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Autore: sunonthesea    13/10/2020    1 recensioni
La guerra è stata vinta.
La pace è tornata.
Erebor prospera sotto la guida del re Thorin Scudodiquercia, sopravvissuto alla battaglia di Collecorvo assieme a tutti i suoi famigliari.
Tuttavia, non si può mai sapere cosa si nasconde nelle antiche sale della fortezza.
Antichi segreti e presenze verranno alla luce, pronti a disturbare questa pace.
Genere: Angst, Dark, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bilbo Baggins, Thorin Scudodiquercia
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
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Thorin era un pezzo di merda.

E questo lui lo sapeva bene.

Forse lo rendeva migliore dei pezzi di merda che non sapevano di esserlo, o forse no. A lui, in realtà, pareva non fregargliene proprio.

Erano questi i pensieri di Bilbo mentre era fuori dalla tenda dove i feriti (e che feriti! Quella battaglia aveva ridotto anche i migliori a dei rottami) cercavano in qualche modo di riuscire a sputare un’ultima volta negli occhi della Morte.

Pensava quelle cose prevalentemente per due motivi. Motivo numero uno, forse quello meno importante: Thorin, quando era mezzo morto, pesava davvero un sacco, e trascinarlo dagli altri gli aveva incasinato certamente tutte le ossa della spina dorsale.

Motivo numero due, quello di quasi morire tra le sue braccia era stato davvero, davvero uno scherzo di pessimo gusto.

Riusciva ancora a sentire il sangue, il suo sangue, sulle sue mani. L’odore pungente sui suoi vestiti. Orribile, davvero orribile.

Era la prima volta che veniva così a contatto con del sangue. Viscoso, rosso. Non era sicuramente come descritto nei libri, era molto peggio.

Be’, nulla di quello che aveva passato era come descritto nei libri.

Si guardava le mani, quelle piccole e tozze mani che l’avevano portato ovunque, e nella sua mente c’era sempre quella immagine: la sua barba insanguinata, i suoi occhi iniettati di sangue.

Ridacchiò. Sommesso, disperato, ma ridacchiò.

Era tutto così oscuro, così confuso. Un attimo vive e un attimo muore. Sbatte gli occhi e vede la morte, prende un respiro e vede la vita. Sente l’aria nei polmoni.

Avevano vinto.

Aveva perso.

Che importanza aveva, ora?

Sentiva l’erba sotto i piedi, mitrihil a contatto con la sua pelle. Era ruvida, fredda. Se prima la sentiva come una seconda pelle, ora ne sentiva tutto il suo peso. Gli anelli che si attorcigliavano, il metallo che pareva fondergli la carne.

Voleva solo tornare a casa. Voleva andare da Thorin.

Improvvisamente, vide qualcuno uscire dalla tenda. Forse era il medico da campo, forse uno dei suoi parenti.

Una mano sulla sua testa, forte e rugosa, si posò in un secondo sul suo capo, facendolo sobbalzare. Era Gandalf, l’espressione rilassata sotto la tesa dell’ampio cappelli grigio.

-Come sta?- riuscì a sussurrare, senza nemmeno osarsi ad alzare lo sguardo. Continuava a scrutare l’erba, non poteva fare nient’altro.

-È fuori pericolo, sta riposando-

-Buono a sapersi-

Attimi di silenzio ingoiavano i due, per poi venire interrotto dalle parole del mago. -Puoi entrare, ora- un sorriso soddisfatto sul suo volto antico.

Dopo pochi istanti, Bilbo si era già fiondato dentro. Il passo leggero, il cuore pesante come un macigno.

La tenda era scarna, pochissimi ornamenti a renderla quantomeno sopportabile: il sole filtrava dal tessuto, l’odore di sangue raffermo che gli stava invadendo le narici.

Nel centro, sul pavimento composto da terra e segatura, si trovavano delle brandine cigolanti, e in quella centrale c’era proprio lui.

Era maestoso anche così, disteso sul bianco delle lenzuola con una benda altrettanto chiara a circondargli il petto. Una grande chiazza di sangue era al centro del suo corpo, e per poco allo hobbit non venne da rigettare tutto quel poco che era riuscito a mangiucchiare subito dopo la fine della battaglia.

Ricordava troppo bene l’odore del sangue.

L’espressione serenamente severa sul volto del re sotto la montagna gli ricordò perché era lì.

Si inginocchiò al fianco del letto, il gomito fermo su cui appoggiare il pugno chiuso in modo da sorreggere la testa, e sospirò pesantemente.

Era così vicino. Poteva sentire il suo respiro. Poteva sentire i piccoli mugolii che emanava. Poteva sentire. Poteva sentirlo.

Era abbastanza.

Si rese conto che una delle sue mani era appoggiata proprio a pochi centimetri da lui, così grande e accogliente.

Era la prima volta che la vedeva senza guanti, almeno nell’ultimo periodo.

Senza esitare un secondo, avvicinò le sue dita ad essa, sfiorandone la pelle.

L’ultima volta che aveva stretto quelle mani era un’altra situazione, decisamente peggiore.

 

Si svegliò dopo qualche ora, sentendo qualcosa di ruvido sopra la nuca.

-Cosa…?- mormorò distratto e assonnato, passandosi una mano sui capelli per scoprire l’entità di quel peso.

Tracciò il profilo di dita. Dita grandi, forti.

-Buongiorno, mastro scassinatore- la voce forte di Thorin gli risuonò nelle orecchie come un tuono, reale come un sogno.

Spalancò gli occhi, alzandosi di scatto.

Qualcosa si era attivato.

-Thorin! Sei…- era troppo entusiasta, rischiava di svegliare le altre persone lì dentro -sei sveglio!- terminò quindi in un sussurro, avvicinandosi ulteriormente al volto del nano.

Sfoggiava un sorriso timido, i capelli ancora incollati alla fronte sudata.

-Sì?- apparentemente, ridacchiare non gli provocava dolore -sì-.

Bilbo aveva ancora gli occhi spalancati, come se avesse appena visto un mosto. -Sei sveglio-.

Thorin ridacchiò ancora, continuando a toccare la testa dell’altro come ad accertarsi che fosse davvero lì e non semplice sogno.

-Sei un idiota- con il tono di chi non aveva voglia di sentire altre parole, Bilbo si accasciò nuovamente sulle coperte chiare, inchiodando la testa tra le braccia. -Sei un idiota, un imbecille-.

Lui aveva sempre l’ultima parola, doveva sempre averla. Era quello che doveva fare le ramanzine, quello che doveva parlare in difesa o in attacco.

Soprattutto in attacco.

-Dichiarare guerra a tre popoli contemporaneamente?! Sei proprio un caso perso-.

Il suo viso era contratto in una smorfia angustiata, le labbra morse e gli occhi acquosi.

Si era preoccupato.

Si era così preoccupato.

La prima cosa che aveva sentito appena Thorin era stato portato nella tenda, appena i medici erano arrivati a valutare la situazione, era stata una singola frase, che immediatamente si era scolpita nel suo cervello: “sta a lui decidere se svegliarsi o meno”.

Sta a lui decidere se svegliarsi o meno.

Quella frase l’aveva riempito di una strana ira, come se davvero quel nano fosse talmente testardo da scegliere di morire.

Scegliere di prendere la strada più veloce.

Scegliere di andare via da lui.

Per fortuna, aveva recuperato il suo buon senso.

-Ma alla fine abbiamo vinto-

-Stavi per rimetterci la vita, Thorin-

-Ma almeno sono vivo-

Bilbo sbuffò rumorosamente, per poi sorridere.

Era contento che fosse vivo.

-Voglio scusarmi ancora- dopo qualche attimo di silenzio, creato per permettere ad entrambi di respirare, il re sotto la montagna sospirò pesantemente, continuando a guardare lo hobbit con uno sguardo intenso, come se fosse la cosa più bella dell’universo.

Il fiore più bello in un giardino.

-Per cosa?-

Sapeva benissimo cosa. La malattia del drago. La sua follia. L’aveva quasi gettato giù da una balconata, dannazione.

Però non voleva parlarne ora.

Era acqua passata. Era acqua passata.

-Per tutto quello che ti ho fatto. Mi spiace-.

Erano parole semplici, brevi. Ma lo sguardo colpevole nei suoi occhi diceva tutto.

Thorin non era mai stato troppo bravo, con le parole.

Il minore si sporse verso di lui ancora, sfiorandogli le ciocche di capelli che gli cadevano sul volto pallido. -Va bene così, ti ho già perdonato-

-Ma pensavo…-

-Ti ho perdonato, è inutile continuare sempre a pensare al passato- la tenerezza nelle sue mani serviva a ribadire il concetto.

Era inutile pensare al passato, ora c’era solo il presente. C’erano solo loro due. Vivi. Insieme.

-Sono stato uno stupido- continuò, quasi come se non avesse sentito l’altro. -Sono stato un imbecille. Accecato da tutte quelle dannate ricchezze-.

-Non dire così. Non è stata colpa tua-

-Mi dispiace- la sua voce si stava incrinando.

-L’hai già detto, l’hai già detto-

-Ti ho rovinato la vita. Scusa- nel cercare di trattenere le lacrime, fece un sorriso. Un largo, profondo sorriso. Di quelli che sfoggiava solo con lo hobbit, il motivo nessuno sapeva spiegarselo.

-Non me l’hai rovinata, l’hai cambiata in qualcosa di qualcosa di decisamente migliore- Bilbo non voleva farlo piangere.

Non era tagliato per far piangere le persone, più a farle sorridere.

Si avvicinò ancora al volto, minimizzando per tutta la distanza che prima li separava. Poteva sentire il suo respiro sulla pelle, sfiorare con le guance l’ispido della sua barba.

Era così vicino.

Era così vicino.

Perché amava così tanto quella vicinanza? Perché cercava sempre quel contatto così intimo? Avevano passato un anno assieme, tra mille pericoli. Grandi avventure, sì, ma anche piccoli momenti.

Quelli che solitamente nelle cronache epiche non raccontano.

Le sue espressioni corrucciate appena sveglio, quando doveva ancora scacciare il sonno dalle sue palpebre. I grugniti paterni che emetteva quando Kili o Fili facevano qualche sciocchezza. I sorrisi, i bronci annoiati.

Quando l’aveva abbracciato, non troppo tempo prima. Aveva sentito il suo cuore battere vicino al suo, il suo calore espandersi attorno a lui. Si era sentito così bene. Così bene.

Avevano attraversato l’inferno assieme, e ora erano arrivati alla fine del loro viaggio.

Erano finalmente tornati a casa.

Durante quel viaggio aveva sentito sempre di più qualcosa attraversargli la spina dorsale, ogni volta che si trovava vicino al re dei nani. Una scossa, come un brivido di terrore.

Non l’aveva mai provata, prima di incontrare Thorin. Ma in qualche modo, sapeva benissimo di cosa si trattava.

Aveva il desiderio di restare con lui per sempre. Supportarlo in ogni cosa, stare al suo fianco. Voleva diventare parte della sua vita.

Non voleva tornarci, alla Contea. In quella casa fredda, con il camino sempre scoppiettante ma le sedie congelate. Voleva scappare dai suoi parenti, scappare da tutte le occhiate orribili che i vicini gli lanciavano in ogni momento che loro reputavano buono.

Era stanco.

Aveva bisogno di una nuova vita.

-Sei sempre stato al mio fianco, perché l’hai fatto?- quella domanda gli arrivò alle orecchie chiara e tonda come lo squillo di una campanella, il cervello che cercava in qualche modo di dare una risposta. Perché non era andato via? Perché non era scappato? Non era un guerriero, era uno hobbit. Non era un avventuriero, era uno hobbit.

E allora, perché l’aveva seguito?

Non riusciva a dirlo.

-Perché hai continuato a seguirmi? Cosa ti ha spinto a farlo?-

Cosa l’aveva spinto a farlo? Cosa l’aveva spinto a seguirlo così? Era rimasto con lui, aveva riso con lui, aveva pianto con lui, aveva curato le sue ferite ed era rimasto con lui fino alla fine.

Ma perché?

Era così vicino.

Riusciva a sentire il suo respiro. Riusciva a sentire le sue labbra vicino alle sue.

Non poteva rispondere a parole, non poteva rispondere a parole.

Si sporse.

E lo baciò.

Non fu un bacio appassionato, più uno scomposto appiccicarsi di bocche. Il ruvido della barba del nano sul suo mento, il calore delle loro labbra che andavano ad unirsi.

Non era stato emozionante come si era sempre immaginato. Era stato, appunto, uno scomposto appiccicarsi di bocche, che durò un paio di secondi.

Bilbo non poteva alzare gli occhi. Aveva fatto un danno.

Come aveva potuto pensare di fare una cosa del genere? Come aveva potuto anche solo immaginarla?

Era stato un imbecille.

Era stato un idiota.

Impulsivo.

Uno stupido hobbit impulsivo, ecco cos’era.

-Sei stato più diretto di quanto avevo immaginato, Bilbo- ridacchiò il nano. Non sembrava sorpreso, non sembrava nemmeno arrabbiato.

Il sorriso scomposto e il rosso sulle sue guance dicevano tutt’altro.

-Scusa. Non...sono...scusa- l’altro era rosso come un pomodoro, tutte le emozioni che aveva provato nell’ultimo minuto che correvano su dal cuore al cervello. -È...è stata una cosa stupida. Scusa. Non succederà mai più. Scus-

Venne interrotto da uno strattone, che andò a trasformarsi in qualcosa di molto più profondo di una semplice unione di labbra.

 

-Come sta?- uscendo dalla tenda, una mezz’oretta dopo, venne accerchiato da Fili e Kili. Erano malandati, fasce e stampelle a cercare di tenerli tutti assieme dopo l’assalto degli orchi, però, almeno, anche loro erano vivi.

Vivi e vegeti.

Kili si era letteralmente gettato su di lui appena aveva aperto il tessuto, l’espressione preoccupata.

Nessuno dei due aveva avuto notizie dello zio da quando, be’, si erano svegliati.

Bilbo, ancora scarlatto, non riusciva ad esprimersi se non con lievi muggiti confusi.

-Sta benone- riuscì a sussurrare, per poi allontanarsi.

La sua vita nuova stava per cominciare.

 

 

 

Angolo autrice:

fandom morto: * esiste *

io: helo

 

   
 
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