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Autore: AlessiaDettaAlex    12/10/2020    2 recensioni
[LLS!! Post-canon | KanaMari | presenza di OCs | è la storia di due amiche che si ritrovano dopo essersi perse di vista (di nuovo) | ed era una scusa per scrivere una fanfiction in cui Kanan e Mari flirtano incessantemente, ma a Los Angeles | uso intensivo di cliché e fluff, una spolverata di melodramma | 10 capitoli totali]
City of stars / Are you shining just for me? / City of stars / Never shined so brightly.
[“City of stars”, from La La Land]
«Fino a quando resti qui?» […]
«Settembre, probabilmente. Non sarà una toccata e fuga»
Un sorriso nuovo fiorì sul volto di Kanan, non previsto.
«Quindi rimani»
«Rimango»

[dal cap. 2]
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Kanan Matsuura, Mari Ohara, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4. Accelerazione
 
'Cause we were just kids when we fell in love
Not knowing what it was
I will not give you up this time

 
“Perfect Duet”, Ed Sheeran ft. Beyoncé
 
«Ehi, cos’è tutta questa fretta? Un altro appuntamento con Mari a cui non sono invitata?» provocò Nicole incrociando le braccia al petto e inarcando un sopracciglio, «ma c’è un giorno in cui non vi vedete per forza oppure… un momento, oggi ti sei portata pure il cambio?!»
Kanan richiuse nervosamente la zip del borsone che aveva appena aperto, pentendosene.
«Esci dallo spogliatoio, per favore! Sei da denuncia, Nicole!»
«Mi spieghi che fate tutti i giorni dopo lavoro insieme? Voglio venire anche io!»
«Ma tu non ti vedi con Samuel? Tanto giovedì esci con noi come le altre volte… non è mica colpa mia se tu hai altro da fare…»
Nicole scosse la testa offesa e spostò le mani sui fianchi.
«Parli tanto del mio ragazzo, ma mi sembra che nemmeno tu abbia voglia di condividere una tua amica… o qualsiasi cosa sia lei per te»
L’insinuazione finale fece sudare freddo Kanan, di colpo allarmata dall’eventualità di poter essere letta e compresa come un libro stampato. Si drizzò in piedi e con movimento meccanico chiuse la porta dello spogliatoio in faccia a Nicole.
«Ok, messaggio afferrato, il discorso non ti piace...» si arrese Nicole alzando le mani davanti alla porta serrata, «comunque se ti può rasserenare quella camicia hawaiana che ti sei portata dovresti metterla più spesso, ti fa sorprendentemente sexy»
«Sì, sì»
«E tranquilla che farai colpo sicuro» aggiunse a bassa voce, un po’ per rispetto di Kanan, un po’ per paura che le arrivassero due pinne da snorkeling sul naso.
Una manciata di minuti più tardi, Kanan uscì dallo spogliatoio quasi di soppiatto, allarmata dal silenzio improvviso e forse accusatorio dell’amica: trovò Nicole seduta da un lato, sopra il proprio borsone, intenta a chattare con chissà chi. Si avvicinò a lei mentre si massaggiava una spalla con una mano. Nicole la guardò e lei abbassò gli occhi.
«Comunque… scusa per la reazione di prima»
La maggiore si alzò in piedi e sorrise bonariamente, come suo solito.
«Non pensarci» tagliò breve mettendole con solennità una mano sulla spalla, «ricordo che anche io ero intrattabile quando avevo la tua età e gli ormoni impazziti»
Tutte le buone intenzioni di Kanan scemarono inesorabilmente.
«A proposito di età… quando hai detto che ti sposi? Hai trent’anni, ormai è ora di sistemarsi»
Fu il turno di Nicole di indignarsi, ma il nuovo battibecco fu troncato sul nascere dal clacson di un'auto; entrambe le ragazze spalancarono gli occhi quando apparve la Mercedes bianca di Zachary, ma senza Zachary: al posto di guida c’era Mari con un ghigno vittorioso.
«Oh» si fece sfuggire Nicole.
«Ciao Nicole!! Ti fai un giro con noi?»
L’istruttrice lanciò uno sguardo benevolo a Kanan prima di rispondere.
«Non faccio cose da pensionati come giretti in macchina… in realtà mi vedo con Samuel e i suoi amici, devo mostrare a quel manipolo di californiani come surfiamo in Florida»
Con una manata sulla schiena spinse Kanan verso la macchina di Mari e si annunciò definitivamente fuori dai giochi.
«Divertitevi, belle!»
Mari la salutò allungando il braccio fuori dal finestrino, col solito entusiasmo; poi attese che l’ospite montasse in auto.
«E quindi...» iniziò Kanan assicurando per bene la cintura di sicurezza, «...hai rubato la Mercedes al tuo autista?»
«Nonsense! Me la sono fatta prestare, naturalmente!»
L’altra fece roteare gli occhi, scettica.
«Dico davvero, Kanan! Zachary mi ha mostrato il percorso stamattina e si fida di me. E soprattutto, non dirà nulla ai miei!»
«Ok, ok… quindi dove andiamo?»
«Sulla Pacific Coast Highway, of course
«La meta è la strada stessa?»
«Sarà bellissimo, vedrai!»
Kanan non ne aveva alcun dubbio. Abbassò il finestrino e si godette l’aria fresca che le arrivava in faccia, ottimo palliativo per sopportare la calura dell’abitacolo. Erano da poco passate le sei, orario in cui normalmente staccava da lavoro; il sole era ancora piuttosto alto e bruciante, ma era assente l’afa che aveva oppresso le precedenti settimane; rispetto ai giorni passati l’oceano era un poco più mosso – condizione ottimale per Nicole e il suo gruppo di surfisti. Dopo qualche centinaio di metri raggiunsero il mare ingombro di bici e di auto, in quello che forse era l’orario peggiore per muoversi su strada. Nonostante ciò Kanan poteva già ammirare senza grosse difficoltà la magnificenza dell’oceano, che occhieggiava alla sua sinistra tra le case e le palme; e nel perdersi nel blu profondo, il suo sguardo scivolò involontariamente sul primo piano, Mari: era assorta nel traffico e teneva la mano destra assicurata sulla leva del cambio – a quanto pareva Zachary era uno di quei pochi americani che preferivano la guida manuale.
A Kanan venne spontaneo chiedersi quando avesse imparato ad adattarsi alla guida a destra dei paesi occidentali.
«Sei migliorata» disse in coda al treno di pensieri.
Mari si esibì in un sorrisetto particolarmente soddisfatto.
«Ho guidato qualche volta quando ero in Italia!»
«Avevi la macchina?»
«No, ma l’aveva Nicchio… mi lasciava guidare quando capitava»
Kanan annuì, sebbene alle volte facesse fatica a distinguere a quale dei suoi amici italiani corrispondesse un certo nome – o soprannome.
Passati una trentina di minuti riuscirono a liberarsi del traffico cittadino e poterono finalmente sfrecciare sulla Pacific Coast Highway, oltre Malibù, con solo il mare da un lato e le Santa Monica Mountains dall’altro: la strada serpeggiava seguendo il profilo della costa a promontorio, con curve ampie e sinuose. La città iper popolosa e la sua selvaggia countryside si avvicendavano con sbalorditiva naturalezza; e dove là era tutto cemento ed elettricità, qua diveniva acqua, roccia, pianta.
Mari accompagnava il volante con entrambe le mani e Kanan notò che ogni volta che faceva una curva spostava leggermente il busto verso lo stesso lato; sui rettilinei invece si arrischiava a lanciare occhiate fuggevoli all’oceano. Il sole faceva brillare con la medesima lucentezza l’acqua e i capelli di Mari, liberi al vento dei finestrini abbassati: non riusciva a ricordare il giorno in cui l’aveva sorpresa per la prima volta così bella.
Lo smartphone le vibrò in tasca e la risvegliò dall’incanto; era un messaggio di Dia, che non poteva arrivare in un momento più esatto.
“Ciao, so che Mari è da te a Los Angeles da un po’… visto che non ho ricevuto tue notizie, volevo chiederti: sei ancora viva?”
Fece una smorfia per trattenere una risata; pur senza dirglielo mai esplicitamente, si stupiva di come Dia le facesse sempre intendere di averla a cuore. In tutto ciò, Mari la guardava già incuriosita, quindi decise di rimandare la risposta a più tardi.
«Chi è?»
«Dia! Mi chiedeva se fossi ancora viva o fossi stata già assalita da te»
Mari gonfiò le guance fingendosi colpita nell’orgoglio.
«No fair! Dovresti dirle che ti stai divertendo»
«Certo, certo…»
Mari liberò la destra dall’incombenza del volante per assestare un pugno sulla spalla della compagna, che però lo ricevette senza lamentarsi.
Qualche minuto dopo apparve di fronte a loro la Mugu Rock, uno dei primi affascinanti punti panoramici che regalava la Pacific Coast Highway: il rilievo alla loro destra si stagliava alto, mentre a sinistra l’iconica montagna tuffava il suo basamento in mare, disegnando una scogliera naturale; la strada si snodava tra le due pareti di roccia. Kanan non l’aveva mai vista: era uno scenario maestoso.
«Ci siamo!» esclamò Mari, preparandosi ad accostare l’auto nel parcheggio.
Quando uscirono dall’abitacolo le sembrò che il tempo fosse rimasto sospeso per tutto il viaggio: ma era passata già un’ora. Si accostò alla balaustra che separava la strada dalla scogliera: mancava ancora un po’ prima del tramonto e le ombre avevano appena cominciato a deformarsi. Il mare ingaggiava lì la sua eterna lotta erosiva contro la montagna; la natura, in questo frammento di mondo, dominava con la sua gravità stoica sulle opere dell’uomo; esattamente come succedeva a casa sua, sull’isola di Awashima.
Persa nella contemplazione, fu raggiunta dalla sua compagna di viaggio qualche momento più tardi, che aveva in mano due calici di cristallo e un bottiglione di vino spumante italiano.
«E quello da dove salta fuori?»
Mari versò parte del contenuto nei calici e ne porse uno a Kanan con un ghigno.
«Dal baule dell’auto!»
«Ti sei fatta prestare anche questo?»
«No, questo l’ho rubato dalla cucina dell’hotel»
La semplicità con cui aveva posto la questione non la faceva capacitare di come, dopo tutti questi anni, ancora riuscisse a lasciarla senza parole.
«Beh, diciamo non proprio rubato rubato» corresse il tiro, «l’ho portato io dall’Italia, quindi tecnicamente è mio»
Kanan soppresse ogni tentativo di rimostranza e decise che in fondo non le importava davvero di come quel vino fosse arrivato fin qui; e già che c’era, e specialmente già che era nel suo bicchiere, sarebbe stato uno spreco non berlo. Alzò il calice verso quello di Mari e lo incontrò a metà strada, tintinnando.
Un forte odore di salsedine si liberava ogni volta che un’onda si infrangeva sugli scogli sotto di loro; le ragazze seguirono a ritroso il moto dell’oceano, fino ad allargare lo sguardo all’orizzonte blu scuro; l’omogeneità del paesaggio era rotta qua e là dal biancore di barche a vela, motoscafi e yacht lucentissimi; e più in lontananza, proseguendo a ovest in quella direzione, attraversando quasi ottomila chilometri di Oceano Pacifico, c’era il Giappone.
«Ti manca, casa?»
Kanan non si era accorta di essersi persa di nuovo nel concatenamento dei suoi pensieri, quindi prima di rispondere si prese del tempo girandosi fra le mani il calice con le ultime due dita di vino.
«Sì, molto»
«Però sei tornata poche volte in questi anni…»
«Beh, il biglietto costa parecchio e devo risparmiare un po’ prima di decidere di partire… e comunque la mia famiglia accetta la distanza se sa che mi sto impegnando per me stessa… mi lasciano molto libera di fare le mie scelte e gliene sono grata»
Sentì Mari fare una pausa, prima di riprendere con le domande.
«Continuerai a lavorare qui, allora?»
«Mi piacerebbe tornare in Giappone, in realtà. Santa Monica mi piace, mi ha offerto opportunità mai viste prima… ma alla lunga la grande città non fa per me. Il mio obbiettivo sarebbe iniziare una mia scuola di sub in negozio da mio nonno, penso che porterebbe molti nuovi turisti…» fece una pausa, mandò giù un altro sorso di vino, «poi potrei affittare una casa da qualche parte tra Uchiura e Numazu… e, beh, il massimo sarebbe trovare qualcuno con cui condividerla per il resto della mia vita»
Mari rise, la voglia di stuzzicarla le pizzicava lo stomaco.
«Passare tutta la vita con un vecchio testardo come te?»
Ma Kanan abbassò lo sguardo e accennò un sorriso, malinconica.
«Esatto. Tutta la vita con un vecchio testardo come me… è una bella sfida, eh?»
Fu tentata di proporla a lei, ma si dette della stupida per averlo solamente pensato.
D’altra parte, Mari stessa fremeva per darle la risposta per cui le mancava il coraggio: «io l’accetterei»; e invece finì il suo vino in silenzio.
 
Poco più a nord di Point Mugu c’era una spiaggetta sabbiosa a forma di conchiglia, delimitata da una piccola scogliera; sulla battigia stava un gruppo di ragazzi intorno a un falò con delle birre, che ascoltavano musica da una cassa bluetooth. Mari e Kanan si sedettero a terra in un punto più isolato e rimasero in silenzio, gli occhi fissi sul tramonto che si dispiegava sopra l’orizzonte. Romantica com’era, Mari non poteva desiderare uno scenario migliore: si accoccolò quanto più possibile su Kanan, desiderando che il tempo si fermasse, o quantomeno rallentasse. Non era mai così con lei: aveva ragione a dire che il tempo che passavano insieme sembrava sempre troppo poco.
Appena il sole sparì dietro l’oceano, come in un muto accordo, si stesero sulla sabbia, incuranti di sporcarsi: la luna sopra di loro era poco più che lo spessore di un’unghia. Kanan, come suo solito, prese a parlarle delle stelle, delle galassie e dei misteri dello spazio; e Mari l’ascoltava, ascoltava il suono della sua voce appassionata; la guardava, anche, con lo stupore di una persona che si scopre innamorata per la prima volta, con la differenza che, oramai, la prima volta di certo non era. Finché, senza nessun preavviso, il discorso di Kanan virò: le parlò di quanto le era mancata, in modo profondamente diverso rispetto alle altre sue amiche più strette; della ferita che aveva addosso e che le bruciava ogni volta che la distanza le divideva: una ferita che a conti fatti, sin dai tempi dell’Uranohoshi, non aveva mai avuto il tempo di cicatrizzarsi; del modo in cui, infine, il giorno in cui si erano riunite si era riscoperta guarita. Doveva essere il vino, pensò subito Mari, perché raramente era stata così sincera con quel che provava.
Kanan allora, che non aveva mai distolto lo sguardo dal cielo in penombra, si voltò finalmente verso di lei, e subito arrossì nell’accorgersi di avere avuto i suoi occhi addosso per tutto il tempo. Mari ruotò su un lato e allungò una mano incerta verso il suo viso; Kanan la tenne stretta nella sua per non farla scivolare via troppo presto. Era sopraffatta dal martellio del suo cuore nelle orecchie: e anche in questo caso avrebbe volentieri dato la colpa al vino. Le loro mani si cercarono vicendevolmente, sfiorandosi il volto, i capelli, le braccia; Kanan cedette alla tentazione di averla così vicina e si accostò per stringerla tra le sue braccia, nascose le labbra sulla sua spalla nuda e le lasciava dei brevi baci: risalì sul suo collo e si fermò al livello del mento; Mari ridacchiava contenta, dei brividi le correvano lungo le braccia e allo stesso tempo provava un leggero solletico: riusciva a sentire, oltre il battito del proprio cuore, anche quello di Kanan. Tutto il resto, invece, era sparito.
Ci fu una pausa in cui entrambe si guardarono negli occhi, pieni di tenerezza; poi Kanan si avvicinò alle sue labbra: all’inizio con incertezza e quasi con spavento. Era istintivo quanto bastava perché fosse proprio il primo bacio, che è sempre anche imperfetto; ma col passare dei secondi, complice la risposta positiva dell’altra, divenne più ardito e appassionato. A Mari, per un momento, sembrò di star sognando; e pure, subito dopo, si rese conto che era impossibile sbagliarsi: era reale, tanto quanto la sabbia ruvida sotto di lei e la mano di Kanan che cercava la sua schiena sotto la canotta. La certezza di essere amata la investì nel suo abbraccio caldo; insieme il terrore di doversi dividere un giorno da lei, di nuovo, come sempre, come fosse il loro destino, le stringeva già il petto e la gola.
Quando si separarono, Kanan le lesse sul volto questa sovrabbondanza indecifrabile di emozioni e credette di aver fatto un errore, ma l'intervento di Mari le impedì di fare un passo indietro.
«Stavolta mi prometti che non mi lasci andare più?» sussurrò con voce rotta, quasi una supplica.
Kanan le accarezzò col pollice le labbra e la guancia.
«Te lo prometto».






 
Note finali
Pensate se le avesse risposto «lol nope» ... rip
Questo comunque è tra i miei capitoli super preferiti, incredibilmente non per la scena finale ma per il road trip e l'atmosfera un po' country che si respira tutt'intorno.
Inoltre, googlatevi tutti i luoghi nominati (Point Mugu Rock e la Pacific Coast Highway) perché meritano e ho amato scriverne!
 
Prossimo aggiornamento: 22 ottobre
 
Grazie di aver letto,
Alex
   
 
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