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Autore: Nao Yoshikawa    17/10/2020    14 recensioni
Pochi giorni prima della sua morte, James è inquieto e preoccupato. Per questo motivo, sente il bisogno di mettere su carta i suoi pensieri e l'affetto per suo figlio, ancora troppo piccolo e innocente per comprendere ciò che accade intorno a lui. Parole e promesse perdute.
Ci sono delle promesse che un padre dovrebbe fare ad un figlio: quella di esserci, di insegnargli, di dargli tutti gli strumenti necessari per poter affrontare questa vita. E ci sono promesse che anche io devo e voglio fare a te: ti prometto che farò tutto il possibile per sopravvivere a questa guerra, per esserci e per starti accanto.
Storia partecipante a "Acquarelli - contest fiume" indetto da Juriaka sul forum di efp
Questa storia partecipa al contest "Hold my Angst (Flash contest - Edite ed inedite) - Seconda edizione" indetto da BessieB sul forum di EFP.
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, James Potter
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Parole perdute e bugiarde
 
Quando una guerra incombeva, si cercava la serenità nei piccoli momenti quotidiani. Come una serata tranquilla a casa con la propria famiglia.
Godric’s Hollow era silenziosa quella sera del ventidue ottobre e James non riusciva a chiudere occhio. C’erano dei momenti in cui lo sconforto prendeva anche in lui il sopravvento, ma era piuttosto bravo a nasconderlo. Non poteva abbattersi e si premurava di lasciarsi andare quando era da solo.
Un figlio poteva cambiare la vita, così era stato con l’arrivo di Harry, che adesso aveva un anno e che cresceva a vista d’occhio. Se già Lily aveva tirato fuori la sua parte migliore, l’arrivo di suo figlio aveva completato il quadro. Ma trovava ingiusta quella guerra, trovava ingiusta la sofferenza e il dolore. Avrebbe protetto la sua famiglia ad ogni costo.
Ma in quanto umano, non poteva fare a meno di chiedersi e se?
E se qualcosa fosse andato storto, se lui o Lily fossero morti?
Che ne sarebbe stato di suo figlio?
Quel pensiero, anche quella sera, l’aveva portato a rimanere sveglio. Seduto ad una scrivania, aveva preso una piuma d’oca, l’aveva intinta nell’inchiostro e poi aveva iniziato a scrivere. Forse la paura e l’angoscia lo rendevano sentimentale – sentimentale lui, così sprezzante del pericolo – ma aveva bisogno di mettere su carta ciò che sentiva. Di lasciare qualcosa per suo figlio.
Caro Harry,
scrivere questa lettera è dura e lo sforzo che sto facendo è grande. Davanti a tua madre e ai miei amici fingo una forza che forse non mi appartiene nemmeno tanto. Non posso vantare di non avere nulla da perdere, anzi ho fin troppo. Proprio per questo motivo sto scrivendo questa lettera, perché non ci sono certezze, non in questo momento.
Penso che sarai abbastanza grande quando leggerai queste parole e mi auguro che possa essere io stesso a dartela, per farti capire e raccontarti quello che sento in questo momento.
Ci sono delle promesse che un padre dovrebbe fare ad un figlio: quella di esserci, di insegnargli, di dargli tutti gli strumenti necessari per poter affrontare questa vita. E ci sono promesse che anche io devo e voglio fare a te: ti prometto che farò tutto il possibile per sopravvivere a questa guerra per esserci e per starti accanto, di non mentirti mai. So che è stupido promettere una cosa del genere, ma io, noi, dobbiamo farcela. E ti prometto che avrai la famiglia che meriti, che sarai felice, in un modo o nell’altro. Ma in caso dovessi sbagliarmi, nel mal capitato caso in cui dovessimo morire, sia io che tua madre, ti prego di non odiarmi, di non pensare che la mia sia solo stata una bugia. Perché non lo è. Ma è la mia  speranza. Da parte mia, farò di tutto per mantenere le promesse che ti ho fatto. Ci sono tante cose che vorrei insegnarti e sono sicuro che mi renderesti fiero. Mi somigli, ma hai gli occhi di tua madre. E spero che da grande avrai anche il suo carattere più assennato.
 
Un rumore lo distrasse, portandolo a voltarsi. Illuminato da una luce soffusa, vide la piccola figura di suo figlio che si strofinava gli occhi con una manina.
«Da-dà!» esclamò Harry, il quale stava imparando a dire le prime paroline.
James si alzò, avvicinandosi e prendendolo in braccio.
«Che ci fai fuori dal letto? Se mamma lo scopre se la prenderà con me! E non vogliamo questo, vero?»
«Dà!» Harry cercò di afferrargli gli occhiali, senza però riuscirci.
«Sssh, va bene, d’accordo, ho capito», bisbigliò. «Ti riporto a letto.»
Attento a non svegliare Lily, James portò il bambino nella sua cameretta, dove vi era un bel tappeto, una culla e alcuni giocattoli, tra cui la piccola scopa che Sirius aveva regalato ad Harry.
Posò il bambino nella culla, peccato che non sembrasse molto intento ad addormentarsi.
«Mamama!» fece Harry agitando le braccia.
«Sta dormendo, non mettermi nei guai», sussurrò ancora. «È l’ora di dormire.»
Dopo qualche attimo di resistenza, Harry si lasciò rimboccare le coperte e si rasserenò. I suoi occhioni verdi erano ancora puntati su James, il quale allungò un braccio e gli accarezzò i capelli per farlo addormentare.
Sì, un figlio cambiava decisamente la vita. E più il tempo passava, più James era determinato a vivere e più era spaventato. Dopotutto Harry era solo un bambino innocente. Meritava una famiglia, due genitori che lo amassero.
Era suo dovere. Era il suo compito.
Dovette passare un quarto d’ora prima che Harry si addormentasse, cullato dalle sue carezza. Solo dopo James poté alzarsi e tornare alla sua scrivania, dove la lettera non era ancora conclusa.
 
Ad ogni modo, comunque andranno le cose, farò ciò che è in mio potere per mantenere la parola data. E se riuscirò a darti questa lettera di persona, evidentemente sarà perché ci sono riuscito.
In ogni caso, ricorda sempre che io e tua madre ti amiamo. Questa è una delle poche certezze che posso darti.
Concluse la lettera e poi si stiracchiò. Si sentiva meglio, come se si fosse tolto un peso di dosso. Avrebbe conservato quella lettera in un cassetto. E chissà, chissà che piega avrebbero preso gli eventi. Ma adesso si sentiva stranamente fiducioso. Dopotutto era deciso a non morire. O forse si stava solo ingannando perché il pensiero di morire gli era insopportabile. 
Non lo sapeva, poteva solo attender.
 
Nove giorni dopo, la tranquillità della sua casa su segnata dall’arrivo di Lord Voldemort, venuto lì per uccidere suo figlio. Ed era successo tutto così velocemente che non aveva fatto nemmeno male.
Lui l’aveva ucciso e James era morto nel tentativo di proteggere Lily e Harry.
Sua moglie lo avrebbe raggiunto poco dopo e suo figlio sarebbe rimasto solo.
Mentre invece la lettera che aveva scritto e che aveva sperato di dargli un giorno sarebbe andata perduta. Harry non l’avrebbe mai letta, non avrebbe mai saputo tutto ciò che suo padre aveva promesso, non avrebbe saputo che quelle parole, di fatto, avevano infranto una delle prime promesse che gli aveva fatto: Ti prometto di non mentire. 
Con la sua involontaria a bugia, fatta più a se stesso che a Harry, James aveva creduto che ce l'avrebbe fatta. 
Ma si era sbagliato.


Nota dell'autrice
Mi rendo conto di non essere capace a scrivere storie felici e allegre. Di questa storia non so proprio cosa dire, perché è stata scritta più con il cuore che con la mente, è anche la prima volta che scrivo qualcosa sul rapporto tra James e Harry, quindi non so esattamente come dovesse essere. James ha promesso ad Harry una serie di cose, ma purtroppo non è potuto essere. Voleva sperare, voleva credere che sarebbero sopravvissuto, dicendosi una bugia e dicendola anche ad Harry (anche se in quel momento per lui rappresentava una certezza, un modo per convincersi e non cedere al dolore). Mi rendo conto che è triste e malinconica, ma alla fine il canone non è stato meno crudele. 
 
 
 

 
   
 
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