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Autore: C_Totoro    15/10/2020    3 recensioni
È il 26 agosto, giorno del compleanno di Albus Silente e giorno precedente a quella che sarà la catastrofe che ne segnerà tutta la vita: la morte della sorella Ariana.
Come hanno passato quel giorno Albus, Gellert, Aberforth e Ariana? Che regali avrà ricevuto Albus?
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aberforth Silente, Albus Silente, Ariana Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Lei che cosa vede quando si guarda nello specchio?”

Io? Mi vedo con in mano un paio di grossi calzini di lana”.

Harry lo guardò incredulo.

I calzini non bastano mai” disse Silente. “È passato un altro Natale, e nessuno mi ha regalato un solo paio di calzini. Chissà perché a me regalano soltanto libri”.

 

Ariana continuava a muovere i fiori al centro della tavola, indecisa su quale fosse l’angolazione migliore. Era il 26 agosto, giorno del compleanno di Albus, e Ariana ci teneva che tutto fosse perfetto nel giorno dedicato a suo fratello maggiore. Aberforth sarebbe tornato a Hogwarts in meno di una settimana e Ariana voleva che Ab partisse tranquillo: sapeva perfettamente come non si fidasse di Albus, soprattutto da quando era arrivato Gellert Grindelwald. Ariana sospirò scrutando Aberforth da sopra il vaso con i fiori. Era seduto sul divano intento a spazzolare una capra ma i suoi gesti erano secchi e svogliati; Ariana era sicura stesse pensando ad altro anche perché, ogni due per tre, Ab alzava gli occhi al soffitto, come se volesse guardare nella stanza di Albus al piano di sopra; poi riportava lo sguardo sulla capra davanti a lui e scuoteva leggermente la testa con fare a metà tra l’avvilito e l’esasperato.

“È il giorno del suo compleanno, Ab. Lascialo stare con la persona che ama” disse piano Ariana lasciando infine perdere i fiori e avvicinandosi a suo fratello e alla capra. Aberforth, per tutta risposta, grugnì e scosse la testa.

“E noi due, Ari? Noi due cosa siamo?”

“A noi due ci conosce da anni e sta con noi da sempre… come puoi paragonarci a una nuova conoscenza?” chiese a sua volta Ariana sedendosi accanto al fratello e prendendogli la spazzola dalle mani. La capra stava iniziando a diventare irrequieta.

“Mah. Avrai ragione tu” sbuffò Aberforth scuotendo di nuovo la testa “A me quel Grindelwald non piace proprio. Sta portando fuori il lato peggiore di Albus”.

Sempre che mio fratello abbia anche un lato “migliore” da far venire fuori… pensò Aberforth dubbioso, ancora una volta alzando gli occhi verso il soffitto. A lui quel Gellert Grindelwald proprio non piaceva. Non gli piaceva il suo modo di parlare, non gli piacevano le idee che metteva in testa a suo fratello, non gli piaceva come aveva scombussolato la vita di Albus e, con la sua, quella di Ariana. Perché, finché quel ragazzo strampalato non si era presentato a Godric’s Hallow, Aberforth aveva davvero pensato che Albus potesse essere in grado di badare ad Ariana. Aveva avuto i suoi dubbi, inizialmente, perché Albus non si era mai dimostrato una persona particolarmente altruista ma, effettivamente, dopo la morte di Kendra era stato il fratello perfetto, sia con lui che con Ariana. Poi… poi era arrivato lui. Aberforth all’inizio aveva pensato che Grindelwald avesse fatto un incantesimo ad Albus; come poteva spiegarsi, altrimenti, quell’infatuazione improvvisa e potente? Ad Aberforth non era mai importato molto di chi frequentava suo fratello, quando Albus aveva rivelato a lui e a Kendra di avere una relazione con Elphias Doge, Ab aveva scrollato le spalle. E allora? Si era chiesto. Anzi, per Aberforth era complicato capire cosa significasse provare attrazione sessuale o anche desiderare del “romanticismo” con qualcuno. No, quelle cose, decisamente, non facevano per lui. Che fossero con uomini o con donne, poco importava. Non aveva quindi battuto ciglio alla rivelazione dell’omosessualità di Albus. Erano altre le cose che premevano ad Aberforth, in primis, l’incolumità di Ariana che era messa in pericolo da quel mago da strapazzo. La parte peggiore di quella situazione era, ovviamente, il fatto che Albus non si rendesse conto del pericolo al quale li stava sottoponendo ma, invece, Aberforth vedeva perfettamente tutto.

A Gellert Grindelwald di Ariana non importava nulla. Come poteva Aberforth lasciare la sorella nelle mani distratte di Albus e di quel mago che, invece, con ogni probabilità, avrebbe attentato alla salute di Ariana solo per poter avere Albus tutto per sé?

“Ab!” lo chiamò forte Ariana tirandolo per una manica “Finiamo di preparare la cena così quando Al scenderà con il suo fidanzato sarà tutto pronto, vedrai come sarà felice!” esclamò contenta trascinando il fratello verso i fornelli.

Aberforth grugnì.

Ariana era troppo ingenua. Non posso lasciarla con quei due, si dimenticheranno dell’esistenza di Ariana cinque minuti dopo avermi accompagnato al binario 9 e ¾.

“Ari” fece piano Aberforth dopo un po’, rimestando le uova con del latte di capra “Ma che ne dici se invece di andare a Hogwarts io rimanessi qui con te, eh?”

Ariana alzò i suoi occhioni azzurri su di lui “Albus vuole che tu vada a Hogwarts” rispose piano, muovendo appena le labbra.

“Ma tu vuoi che io resti qui con te, no?”

Ariana scosse la testa “Non voglio essere un peso per te, per voi”.

“Peso!” esclamò Aberforth schizzando uova ovunque “Che scemenza! Per me è un peso andare a Hogwarts… non sono bravo come Al e tutti continuano a paragonarmi a lui…” aggiunse a mezzavoce. Poi annuì convinto, “Sì, lo dirò ad Albus. Io rimango a casa… almeno lui potrà continuare a fare quello che sta facendo con quell’altro”.

“Oh no Ab, per favore!” lo pregò Ariana aggrappandosi di nuovo al suo braccio “Non parlare stasera con Albus, è il suo compleanno!”

Aberforth si perse per qualche istante negli occhi chiari della sorella. Avevano tutt’e tre lo stesso colore degli occhi eppure… eppure gli occhi di Ariana erano espressivi come quelli di Al e Ab non sarebbero mai stati. Aberforth distolse lo sguardo, alla sua sorellina non riusciva proprio a negare nulla. L’avrebbe protetta al costo della vita.

“E va bene, Ari, come vuoi tu!” le disse riprendendo a sbattere le uova.

*

“Forza Al, apri i regali!” esclamò contenta Ariana mentre continuava a trangugiare un boccone di torta al cioccolato dietro l’altro. Era emozionata, non vedeva l’ora che Albus aprisse il suo regalo, ci lavorava da mesi ed era sicura che Al sarebbe rimasto a bocca aperta.

“Sì, Al, apri i regali” le diede corda Gellert incrociando le braccia sul petto e lasciando la sua fetta di torta a metà nel piatto. “Fossi in te, inizierei da quello di Aberforth, sono sicuro ti abbia fatto qualcosa di eccezionale e ponderato”.

Aberforth puntò i suoi occhi in quelli eterocromi di Gellert.

Lo detestava.

Lo detestava nel profondo.

Come faceva Albus a non accorgersi di quanto quel ragazzo fosse perverso, malvagio?

“Non ti ho fatto nessun regalo, Albus” rispose secco Aberforth continuando a guardare fisso Gellert con aria di sfida. “Non ho proprio avuto tempo” poi aggiunse, senza riuscire a trattenersi “E comunque non ti meriti nulla”.

“Ab!” esclamò Ariana tirandogli un colpetto sul braccio “Non dire queste cose, è il suo compleanno”.

Aberforth si costrinse a spostare lo sguardo da Gellert a sua sorella. Quel mago maledetto aveva la capacità di far uscire sempre la parte peggiore di lui.

“Non importa Ari” le disse Albus con un’alzata di spalle, “So com’è fatto Ab”.

Aberforth si morse la lingua, avrebbe voluto rispondergli, ma non voleva rovinare l’atmosfera: Ariana sembrava tenerci in modo particolare.

“Apri il mio, Albus!” lo esortò Ariana tirando fuori un pacchetto bitorzoluto da sotto il tavolo. Aveva un sorriso radioso che le illuminava il viso “Puoi considerarlo anche da parte di Aberforth, alla fine mi ha aiutata” aggiunse, sempre sorridendo. Il cuore di Ab si strinse leggermente, trovava sempre il modo di mettere d’accordo tutti, Ariana. Trovava sempre modo di portare pace lì dove prima c’era stata acrimonia.

Albus afferrò con un sorriso il regalo che gli stava offrendo Ariana e iniziò a tastarlo da sopra la carta con aria curiosa.

“Morbido” disse con fare meditabondo “E piccolo” aggiunse rivoltando il pacchetto.

Il contrario di quello che io ho nei pantaloni, insomma” sussurrò Gellert chinandosi leggermente verso Albus. Al arrossì prepotentemente e le sue orecchie rosse quasi iniziarono a confondersi con i suoi capelli castano-rossicci.

“Gell!” esclamò lui, premendogli una mano sul petto per cercare di allontanarlo. Gellert sghignazzò piano e scosse la testa.

Albus, con fatica, tornò a concentrarsi sul pacchetto che gli aveva dato Ariana. Avrebbe voluto indovinare cos’era e, avesse utilizzato la Legilimanzia sulla sorellina, sicuramente lo avrebbe scoperto in meno di un secondo. Tuttavia, non voleva ricorrere a certi mezzucci. Continuo a tastare e a rigirare il pacchetto tra le lunghe dita per qualche secondo fino a quando Aberforth non lo aveva spronato ad “Aprirlo e farla finita”.

Albus aveva quindi iniziato a rompere la carta e, in poco tempo, si era ritrovato in mano due calzini color porpora di lana spessa. Rimase per qualche istante a osservarli, vagamente perplesso. Nessuno mai gli aveva regalato dei calzini, di solito riceveva sempre e solo libri.

“Ad Agosto con trenta gradi all’ombra devo dire che dei calzini di lana sono senz’altro molto utili” disse Gellert ridendo forte e scuotendo la testa divertito.

Albus accennò un sorriso e scosse anche lui un po’ il capo.

“No… non ti piacciono?” gli chiese Ariana, titubante. Ci aveva messo tanto impegno a fare quei calzini: aveva indagato sul colore preferito di Albus, aveva accompagnato Aberforth al mercato a comprare la lana migliore che ci fosse, quella più morbida e pregiata, aveva preso le misure e poi aveva lavorato la maglia alacremente, mettendoci tutto il suo affetto. Non poteva credere che Albus non stesse apprezzando il suo regalo.

“Mi piacciono moltissimo, Ari!” esclamò Albus cercando di tranquillizzarla. “È solo che, ecco, Gell ha ragione. Non è il momento dei calzini di lana”.

Ariana fece per aprire la bocca e dire qualcosa ma Gellert fu più veloce, strappò i calzini di mano ad Albus e se li mise in una tasca della sua veste, poi diede il suo regalo ad Albus.

“Sono sicuro che questo ti farà impazzire, tesoro”.

Albus tastò emozionato il pacchetto che gli stava offrendo Gellert. Un libro, pensò subito sentendo la rigidità di una copertina sotto la carta.

“Dai scartalo!” lo esortò Gellert con un sorrisetto furbo sulle labbra. Albus strappò via la carta in un battibaleno con il cuore che batteva a mille, era il primo regalo che riceveva da Gellert ed era curioso di capire che cosa il tedesco avesse capito di lui, che cosa pensava potesse piacergli. Sul suo grembo scivolò un libricino, Albus accarezzo piano la copertina consunta e passò le dita tremanti su ogni runa: era una versione antica delle Fiabe di Beda il Bardo, qualcosa di estremamente raro…

“Allora?” chiese Gellert sempre con quel sorriso superiore a incurvargli le labbra “Che ne dici?”

“Oh, Gell! È il regalo più bello che io abbia mai ricevuto” rispose Albus sfogliando il libro famelico per arrivare alla storia dei Doni della Morte.

“Lo sapevo, non sbaglio mai un colpo”.

Albus gli sorrise, estasiato. Lui e Gellert sembravano essere una mente in due corpi separati. Si capivano solo con uno sguardo e si alimentavano a vicenda esattamente come l’aria fa con il fuoco. Da quando lo aveva conosciuto un paio di mesi prima la sua vita aveva assunto colori che non sapeva neanche esistessero. Gellert era un ragazzo sveglio, un mago potente, una mente brillante. Passavano giornate e nottate insieme senza riuscire a stare l’uno lontano dall’altro per più di qualche ora. Albus faticava a considerare quella che aveva vissuto prima – prima di conoscerlo – vita: divideva la sua esistenza in un pre-Gellert e post-Gellert. Il pre-Gellert era qualcosa d’insensato, senza scopo, il suo unico obiettivo era di eccellere per il gusto di eccellere, ma con Gellert, invece, la ricerca dei Doni aveva assunto tutt’altro significato. Diventare padroni della Morte, loro due, insieme. Potenti com’erano, con i Doni in mano, chi avrebbe potuto contrastarli? Avrebbero assunto il controllo del Mondo Magico per il bene superiore, perché i Babbani necessitavano più di chiunque altro una guida, qualcuno che dicesse loro come vivere…

I suoi pensieri vennero all’improvviso interrotti dalle labbra voraci di Gellert che toccarono le proprie in un bacio languido. Albus si sentì di nuovo arrossire, combattuto tra il non volersi far vedere in atteggiamenti intimi di fronte a suo fratello e sua sorella e il baciare Gellert, la sua fonte di vita, colui che aveva ridonato forma a un’esistenza che stava decadendo verso il banale, insopportabile, opprimente quotidiano.

Sentì Aberforth sbuffare forte, Albus spalancò gli occhi e premette con il palmo della mano sul torace di Gellert per allontanarlo leggermente da sé.

“Prendetevi una stanza, se proprio siete incontenibili” sibilò adirato Aberforth con sguardo fiammeggiante. No, decisamente, non avrebbe mai lasciato Ariana in pasto a quei due sciagurati. Non erano in grado di stare con le loro mani fuori dai pantaloni neanche per un paio d’ore, per Morgana!

“Beh, effettivamente…” disse Gellert lanciando uno sguardo vorace ad Albus “Avresti ancora un pacchetto da scartare, ma non è il caso tu lo faccia davanti a tuo fratello e a tua sorella” concluse facendogli l’occhiolino. Albus non ebbe neanche il tempo di ribattere a quell’affermazione che Gellert intrecciò la sua mano con quella di Albus e poi si smaterializzò con lui al piano superiore.

Aberforth fissò con disprezzo le sedie che prima erano occupate da Albus e da Grindelwald. Merlino solo sapeva quanto li odiava, loro, i Doni, e il loro “Bene Superiore”.

“Ma quindi dici che i calzini non gli sono proprio piaciuti?” mormorò afflitta Ariana giocando con le briciole di torta rimaste nel piatto.

Aberforth scosse la testa e le mise una mano sulla spalla “Lascia perdere Ari” le disse “Non credo che il problema fossero i calzini, quanto quel Grindelwald” sputò fuori quel nome come se fosse veleno “Quando c’è lui nei paraggi tutto perde significato per Al”.

Le gote di Ariana s’imporporarono leggermente “Non posso proprio dargli del tutto torto” mormorò evitando accuratamente di guardare in viso il fratello. Ab sbarrò gli occhi mentre la presa sulla spalla della sorella si faceva più forte “Non dirmi che piace anche a te!” sbottò infine “Ma cosa ci trovate in quel maghetto da quattro soldi?”

Ariana arricciò il naso “È un bel ragazzo ed è carismatico…”

“Tu e Al vi fate fregare dal bel faccino! Ma guardate oltre, maledizione, ci vuole così poco per vedere che ha un animo marcio e una mente perversa!” poi aggiunse “Domani dirò ad Al che, o fa sparire quel Grindelwald dalla sua vita, oppure io non torno a Hogwarts”.

Ariana alzò il viso e fissò il fratello, preoccupata “Oh, ma litigherete Ab! Io non voglio che voi due litighiate per me” lo pregò piano, con voce tremante “Lo sai che poi mi agito e… e…”

Aberforth l’abbracciò forte “Non litigheremo, Ari” provò a rassicurarla.

“Promesso?”

“Promesso”.

*

Ogni volta che Gellert lo abbracciava e lo baciava, il cervello di Albus si scollegava e l’unico pensiero di senso compiuto che riusciva a fare era che non esistesse altro posto per lui sulla faccia della Terra: non esisteva un posto migliore delle braccia forti di Gellert. Tuttavia, in quel momento, nonostante sentisse le mani di Gellert iniziare a scendere verso il suo inguine, nonostante sentisse le labbra dell’altro ragazzo sul proprio collo, non riusciva a concentrarsi su quelle sensazioni. Come poteva quando Gell gli aveva donato un libro più unico che raro?

“Dove lo hai preso?” mormorò Silente, facendo qualche passo indietro per allontanarsi da lui e cercare di snebbiarsi il cervello “Come hai fatto a trovare questo libro?”

Gellert emise un verso di protesta non appena il corpo di Albus sgusciò via dalla sua presa, osservò per qualche istante il ragazzo di fronte a lui poi alzò le spalle sedendosi sul letto.

“L’ho trafugato ovviamente”.

“Nel senso di rubato?”

Gellert sbuffò calciando via le proprie scarpe, “Che senso ha lasciare tomi così rari e preziosi nelle mani di chi non può apprezzarli?”

“A chi l’hai preso?”

Gellert alzò un sopracciglio, poi, piano piano gli angoli della sua bocca si alzarono.

“Facciamo un gioco, ti va?”

Albus aprì la bocca per ribattere ma Gellert fu più veloce “Se vinci tu ti dico dove ho preso quel libro, se vinco io… be’, ti toccherà una piccola penitenza”.

“Che gioco sarebbe?” chiese suo malgrado Albus, già eccitato alla sola idea di giocare con il ragazzo che aveva di fronte. Gellert aveva una mente vivace ed era decisamente più disinibito di lui, era difficile annoiarsi con quel bel ragazzo biondo dall’accento straniero…

Gellert si alzò in piedi e gli fece cenno di sedersi al proprio posto sul letto, poi si tolse la veste rimanendo solo in intimo. Gli occhi di Albus accarezzarono il corpo tonico e muscoloso dell’altro ragazzo e subito gli venne voglia di fiondarsi su di lui con le mani e con la bocca. Non si era mai sentito così succube di qualcuno come lo era con Gellert. Neanche con Elphias aveva mai provato quelle sensazioni, anzi, riusciva sempre a rimanere così distaccato con il suo ex fidanzato… si morse le labbra. In realtà, ancora non aveva rotto con Elphias, e l’idea che in quel momento lo stesse tradendo si presentò prepotentemente nella sua testa.

“Si chiama troppo bollente” la voce di Gellert lo raggiunse come da un’altra dimensione e lo riportò alla realtà, Elphias era già tornato a essere un ricordo lontano nella sua mente, qualcosa che apparteneva al pre-Gellert e che ormai nella sua vita non esisteva più.

Albus accennò un sorriso “Troppo bollente” ripeté “E com’è che si gioca?”

Gellert si avvicinò ad Albus e si sedette a cavalcioni su di lui “Te lo spiego subito” mormorò sistemandosi sulle gambe di Albus che, come percepì le natiche dell’amante sfiorargli l’erezione, sentì un brivido scendergli lungo la schiena. Non importavano gli strati di vestiti che li separavano; le sensazioni che riusciva fargli provare Gellert erano sempre qualcosa di… incredibile, semplicemente incredibile.

“Ora noi iniziamo a baciarci” gli spiegò con fare pratico Gellert mentre la sua bocca edace scendeva subito sulle labbra di Albus. Si scambiarono un lungo bacio umido e sensuale, le mani di Gellert erano affondate nella chioma di Albus, mentre le mani di Albus, dopo un attimo di esitazione, arpionarono le natiche dell’altro ragazzo iniziando a farlo muovere su di lui. Dopo qualche secondo, tuttavia, Albus sentì Gellert sorridere contro le proprie labbra, poi si sentì afferrare le mani che vennero spostate.

“Possiamo baciarci” proseguì Gellert intrecciando le proprie dita con quelle di Albus “Ma non possiamo toccarci”.

Albus sbuffò forte, impaziente.

“Se tu mi tocchi per primo sarai tu a perdere e quindi io potrò farti tutto ciò che voglio, dovrai sottostare alla mia piccola penitenza…”

Gellert lasciò andare le mani di Albus, alzando poi le braccia in alto. Albus si sporse in avanti per riprendere a baciare l’altro ragazzo con urgenza e bramosia, sempre più eccitato.

“E se invece fossi tu a perdere, Gell?” mormorò Albus con la voce resa roca dall’eccitazione. Gellert ridacchio “In quel caso… sarei io a perdere e tu potrai fare ciò che vuoi con me…”

“Compreso chiederti dove hai preso quel libro?”

Gellert gli morse forte le labbra “Se vuoi sprecare così le tue occasioni… non sarò di certo io a fermarti”.

Ripresero a baciarsi “Allora, sei pronto?” chiese Gellert scostandosi leggermente da Albus per guardarlo negli occhi. Albus si lasciò andare a un gemito “Bene, allora, mani in alto” gli ordinò Gellert. Albus alzò prontamente le braccia in alto. Serrò gli occhi e si perse nella bocca dell’amante. Il sapore di Gellert era buono e il suo profumo afrodisiaco. Lo sentì muoversi leggermente sopra il proprio grembo, regalandogli scosse di piacere che portarono la propria eccitazione alle stelle. Continuavano a baciarsi languidamente, senza sosta e Albus, ogni secondo che passava, si rendeva conto sempre di più di quanto fosse difficile resistere, come poteva non toccare quel corpo perfetto che era proprio lì, a portata di mano? Avrebbe voluto palpeggiare il sedere di Gell, accarezzare la sua erezione…

Si accorse vagamente del fatto che Gell avesse portato le mani dietro la propria testa intrecciandole nei suoi capelli biondissimi; Albus invece, stava piano piano abbassando le mani, fino a quando non furono solo a qualche centimetro dalle gambe glabre e bianchissime di Gellert. Gellert approfondì il bacio poi fece per allontanarsi lentamente. Le mani di Albus reagirono prima che il cervello potesse arrivare al fatto che quel gesto, apparentemente involontario, potesse essere in realtà una trappola. Una mano di Albus volò sul sedere di Gell, mentre l’altra lo afferrò per le spalle per portarselo più vicino.

“Ah-ah” fece subito Gellert scostandosi leggermente da Albus “Sembra proprio che qualcuno abbia appena perso…”

Albus abbassò lo sguardo ed emise un gemito rassegnato.

“Non è colpa mia se sei irresistibile” provò a discolparsi scuotendo leggermente la testa.

“Ora sei mio, Albus” rispose Gellert alzandosi in piedi e squadrandolo dall’alto in basso mentre, ancora una volta, le sue labbra si stiracchiavano in un sorrisetto furbo. Si avvicinò alla sua veste abbandonata a terra, affondò una mano nella tasca e ne estrasse i calzini di lana che Ariana aveva regalato ad Albus.

“Indossa questi” gli ordinò Gellert lanciandoglieli “Spogliati e rimani solo con questi”.

Albus prese in mano allibito i calzini di lana “Ma… Gell…”

Fallo”.

 

Albus si girò su un fianco per osservare l’uomo che dormiva placidamente al suo fianco. Il sesso con Gellert era sempre qualcosa di stratosferico in grado di donargli sensazioni che, prima di conoscerlo, credeva inesistenti. Ancora una volta, il pensiero di Elphias gli si presentò alle porte della sua mente. Albus sapeva di stare facendo qualcosa di sbagliato, ma come avrebbe potuto lasciare Elphias mentre quest’ultimo era in giro per il mondo? Avrebbe forse dovuto resistere a Gellert, rimandare quei momenti a quando fosse riuscito a chiudere con Elphias ma… era impossibile, impossibile, resistere a Gellert. Non si trattava semplicemente di qualcosa di fisico, per la prima volta Albus sentiva di aver trovato qualcuno che fosse… un suo pari. Non aveva bisogno di spiegare le cose a Gellert, perché lui già sapeva. Sapeva in anticipo i suoi pensieri, i suoi desideri. Insieme creavano magia, insieme erano magia. Albus sorrise e gli fece una leggera carezza sulla guancia, non si era mai sentito più felice nella sua vita, non si era mai sentito più completo. I suoi occhi abbandonarono per un istante il viso perfetto di Gellert e scesero verso i propri piedi: aveva ancora indosso i calzini di lana che gli aveva fatto Ariana.

Devo proprio ringraziarla come si deve, pensò sbadigliando e avvicinandosi ancora di più al corpo nudo di Gellert, forse è sempre il momento giusto per ricevere dei calzini di lana…

 

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Ciao a tutti, questa è la mia prima ff che non tratta Voldemort e Bellatrix quindi insomma, ho lasciato la mia safe zone e spero di averlo fatto bene, diciamo, dando dignità a quest’altra coppia che amo: la Grindeldore. Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate :)

Sono partita dall’idea che Silente potrebbe anche non aver mentito a Harry e che lui, effettivamente, si veda con un paio di calzini di lana in mano (la frase in corsivo a inizio storia è, infatti tratta da La pietra Filosofale). Calzini che diventano sia simbolo di Ariana – è infatti lei l’unica che gli abbia mai regalato qualcosa di diverso dai libri – e, contemporaneamente, anche del rapporto perduto con Gellert.

Spero vi sia piaciuta, a presto.

Clo

p.s. il giorno del compleanno di Albus l’ho trovato online ma non sono sicura della veridicità dell’informazione ^^’

E l’idea di “troppo bollente” (too hot game) l’ho presa da una scena di The L Word tra Shane e Carmen.

 

 

 

 

  
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