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Autore: L_White_S    16/10/2020    0 recensioni
" Non sempre gli angeli nascono con le ali "
Quando i nazisti portano gli ebrei nel campo di concentramento di Auschwitz, il loro scopo non è solo quello di ucciderli…
Quando il re inglese attacca la Francia per riprendersi il trono, la guerra “dei cent’anni” diverrà il pretesto per celare le vere motivazioni del conflitto. Ma cosa hanno in comune questi avvenimenti storici?
Ice – il protagonista – è un ragazzo che si sveglia in un laboratorio ultratecnologico senza memoria. Gli esperimenti condotti lo hanno privato dei ricordi e solo dopo un accurato incidente, studiato – se vogliamo – inizia finalmente a trovare nel buio della sua mente quei flashback che faranno riaffiorare la verità, oltre che la luce.
La saga inizia con la ricerca delle origini di uno “dei dieci”, con un debutto fenomenale.
Si introdurranno domande che sorgeranno spontanee al lettore, quali la nascita del conflitto delle parti, sia di esseri
sovrannaturali che non, e di quanto possa un amore condizionare la vita…
Ice, durante il viaggio dettato dai ricordi, scoprirà una visione demoniaca che lo perseguiterà per tutto il tempo, manovrandolo come un burattino. Ma perché accade questo?
L’amore potrà riportarlo sulla retta via, perché la strada del male, è solo un bivio…
Genere: Fantasy, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO      1.9
 
 
 
 
 
   Illustrate le regole del gioco, Alex divenne improvvisamente muto mentre il giovane Ice lo seguiva a pochi passi da dietro. Le lanterne illuminavano la via e quando furono giunti a destinazione, una scala divise a metà il corridoio che in quel punto sembrava curvare sia da un lato che dall’altro.
   Scesi un paio di scalini, il giovane notò con grande stupore che la stanza era tonda: in alto vi era il piano superiore da cui gli anziani e i membri della fratellanza erano ansiosi di gustare il combattimento mentre ai lati un colonnato nascondeva decine e decine di torce che illuminavano la stanza. 
   L’ambiente era stato ricavato nella parte più fragile del terreno in una buca profonda almeno dieci metri da cui era nata poi l’Alfa e l’Omega.
   Centro dei sotterranei e quartier generale della resistenza, s’ispirava ai vecchi anfiteatri romani e li in mezzo, presto i due gladiatori avrebbero mostrato le loro virtù.
   Le ombre prodotte dai sostegni erano raggi nerissimi che si scontravano al centro del colonnato tagliando millimetricamente la pavimentazione.
   Cucite a dei teli rossi che scendevano dalla balconata, tesi e pronti per spezzarsi, le custodie delle più strampalate e letali armi erano li, in procinto di essere usate; ovviamente non ce n’era una che ispirasse al ragazzo fiducia.
   « Il saluto è d’obbligo Ice », disse sottovoce Alex.
   In pochi secondi i due si trovarono faccia a faccia mentre in alto i vecchi studiavano il nuovo membro e i giovani scommettevano sul vincitore.
   Seguendo l’inchino del suo maestro, il giovane abbassò il busto fino a raggiungere i novanta gradi necessari per aprire le danze.
   « Sapete entrambi che dovrete fronteggiarvi con il massimo impegno, rispetto e dedizione », disse un vecchio dall’alto.
   « Sì ».      
   Oddio stava succedendo tutto troppo in fretta, il giovane aveva l’aria confusa e parve non voler dare il consenso per iniziare il combattimento: “…porterà ad una vittima…”?
   Lui non avrebbe ucciso nessuno e non voleva di certo morire, poi però si scoprì ansioso di iniziare.
   « Sì ».
   « A voi! ».
   In un baleno Alex si precipitò contro uno dei teli e con non poca premura scelse una delle tante lame appese: una spada. Non voleva insospettire i fratelli ed era chiaro il messaggio che voleva recapitare a Ice.
   Avrebbe combattuto all’ultimo sangue.
  “Va bene Alex”.
   Sotto gli attenti occhi degli spettatori e dei ratti i due iniziarono a studiarsi.
   Ad ogni passo del maestro ne corrispondeva uno da parte del ragazzo. Così facendo ben presto si ritrovarono a disegnare una circonferenza perfetta al centro della stanza: Alex si avvicinava e Ice fuggiva. Perfetto! Stava succedendo proprio quello che Leroy non voleva.
   “Maledizione Ice! Fate qualcosa o sarò costretto a…”
   Fu a quel punto che Alex smise di pensare e seguendo il suo istinto tentò di colpire il ragazzo; peccato che in un battibaleno il fanciullo era già corso per impugnare una spada.
   La prima sferzata era andata a vuoto, “non male per un pivello”.
   Non sapeva combattere ma era rapido a imparare; avrebbe copiato il suo mentore cercando di superarlo durante lo scontro.
   Senza preavviso, mentre i due si fissavano gelidamente, le spade di entrambi scintillarono nella stanza vibrando nelle viscere di Parigi destando non poche domande nei fratelli.
   Quel giovincello non era male dopotutto. E poi quel nome… “troppo strano per un umano”, continuavano a pensare i saggi.
   Tutto taceva, solo i passi accompagnati dai respiri e gli urli stridenti delle armi risuonavano; con fare violento, cauto e deciso, Alexandre iniziò a colpire ripetutamente il povero ragazzo mirando principalmente al petto e all’addome, talvolta con l’intenzione di raggiungere la giugulare ma con destrezza e fortuna Ice riusciva, benché non se ne rendesse conto, a mantenere la lama dritta; tanto bastava per attutire i colpi, uno alla volta .
   Lo stratega però sapeva che ciò non sarebbe bastato; doveva mostrarsi più che convinto nella causa e poi, solo così Ice si sarebbe sbloccato.
   Dopo tre o quattro sferzate si staccò velocemente dalla punta metallica del giovane e prese, ai teli, un’altra spada di un metro e mezzo.
   Iniziò a volteggiarle.
   Aveva un modo tutto suo di combattere e ciò lo rendeva irresistibile agli occhi di tutti… Non vi era infatti un solo fratello che non volesse, almeno un pò, assomigliargli.
   Persino gli anziani lo invidiavano.
   L’iniziato, con molta meno esperienza, non si affrettò minimamente ad artigliare un’altra arma: già una era troppa per i suoi gusti, decise quindi di fronteggiarlo così, a viso aperto, al limite delle sue possibilità.
   Appena il primo colpo fu lanciato, come di riflesso, il suo braccio destro accompagnato da busto spalla e petto deviò il colpo e proprio mentre l’altra lama stava sopraggiungendo, già aveva anticipato la mossa, scoprendosi però dal lato opposto.
   Non vi era alcuna possibilità di riuscita, a meno che di un’offensiva spietata.
   Non poteva sperare di prevedere ogni attacco da entrambi i lati e di lì a poco, se non per morte, sarebbe stramazzato al suolo stanco e sfiancato.
   In quel momento però qualcosa lo sbloccò: era la prima lezione quella e già aveva appreso da solo, una delle basi del combattimento; l’attacco era la miglior difesa a cui poteva ambire.
   Non sapeva come difendersi ma attaccare era decisamente più semplice che schivare e prevedere l’avversario.
   Con un fendente diretto spezzò la difesa delle due lame e se Alex non fosse rotolato all’indietro, lo avrebbe senz’altro colpito; era entusiasta di ciò che aveva appena compiuto.
   Con quella mossa aveva colto alla sprovvista tutti, il brusio di sottofondo ne era una prova.
   Sapeva però che quello era stato un colpo fortuito, non avrebbe avuto certo un’altra occasione per ripeterlo e mirare al petto.
   Cercare di superare entrambe le spade quindi era una perdita di tempo ed energie, doveva colpire più in basso, magari all’altezza dell’inguine, una coscia o un polpaccio.
   In realtà qualsiasi cosa andava bene, purché mettesse in difficoltà Alex sorprendendo gli anziani.
   Alex, muovendo qualche passo, lasciò campo libero a Ice con l’intenzione di studiare l’avversario o più semplicemente aiutarlo a riordinare le idee.
   Il duello oramai andava avanti già da qualche minuto ed era chiaro che il giovane, senza un adeguato insegnamento, non avrebbe potuto sopraffare l’esperto Leroy; tantè che il pubblico iniziò a dare ambigui cenni di noia.
   Alexandre se ne accorse, ma non avrebbe mai colpito a morte Ice.
   Con un balzo rapido i due vennero a contatto incrociando le spade e mentre i vecchi prendevano le loro decisioni, i combattenti si scambiarono qualche piccola parola, continuando a fingere di combattere.
   « Che state facendo dovete impegnarvi! ».
   « Ci sto provando! ».
   Un colpo potente e veloce di Ice riuscì a far perdere l’equilibrio e una lama ad Alex che preso alla sprovvista, rimase per un momento con la guardia abbassata; tanto bastò al ragazzo per indirizzare l’arma tagliente verso il suo collo.
   In quel momento però una luce accecante lo investì e quando ci si abituò, si rese conto di trovarsi nello stesso identico luogo ma il suo avversario, scuro in volto, sembrava fosse una donna.
   Due occhi azzurrissimi, gli stessi che continuava a sognare, lo spaventavano e lo attaccavano.
   Senza muovere un muscolo si sentì schiacciato da quello sguardo; in una buca profonda e fangosa.
   « Chi siete! ».
   Nessuno rispose all’eco infinito di quell’affermazione, che aveva tutta l’aria di una domanda senza alcun punto esclamativo.
   Tagliando l’aria, svanendo nel nulla per poi riapparire sempre più vicino, i due occhi si scagliavano contro di lui sbattendo nella sua anima, quasi fosse uno spirito o, come al solito, il suo peggiore ed unico incubo.
   Poi, tutt’un tratto, tornò alla normalità.
   Il pubblico sugli spalti era in piedi, Alexandre aveva per tempo alzato la spada ed entrambi si rivolgevano l’acciaio contro i rispettivi volti.
   Gli occhi rosso fuoco di Ice ribollivano; lo sguardo perso nel vuoto non lasciava trasparire emozioni.
   Le punte aguzze e scintillanti si scontravano contro i loro menti finché il ragazzo lasciò andare l’arma.
  “È finita”, pensò soddisfatto Alex, nessuno era mai arrivato a un “pareggio” contro di lui; ciò sarebbe bastato perché in quel momento di black out, Ice lo aveva massacrato di colpi costringendolo alla fuga per riagguantare la seconda spada.
   Peccato però che con un colpo secco la lama fu spezzata in un battito di ciglia.
   I presenti, muti, avevano mille idee nella testa, eppure nessuno osò aprir bocca.
   Chi era quel ragazzo? Forse un immortale?
   « La condizione è soddisfatta, la vostra decisione? ».
   « Alexandre, il ragazzo ha volontariamente gettato la spada, in chiaro segno di resa... Voltatevi », disse un vecchio maledetto.
   Ice tremava grazie ai fasci nervosi del suo corpo, oramai a fior di pelle, e quando era tornato alla realtà, aveva captato al volo l’esito dello scontro, gettando il più lontano possibile la sua arma.
   Arrendendosi.
   Se non lo avesse fatto, avrebbe staccato la testa di Leroy senza esitazione.
   Che gli era preso? Era impossessato o cosa?
   Non era quello però l’atto finale dello stratagemma: con un colpo fulmineo l’impugnatura passò dalla mano di Alex a quella di Ice che rivolse prontamente la lama al collo del suo compagno, fatto cadere in terra con un colpo alle gambe.
   Leroy era in ginocchio d’innanzi ai fratelli, sottomesso a Ice, preso per i fondelli come fosse al suo primo combattimento.
   Calò il silenzio, debitamente rotto dal giovane.
   « Chi vi dice che mi sia arreso? ».
 
 
 
 
   Per la prima volta dopo anni, l’esperto Alex stava mostrando un sentimento che oramai credeva represso da tempo, tutti lo notarono, stava provando vera e propria paura; non si sarebbe mai aspettato una simil fine.
   Non era nemmeno nelle più rosee aspettative e quel ragazzo di certo nascondeva dentro di sé un segreto di proporzioni gigantesche. Ma la cosa stupefacente era che tutti quanti provassero la stessa sensazione: vedere un loro fratello, forse il migliore, sbeffeggiato a quel modo e per di più inginocchiato sotto l’arma di un doppiogiochista era spaventosamente frustrante.
   « Avevate detto fino all’ultimo sangue giusto? Mi dispiace   Alex ».
   Con un colpo caricato fin dietro la schiena Ice tagliò l’aria facendo sibilare l’acciaio nell’Alfa e l’Omega poi, ancora una volta, quegli occhi gli invasero i pensieri distogliendolo dalla realtà.
   « Basta… hai mostrato loro abbastanza ». Dissero gli occhi.
   La sciabolata s’interruppe a pochi centimetri dalla pelle sudata e tremante di Alexandre e non appena Ice tornò in sé, gettò letteralmente via l’arma... Stavolta era davvero tutto finito.
   Il ferro si andò a conficcare nella parete rocciosa.
   Silenzio.
   Nessuno parlò. Inizialmente.
   « Siete decisamente uno di noi! », urlò un anziano dalla balconata per poi stramazzare a terra.
   I vecchi, chi dei quali si reggeva a malapena in piedi, erano immobili, immersi nei loro pensieri, pronti a sfruttare a dovere la new entry per contrastare le dominazioni; i giovani lo temevano e già lo odiavano.
  Per poco non faceva fuori il migliore di loro. Che gli era preso? Fortunatamente i saggi lo avevano bloccato in tempo.
   Anzi no! Si era bloccato da solo.
   « Ce l’hai fatta ragazzo », si rivolse il sottomesso a Ice.
   « Cosa mi è successo? ».
   « Mi avete battuto! Lo sapevo, avevo ragione a credere in voi! Ora andiamo a festeggiare, offro io! ».
   Leroy, intento a nascondere l’incertezza e l’amnesia del giovane ai suoi compagni, urlò per tutto il tempo euforico di aver abbracciato la morte e averla lasciata andare come nulla fosse; per qualche miracolo era sopravvissuto alla scatenata psiche di quel giovane.
   E cosa era stato costretto a fare per mascherare quel segreto?
   Invitare tutti a bere, lui che già aveva condiviso tutto con la fratellanza, lui che era il più tirchio di tutti.
   
 
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