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Autore: Signorina Granger    15/10/2020    10 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
In un mondo dove il Ministro della Magia detiene un potere quasi assoluto e la sua carica è ereditaria, i Cavendish e i Saint-Clair, La Rosa Bianca e La Rosa Rossa, rappresentano le famiglie più potenti della società magica e per questo sono in competizione e conflitto quasi perenne. La faida durata secoli raggiunge uno stallo solo quando, nel 1865, George Cavendish, futuro Ministro, sposa una Saint-Clair, ma i conflitti si riaccendono pochi decenni dopo, quando nel 1900 egli disereda il suo unico figlio per motivi sconosciuti e nomina suo erede Rodulphus Saint-Clair, scatenando le ire della famiglia.
Dieci anni dopo Rodulphus viene rinvenuto morto per un apparente - ma inscenato - suicidio. La sua famiglia punta il dito contro i Cavendish: la guerra delle due rose è aperta.
Genere: Introspettivo, Noir, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Capitolo 5
 
Gwendoline Cavendish, nata Saint-Clair, osservava la sua serra stringendosi il colletto di pelliccia del mantello addosso. Era ottobre e il sole era sorto da appena un paio d’ore, tanto che il Derbyshire era ancora avvolto dal tipico freddo notturno autunnale che avvolgeva sempre le campagne.
 
“Signora…”
Gwendoline non diede segno di aver udito il mormorio dell’Elfo Domestico e si addentrò lentamente nella serra attraverso la porta di vetro socchiusa, facendo vagare lo sguardo tra i suoi bellissimi fiori. O su quello che ne rimaneva.
Non restava quasi nulla delle sue amate rose: ogni singola rosa rossa presente nella serra era stata bruciata. Gwendoline strinse le labbra, mormorando qualcosa prima di uscire dalla serra a passo di marcia:
“Vado a Londra. Devo parlare con mio figlio.”
La padrona di casa estrasse la bacchetta e sparì Smaterializzandosi prima ancora di fare il tempo al suo Elfo di chiederle quando sarebbe tornata.
 
*
 
“Qualcuno ha distrutto i tuoi fiori?”
“Le mie rose. Bruciate. Sai quanto ci tenga, ma non è questo il punto. Sai quanto me cosa significhi questo gesto… Non trasuda intenzioni particolarmente amichevoli.”
“Se me lo stai chiedendo per sapere se ne so qualcosa, mamma…”
“No, non è così. So che non sei stato tu Ed… Non ti prenderesti mai la briga di venire fino nel Derbyshire per bruciare qualche fiore.”
Gwendoline parlò con tono pacato, stringendo i braccioli foderati della sedia dove il figlio l’aveva fatta accomodare, nel suo studio, e Edward parve rilassarsi nell’udire quelle parole, abbozzando persino un accenno di sorriso con le labbra sottili prima di alzarsi e schiarirsi la voce:
 
“L’ultima cosa che voglio è che tu corra dei rischi, mamma, lo sai. Ora devo andare al Ministero, ma posso farti avere un Auror, se lo desideri.”
“Non voglio che tu lo dica a Theseus, Edward, ed è lui a gestire gli Auror. Si allarmerebbe per un nonnulla.”
“Beh, a me sembra una dichiarazione poco amichevole, come tu stessa hai sottolineato, mamma. Era casa tua. I tuoi fiori, con un chiaro messaggio alla tua famiglia di origine. Forse per una volta potrei persino trovarmi d’accordo con tuo nipote.”
 
Gwendoline stava per dire che n tal caso avrebbe fatto bruciare i suoi fiori più spesso, d’ora in avanti, ma venne interrotta dal minore dei suoi nipoti: Egan entrò nello studio spalancando la porta, affannato e incurante del fatto di aver appena interrotto una conversazione privata del padre.
 
“Nonna, la mamma mi ha appena raccontato… stai bene?”
“Buongiorno caro. Sto benissimo, non preoccuparti. Certo, dopo mesi di duro lavoro non potrei lo stesso sul responsabile di quello scempio, se dovessi mettergli le mani addosso…”
Gwendoline sbuffò, irritata, e Egan le si avvicinò per chinarsi e darle un bacio su una guancia prima di rivolgersi ad Edward, serio in volto:
“Penso che dovresti richiedere che le venga affidato un Auror, papà. Dubito che Theseus Saint-Clair rifiuterebbe.”
“E’ quello che ho detto anche io, ma tua nonna…”
 
“Via, via, quanto siete tragici, io sono solo furiosa per i miei poveri fiori. Qualcuno mi ha fatto un brutto scherzo e vorrei solo capire chi è stato. Tutto qui, non voglio allarmare nessuno.”
 
 
*
 
 
Caroline Penelope Cavendish sedeva, composta e con la schiena dritta come sua madre le aveva insegnato fin da bambina, al posto che era solita occupare nella grande sala da pranzo dove mangiava ogni giorno insieme alla sua famiglia e in compagnia dei loro ospiti nelle ricorrenze speciali.
Quel giorno aveva deciso di farsi servire lì il thè, e stava sorseggiando con calma la sua abituale tazza di Earl Grey senza latte e con poco zucchero, leggendo distrattamente alcuni fogli che aveva davanti a sé quando dalle porte aperte della stanza entrò suo fratello minore, visibilmente teso.
"Ciao Ezra. Che cosa c'è?"
"Carol, ieri sera ho sentito mamma e papà discutere in camera loro, la mamma era... furiosa."
"Hai origliato, Ezra?"   Caroline inarcò un sopracciglio, visibilmente scettica, ma Ezra non fece caso alla sua occhiata di disapprovazione mentre le sedeva di fronte, guardandola nervosamente:
"Non ha importanza. Ha importanza il motivo per cui stavano discutendo, invece. Papà... papà sembrava intenzionato a farti sposare Saint-Clair, Carol.
"Oh."
 
"La mamma... La mamma non era contenta, per niente. Credo si sia messa a lanciargli contro qualcosa. Comunque, lo ha minacciato di rivelare qualcosa che avrebbe di certo impedito a Riocard di sposarti. Non ha detto di cosa si trattasse."
"Non l'ha detto? E nostro padre?"
"Nostro padre mi è parso colto sul vivo. Credo che si tratti di qualcosa di importante, Carol. Ma finchè impedirà a nostro padre di costringerti a sposare Riocard Saint-Clair non m'importa quanto grave possa essere."
 
La mano di Ezra si allungò sul tavolo e Caroline, istintivamente, allungò la propria per stringerla.
Esitò, ma sorrise con affetto al fratello in risposta al suo sguardo visibilmente preoccupato:
 
"Andrà tutto bene Ezra, non preoccuparti per me."
 
Caroline non si era mai permessa di farsi vedere in difficoltà o preoccupata da suo fratello.
Lei era la sorella maggiore, lei si era sempre preoccupata per lui, consigliandolo e abbracciandolo
quando stava male. Non si sarebbe mai mostrata in difficoltà al suo amato fratellino.
 
*
 
“Non mi invita a sedermi?”
“La inviterei a fare ben altro, ma fortunatamente sono un gentiluomo. Che cosa vuole?”
Theseus, seduto dietro la scrivania che fino ad un paio d’anni prima era stata utilizzata da suo fratello maggiore con le mani giunte e i gomiti appoggiati ai braccioli della poltrona di pelle, riservò un’occhiata quasi truce al suo interlocutore: era estremamente raro che Robert Cavendish chiedesse di conferire con lui, e in quelle occasioni Theseus non mancava mai di trattarlo con tutta la diffidenza di cui era capace.
“Parlarle a proposito di suo nipote. Chiaramente sa a quale mi riferisco, non al figlio di sua sorella.”
“Che cosa vuole da Riocard?”
“Beh, Riocard non ha più un padre, perciò presumo di dovermi rivolgere a lei, anche visto e considerato che fino ad ora ha fatto le veci del ragazzo come Ministro… Vorrei parlarle a proposito di mia figlia.”
“Riocard è adulto, può benissimo parlare direttamente con mio nipote.”
Comprendendo a cosa si riferisse una smorfia perfettamente visibile increspò il volto di Theseus, e Robert annuì abbozzando un sorriso sghembo, guardandolo con gli occhi scuri quasi divertiti di fronte a quella reazione:

“Questo lo so. Ma è anche risaputo quanto il ragazzo abbia stima e si fidi di lei. Perciò chi meglio di suo zio potrebbe… persuaderlo a fare la scelta più vantaggiosa per tutti?”
“E’ qui per mettere in vendita la sua deliziosa figlia, Cavendish?”
“La prego, sa come funziona, ha una figlia anche lei. Le giovani, ricche fanciulle di buona famiglia sono merce di scambio da secoli. I matrimoni sono contratti, sono alleanze, noi lo sappiamo bene. Suo padre fece sposare a lei e a Rodulphus le uniche nipoti del secondo uomo più ricco del Paese dopo di lui, ne sapeva qualcosa. Siamo responsabili delle nostre figlie. Lei con la sua può fare ciò che vuole, io penso che se Caroline sposasse suo nipote tutti ne trarrebbero vantaggio. Riocard erediterebbe una bella casa e sposerebbe una strega altrettanto bella, mia figlia vivrebbe nella dimora di famiglia e niente andrebbe perduto.”
Robert si strinse nelle spalle e Theseus si sporse leggermente in avanti sulla sedia, verso di lui, inarcando un sopracciglio mentre lo squadrava con estrema cura:
 
“Perché tenete tanto a quella casa? Potete comprarvene altre, grazie ai soldi di mia zia.”
“I Cavendish in passato hanno già perso qualcosa di molto… importante per noi a favore dei Saint-Clair. Non vorremmo che ciò si ripetesse. Inoltre, questo matrimonio potrebbe placare le ostilità, come il mio compianto zio desiderava.”
“Nessuna ostilità verrà placata finchè non scoprirò chi ha ucciso mio fratello, Cavendish. Renderò nota la sua proposta a mio nipote, ma lo conosco bene e non penso che ne vorrà sapere nulla.”
 
“Forse è così, ma ribadisco che confido nel suo buonsenso e nella sua capacità di persuadere suo nipote a fare la cosa giusta. Stranamente, sposare mia figlia potrebbe essere utile sia alla sua famiglia che alla mia, tanto vale cogliere l’occasione, no?”
Robert rivolse un ultimo sorriso a Theseus prima di aprire la porta dell’ufficio e andarsene, lasciando il Ministro provvisorio ad un mesto, tetro sospiro.
Odiava ammetterlo con tutto se stesso, visto quanto lo disprezzava… ma forse Robert Cavendish non aveva tutti i torti.
 
*
 
“Bontà divina, cosa direbbe nostro padre se ti vedesse qui?”
“Nulla, visto che tu non glielo dirai! Egan, sto attraversando una terribile crisi.”
Clio si lasciò scivolare con un sospiro tragico su uno degli sgabelli posti davanti al bancone di legno tirato a lucido ed Egan, sorridendo, appoggiò i gomiti sulla superficie liscia proprio di fronte alla sorella maggiore:
“Che succede, Negan ha finito le idee?”
“Taci, non farti sentire!”
Clio colpì il fratello con un fazzolettino, e il minore roteò gli occhi prima di rimettersi dritto in piedi, indirizzando una bottiglia di Whiskey Incendiario verso un uomo seduto a due sgabelli di distanza dalla sorella:
“Va bene, va bene… blocco dello scrittore, comunque? Braxton Wild se la cava male?”
“Molto male, non so proprio come farlo uscire dal casino in cui l’ho infilato, povera creatura…”
 
“Beh, tu e io siamo esperti nel metterci nei pasticci, non credi? Come puoi non avere idea di come continuare?”
Egan sorrise alla sorella, che scosse il capo e appoggiò i gomiti sul bancone per prendersi la testa tra le mani, scura in volto mentre il fratello minore le versava dell’idromele:
 
“Non è solo questo… Ieri sera ho parlato con papà. Mi ha detto che zio Robert vuole far sposare Carol a Riocard.”
“CHE COSA?”
La Burrobirra strabordò dal boccale che Egan stava riempiendo, e il ragazzo imprecò a bassa voce prima di ripulire il bancone con un rapido Gratta e Netta non verbale, porgere con un sorriso di scuse il boccale al cliente e infine rivolgersi alla sorella maggiore con gli occhi azzurri spalancati dallo stupore:
 
“Mi prendi in giro? Lo zio ODIA i Saint-Clair. Ogni volta in cui vede Theseus Saint-Clair è un miracolo che non dia vita ad una rissa!”
“Lo so, ma a quanto pare è disposto a far sposare la sua unica figlia a suo nipote pur di tenere parzialmente le mani su casa del nonno. Povera Carol… Pensi che lo sappia? Ho paura di parlargliene, non voglio essere io a dirglielo, per Merlino!”
“Non ne ho idea, anche se penso che te l’avrebbe detto, no? E poi ieri è stata qualche ora con Neit, l’avrebbe detto anche a lui. No, penso che debbano ancora renderla partecipa della decisione.”
“E… a Neit? A lui dovremmo dirlo?
“… No. Per ora lascia stare. Adora Caroline, non penso che la prenderebbe molto bene. Non che io sia felice di saperlo…”
L’espressione seria di Egan all’improvviso mutò, e il ragazzo spalancò gli occhi azzurri esattamente come poco prima, come se avesse appena realizzato qualcosa:
“Porca Morgana, non oso pensare a come reagirà Ezra!”
 
*
 
Suo zio aveva chiesto di vederlo, e Riocard si stava accingendo a raggiungere l’ufficio del Ministro – e che a breve sarebbe divenuto suo a tutti gli effetti – quando scorse la figura di Ezra Cavendish camminare lungo il corridoio nella direzione opposta alla sua.
Il mago teneva dei rotoli di pergamena tra le mani, ma quando gli passò accanto si premurò di dargli una poderosa spallata senza neanche guardarlo in faccia, facendolo sbuffare con risentimento mentre si voltava verso il moro:
 
“Si può sapere qual è il tuo problema? Mi basta già tuo cugino, grazie.”
Riocard pensava che Ezra avrebbe proseguito dritto per la sua strada senza degnarlo di un’occhiata, ma così non fu: l’ex Corvonero si fermò di scatto e si voltò, muovendo un paio di passi verso di lui senza staccargli i gelidi occhi azzurri di dosso:
“Vuoi sapere qual è il mio problema, bellimbusto? Il mio problema è che se, disgraziatamente, tu dovessi sposare mia sorella, lei sprecherebbe la sua vita intrappolata in un matrimonio con TE. Vedo mia madre nella stessa situazione da tutta la vita, e l’ultima cosa che voglio è che mia sorella segua le sue orme.”
 
Riocard stava per informarlo con poco garbo che non aveva idea di che cosa stesse parlando e che non aveva nessuna intenzione di convolare a nozze con sua sorella maggiore, ma l’altro non gli diede il tempo di replicare, avvicinandoglisi ulteriormente con aria minacciosa:
“Ma se ciò dovesse realmente accadere ti giuro, te lo giuro Saint-Clair, permettiti di mancarle di rispetto o di maltrattarla e te la vedrai con me.”
 
Con quelle parole Ezra girà sui tacchi, lanciandogli un’ultima occhiata truce prima di allontanarsi a passo di marcia. Riocard era abituato ad incontrare lui o suo padre al Ministero, di tanto in tanto, ma di solito si ignoravano a vicenda, e fino a quel giorno gli era sempre andata bene.
Ora invece Ezra Cavendish lo accusava di voler mettere un anello al dito a Caroline Cavendish. Cosa di cui lui non sapeva assolutamente nulla.
All’improvviso l’ex Grifondoro comprese il motivo dell’urgenza con cui suo zio l’aveva convocato, e varcò la soglia dell’ufficio di Theseus senza neanche bussare, serio in volto:
“Si può sapere che diavolo sta succedendo, zio? Robert Cavendish vuole che sposi sua figlia? Perché suo figlio mi ha appena rivolto qualche parolina gentile.”
“Siediti Ric. Dobbiamo parlare.”
 
*
 
 
“Edward me l’ha detto. Di Caroline.”
Estelle parlò senza distogliere lo sguardo da Penelope, che tirò le labbra in una smorfia mentre la mano sinistra, poggiata sulla propria gamba, stringeva convulsamente il tessuto blu petrolio della gonna dell’abito fatto a mano che la strega indossava:
 
“Borioso, inutile idiota…”
“Penelope, posso immaginare come ti senti.”
“Non credo proprio Estelle. Per lo meno tuo marito non è arrivato a vendere la propria unica figlia al suo peggior nemico solo per tenersi… tenersi COSA? Una casa? Un ammasso di mobili costosi, gioielli, abiti, quadri… tutto questo vale più di sua figlia, per quell’emerito idiota. Merlino, sono felice di averlo sposato solo perché ho avuto Ezra e Caroline.”
Penelope si alzò di scatto, avvicinandosi alla finestra stringendo le braccia al petto. Estelle, alle spalle dell’amica, sospirò e appoggiò la tazza sul piattino prima di imitarla, avvicinandolesi per metterle una mano sulla spalla:
“Caroline è una ragazza meravigliosa, Penny. L’hai cresciuta nel miglior modo possibile… Chiunque la sposerà sarà fortunatissimo. Ma non è detto che Theseus e Riocard Saint-Clair accettino, non scordare che loro ci odiano tanto quanto noi odiamo loro.”
“Lo so. Quello che temo è che facciano lo stesso ragionamento meschino e materialista dei nostri mariti. Gwendoline è l’unica che potrebbe persuaderli a desistere, ma dubito che si opporrà, lei stravede per quel ragazzo. Non fraintendermi, non ho nulla di personale contro il figlio di Rodulphus, anche se sua madre… Beh, lasciamo perdere. Solo non sopporto che mia figlia funga da merce di scambio per una casa. Non perdonerò mai George Cavendish per questa stupida trovata sessista. Mai.”
“Lo dirai a Caroline?”
“Non subito. Ho detto a Robert che si sarebbe pentito di questa decisione, e intendo ricordarglielo. Forse crede che le mie minacce siano infondate, ma non lo sono.”
 
Estelle guardò l’amica senza dire nulla, chiedendosi che cosa sapesse sul conto del marito – anche se, conoscendo Robert, forse nemmeno voleva saperlo – e ripensando a tutte le frecciatine che suo suocero era solito lanciare su Edward quando era in vita, su qualcosa che il figlio aveva fatto e che George non gli aveva mai perdonato.
Ma dopo tutti quegli anni, lei ancora ignorava di che cosa si trattasse.
 
“Penny. Robert ti ha mai… accennato al motivo per cui George ce l’aveva tanto con Edward? E’ sempre stato così, da quando sono entrata nella famiglia. Ma nessuno ha mai voluto dirmelo.”
“No cara, mi dispiace. Gwendoline di certo lo saprà, puoi provare a corromperla.”
 
Estelle scosse il capo, certa che la donna non avrebbe mai tradito la volontà del defunto marito di non farlo sapere in giro: no, l’unico che avrebbe potuto dirglielo era Edward. Ma suo marito, per quanto l’amasse e le confidasse sempre tutto, per qualche motivo si era sempre rifiutato di aprirsi del tutto con lei.
 
Non capiresti
 
Questa era l’unica risposta che Estelle era riuscita a strappargli. Edward non aveva mai aggiunto nient’altro.
 
*
 
 
Quando scorse Penelope Cavendish da lontano, Alexis prese in seria considerazione l’idea di di Smaterializzarsi a casa e di rimandare gli acquisti che doveva fare, ma scacciò in fretta quei pensiero ripetendosi che non avrebbe sconvolto i suoi piani a causa di quella donna.
La strega procedette così a testa alta sulla strada lastricata, perfettamente consapevole dello sguardo gelido della donna su di sé: Penelope le si avvicinò senza preoccuparsi minimamente di fingere di non averla vista, parandolesi di fronte inarcando un sopracciglio perfettamente curato.
 
“Se non fossi assolutamente certa di aver sposato un idiota senza cervello, avrei quasi giurato che l’idea è stata tua.”
“Non so a cosa ti riferisci, ma ho altro da fare invece di perdere tempo con te, Penelope.”
“Vuoi dirmi che non ti è ancora arrivata la notizia? Robert vorrebbe far sposare mia figlia con tu figlio. Sarebbe un bel passo in avanti per te, no? Tuo figlio erediterebbe una gran bella casa e sposerebbe una ragazza splendida e ricca. Cosa chiedere di meglio per il proprio figlio?”
 
“TUA figlia sarebbe immensamente fortunata a sposare il MIO, tanto per essere chiari. Inoltre… Robert è tuo marito, cara. Se non sei in grado di controllarlo, beh, sono solo affari tuoi.”
Alexis piegò le labbra in un sorriso dolce e canzonatorio, lo stesso che rivolgeva a Rodulphus quando si faceva beffe di lui o ad Astrid quando, da bambine, otteneva il regalo più bello o la fetta di dolce più sostanziosa.
Penelope invece strinse le labbra – trattenendosi dall’affatturarla in piena Diagon Alley, ripetendosi che quella befana era la cognata dell’attuale Ministro e madre di quello futuro e che fosse una pessima idea trasformarla in uno spillo – e la guardò allontanarsi di qualche passo prima che la bionda, come ricordandosi di dover aggiungere qualcosa, si voltasse un’ultima volta verso di lei con lo stesso odioso sorriso:
 
“Quasi scordavo quanto ti si addice il tuo bel nome. Incredibile come un nome dal suono così sofisticato celi un significato volgare… Anatra. Cielo, come ti si addice, cara.”
“Avrei anche io un nome che ti starebbe d’incanto, cara, e se non fossi una signora lo direi anche ad alta voce.”
 
*
 
“Scusa se ci ho messo un po’, avevo uno Kneazle molto rognoso tra le mani…”
 
Thomas sfoggiò un sorriso di scuse mentre prendeva posto di fronte ad Ambrose, che aveva occupato un tavolo e aveva già un bicchiere di whiskey semi vuoto davanti.
“Non preoccuparti. Di che cosa volevi parlarmi?”
“Beh, di Ric. Quando è tornato a casa per il pranzo mio padre sembrava piuttosto teso. Credi che possa essere successo qualcosa riguardo al testamento?”
“Non ne ho idea, ma se così fosse non penso che QUESTO sia il luogo più adatto per parlarne, onestamente…”
 
Ambrose si gettò una rapida occhiata intorno e scorse Egan Cavendish in piedi dietro al bancone come sempre, uno strofinaccio appoggiato sulla spalla mentre parlava con aria concitata con un ragazzo dai capelli scuri seduto proprio di fronte a lui su uno sgabello. Ad Ambrose non ci volle molto per individuare Ezra Cavendish in quel suddetto ragazzo, anche se gli dava le spalle, e sbuffò piano mentre si portava il bicchiere alle labbra.
“Non preoccuparti, trovo che Egan Cavendish sul lavoro sia molto… professionale. Non mi sembra che abbia mai rifiutato di servirci, no?”
“No, anche se ho sempre qualche remora a bere quello che mi serve, non so se mi spiego.. Lizzy? Che ci fai qui?”
 
Ambrose sgranò gli occhi chiari con sincera sorpresa quando scorse l’inconfondibile figura, elegante ed aggraziata, di sua cugina procedere con disinvoltura tra i tavoli di legno del pub, sfilando tra i clienti – maghi o folletti che fossero – con addosso un accollato vestito bordeaux con guanti e cappellino coordinati.
“Tommy mi ha detto che dovevate vedervi e ho deciso di auto-invitarmi. Oh, c’è anche Cassy.”
Lizzy sedette tra fratello e cugino come se non si sentisse affatto fuori luogo e accennò con disinvoltura alla cugina, che si era fermata a chiacchierare con alcuni ragazzi, tutti con enormi boccali di Burrobirra in mano.
“E con chi sta parlando? Vado a prenderla… Nostro padre non sarebbe felice di saperla qui.”
“Sì, non è proprio posto da signorine, tesoro. Soprattutto per signorine come te.”
Thomas rivolse un sorriso affettuoso alla sorella, che però roteò gli occhi e accennò al completo sartoriale con cappotto abbinato del fratello mentre si sfilava i lunghi guanti con grazia:
“Essere persone eleganti non ci preclude di andare ovunque vogliamo, anche se sei una donna. E devo dire che è interessante vedere gli uomini sfoggiare la loro vera natura da selvaggi, in questi contesti. Beh, dove si ordina da bere? MERLINO, MA QUELLO È EGAN CAVENDISH?”
“Beh, in effetti il posto è suo. Non lo sapevi, Liz?”
“E come potrei, visto che “questi non sono posti da signorine”? beh, vado a ordinare per me e Cassy, sempre che lui ed Ezra non mi affatturino riconoscendomi.”
Elizabeth sbuffò e si alzò, dandosi coraggio con un sospiro prima di dirigersi con aria decisa verso il bancone.
“Chiedo scusa gentiluomini, dovrei passare… permesso… che nessuno osi toccarmi, grazie… Che orrore, è un sollievo essere nata donna… Buonasera. Potrei, per cortesia, avere due Burrobirre?”
 
Elizabeth si fermò proprio accanto ad Ezra, parlando tenendo gli occhi azzurri fissi sul proprietario e come se non lo conoscesse. Lo stesso però non si poté dire di Egan ed Ezra, che la guardarono entrambi con aria stralunata: Egan, che stava lucidando un bicchiere, guardò la strega aggrottando la fronte, chiedendosi se non si fosse persa o se invece fosse tutto parte di un piano per distruggergli il locale.
“… Salve. E’ sicura di trovarsi nel posto giusto?”
“Beh, dove altro dovrei ordinare, alla toilette?”
“Beh, no, solo che non l’ho mai vista qui… Certo, comunque. Arrivano subito.”
 
“Cavendish, perché mi guardi come se non avessi mai visto una signorina qui?”
“Beh… di signorine qui se ne vedono, ma le Saint-Clair sono una rarità.”
“Beh, c’è sempre una prima volta. Grazie. Come mai “alla Clio”, se posso permettermi?”
Egan borse due boccali alla strega, che li prese aggrottando la fronte e facendo sorridere appena il rosso con la sua domanda:
“Ci ho aggiunto i chiodi di garofano… piaceva a mia sorella, e così il nome. Spero che sia di suo gusto.”
“Oh, capisco. Beh… grazie ancora. Le metta sul conto di mio fratello.”
 
 
Elizabeth girò sui tacchi e si allontanò per raggiungere i cugini – mentre Ambrose faceva una ramanzina a Cassiopea, lei replicava a tono e Thomas si godeva la scena – sotto gli sguardi ancora perplessi dei due Cavendish, che rimasero in silenzio finchè Ezra non fece un’osservazione, quasi annoiato, mentre si portava il bicchiere alle labbra:
“Non si può negare che sia davvero molto graziosa. Peccato che si chiami Saint-Clair di cognome.”
“Già. Un vero peccato.”
 
 
“Eccomi qui, Cassy tieni la tua Burrobirra… Ambrose, smettila, Cassy è adulta e può andare dove le pare, anche se è una ragazza. E quanti whiskey hai bevuto? Ti tengo d’occhio. Allora… dicevamo su Riocard? Non penserete che accetterebbe di sposare Clio o Caroline Cavendish, vero ragazzi?”
Elizabeth prese nuovamente posto accanto al fratello e consegnò la Burrobirra a Cassy, che le sorrise con gratitudine prima di rivolgere un’occhiata soddisfatta ad Ambrose, che invece alzò gli occhi al cielo, sconfitto, mentre Thomas si stringeva nelle spalle, rigirandosi piano l’anello d’argento con la rosa incisa che portava sempre alla mano destra:
 
“Chiaramente no. A meno che non lo convincano in qualche maniera, certo.”
 


Colleen Bouchard Saint-Clair nei suoi 21 anni di vita era andata di rado in giro per Londra da sola: da perfetta ultimogenita i suoi genitori si erano sempre preoccupati per lei molto più che per i fratelli maggiori, e spesso avevano insistito perché Ambrose o Cassiopea la accompagnassero.
Quella sera, però, Colleen doveva raggiungere i fratelli, e aveva seguito l’indirizzo che le era stato dato da Cassiopea giungendo al celebre pub di Diagon Alley da sola.
 
Per un istante, dopo essere entrata, Colleen era rimasta affascinata dalla multitudine di colori, stili e dalla varietà della clientela o dal menù appeso dietro al bancone – non era mai entrata in un pub in vita sua, dopotutto – ma quella sensazione aveva avuto vita breve, visto che un attimo dopo aveva attirato la sgradita attenzione di un tavolo vicino:
 
“Tesoro, ti sei persa? Sei da sola?”
“Non… non chiamatemi così, per favore.”
“Che tenera, guardate com’è carina! Ci fai compagnia?”
 
Colleen si sentì strattonare e un braccio le cinse la vita, facendola sobbalzare e arrossire copiosamente:
“Non penso proprio. Mi stanno aspettando.”
 
“La signorina ha detto “no”, mi risulta.”
Sentendo una voce piacevolmente familiare Colleen si voltò, e un sorriso di puro sollievo le illuminò il volto quando scorse suo cugino, in piedi davanti a lei: Thomas aveva quasi sempre il sorriso sulle labbra e un’eterna espressione radiosa e cordiale, ma in quel momento doveva ammettere di averlo visto di rado tanto serio mentre scrutava lei e i tre maghi seduti al tavolo.
 
“Vieni, Colleen.”
Thomas la prese delicatamente per un braccio e l’attirò a sé, mormorando di seguirlo mentre la conduceva verso Ambrose, Cassiopea ed Elizabeth.
“Grazie Thomas.”
“Non mi devi ringraziare. Per fortuna ti ho vista entrare… Ecco perché le signorine non dovrebbero andarsene in giro da sole a Londra, dopo una certa ora.”
Thomas le rivolse un sorriso e Colleen annuì abbassano lo sguardo, imbarazzata per non essere riuscita a cavarsela da sola mentre Cassiopea, vedendola, le chiedeva il perché di quel muso lungo:
 
“Nulla Cassy, solo quei tre idioti che l’hanno importunata quando è entrata.”
“CHI E’ STATO? Ci penso io.”
Cassiopea fece per alzarsi e prendere la bacchetta, ma Ambrose scosse il capo e asserì che ci avrebbe pensato lui in quanto fratello maggiore: i due stavano quasi per iniziare a discutere su chi dovesse difendere la sorellina quando Elizabeth, alzando gli occhi al cielo e ringraziando la provvidenza per aver avuto un solo fratello, parlò con tono neutro dopo aver bevuto l’ultimo sorso di Burrobirra:
 
“Fatela finita, come vedete ci ha pensato Thomas, il mio meraviglioso e perfetto fratellone… che pagherà la mia Burrobirra, vero?”
“Qualsiasi cosa per la mia Lizzy.”
 
“Quello che volevo sentire. Forza Cherry, siediti e prendi qualcosa, stiamo discutendo a proposito del possibile matrimonio di Ric.”
 
 
*
 
“SEI UN IDIOTA! Mi vergogno, mi vergogno di te! Pensavo che fossi sulla buona strada per farmi da successore, pensavo che fossi intelligente, maturo, serio… Come hai potuto fare una cosa simile?”
“Siete voi che vi rifiutate di vedere, padre! Se solo mi ascoltaste, capireste!”
“No, non capisco. Hai fatto una scelta che disonora te e tutta la nostra famiglia. Non ti perdonerò mai, Edward, ma ormai non si può tornare indietro. Ma ti assicuro che te ne pentirai. Per tutta la vita.”
 
Edward non aveva mai scordato l’occhiata gelida che suo padre gli aveva lanciato prima di sbattergli la porta in faccia. George non aveva fatto false promesse, come sempre: si era premurato di ricordare al figlio il suo imperdonabile errore per i successivi 27 anni.
 
“Anche adesso che il nonno è morto non me lo dirai, non è così?”
“Di che cosa parli, Neit?”
“Del motivo per cui ce l’aveva tanto con te. Del motivo per cui ha scelto Rodulphus Saint-Clair.”
 
Neit, seduto su una poltrona nel salotto con un libro sulle ginocchia e la divisa blu da Indicibile ancora addosso dal suo ritorno dal Ministero, teneva il suo sguardo attento e indagatore fisso sul padre, padre che guardò il primogenito con un sorriso quasi triste sulle labbra. Il sorriso di chi ha accettato con rassegnazione la propria sorte:
 
“Sai Neit, molti pensano che fece quella scelta perché preferiva lui a me. E a volte lo penso anche io, ma si sbagliano. Non è questo il vero motivo. Mio padre fece quella scelta, quando andò in pensione, solo per punirmi.”
 “Punirti per cosa, papà? Sono adulto, tu alla mia età avevi già tre figli… Ancora ti ostini a non volerlo dire? Sono anni che cerco di capire.”
“Lo so, sei sempre stato fin troppo sveglio e curioso. Sei un vero Cavendish, Neit. Mi dispiace che per colpa mia, di tuo nonno e di Rodulphus Saint-Clair non avrai ciò che ti spettava di diritto.”
Neit avrebbe voluto dire al padre che di quelle tre persone due erano morte, ormai, e che l’unico a conoscere tutta la verità era lui – a parte sulla morte di Rodulphus. Neit sapeva che suo nonno aveva dubbi sul suo stesso figlio, ma Neit si era sempre rifiutato di prendere in considerazione quell’idea – ma Edward si alzò, mormorando che aveva intenzione di riposarsi un po’ prima di cena.
Stava per uscire dal salotto quando, improvvisamente, si fermò, come colto da un pensiero: si voltò appena verso il figlio, parlando con tono piatto e privo di qualsiasi emozione senza guardarlo direttamente in faccia:
“Non so se ne sei già al corrente, ma forse gradiresti saperlo e sentire come sta. E’ probabile che Caroline sposi Riocard Saint-Clair.”
 
*
 
 
“E’ in camera sua.”
Ezra non lo aveva neanche salutato, parlando con lo stesso tono che Edward aveva usato nel comunicare al figlio la notizia.
Neit, appena uscito dal camino di marmo grazie alla Metropolvere – di norma non era sua abitudine improvvisare a casa altrui senza preavviso o senza invito, ma quella sera non si era premurato di scrivere ai padroni di casa, preso da ben altri pensieri – non salutò nemmeno il cugino, superandolo in fretta e furia per dirigersi al piano superiore.
 
Salire le scale ricoperte dal morbido tappeto rosso gli fece pensare a qualcosa che ormai apparteneva ad un passato lontano, e per un istante tornò nella sua stanza nella casa dei genitori, a letto, un bambino fragile che ascoltava il silenzio rotto da passi leggeri sulle scale.
Un sorriso impercettibile attraversava il volto serio e malinconico di quel bambino quando la consapevolezza che Caroline o Clio stavano per bussare alla sua porta so faceva strada in lui.
Ora, per la prima volta, era lui a dover far visita a sua cugina per portarle un po’ di conforto.
 
Il mago si ritrovò ad indugiare davanti alla porta della camera da letto della cugina, ripetendosi quanto fosse sconveniente, ma udendo un singhiozzo soffocato si decise e bussò, attendendo un paio di istanti – durante i quali non ricevette alcuna risposta verbale – prima di aprirla piano:
“Carol? Posso entrare? Oh. Ciao.”
 
Il mago si ritrovò a guardare, sorpreso, proprio sua sorella gemella: Clio gli rivolse un debole sorriso mentre, seduta sul grande letto a baldacchino di Caroline, l’abbracciava e le accarezzava i capelli biondi mentre la cugina teneva il viso nascosto tra le braccia, poggiandosi sulle sue gambe.
“Caroline, c’è Neit… Ti lascio un po’ con lui.”
 
Clio si lasciò scivolare piano dalla cugina, che non si mosse finchè Neit, senza dire nulla, non prese il posto di Clio: il mago sedette sul bordo del letto e guardò la cugina sollevarsi per abbracciarlo, il volto dalla carnagione chiara e delicata rigato dalle lacrime e i lunghi capelli color grano di solito legati e acconciati sciolti sulla schiena in morbidi riccioli.
“Ciao Carol. Ho appena saputo… Non preoccuparti. Andrà tutto bene.”
“Non voglio sposare qualcuno che non conosco. Non voglio finire come Mary, Neit, o mia madre, sposata e costretta a convivere con qualcuno che detesto.”
Neit poggiò la mano destra sulla nuca di Caroline e le fece poggiare la testa sulla sua spalla mentre le cingeva la vita col braccio sinistro, abbracciandola. Si ritrovò con il capo contro il suo e a stringere delicatamente i suoi lunghi capelli biondi, mormorando che sarebbe andato tutto bene.
 
Neit non era felice, in quel momento, per nulla. Era a dir poco furioso con suo zio, e anche con suo padre per aver dato il suo benestare. Non voleva che quella sorte toccasse a sua sorella, che amava con tutto se stesso, ma nemmeno a Caroline.
Sì, Neit era furioso. Ma in quel momento cercò di non pensarci, mentre il piacevole profumo alla rosa di Caroline – o dei suoi capelli, difficile a dirsi – gli invadeva le narici.
 
 
Clio uscì dalla stanza senza far rumore, socchiudendosi silenziosamente la porta alle spalle con un debole sospiro: voleva terribilmente bene a Caroline, e anche se era certa che Riocard Saint-Clair non fosse un cattivo ragazzo, immaginava perfettamente come la cugina si sentisse. Dopotutto, lei non aveva avuto la sua stessa fortuna, di crescere con genitori che si amavano.
“Come sta?”
“L’ho lasciata con Neit. Tu come ti senti?”
Clio sorrise gentilmente ad Ezra, che si strinse nelle spalle senza guardarla e borbottò qualcosa di incomprensibile prima che la cugina lo abbracciasse, asserendo che lei lo conosceva bene e che non serviva fare l’orso in sua presenza.
 
*
 
 
“Tu che cosa vuoi fare?”
“Secondo te? Non mi interessa sposarla, e neanche la casa di George! Merlino, che situazione… e i Cavendish mi detestano, come se fosse stata una mia idea.”
“Beh, non sai quanto mi costa ammetterlo, sai che non lo sopporto, ma Ezra Cavendish non ha tutti i torti… io farei lo stesso se si trattasse delle mie sorelle. In più forse pensano che hai in qualche modo soggiogato George per convincerlo ad includerti nel testamento, chissà.”
 
Riocard sbuffò e lanciò un veemenza il sasso nel laghetto mentre Ambrose stava in piedi dietro di lui, le mani nelle tasche e una lanterna che galleggiava a mezz’aria loro accanto mentre guardava il cugino sfogarsi: era arrivato da loro dopo cena e con la visibile necessità di parlare con qualcuno, e come sempre Ambrose non si era tirato indietro se il cugino aveva bisogno di lui.
 
“Zio Theo cosa ne pensa?”
“E’ questo il punto. Mio padre si fidava ciecamente di lui, e mi è stato vicino tanto quanto George quando lui se n’è andato. Gli voglio bene e ho grande stima dello zio, e lui mi ha detto che forse dovrei… prenderlo in considerazione. Che potrebbe placare le acque, e in più mi avvicinerei ai Cavendish per poter scoprire qualcosa sulla morte di papà, facendo persino ulteriore rispetto prendendomi persino la casa di famiglia. Sulla carta ha ragione, me ne rendo conto, ma non lo so. Io non sono così, Ambrose.”
“Lo so Ric. Non sei tuo padre.”
“Già. Temo però che questa cosa non sia chiara a tutti. Non ne ho ancora parlato con mia madre, non ho idea di che cosa possa dirmi… Odia Robert Cavendish, quindi forse sarebbe contraria, ma da una parte potrebbe pensarla come lo zio, conoscendola.”
“Beh, sono sicuro che lei ti dirà di fare quello che è meglio per te, sai quanto ti vuole bene. Le mamme sono così.”
 
*
 
“Grazie per essere venuto. Mi serviva un po’ di supporto.”
“Beh, tu ci sei sempre stata per me da piccoli. Dovevo ricambiare il favore. Mi… mi dispiace Carol, so quanto hai sempre temuto questo momento. Non so se Riocard ti sposerà, anche se sarebbe uno stupido a rifiutare.”
“Stai dicendo che secondo te dovrebbe sposarmi?”
Caroline, seduta sul suo letto con la gonna turchese del suo vestito che le copriva le gambe mentre se le stringeva tra le braccia, rivolse un’occhiata perplessa a Neit mentre il cugino si rimetteva la giacca blu, guardandolo affrettarsi a scuotere il capo:
“Sì. Cioè, non sto dicendo che lo vorrei, dico che avrebbe senso. Ma io spero che non lo faccia, è chiaro. Beh, sarà meglio che vada, è tardi e ti ho disturbata abbastanza… Buonanotte Carol. Cerca di dormire, ok? Domani andrà meglio.”
 
Caroline annuì e lo salutò a bassa voce, guardandolo uscire dalla sua stanza e chiudersi la porta alle spalle prima di sospirare e nascondere la testa sulle proprie gambe, ripensando a ciò che era solita ripetere da anni quando la gente le chiedeva se avesse uno spasimante o un ragazzo che le piaceva.
 
Non mi sono mai permessa di innamorarmi, perché so che i miei genitori potrebbero organizzarmi un fidanzamento da un giorno all’altro.
Caroline era sempre stata perfettamente consapevole della veridicità di quelle parole, ma ora che quel momento era, forse, arrivato, stentava a crederci. Senza contare che forse, infondo, non era poi così sicura di dire la verità quando sosteneva di non essersi mai permessa di innamorarsi.
 

*
 
 
“Avanti.”
Clara chiuse il libro quando vide sua madre aprire la porta della sua camera e rivolgerle un sorriso, chiedendole se per caso non volesse il bacio della buonanotte come quando era bambina.
“Sono a posto grazie, anche se ammetto che a volte quando ero in Germania un po’ mi mancava… come mai questa visita? Devi sempre dirmi qualcosa che ti preme, quando vieni a quest’ora.”
Amethyst sedette di fronte alla figlia sul letto e le sorrise, accarezzandole la treccia di capelli castani con affetto:
“Non hai torto. Volevo parlarti a proposito di ieri sera. Mi dispiace se ci sei rimasta male. Tuo padre non è cattivo, è solo il risultato dell’educazione della sua famiglia, come tutti noi, e sai come la pensano i suoi genitori su certe questioni.”
“Anche troppo bene, visto che ogni volta in cui li vediamo la nonna si lamenta del fatto che nessuno di noi quattro è sposato…”
 
“Proprio così. Non penso che voglia offenderti quando dice certe cose, ti vuole bene ed è fiero di te, proprio come lo sono io… e come lo era lo zio Rod.”
Amethyst sorrise con calore alla figlia, e guardò gli occhi di Clara – gli occhi color cioccolato che lei e Colleen avevano ereditato dalla madre – farsi improvvisamente malinconici, quasi lucidi, prima che la ragazza mormorasse qualcosa a bassa voce:
“Mi manca molto.”
“Anche a me tesoro. Manca a tutti, ma ad alcuni di noi in particolare… e tu eri la sua nipote preferita, lo so per certo. Me l’ha detto lui quando sei partita per la Germania, sai?”


“Davvero?”
“Davvero. So quanto adoravi tuo zio, Clara, perché anche io lo amavo tantissimo. E so che sarà sempre fiero di te e della donna che diventerai, anche se non è più qui per dirtelo. Se ti può consolare, io lo penso e non smetterò mai di dirtelo.”
Clara sorrise e abbracciò la madre, ringraziandola con un mormorio mentre appoggiava la testa sulla spalla della donna, lasciandosi piacevolmente coccolare. Un abbraccio che a Jena le era mancato come l’aria in certe circostanze e che, anche se non l’avrebbe mai ammesso, non sarebbe mai stata troppo grande per ricevere.
 
 
 
 
 
 
 
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Angolo Autrice:
Buonasera!
Al contrario della scorsa settimana, oggi mi ritrovo a pubblicare al termine della giornata, chiedo scusa a chi magari ha controllato spesso se avessi aggiornato durante il giorno, ma non sono proprio riuscita a finirlo prima.

Grazie come sempre per le recensioni super positive e super stimolanti, ma anche per le risposte che mi avete mandato.
Questa volta non ho quesiti per voi, per questa settimana vi lascio in pace, anche se ammetto di essere curiosa sulle vostre idee, QUINDI se avete teorie varie sulla trama e volete condividerle con me siete liberissime di farlo, le leggerò con estremo piacere.
Detto ciò spero che il capitolo vi sia piaciuto, anche se l’ho scritto in tre ore scarse e non so come può essere venuto, buonanotte e a presto!
Signorina Granger

 
PS. Scusate se ci sono errori, domattina lo rileggo giuro, ma è tardi e non connetto più
 
 
   
 
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