Ridestarsi dal sogno che la accompagna ogni notte la lascia sempre in balia di sensazioni contrastanti: da un lato un piacevole calore le riscalda il cuore, dall’altro una profonda tristezza le si avviluppa addosso; e lei non può che sentirsi sospesa, privata di ricordi che sono sostegno su cui tenere i piedi ben saldi.

Anche continuando a sforzarsi, pare impossibile diradare la nebbia, fitta e impenetrabile, che le avvolge la mente impedendole di riconoscere quei volti sorridenti che le fanno visita quando chiude gli occhi.

Darsi per vinta, arrendersi all’idea di non poter trovare le risposte che cerca, non le piace – chissà, sarà sempre stata così combattiva? – ma al tempo stesso una vocina nella testa le sussurra che ogni sforzo sarà vano, perché lei ormai non è altro che un fiore strappato dalle proprie radici e gettato al vento.
 


 
Imbarcarsi in una ricerca così difficile, in un mondo totalmente sconosciuto, non ha demoralizzato Ray e Norman neppure per un momento: sono usciti vincitori da situazioni altamente pericolose e per Emma sarebbero capaci di fronteggiarne di peggiori, se necessario.

Come loro, o forse ancor di più, anche Phil sembra nutrire smisurata fiducia nel loro successo: Emma è qui, da qualche parte, dobbiamo solo trovarla, così potremo vivere il futuro che abbiamo sempre sognato è il mantra che il bambino ripete costantemente.

Incominciare una nuova vita insieme, ecco l’obbiettivo che li spinge ad impiegare ogni singola energia per ritrovarla, anche a costo di sfinirsi: Emma ha salvato ciascuno di loro, più volte, ora tocca alla sua famiglia dimostrarle di aver imparato da lei la forza della determinazione.

«Aspettaci, Emma, ci rincontreremo presto.»