosto severo. Lo sa che non è il caso di rigirare il coltello nella piaga, è una ferita che fa già abbastanza male così e che, con tutte le probabilità del caso, lascerà una cicatrice indelebile nel cuore di molti di loro.
“… cazzo.”
Sospira lei, nervosamente, guardando in terra.
Will non parla, non dice nulla. Si limita ad accarezzare la testolina di Winston, confuso da quel frastuono e quelle voci un po’ troppo aggressive.
“Pensavo fossimo amici.”

E’ terribilmente ferita.

“Lo siamo?”
Will continua a non guardare nessuno.
Alana, spiazzata da quel gelo, resta con delle parole incastrate in gola, perché comprende che, in quel momento, il silenzio sia la scelta più saggia.
“Cosa pensi di fare, ora? Non puoi lavorare, devi prenderti cura di te stesso.”
“E chi lo dice?” Will guarda Jack con un’espressione apparentemente neutra.
Finalmente alza gli occhi.
“Tu, ispettore?”
L’uomo sospira lentamente e guarda la psichiatra al suo fianco, ancora troppo scossa da quel turbinio di emozioni. Non riesce a sostenere quella conversazione, ora. Non più.
“Lavorerò finché avrò le forze per farlo. Non voglio privarmi della vita quando essa è ancora tra le mie mani. Significherebbe sputare su chi, invece, non ce l’ha più.”
Si alza in piedi, recuperando una tazza di tea bollente, portandola lentamente alle labbra carnose. Fissa un punto imprecisato sul muro, dove due piccole crepe si stanno per riunire nonostante un lungo periodo di separazione.
Entrambe se ne sono andate per la loro strada, prima di intrecciare di nuovo il loro cammino.
Quell’immagine provoca al profiler una strana sensazione alla bocca dello stomaco, che cerca di reprimere, fallendo miseramente. Una smorfia gli colora le labbra, quando quel pensiero che credeva di aver accartocciato per sempre, riemerge dentro di lui, fresco e nuovo come un bocciolo pronto ad assaporare la vita.
“Se hai bisogno, sai dove trovarci. Per favore, non esitare a chiamare. Noi ci saremo sempre per te.”
Jack si avvicina cautamente, appoggiando una mano sulla sua spalla coperta dal pigiama di cotone.
“Qualsiasi cosa, Will. Basta chiedere.”

Qual è la cosa che vorresti chiedere più di tutte?

Chiude i suoi occhi chiari, prendendo un respiro profondo, avvertendo la bevanda calda entrare in circolo e dargli un po’ di sollievo: le cure che sta facendo iniziano ad indebolirlo, ma ha ancora la capacità di camminare ed essere mentalmente presente, per quanto possibile.
Sta morendo, Will. Sta morendo e potrebbe non avere più l’occasione di provare quelle emozioni.

Stiamo sbiadendo. Tu, io, Mischa… Chiyo.

Non vuole ammettere a sé stesso la realtà, come troppe volte in passato.
Lo sta facendo di nuovo e questo gli fa paura.
Forse è ancora peggio della morte in sé. La morte è netta, ti porta via di colpo. Non hai tempo di pensare, non hai tempo di fare nulla. E’ una signora paradossalmente caritatevole.
Se sbiadisci, però, riesci a percepire i colori della tua via spegnersi lentamente, le persone scomparire, con visi amici che diventano solo tratti indefiniti in un mondo che ti sta inghiottendo e lasciando solo nel baratro della solitudine e del buio più assoluto.

Qualsiasi cosa, Will.

Si volta, lentamente. Ha un’espressione indecifrabile, tradita dal labbro leggermente incurvato all’insù.
“Jack.”
Calibra bene le parole, perché vuole che la richiesta sia una ed incisiva.
“Devo vedere Hannibal.”





 
Aprile


“Da questa parte, signor Graham. Per qualsiasi cosa, io sono qui fuori.”
Will fa un cenno con la testa, guardando davanti a sé: il giorno in cui il suo cuore torna integro, è un giorno in piena primavera. I fiori sono sbocciati, gli uccellini cantano allegri ed il sole conferisce un ambiente più accogliente, per quanto possibile.
Il bianco è il primo colore che nota in quella stanza. Il profumo dei libri, invece, è il primo aroma che gli increspa i polmoni.

“Sarò sempre dove potrai trovarmi.”

Può una voce avere una forma fisica? Può essere qualcosa di reale, che si vede ad occhio nudo? Se fosse così, Will penserebbe al cioccolato che si fonde quando si vuole cucinare un dolce prelibato.
E’ strano, dopo quasi tre anni, eppure quella è l’unica cosa che lo fa sentire ancora vivo e non gli fa pensare alla morte, almeno per il momento. La chemio sembra quasi un lontano ricordo.
E’ l’oscurità dei suoi occhi ad inghiottirlo immediatamente. Poi, si perde nel suo viso spigoloso e tagliente, dove le labbra sono increspate in un piccolo sorriso che non capisce se sia di scherno o sincero.
Come sempre, del resto.
Il vetro spesso della stanza sembra quasi non esistere, quando Will si avvicina per guardarlo meglio, per sentirsi più vicino a lui.
Quella barriera immensa e praticamente indistruttibile non c’è più: non ci sono ostacoli. Non ci sono mai stati. Il legame che unisce le loro anime va oltre a tutto quello, arriva a qualcosa che non hanno mai avuto il coraggio di pronunciare ad alta voce.

Hannibal è… innamorato di me?

L’ex psichiatra si avvicina a sua volta, studiandolo come dal primo giorno in cui si sono incontrati. Non smetterà mai di farlo, è più forte di lui.
A Will, però, va bene così.
Che lo analizzi, che lo uccida, che possa con un pugnale incidere il suo cuore: è l’unico essere vivente capace di ricordargli quanto sia incredibilmente bello essere vivi. Essere sé stessi. Accettarsi.

Sì.

“Salve, Dottor Lecter.”
“Ciao, Will”.
C’è gentilezza nelle sue parole. C’è curiosità.
“Sei—“
E poi, basta un attimo. L’olfatto più sopraffino che abbia mai conosciuto, incontra un odore che lo blocca sul posto. Hannibal Lecter non ha mai mostrato nessuna emozione né tantomeno empatia verso qualcun altro. Non fa parte della sua persona. Della sua etica.
Eppure, ora, i suoi occhi sono piantati in quelli color cielo in tempesta del profiler, che gli fa un piccolo sorriso genuino.
Lo sa.
“Mi dispiace” principia, sospirando lentamente. “Speravo potesse essere una visita diversa.”
Ammettere di star per terminare il percorso della propria vita non gli ha mai dato problemi, fino ad ora, eppure in quell’istante la terra sotto ai suoi piedi si sta sgretolando ed il suo equilibrio vacilla. Lo sente.
“Will.”
Una parola che straborda di signficato, nonostante sia composta da sole quattro lettere.
Lui annuisce, lentamente.
“Sto sbiadendo, Hannibal. E questa volta, non potrai cercarmi da nessuna parte.”





 
Luglio


“Ti ricorderai di me?”
“Sempre”
“Nonostante tutto?”
“Non c’è modo di far sbiadire i ricordi, Will. I ricordi fanno parte di noi, sono il puzzle che compone la nostra esistenza quando ci sentiamo intrappolati.”
La chiesa in cui si trovano è illuminata di una luce particolarmente forte, quel giorno. L’oro che la circonda sembra brillare in modo più vivido, come se volesse dare ancora un barlume di speranza a quella che ormai è diventata una caccia contro il tempo, pronto a portarlo via da lì.
“Non ho paura di morire.”
“Non hai mai avuto paura di uccidere, non puoi averla della morte. Fa parte di te. Da sempre.”
“Farà male, secondo te?”
Hannibal accende una candela, lasciandosi inebriare dal profumo intenso. Ricorda vagamente la vaniglia.
“Solo a chi resta.”
Will apre gli occhi, voltandosi di scatto verso il suo interlocutore: veste di blu, quel giorno. E’ elegante e, almeno all’apparenza, sereno.
Allora perché?
“Sei sorpreso?”
“Di cosa?”
“Di queste mie parole. Il tuo respiro è accelerato, la tue pupille più grandi e nere. Non puoi nasconderti da me, Will. Da tutti, ma non da me.”
“Non sono sorpreso. Sono lusingato.”
Sorride, andando a sedersi e gustandosi quel soffitto meraviglioso e colmo di ghirigori perfetti e che sfamano qualsiasi amante d’arte che esista al mondo.
“Ti lusinga che io pensi questo di te?”
“Mi lusinga che tu possa sentirti addolorato senza di me.”
Si volta a guardarlo.
Ora, non sa come, ma i loro visi sono incredibilmente vicini.
“In chiesa? Non verremo maledetti da Dio?”
“Oh, sì. E ne gode, perché solo lui ha il controllo.”
Le labbra di entrambi si sfiorano lentamente, timide.
“Siete simili.”
“Paragonarmi a lui è un azzardo che potrebbe costarti l’inferno, Will.”
“Non ci sono già?”
Sorridono entrambi.
“Da quando mi hai conosciuto.”
Le labbra di Hannibal sanno di vino e spezie. Sono morbide, delicate, sottili. Si domanda come mai il palazzo dei ricordi voglia sottolineare una cosa simile.
In punto di morte, è davvero Hannibal la persona che continua a tenerlo aggrappato al filo della vita?
“Non ti scordar di me.”
“Un fiore, Will?”
“Un fiore, una promessa. Giuralo.”
La voce è fioca come una candela che sta per spegnersi.
“Ti prego.”
L’uomo più grande sfiora i suoi capelli con la punta delle dita.
“Lo giuro.”

Lo farà.

Hannibal esce fuori dalla stanza d’ospedale, ammanettato, dando un’ultima occhiata dietro di sé: Will dorme sereno ora, per quel che sia possibile. Non potrà mai sapere che quel bacio è esistito davvero, che il suo divenire l’ha portato ad unirsi così intimamente a lui.
L’uomo si volta lentamente verso l’ormai ex-collega, che lo guarda con un’espressione indecifrabile.
“Spero tu sia riuscito a dirgli quello che volevi.”
“Era quello che volevamo entrambi, Alana. Grazie per averlo permesso.”
La guarda attentamente, inclinando la testa di lato.
“Sei libera.”
Quando quelle parole la sfiorano, lei sorride un po’ più dolcemente. E’ il suo modo di dirle grazie. E’ il suo modo di cancellare la sua ombra su di lei.
Lo sa e si sente meglio.
“Avrei dovuto restare cieca”
Sorride, mentre si porta una lunga ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Ma almeno, ora, ho imparato a capirti un po’ di più.”


 

 
Dicembre


“I funerali mi provocano curiosità.”
Hannibal osserva la figura di fronte a sé, al di là del vetro.
“Ti incuriosisce la disperazione altrui?”
“Mi incuriosisce la falsità in situazioni del genere.”
Alana sorride leggermente e poi estrae un pacchetto dalla borsa che porta a tracolla. L’uomo la guarda curiosamente, avvertendo un odore familiare nell’aria che, subito, accende vecchi ricordi.
“Questo è per te.”
Si avvicina, lasciando che il pacchetto arrivi dalla sua parte. La donna sembra piuttosto addolcita. Assurdo, se pensa a tutti gli eventi che hanno segnato le loro vite fino a quel momento.
“Voleva… che lo avessi oggi.”
Dice, semplicemente, facendo qualche passo indietro.
“Buon Natale, Hannibal.”
La busta viene prontamente afferrata dall’ex psichiatra che, attentamente, non fa trasparire alcuna emozione.
“Buon Natale, Alana.”
Sussurra con voce un po’ roca, mentre va a sedersi. Quando Hannibal chiude gli occhi, riesce ad avvertire un odore così dolce e conosciuto, che non può evitare di sorridere appena tra sé e sé.

La morte è solo un passaggio.

Erano passati quasi tre mesi, ormai. Aveva visto Will spegnersi lentamente, ma senza paura.
Era sbiadito, ma solo fisicamente, per lui.

Il suo ragazzo coraggioso ed indomabile.

Quando le mani curate ed eleganti aprono il pacchetto, quella che Hannibal trova è una cornice. Il blu regna sovrano sull’argento, decorando ogni piccolo spazio.
Sono fiori. Piccolo e delicati.

Non ti scordar di me.

Il disegno accuratamente protetto da un vetro infrangibile, saprebbe riconoscerlo ovunque. E’ un Botticelli. Una cartolina rubata al museo di Firenze.
Il loro posto, lì, su quella panca dove le loro vite si sono riunite dopo troppo tempo di separazione. Dove in quel momento nessuno sembrava poter invadere la loro intimità.
Una goccia s’infrange sul vetro spesso, delicata e solitaria. Non vuole far rumore.
Hannibal sta sorridendo. Ha le ciglia bagnate. Sente calore. Lo sente con sé.
Lì dove la poesia e l’arte fanno l’amore dolcemente, in quella che è e resterà sempre la loro realtà.
Il loro divenire.
Le labbra sfiorano quel dono con soffice adorazione. Il loro bacio è immortale.
La loro unione lo è.

“No, Will. Non mi scorderò mai di te.”

Ora e per sempre.









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Grazie per aver letto! Un saluto di cuore.
Ashley.

 
  
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