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Autore: dreamlikeview    17/10/2020    3 recensioni
[3/3 di "What if we had been friends?"]
Cosa sarebbe successo se, al sesto anno, Harry Potter avesse aiutato Draco Malfoy, invece di duellare con lui? E cosa sarebbe successo se Draco, invece di attaccare Harry, avesse accettato il suo aiuto, mettendo da parte l'orgoglio?

«Prendi la mia mano e accetta il mio aiuto, non è troppo tardi, io posso aiutarti» disse «Mettiamo da parte l’odio, mettiamo da parte le nostre divergenze e alleiamoci contro di lui, insieme possiamo vincere». Il biondo gli fissò la mano e deglutì, poteva fidarsi di lui?
[Drarry, long]
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'What if we had been friends?'
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Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.
 
Avviso: gli eventi, dopo il prologo, non seguono la linea temporale dei libri/film
Avviso II: per la maggior parte dei capitoli, non è una storia romantica, I’m so sorry.


Nota importante per la “prima parte”: gli eventi sono anacronistici rispetto ai libri/film e ci sono altre piccole variazioni (chiamiamole: licenze poetiche) per far quadrare le cose con la trama generale.
 

 
Trama Prima Parte: Dopo aver stretto la mano di Harry, Draco si appresta a parlare con Silente, egli gli affiderà un incarico speciale che lo porterà ad avvicinarsi e a legarsi al Grifondoro in modo particolare.  Le sorti di Hogwarts e del mondo magico sono nelle mani del prescelto e del suo acerrimo rivale, riusciranno ad unire le forze e a vincere contro il male?

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Take my hand

Prima Parte: Light up the dark

Capitolo 1: Changed plans




Harry si risvegliò seduto sul pavimento freddo di una stanza che non riconobbe immediatamente, con le spalle appoggiate contro quello che doveva essere un divano, in una posizione abbastanza scomoda. Sbatté le palpebre per rendersi conto di dove si trovasse e per fare mente locale su cosa fosse successo il giorno prima; le immagini della sera precedente tornarono nella sua mente rapidamente. Lui che entrava nel bagno con l’intenzione di scoprire i segreti di Malfoy, Malfoy che crollava in quel modo, la loro conversazione… la sua confessione, i suoi ricordi, tutto.
Mise a fuoco l’ambiente che lo circondava e si rese conto di essere ancora nella Stanza delle Necessità. Sul divano alle sue spalle, riposava Draco, il quale, sfinito dalle lacrime, era crollato in un sonno profondo, ma tormentato.
La sera precedente, il Serpeverde aveva pianto per un tempo indeterminato, appoggiato alla sua spalla, quasi aggrappato a lui – doveva essere davvero sconvolto e provato, il moro era certo che da lucido, non l’avrebbe mai fatto né tantomeno ammesso – Harry aveva provato a tranquillizzarlo, ma con scarsi risultati, tuttavia la sua presenza doveva essere servita a qualcosa, dopotutto quando era riuscito a calmarsi, si era addormentato. Potter era rimasto immobile per un po’, ma ben presto si era reso conto di non poter restare lì a lungo. Con l’intenzione di andare via, il Grifondoro lo aveva scostato dalla sua spalla e lo aveva fatto distendere sul divano con una innaturale delicatezza. Così era rimasto lì per un po’, per accertarsi che l’altro stesse bene, deciso a lasciare la stanza quanto prima, tuttavia non era riuscito ad andare via: farlo avrebbe significato tradire la sua fiducia appena conquistata. Così si era seduto ai piedi del divano e aveva atteso che l’altro si svegliasse, credendo che prima o poi sarebbe tornato nel suo dormitorio. Si era imposto di restare sveglio per il resto della notte, ma aveva fallito e si era addormentato anche lui. Avrebbe negato fino alla morte di essersi preoccupato per la salute del Serpeverde. Harry si alzò dal pavimento, osservò il ragazzo addormentato e sospirò, ripensando a ciò che aveva visto nella mente di Draco poche ore prima, quello che il biondo aveva vissuto andava oltre qualsiasi concezione, non c’era da meravigliarsi che avesse accettato il Marchio Nero e avesse cercato in tutti i modi di portare a termine la sua missione.
Già, ma come poteva aiutarlo? Sicuramente doveva parlarne con Silente, stavolta il preside avrebbe dovuto ascoltarlo, non era più solo una sua supposizione: era vero, un Mangiamorte era tra le mura di Hogwarts, anche se quel ragazzo non era per niente un Mangiamorte spietato come quelli che aveva incontrato l’anno precedente al Ministero, anzi a parte il carattere difficile e il suo discutibile comportamento, non era un assassino.
Quando Draco si svegliò, Harry, che lo stava ancora fissando, osservò i suoi occhi aprirsi e notò che fossero molto più chiari di quanto immaginasse, erano grigi e in quel momento erano così limpidi e profondi che il ragazzo si sentì annegare in essi. Egli, non appena si rese conto di dove si trovasse e con chi, sobbalzò sorpreso e si mise seduto, guardando l’altro scioccato, Harry non poté non notare le sue gote rosse e il suo sguardo sbalordito, quando si rese conto di essere osservato.
«’Giorno» gracchiò il Grifondoro, distogliendo lo sguardo dal suo e sedendosi sul divanetto, a distanza dall’altro. C’era uno strano imbarazzo tra di loro, forse dovuto a quello che era accaduto il giorno precedente, ma anche dall’essersi risvegliati nella stessa stanza.
«Potter» lo salutò l’altro, cercando di mettersi dritto «Spero non ti sia fatto idee sbagliate» disse immediatamente, riferendosi alla situazione in generale. Il moro arrossì e scosse la testa energicamente, ovvio che non si era fatto nessuna “idea strana”, perché poi avrebbe dovuto farsela con lui?
«No, certo che no» rispose, cercando di nascondere l’imbarazzo che provava in quel momento. Tra di loro cadde un pesante silenzio, Harry vide Draco pensieroso, più del giorno prima. Forse stava pensando a come avesse fatto a fidarsi di lui? Poteva capirlo, anche per lui era strano trovarsi in quella situazione. Fino al giorno precedente, aveva pensato di beccare Malfoy a compiere qualche atto criminale per consegnarlo a Silente o agli Auror e mandarlo ad Azkaban, adesso aveva solo la necessità di proteggerlo e salvarlo da Voldemort. Si fidava di lui? Non completamente, ma stava cercando di dargli una possibilità e di fare la cosa giusta. Doveva andare da Silente e sperare solo che il preside la pensasse come lui, che convincesse Draco a farsi aiutare da loro.
«Ti senti meglio?» chiese Harry per rompere quel silenzio imbarazzante che era caduto tra di loro «Ieri sera eri parecchio sconvolto».
Il Serpeverde si prese la testa tra le mani e annuì, sbuffando leggermente. «Ti ho davvero detto tutto?» chiese.
«Sì» rispose Harry «E hai fatto bene, ne parleremo con Silente e lui saprà trovare un modo per aiutarti».
«Ripetimi perché lo fai» disse il biondo «Davvero, Potter, cosa ci guadagni? Sono stato… terribile con te, con i tuoi amici, ho fatto un sacco di errori e l’anno scorso vi ho dato letteralmente la caccia per consegnarvi alla Umbridge e quest’anno la prima cosa che ho fatto è stata cercare di rimandarti a Londra».
«Già, non è stato molto carino da parte tua» replicò il moro, scuotendo la testa. La logica suggeriva che la sua fosse pura follia, non avrebbe mai dovuto offrire aiuto a lui e probabilmente se ne sarebbe pentito, ma aveva detto di mettere da parte l’odio e il risentimento e voleva mantenere la parola data, voleva provare a dargli un’occasione; forse aveva sempre sbagliato atteggiamento con lui, forse avrebbe dovuto accettare la sua amicizia sei anni prima, forse avrebbe potuto impedirgli il dolore che aveva provato durante quell’estate. Non poteva tornare indietro, né poteva fidarsi ciecamente di lui immediatamente, ma poteva tentare di aiutarlo al meglio delle sue capacità, dopotutto se Malfoy si era fidato e gli aveva raccontato tutto, doveva fare almeno un tentativo anche lui.
«Non hai risposto alla mia domanda» fece Draco «Cosa ci guadagni ad aiutarmi?»
«Non ci guadagno niente, se non un alleato in più contro un nemico comune» rispose il moro con sincerità, l’altro fece per ribattere, ma Harry continuò «Va bene, non sarai il ragazzo più simpatico con cui ho avuto a che fare, anzi, a dir la verità sei sempre stato una vera spina nel fianco, ma queste cose te le ho già dette ieri» disse «Ma niente, Draco, niente giustifica ciò che ti ha fatto e… io posso capirti» deglutì guardandolo, il biondo lo guardò perplesso, ma non disse nulla e si limitò ad ascoltarlo «Non sto mettendo da parte sei anni di odio reciproco, ma… sto cercando di fare la cosa giusta» continuò «E poi… pensa a tua madre, se tu mi aiutassi e vincessimo, sarebbe libera anche lei, giusto?» Draco annuì «Aiutami a sconfiggerlo e salveremo anche lei, te lo giuro».
Il Serpeverde annuì di nuovo e prese un respiro profondo. Non aveva sognato tutto, non aveva immaginato ogni cosa, Harry Potter gli aveva offerto un aiuto, una via d’uscita dall’incubo e lui si era fidato del Grifondoro, gli aveva raccontato tutto, si era messo letteralmente nelle sue mani, affidandogli i suoi ricordi più tremendi, permettendogli di esplorare la sua mente e l’altro non lo aveva deriso né lo aveva giudicato o altro. Anzi, gli aveva promesso che avrebbe fatto di tutto per salvare lui e sua madre. Le mani gli tremavano, se Voldemort avesse scoperto tutto, lo avrebbe ucciso, in realtà lo avrebbe ucciso in qualunque caso, perché si era reso conto di non saper usare le maledizioni senza perdono. Tanto valeva cogliere l’occasione e tentare di uscirne quasi illeso. Dopotutto, Potter aveva buone possibilità di vincere, no? Era lui il prescelto. Lo avrebbe ucciso e forse ci sarebbe stata una minima speranza di salvezza anche per lui. Se fosse uscito vivo da tutta quella storia, sarebbe stato debitore con il Grifondoro per tutta la vita.
«D’accordo» disse, ma la sua voce era incerta «Non ti faccio pena, vero?» si ritrovò a chiedere.
Potter sbuffò e alzò gli occhi al cielo, Draco lo trovò buffo, riuscì persino a sorridere alla vista di quell’atteggiamento. Ed era davvero troppo tempo che non sorrideva.
«No, Malfoy» rispose l’altro schiettamente «Non mi fai pena, te l’ho già detto».
Draco prese un profondo respiro e si ritrovò a ragionare di nuovo su tutta la situazione, ma aveva preso la sua decisione la sera prima, davvero, ancora non capiva perché tentennasse ancora. Forse perché lui era un Mangiamorte e l’altro un uomo dell’Ordine, Potter avrebbe potuto fotterlo in ogni senso dal suo punto di vista. Avrebbe potuto ingannarlo, ma c’era qualcosa nei suoi occhi… una determinazione che non aveva mai scorto prima. Lo aveva già percepito in quel bagno, ma adesso ne aveva la certezza: Potter era una di quelle persone che avrebbe fatto di tutto per mantenere le promesse, per sconfiggere Lui.
«Okay» sospirò, accettando finalmente e lasciando cadere anche le ultime obiezioni «D’accordo, andiamo da Silente» confermò, tuttavia si rese conto di non avergli detto la cosa più importante: lui aveva quasi portato a compimento una parte della sua missione. Vide Potter alzarsi e allungò una mano verso di lui per afferrargli il polso e fermarlo.
«Potter, c’è una cosa devo dirti» annunciò, l’altro si voltò verso di lui e lo guardò perplesso, poi annuì «Sono riuscito a riparare l’Armadio Svanitore» confessò «Non so se sai come funziona. Da Magie Sinister ce ne è uno gemello. Formano un passaggio» spiegò brevemente «Attraverso esso, loro arriveranno qui, la notte in cui dovrò fare tu-sai-cosa» disse «Tuttavia non è ancora perfetto, ho solo spostato oggetti inanimati per ora» spiegò velocemente, scoprendo le sue carte.
«Quando?» chiese il moro «Quando accadrà? Quanto tempo abbiamo prima che accada?»
«Sei settimane, circa» rispose Malfoy «Io- senti…»
«Hai fatto bene a parlarmene ora. Lascia fare a me, ci penso io» disse sicuro di sé «Andiamo, adesso». Gli afferrò la mano e lo trascinò fuori dalla Stanza delle Necessità e lo portò fino al secondo piano. In fretta, arrivarono davanti all’enorme grifone che chiudeva l’accesso alla scalinata che portava all’ufficio del preside, Draco cercò di sottrarsi, ma la presa di Potter sulla sua mano divenne più forte.
«Potter…»
«Fidati di me, tranquillo» gli disse. Poi pronunciò la parola d’ordine, ormai la conosceva, viste tutte le lezioni che Silente gli aveva dato e, ignorando le deboli proteste del biondo, lo condusse su per la scala, fino all’ufficio. Era ancora un po’ buio, doveva essere ancora molto presto. Fanny sonnecchiava sul suo trespolo e Harry le riservò una carezza, sotto lo sguardo curioso di Draco. Poi si sistemarono davanti alla scrivania di Silente e attesero il suo arrivo.
«Harry, Draco» disse l’uomo comparendo in cima alle scale «Qual buon vento vi porta qui, a quest’ora del mattino?»
«Professor Silente, signore, abbiamo bisogno del suo aiuto» disse Harry al preside «Ci scusi per l’orario, ma è una questione urgente» il preside annuì e lo guardò incitandolo a continuare, mentre lo raggiungeva «Draco ha bisogno di lei, signore, è in pericolo» spiegò brevemente, poi si voltò verso il biondo «Forza, parlagli, digli tutto!» esclamò.
«Non posso, Potter» Draco fece un passo indietro scuotendo la testa «Mi troverà e mi ucciderà, ucciderà mia madre…»
«No, non lo farà» affermò il Grifondoro «Possiamo aiutarti, devi fidarti ancora una volta e dire tutto a Silente» disse con trasporto guardandolo negli occhi «Fidati come ti sei fidato ieri e ti prometto che nessuno ti farà del male. Mai più» disse «Ma devi lasciare che io ti aiuti e che possa salvarti. E per farlo, devi fidarti anche di lui» disse «Ti prego, Draco».
Lo sguardo di Harry era così penetrante, così determinato, così sicuro di ciò che gli stava dicendo, che Draco non riuscì più ad obiettare. Deglutì e per un attimo chiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro. Si era fidato fino a quel punto di lui, cosa poteva andare storto? Solo che Silente non gli credesse e che non ascoltasse le parole di Harry, ma quest’ultimo si fidava ciecamente del preside. Alle parole del moro, Draco annuì, come se non avesse più obiezioni e si fidasse di lui.
Lentamente, si voltò verso Silente, si scoprì l’avambraccio marchiato, aveva il cuore che batteva a mille e guardò il preside, che lo osservava in silenzio. Non lo stava giudicando, non lo stava etichettando male, ma lo stava studiando, in qualche modo, come se stesse cercando di capire le sue intenzioni reali.
«Draco» lo chiamò l’anziano uomo «C’è qualcosa che vorresti raccontarmi?» chiese.
Il ragazzo annuì, scambiò una breve occhiata con Potter, che gli mise una mano sulla spalla e gliela lasciò scivolare attorno ai fianchi per sorreggerlo, annuì, guardandolo negli occhi e gli diede il coraggio di iniziare a parlare. Con le lacrime agli occhi – ma senza versarne neanche una – raccontò a Silente ogni cosa, iniziò a dirgli di suo padre, del suo arresto, dell’arrivo dei Mangiamorte, di Voldemort, dell’incarico. Il preside sembrava sapere ogni cosa e più lui parlava, più meditava su ciò che stava accadendo. Gli disse dell’Armadio Svanitore, di averlo riparato quasi del tutto e che esso avrebbe formato un passaggio con quello presente nel negozio di Notturn Alley e poi glielo disse, lo confessò.
«I-Io devo ucciderla» disse Draco, Harry al suo fianco sussultò, il preside restò impassibile. Il Serpeverde tremò come una foglia guardandolo, ma non riuscì a dire nient’altro.
«Ma tu non sei un assassino, dico bene, Draco?» chiese, il ragazzo scosse la testa «Quei blandi tentativi che hai fatto, erano piuttosto… elementari, lasciatelo dire» asserì il preside, il ragazzo strinse i pugni, annuendo. Non aveva idea che Silente si fosse accorto già di tutto, come diavolo aveva fatto? E perché non aveva tentato di fermarlo? A Draco quasi venne da piangere, avrebbe fallito in ogni caso, se non avesse accettato l’aiuto di Potter sarebbe andato incontro a morte certa, perché non sarebbe mai riuscito ad arrivare alla fine della missione. «Sei spaventato, lo so» gli disse «Sta’ tranquillo, lascia che ti aiuti e continua a parlarmi».
Draco deglutì e: «Lei non capisce, io d-devo farlo o lui… ucciderà me e la mia famiglia» disse, un singhiozzo fuggì dalle sue labbra e lui strinse gli occhi, Harry lo sorresse ancora una volta. Voleva scappare da lì, mettersi al riparo da ciò che sarebbe successo, aveva paura, ne provava fin troppa dall’inizio di quell’anno, ma in quel momento era più terrorizzato di sempre. Stava confessando di aver tentato di uccidere il preside e di aver complottato per far entrare i Mangiamorte nella scuola. Esattamente, quando il suo cervello aveva smesso di funzionare?
«Non temere» gli disse ancora una volta Silente «Prenditi tutto il tempo che ti occorre, non abbiamo fretta».
Draco prese un altro respiro profondo, cercò di calmare il suo tremore e riprese a raccontare a Silente tutto ciò che gli era successo e tutto ciò che aveva fatto per portare a termine la missione Più parlava, più il suo animo si alleggeriva.
Il preside lo ascoltava meditando sulle varie cose che lo studente gli raccontava; non scese nei dettagli su come il marchio gli era stato imposto, non era certo di riuscire a raccontarlo a voce e non voleva che qualcun altro scavasse nei suoi ricordi, gli disse però delle minacce di Voldemort, delle torture, del fatto che avrebbe ucciso lui e sua madre, se lui avesse fallito. Trattenne lacrime e singhiozzi, ma si accorse di una cosa: il braccio di Potter non aveva lasciato la presa attorno a lui neanche un attimo. Il Grifondoro lo aveva sostenuto per tutto il tempo, senza battere ciglio. Questo non era sfuggito all’occhio attento di Silente, che, almeno per il momento, si astenne dal commentare quel gesto.
«Sono molto sorpreso, Draco» disse il preside, alla fine del suo racconto «Non credevo che saresti venuto a parlarmi».
«Io…» iniziò incerto il biondo, poi guardò Harry ed egli annuì, sorridendogli in modo incoraggiante «Neanche io, signore. Stavo annegando nella disperazione, poi è arrivato Potter e mi ha teso una mano» spiegò «Mi sono fidato di lui».
«Molto saggio da parte tua» disse Silente «E molto saggio anche da parte tua, Harry, offrire aiuto a un compagno in difficoltà» si complimentò con il prescelto, Draco poté sentire l’eco di un “cinquanta punti a Grifondoro per l’eccezionale fibra morale” da lontano. «Molto bene, adesso voi due fareste meglio ad andare in Sala Grande per la colazione e ritornare alle vostre abituali lezioni».
«Ma signore!» tentò di obiettare Harry, Silente alzò la mano per zittirlo, il Grifondoro sbuffò stizzito e cercò, ancora di ribattere, ma il preside rivolse la sua attenzione al biondo.
«Draco, spero tu possa unirti a me per l’ora del tè, così da poter parlare con calma della tua singolare situazione» affermò il preside, sorridendo e zittendo le proteste del prescelto. Il Serpeverde guardò incredulo l’uomo davanti a sé e annuì, senza poter fare altro. Non poteva credere alle sue orecchie, Silente aveva davvero capito la situazione? Era disposto ad aiutarlo?
Lui e Harry si congedarono dal preside, quando lo videro parlare con un quadro, il cui ritratto sparì in pochi istanti. Uscirono dallo studio e scesero le scale per andare in sala grande, mentre Piton saliva nella loro direzione. Curiosi, lo guardarono sparire nell’ufficio del preside; si guardarono perplessi per un attimo e poi scossero la testa.
«Beh, Silente ha detto di andare a fare colazione» disse il Grifondoro, scendendo alcuni gradini davanti a lui «Non vedo l’ora di mangiare dei muffin al…»
«Potter» fece il Serpeverde, interrompendolo l’altro si voltò verso di lui, per incitarlo a parlare «Non dovevi reggermi in quel modo, prima».
«Figurati, è stato un piacere aiutarti nel momento del bisogno» ribatté sarcasticamente Harry, scuotendo la testa «Forza, andiamo a fare colazione, tu sei così magro. Sono sicuro che tra poco sverrai e dovrò portarti in braccio in infermeria» scherzò per alleggerire la tensione. Stranamente funzionò, Draco scosse la testa ed emise un flebile risolino, mormorando sottovoce «Che razza di idiota». Il moro ridacchiò e gli disse di muoversi, altrimenti avrebbero fatto tardi.
Insieme, i due neo-alleati ed ex-rivali si diressero insieme verso la Sala Grande, come aveva suggerito loro il preside, entrambi con mille domande nella mente. Draco soprattutto si chiedeva cosa gli sarebbe accaduto, adesso che aveva confessato tutto a Silente.
 


 
Draco Malfoy aveva sempre odiato Harry Potter e la cosa non era cambiata adesso che erano alleati. Lo aveva sempre odiato, ma forse il suo odio era stato ingiusto, perché basato su una stretta di mano non accettata, sulle parole di suo padre e su tutto quello che si erano fatti a vicenda durante gli anni.
Se ne rendeva conto solo in quel momento, aveva riservato odio ad una persona che, apparentemente, non lo meritava, una persona che, nonostante la loro rivalità e l’odio reciproco, aveva messo da parte l’orgoglio e gli aveva porto una mano nel momento del bisogno.
Era cresciuto sentendo parlare di questo bambino straordinario che era stato in grado, a solo un anno, di “sconfiggere” il Signore Oscuro. Era cresciuto sperando di poter diventare amico di una tale celebrità, era sempre stato abituato a vincere, ad ottenere ciò che desiderava e l’amicizia con una persona così famosa era un’ambizione troppo grande per uno come lui, tuttavia ricevere il suo rifiuto sul treno, sei anni prima, aveva riscritto tutti i suoi piani per il futuro. Dopo essere stato rifiutato, si era impegnato con tutto se stesso a mettergli i bastoni tra le ruote, per sconfiggerlo, per umiliarlo, per fargli “pagare” l’affronto che gli aveva fatto. Era stata una sfida aperta fin dal primo settembre del 1991. La loro rivalità era solo cresciuta nel tempo e nessuno dei due si era risparmiato colpi. Potter era riuscito ad umiliarlo in così tanti modi che Draco, semplicemente, non poteva ignorare ciò che erano stati e non riusciva a smettere di odiarlo nonostante ciò che l’altro stava facendo per lui. Odiava ancora Harry Potter con tutto se stesso, odiava quegli occhi verdi, profondi, pieni di speranza, odiava quei capelli spettinati, quegli occhiali tondi, quella dannata cicatrice. Odiava che l’altro avesse sempre una soluzione, il suo essere coraggioso di fronte ad ogni pericolo, il suo essere così eccessivamente buono, il suo essere gentile anche con uno come lui. Odiava essergli debitore, sapere di dovere la speranza per un futuro migliore a lui, il suo rivale storico. Odiava che lo avesse messo in quella posizione. Eppure… eppure per quanto potesse odiarlo, Potter era l’unico che gli aveva dato una scelta, una possibilità, un’occasione. Gli aveva porto la mano in un momento di disperazione e Draco, in preda alla paura, al terrore, allo sconforto, si era aggrappato a quella mano, cogliendo immediatamente quell’opportunità.
Mai avrebbe creduto che proprio la persona che più detestava nella scuola e nel mondo magico, potesse essere colui che lo avrebbe aiutato a non affogare nella disperazione. Aveva solo sei settimane per portare a termine la sua missione e gli sembrava che il tempo si fosse fermato all’istante in cui Potter gli aveva porto la mano. Quando si era rifugiato in quel bagno, per sfogare la sua rabbia, la sua disperazione, il suo dolore, credeva di essere spacciato, di non avere alcuna possibilità di salvezza, di essere solo. Invece Potter era arrivato e… lo aveva tirato fuori dal baratro. Si era offerto di aiutarlo e gli aveva offerto una possibilità, una chance di salvezza. E adesso, Silente lo aspettava nel suo ufficio per parlargli. Già, Potter lo aveva convinto a parlare con il preside della sua situazione – lo aveva letteralmente trascinato nell’ufficio del mago anziano di prima mattina – e lui si era offerto di aiutarlo, gli aveva detto di tornare alle lezioni abituali e di ritornare da lui nel pomeriggio, per l’ora del tè. Il Serpeverde era rimasto sbalordito da quell’atteggiamento, non credeva che potesse accadere davvero qualcosa del genere. Aveva passato la maggior parte delle ore di lezione a rimuginare su quanto accaduto la sera prima e quella mattina. Era tutto assurdo.
Le lezioni del pomeriggio erano appena terminate, non aveva altre lezioni, probabilmente il preside lo sapeva, per questo gli aveva detto di raggiungerlo a quell’ora. La speranza che lui potesse aiutarlo, era vera. Piton gli aveva detto più volte di lasciarsi aiutare, ma aveva sempre rifiutato. Poi era successo Potter e tutto era cambiato dall’oggi al domani. Il giorno prima era solo, in un bagno a disperarsi, credendo di non avere alcuna possibilità di uscire da quell’inferno, il giorno dopo andava da Silente per cercare aiuto. Folle, stupido, coraggioso. Gli tremavano le gambe, mentre percorreva il corridoio del sotterraneo e la sua mente era affollata di pensieri. E se il preside non avesse voluto aiutarlo? Se gli avesse detto che non c’era niente da fare per lui, che il suo destino era morire per mano del Signore Oscuro? No, quella mattina gli era sembrato molto disponibile nei suoi confronti, magnanimo, gentile. Non avrebbe lasciato un sedicenne allo sbaraglio, vero? Non lo aveva riempito di speranza, per poi abbandonarlo, vero?
La verità era che era terrorizzato, terrorizzato come solo un sedicenne davanti ad una minaccia di morte poteva esserlo. Aveva paura che Silente gli voltasse le spalle, che Voldemort scoprisse che aveva parlato della missione e che aveva accettato l’aiuto di Harry, che Voldemort arrivasse all’improvviso per ucciderlo o che uccidesse sua madre per punirlo, perché aveva fallito. Era preoccupato che Potter potesse rimangiarsi la parola o che potesse ridicolizzarlo davanti a tutta la scuola, dopo ciò che era successo… ma non era successo. Quella mattina erano arrivati insieme in Sala Grande, sotto gli sguardi sbigottiti di tutti presenti, gli amici di Harry lo avevano guardato interrogativo, fino a che non si era seduto accanto a loro. Aveva fatto in tempo a sentire Weasley chiedergli Amico, perché fraternizzi con Malfoy? Prima di andare a sedersi al tavolo della sua casa e domandarsi cosa fosse appena accaduto. Non aveva prestato ascolto ai suoi compagni di casa, a Pansy Parkinson che gli chiedeva come mai Potter fosse stato così gentile, né agli sguardi freddi di Blaise Zabini, non gliene importava niente di loro e preferiva continuare ad essere ignorato. Aveva rivisto Potter a Incantesimi, gli aveva rivolto un saluto gentile con la mano e poi lo aveva rivisto a Pozioni e il grifone gli era andato vicino per chiedergli se volesse lavorare in coppia con lui, dato che erano entrambi soli, ma Draco aveva rifiutato.
Il suo atteggiamento gli stava dando sui nervi. Perché doveva comportarsi così? Non aveva senso. Aveva accettato il suo aiuto, okay, ma non erano diventati improvvisamente amici, neanche se avevano dormito nella stessa stanza a poca distanza l’uno dall’altro, dopo che lui gli aveva permesso di sondare la sua mente. Non erano amici, mai lo sarebbero stati. Lui odiava Harry Potter e la cosa non sarebbe cambiata magicamente da un giorno all’altro. Era fermamente convinto che passate le sei settimane ed aver sventato l’arrivo dei Mangiamorte a Hogwarts, le cose sarebbero tornate esattamente come prima. Non sarebbe mai diventato amico di San Potter.
Raggiunse l’ingresso dell’ufficio del preside subito dopo la lezione di Pozioni di Lumacorno, mentre camminava, aveva sentito una strana presenza alle sue spalle, come se qualcuno lo stesse seguendo. Sperava davvero che non fosse Potter che lo seguiva in modalità invisibile con quel suo assurdo mantello, ma era sicuro che fosse lui, si era sentito seguito per mesi quell’anno, ormai aveva imparato a riconoscere il passo goffo e il respiro spezzato dell’altro, avrebbe potuto tranquillamente smascherarlo e dirgli di andare via, ma… era stranamente rassicurante sapere che volesse stargli accanto e volesse aiutarlo in quel momento, l’idea di essere solo lo aveva fatto ammattire per mesi e adesso che sapeva di potersi aggrappare a qualcuno, il suo animo era meno tormentato. Era dannatamente incoerente con se stesso, come poteva odiare Potter e allo stesso tempo sentirsi sollevato a causa della sua presenza? Non aveva senso e non capiva perché si sentisse in quel modo. Doveva trovare un senso a tutto quello.
Si fermò proprio davanti all’ingresso dell’ufficio e osservò la scala a chiocciola, esitante. Il preside gli aveva lasciato già il varco aperto, affinché non facesse dietro-front o qualcosa del genere. Forse quel vecchio mago conosceva gli studenti di quella scuola molto di più di quanto lasciasse immaginare. Era tutto assurdo e ancora non credeva alle proprie azioni, cosa stava facendo? Stava tradendo la sua famiglia? Suo padre? I Mangiamorte? Il Signore Oscuro? E cosa ne sarebbe stato di lui, dopo? Sarebbe morto tra atroci sofferenze, sicuro. Perché diamine aveva fatto una cosa del genere? Perché non aveva aggredito Potter con una maledizione senza perdono? Perché non aveva duellato con lui, quella notte, invece di aggrapparsi a lui? Non aveva bisogno di chiederselo, dentro di sé conosceva bene la risposta, ma era troppo orgoglioso per ammettere di avere un disperato bisogno di aiuto da parte sua.
Per un momento la sua mente ritornò all’estate, al marchio, alle torture e a tutto il resto e rabbrividì. Non voleva che succedesse di nuovo, non voleva essere torturato, non voleva essere violato in quel modo. Voleva solo sopravvivere e salvare sua madre, nient’altro. E forse Potter era la sua scelta migliore in quel momento.
Cosa gli era saltato in mente, la sera prima? Confidarsi, aprirsi in quel modo, accettare l’aiuto di una persona che detestava... eppure, gli aveva dato qualcosa che da mesi interi – forse anche un anno – non faceva più parte della sua vita: la speranza. Fin da quando Voldemort era tornato e suo padre era tornato al servizio di quell’uomo malvagio, la sua vita era diventata un inferno e da quando Lucius era stato arrestato, dopo aver fallito la missione riguardante la profezia… tutto era peggiorato e caduto in malora. Lui e sua madre, per colpa di Bellatrix, erano diventati due marionette nelle mani di Voldemort. La sua vita perfetta, di cristallo, era precipitata in un cumulo di melma indistinta. L’enorme Manor in cui aveva vissuto per una vita intera, che era stato frequentato da persone importanti, in cui si erano celebrate le migliori feste, i migliori banchetti… improvvisamente era diventato un luogo tetro, frequentato da Mangiamorte e maghi oscuri, il quartier generale di un gruppo di megalomani che seguivano un folle e lui si era ritrovato a pagare per le colpe di suo padre. Quel marchio sul braccio bruciava ancora e la paura era parte di lui da ormai quasi un anno.
E adesso… si era alleato con Harry Potter. Assurdo.
«È già ora?» chiese la voce di Potter, la sua testa spuntò dal nulla, facendolo sobbalzare.
«Potter!» esclamò Draco, voltandosi verso di lui, scioccato «Sei impazzito? Vuoi uccidermi tu?» chiese, portandosi una mano all’altezza del petto «Mi hai fatto venire un colpo!»
«Scusa, non volevo spaventarti» disse Harry, mortificato «Vuoi che ti accompagni dentro, da invisibile?» gli chiese guardandolo in un modo strano, un modo che Draco davvero non sapeva spiegarsi. Lo osservò per qualche istante, Potter aveva quello sguardo determinato che aveva sempre quando si trattava di qualcosa di importante, quello sguardo pieno di quel qualcosa che lo rendeva “Potter” a tutti gli effetti, che riusciva a infondere sicurezza e speranza. Aveva sbagliato metro di giudizio per tutta la vita, ma forse aveva tempo per rimediare ai suoi errori, per rivalutare il suo pensiero sulle persone che fino a quel momento aveva insultato e aveva denigrato. Forse era ancora in tempo per rimediare.
Avrebbe davvero voluto essere accompagnato, ma era una sfida che doveva affrontare da solo, doveva parlare con Silente e spiegargli ogni cosa e sperare che il preside decidesse davvero di aiutarlo, come diceva Potter. Stranamente, si fidava di lui e delle sue parole, ma non si fidava altrettanto del preside.
«No, devo farlo da solo» disse con decisione.
Il moro annuì e lo guardò con determinazione «Ti aspetterò qui, allora» promise. Si tolse il mantello e lo nascose nella borsa che si portava sempre dietro. Il Serpeverde lo guardò perplesso per qualche istante, ma poi annuì. «Buona fortuna».
Draco lo ringraziò e raccolse il poco coraggio che aveva e salì le scale, lanciò un ultimo sguardo a Potter, che gli rispose con un enorme sorriso d’incoraggiamento e si convinse ad avanzare. Salì la scala a chiocciola e raggiunse l’ufficio del preside, mentre l’enorme gargoyle chiudeva l’ingresso, dopo il suo passaggio. L’uomo anziano lo attendeva già lì insieme al professor Piton. Che significava quello? Deglutì, guardandosi intorno e tremò leggermente. Che Silente avesse parlato con Piton, il quale aveva rivelato tutto al Signore Oscuro? Stava per morire già? Ma Piton doveva proteggerlo, giusto? Aveva pronunciato il Voto Infrangibile, non poteva avergli teso una trappola, vero? Si immobilizzò e fu tentato di tornare indietro, fuggire da lì e nascondersi sotto al mantello di Potter e non uscirne mai più, avrebbe potuto funzionare, no?
«Vieni, Draco, accomodati» disse Silente, distogliendolo dai suoi pensieri «Abbiamo molto di cui discutere».
Il ragazzo annuì, incerto, spaventato e confuso ed avanzò all’interno della stanza, sentendosi sopraffatto da tutto il resto. Non aveva idea di cosa Silente gli avrebbe detto e l’incertezza lo rese ancora più insicuro. Si ritrovò davanti alla scrivania del preside e attese con ansia il suo destino.
 


 
Harry Potter detestava Draco Malfoy fin dal primo giorno in cui lo aveva visto. Aveva capito che il biondo sarebbe stato una spina nel fianco fin da quando lo aveva visto la prima volta, mentre si faceva misurare la divisa da Madama McClan con la sua aria da snob. Aveva detestato Malfoy con tutto se stesso, lo aveva definito uno dei suoi peggiori rivali scolastici, era sempre pronto a mettergli i bastoni tra le ruote, a denigrare ciò che faceva, a dargli del filo da torcere sul campo da Quidditch e durante le lezioni, lo aveva sempre considerato un odioso, spocchioso figlio di papà che non sapeva neanche cosa significasse vivere un incubo ogni singolo anno della propria vita… fino a che non aveva visto chi era davvero Draco Malfoy: un suo coetaneo, spaventato dal mondo esterno, esattamente come lui. Un suo coetaneo che aveva vissuto un vero e proprio inferno, prima di tornare a scuola.
Rabbrividì al pensiero del volto devastato di Draco nell’ultimo ricordo che aveva visto, le sue lacrime quando era stato costretto a torturare sua madre, il suo dolore quando era stato torturato e punito, la sua sofferenza quando avevano abusato di lui.
Dopo aver scoperto la verità sulla sua terrificante estate, aveva un’opinione diversa di lui. Non credeva che il biondo fosse cambiato o altro, si era semplicemente reso conto che avesse bisogno di aiuto, di protezione e lui gli aveva offerto una possibilità, in fondo era un suo coetaneo che aveva vissuto l’inferno e neanche uno con la fama di bullo di Malfoy meritava una cosa del genere. Gli dispiaceva per lui. Non era giusto che avesse vissuto tutto quello, aveva solo sedici anni… Lui, più di altri, poteva capire ciò che aveva passato Draco. Lui era vittima degli abusi dei Dursley fin da quando era un bambino…e neppure loro, per quanto fossero orribili, erano stati tanto crudeli come lo era stato Voldemort con Draco. Sapeva cosa significasse vivere un inferno, ma niente di quello che aveva vissuto lui fino a quel momento, neanche la sua terribile infanzia con i Dursley era paragonabile a quell’incubo che Malfoy aveva vissuto quell’estate.
Forse era vero, forse era troppo ingenuo, forse si stava lasciando trasportare come al solito dal suo buon cuore, dalla sua indole Grifondoro che voleva salvare sempre tutti… ma sapeva di aver fatto la cosa giusta. Se c’era una cosa che Sirius gli aveva insegnato, prima di morire, era proprio questa: riuscire a riconoscere che il mondo non fosse diviso in persone buone e Mangiamorte. I Mangiamorte erano crudeli. Draco Malfoy era un Mangiamorte, ma era stato costretto ad esserlo, in seguito a torture fisiche e psicologiche. Non poteva essere ritenuto colpevole di quello, anche lui, che lo detestava dal primo giorno in cui lo aveva visto, l’aveva capito.
E adesso… adesso era preoccupato per il biondo. Avevano passato una nottata assurda e quella mattina erano andati da Silente, il quale aveva detto a Draco di andare da lui. Harry aveva provato a ronzare attorno al Serpeverde, per capire se sapesse già qualcosa, ma il biondo lo aveva respinto e non aveva fatto trapelare alcuna emozione, se non sincero fastidio nei suoi confronti. Harry non sapeva come interpretarlo, inoltre si era guadagnato gli sguardi stupiti di Hermione e di Ron, che non avevano capito il suo strambo atteggiamento nei confronti del Serpeverde. Non aveva ancora parlato con loro di quanto accaduto, non ne aveva avuto il tempo, a colazione aveva eluso le loro domande, durante la giornata erano stati troppo presi dalle lezioni e non avevano avuto modo di parlare – Harry neanche aveva cercato il modo per farlo, in realtà – e poi subito dopo il pranzo e la lezione di Pozioni, aveva seguito Draco che andava da Silente. Si sentiva strano a riguardo, non sapeva che cosa fare, sapeva cosa avrebbero detto i suoi amici: che era un folle, ingenuo, che vedeva il buono in tutti. Il problema era quello: non aveva visto del buono in Malfoy, non si era tramutato improvvisamente nel suo migliore amico, aveva semplicemente visto una persona in difficoltà e aveva provato ad aiutarla, nonostante questa fosse Draco Malfoy. Ron non lo avrebbe capito e detestava pensare che il suo migliore amico potesse litigare di nuovo con lui, come durante il quarto anno. Aveva odiato non avere Ron al suo fianco, durante le prime fasi del torneo Tremaghi, non voleva rivivere quel periodo, ma sapeva anche che non sarebbe tornato indietro: non avrebbe abbandonato Malfoy, non si sarebbe rimangiato la parola, aveva visto già troppa sofferenza nei suoi ricordi, non voleva che rivivesse quel dolore. Lui non si rimangiava le promesse, aveva giurato che lo avrebbe aiutato e neanche i suoi migliori amici gli avrebbero fatto cambiare idea.
Non capiva però, perché si sentisse così preoccupato per lui, era Malfoy. Eppure, non poteva smettere di sentirsi così. Draco si era fidato di lui, gli aveva mostrato tutti i suoi segreti e i suoi incubi e lui non poteva che ricambiare quella fiducia, cercando di aiutarlo a superare le difficoltà che aveva davanti. Voleva sostenerlo e l’avrebbe accompagnato anche dinanzi al preside, se l’altro avesse voluto. Era entrato da solo e rispettava la sua scelta, ma voleva sapere cosa si stavano dicendo, sperava che Malfoy gli dicesse tutto, una volta uscito.
Attese lì fuori, che Draco uscisse dall’ufficio di Silente, osservò gli studenti che gli passavano accanto e lo guardavano in modo strano, come se avesse qualcosa di buffo. L’ultimo periodo era stato assurdo. Aveva quasi mollato il Quidditch per seguire Malfoy e scoprire il suo sporco segreto e… quando l’aveva scoperto, era rimasto scioccato, così tanto che aveva offerto aiuto e protezione al suo acerrimo rivale scolastico. Era più facile fronteggiarlo e prenderlo a pugni, che offrigli aiuto, Draco era restio, scontroso… e lui non era da meno, anche se stava provando a comportarsi in modo differente. Entrambi orgogliosi, entrambi privi di fiducia reciproca, entrambi carichi di un odio che avevano provato fin dal primo momento in cui si erano visti. Ma era stato davvero odio o era stato tutto parte di un enorme copione che entrambi avevano dovuto seguire? Un copione antico quanto tutta Hogwarts: Serpeverde contro Grifondoro, ma loro erano lì per cambiare le carte in tavola, collaborare tra di loro e dimostrare che se due nemici avessero unito le forze, contro un nemico ancora più forte… beh, avrebbero potuto vincere.
Sì, Malfoy era stato uno stronzo, su questo non c’erano dubbi, gli insulti che aveva elargito a quelli che riteneva “inferiori” a lui, erano solo un esempio di quanto fosse stato una pessima persona, ma adesso… lo vedeva sotto un’altra luce. Come se fosse stato costretto a recitare la parte dello stronzo, perché cresciuto in quella famiglia, dove era stato torturato da sua zia con una maledizione senza perdono, affinché prendesse un marchio che lui non voleva. Stava iniziando a vedere le cose sotto una prospettiva diversa e a lasciarsi alle spalle ogni pregiudizio che aveva nei confronti del biondo, non era facile, ma ci stava provando.
Restò lì, ad attenderlo, fino a che non vide il biondo uscire dall’ufficio del preside con il volto sconvolto. Qualcosa non andava, ne era certo.
 


 
Draco si era seduto davanti al preside, era rimasto in silenzio a torturarsi le mani leggermente umidicce per il sudore, causato dalla preoccupazione e cercò di guardare ovunque tranne l'uomo davanti a sé. Osservò l’immensa fenice di Silente, che sonnecchiava sul suo trespolo, era meravigliosa. Le fenici erano creature affascinanti, aveva letto un sacco sull’argomento, quando era piccolo aveva persino chiesto a suo padre di poterne avere una tutta per sé, ovviamente Lucius Malfoy aveva rifiutato, ma in compenso gli aveva fatto avere una Guferia personale, con almeno quattro gufi, tre civette, due barbagianni e un falco, dicendogli che invece di una sola fenice, aveva avuto più di dieci uccelli diversi. Quello era il modo di Lucius di fargli capire che, anche se non poteva esaudire una sua richiesta esplicita, avrebbe trovato comunque il modo di regalargli qualunque cosa. Draco si era sempre vantato di questo, che cosa se ne faceva di una sola fenice, quando aveva tutti quegli altri volatili? Eppure… eppure una sola fenice era superiore a tutti gli altri, non era importante il numero, ma la qualità. Per Lucius, invece, era sempre stato il contrario. Draco era cresciuto in quel modo, con quegli insegnamenti, forse era per questo che adesso si trovava in quella situazione…
«Come ti senti, Draco?» gli chiese Silente, interrompendo i suoi pensieri senza senso; smise di guardare la fenice e tornò a torturarsi le mani fissandole, invece di alzare lo sguardo sui due uomini davanti a sé. Tremava quasi, ma non lo avrebbe mai ammesso… forse avrebbe dovuto accettare la proposta di Potter, adesso che ci pensava.
«Uhm… confuso» rispose il ragazzo, senza alzare lo sguardo.
«E perché ti senti così? Ne vuoi parlare?» chiese il preside con tono mellifluo. Draco alzò lo sguardo sul mago, sentendosi preso in giro. Che diavolo significava quella domanda? Perché era confuso? Aveva anche il coraggio di porgergli quella domanda?
«Mi sta prendendo in giro, non è vero?» chiese il Serpeverde, il mago anziano lo guardò accigliato «Le ho raccontato tutto e lei mi fa questa domanda?» domandò ancora.
«Per ora, Draco, voglio che mi parli con sincerità di come ti senti» disse con tono accomodante Silente «Poi parleremo della tua singolare missione e di quello che faremo d’ora in poi» spiegò brevemente «Può interessarti?» il biondo annuì, sentendo che una possibilità per lui c’era. Non aveva creduto davvero che fosse tutto vero fino a quel momento, Silente sembrava davvero intenzionato ad aiutarlo, ma sarebbe stato disposto ad aiutare anche sua madre, come gli aveva promesso Potter? «Molto bene allora, parliamo» concluse. A quel punto, fece comparire tre tazze di tè sul tavolo e Draco fu tentato di rifiutare, temendo che ci fosse del Veritaserum in una di esse, ma cercò di fidarsi e di mandare giù almeno un paio di sorsi di quella bevanda calda, solo per rilassare un po’ i nervi, ne aveva davvero bisogno. Poi iniziò a parlare: raccontò di nuovo al preside di Voldemort, del marchio, delle torture che aveva subito, delle minacce che gli erano state fatte – ma non riuscì a rivelare nulla delle violenze fisiche – poi gli disse dei suoi tentativi di ucciderlo con la collana e l’idromele avvelenato, che non erano andati a buon fine, confessò l’uso della maledizione Imperius e di aver aggiustato l’Armadio Svanitore, disse anche che era quasi giunto all’ultimazione della sua riparazione. Riuscì davvero a parlare liberamente, mentre l’anziano mago lo ascoltava insieme a Piton, che annuiva alle sue parole, confermando – suo malgrado – di sapere ogni cosa. Draco era turbato dalla presenza del professore, sapeva che era un infiltrato a Hogwarts per conto di Voldemort, sapeva che aveva pronunciato il Voto Infrangibile con sua madre – quindi in teoria non avrebbe potuto usare quella conversazione contro di lui – eppure… Silente si fidava troppo di lui, forse c’era sotto qualcosa che solo il preside sapeva e di cui lui non era ancora a conoscenza. Avrebbe dovuto indagare sulla faccenda o farsi gli affari propri? Forse era meglio ascoltare ciò che il vecchio aveva da offrirgli e cercare di salvarsi la vita, poi affrontare la questione “Piton”. Magari ne avrebbe parlato con Potter.
«Sono sorpreso, Draco» disse Silente, quando lui finì il suo discorso «Non avrei mai creduto che tu potessi venire qui, a raccontarmi tutto e ad accettare il mio aiuto» Piton annuì a quelle parole, già, aveva sempre rifiutato l’aiuto del suo professore, perché era convinto di dovercela fare da solo, di dover superare ogni cosa da solo, di dover portare a termine la missione da solo, perché in fondo era sempre stato solo, perché era stato scelto, era questo che si ripeteva, per nascondere nei meandri della sua mente tutto ciò che aveva subito quell’estate, perché non voleva rivivere nulla.
«Prima che io accetti…» il ragazzo deglutì «L’ho detto anche a Potter… io non farò nulla, se non… se non salviamo anche mia madre». Il ricordo di ciò che le avevano fatto davanti ai suoi occhi, quando si era rifiutato di prendere il marchio fece male, gli fece pizzicare gli occhi. Era tutta colpa di suo padre, se sua madre era in quella situazione, se rischiava la vita in quell’enorme casa, da sola con un mucchio di Mangiamorte, era solo colpa di Lucius.
«Ovviamente, a tempo debito salveremo anche lei» promise Silente «Te lo prometto».
Draco annuì, fidandosi delle sue parole. Anche Potter gliel’aveva assicurato, non sapeva per quale motivo, ma si fidava di più di Potter che di Silente, ma la conferma da parte del preside, lo fece sentire sollevato. Almeno non sarebbero stati da soli, in tutta quella faccenda.
«Ho un compito speciale per te, Draco» il ragazzo sussultò, quelle parole gli ricordarono terribilmente Voldemort e dovette sforzarsi con tutto se stesso per scacciare dalla sua mente quel volto serpentesco e quella voce sibilante «Severus dice che sei un ottimo Occlumante».
«Il migliore, dopo di me» confermò il professore di Difesa. Il biondo annuì immediatamente, era davvero un bravo occlumante, aveva dovuto imparare a schermare la mente quando aveva solo quattordici anni. Suo padre aveva sempre avuto il brutto vizio di usare la Legilimanzia su di lui e… durante l’estate tra il terzo e il quarto anno, aveva fatto delle… singolari scoperte su se stesso. Durante le vacanze, aveva avuto una breve relazione con un ragazzo. Suo padre lo aveva quasi scoperto, quando era entrato nella sua mente, ma lui era riuscito a respingerlo. Così, mentre era in vacanza, si era documentato sulla Legilimanzia e sull’Occlumanzia e aveva iniziato a studiare assiduamente, fino a che, con la fine del quarto anno, dopo essersi preso una mostruosa cotta per Viktor Krum ed aver pomiciato con un ragazzo di Beauxbatons, aveva imparato a chiudere la mente. Si era perfezionato nel corso dei mesi, e quando Bellatrix si era stabilita a casa sua e aveva provato a sondare la sua mente “per divertimento” era riuscito a respingerla. La sua mente era oscura a chiunque tentasse di accedervi, ma aveva capito di essere davvero bravo quando era riuscito a respingere Voldemort, la prima volta che lo aveva visto a casa sua e il mago aveva provato a sondare la sua mente, apparentemente senza motivo.
Piton, all’inizio dell’anno, aveva provato a leggergli la mente, ma non ci era riuscito, Draco aveva respinto anche lui, nonostante avesse provato più di una volta a cercare di infrangere la sua barriera.
«La-La ringrazio» balbettò il ragazzo, arrossendo appena.
«Per ora, Draco, per non far sospettare nulla ai seguaci di Voldemort, continuerai a riparare l’armadio, okay?» lui annuì «E nel frattempo, voglio che insegni ad Harry l’Occlumanzia».
«Cosa? Io dovrei… insegnargli l’Occlumanzia?» chiese stupito, il preside annuì «Perché io?»
«Perché io non ci sono riuscito» intervenne Piton «Io e Albus siamo del parere che più riusciamo a tenere il Signore Oscuro fuori dalla mente di Potter, più potremo studiare un piano efficace per sconfiggerlo».
Draco deglutì, ma annuì. Poteva farlo, non gli sembrava una missione così impossibile, sempre meglio di far entrare un esercito di pazzi nella scuola e uccidere il preside, ecco. Sentiva che ci fosse qualcos’altro sotto, ma per il momento decise di non indagare oltre. Gli andava bene così, aveva la parola di Silente che avrebbero salvato sua madre, poteva fare quello che gli veniva chiesto… quanto sarebbe stato difficile per lui, insegnare una cosa a Potter?
Perché poi non riusciva a respingerlo da solo? Aveva sempre sconfitto il Signore Oscuro in quegli anni, come poteva non riuscire a scacciarlo dalla sua mente?
«Posso farlo» rispose il ragazzo.
«Bene» replicò il preside «Allora, per ora puoi andare, ci rivediamo tra un paio di settimane, per parlare dei progressi di Harry».
«Tutto qui?» chiese, aspettandosi il trucco da un momento all’altro «Non… vuole che faccia altro?»
«Sono sicuro che le lezioni che darai ad Harry saranno preziose per la missione, oserei dire illuminanti».
Il ragazzo annuì, restando comunque un po’ perplesso e ringraziò il preside per l’aiuto e Piton per aver continuato a mantenere la promessa fatta a sua madre all’inizio dell’anno. Avrebbe salvato sua madre e se stesso da quel mostro e avrebbe aiutato Potter nel farlo, andava bene così.
Quando uscì da lì, si stupì di vedere Potter ancora lì, in piedi e con un’espressione stranita sul volto. E la realizzazione della realtà lo colpì come un macigno: avrebbe insegnato l’Occlumanzia a Potter, ciò voleva dire che avrebbe passato molto tempo con lui. Sarebbero riusciti a farlo, senza scannarsi a vicenda?
«Ehi, allora?» chiese Harry «Come è andata? Che ti ha detto?»
«È andata bene, credo» rispose, sentendosi ancora un po’ frastornato «Non crederai mai a ciò che mi ha chiesto di fare».
«Cosa?»
«Insegnarti l’Occlumanzia».
«Co-cosa?» chiese Harry, spalancando gli occhi «Oh no, non succederà mai!»
Draco ghignò e annuì con aria sorniona. Avrebbe scoperto tutti gli sporchi segreti del suo più acerrimo rivale, era un’occasione succulenta per prendersi un po’ gioco di lui e alleggerire la tensione pesante presente nelle vite di entrambi. Anche se la sua parte buona gli suggeriva di non usarla contro di lui, di non umiliarlo in pubblico. Non era di certo sua intenzione umiliare pubblicamente la persona che avrebbe salvato lui e sua madre da un folle assassino, non era così stupido, ma si sarebbe divertito a farlo impazzire.
«Oh sì, invece sarà divertente» lo guardò con sfida «Paura, Potter?»
Harry alzò gli occhi al cielo, ma ghignò a sua volta. Se Silente aveva chiesto a Draco una cosa del genere, voleva dire che era solo per il bene del mondo magico, per sconfiggere Voldemort. L’avrebbe fatto, ma ciò non gli avrebbe impedito di sfidare, ancora una volta, il suo (ex) rivale. «Ti piacerebbe» rispose «Sarà un piacere respingerti e scovare altri dei tuoi ricordi» lo sfidò a sua volta. Restarono a fissarsi per qualche istante, c’era una strana elettricità tra di loro. Un Tassorosso passò accanto a loro e sussultò, credendo che stessero per picchiarsi come loro solito.
«Che hai da guardare tu?» chiese il Serpeverde al ragazzino, voltandosi verso di lui «Torna nella tua Sala Comune prima che ti tolga dei punti». Il nuovo arrivato sussultò ancora, scosse la testa e, senza dire nulla, andò via, scappò.
«Devi per forza essere così stronzo?»
«Fa parte del mio fascino».
Harry alzò gli occhi al cielo, pentendosi già di aver accettato il piano di Silente. Cosa gli impediva di entrare come una furia nell’ufficio del preside e dirgli che non avrebbe mai imparato l’Occlumanzia da Malfoy? Ovvio, il suo senso di responsabilità verso il mondo magico.
«Come ti pare» sospirò il moro scuotendo la testa «Allora, come ci organizziamo?» chiese «Quando ci vediamo?»
«Sei già impaziente di passare il tuo tempo con me?» chiese Draco di rimando «Beh, potremmo iniziare sabato mattina alle dieci» propose con aria pensierosa «Vedere come va e organizzarci di conseguenza».
Harry annuì «Sì, per me va bene» rispose immediatamente «Ci organizzeremo man mano».
Il biondo fu d’accordo e i due si strinsero la mano, segnando l’inizio di una nuova collaborazione, che avrebbe portato a grandi cose. Dalla cima della scala a chioccola, Piton li osservò e scambiò uno sguardo d’intesa con Silente alle sue spalle.
Il fato di quella battaglia contro le forze del male era appena stato riscritto.
 


 
Fronteggiare Malfoy in preda ad un crollo psicologico era stato più facile per Harry, che affrontare gli sguardi carichi di disprezzo dei suoi migliori amici, paradossalmente. Con lui, un rifiuto sarebbe stato più che logico, con loro… faceva male. Harry non riusciva a capire perché stessero reagendo in quel modo. Ron non faceva che sbraitare, dicendo cose senza senso, Hermione si limitava a guardarlo in silenzio, come se meditasse sulla faccenda. E il cattivo umore del prescelto aumentava, perché aveva provato a spiegare loro ciò che aveva provato, quando l’aveva visto in quello stato – io lo avrei aggredito, altroché così impara ad essere uno stronzo epocale! – aveva sbraitato il rosso, quando Harry aveva provato a spiegare la situazione usando le parole di Sirius che lo avevano guidato nella sua scelta, il suo amico aveva detto che quello era un cumulo di baggianate, che Malfoy stava inventando tutto e che stava cercando di ingannarlo. Hermione persisteva a restare in silenzio. La Sala Comune di Grifondoro era in tensione, alcuni studenti erano tornati nei loro dormitori per non assistere alla discussione tra i tre ragazzi, altri erano lì, con il fiato sospeso ad attendere l’esito di essa. Harry aveva raccontato ciò che era accaduto a somme linee, aveva dato solo poche informazioni necessarie, affinché i suoi amici potessero capire le sue motivazioni, aveva parlato della sera precedente, raccontando di averlo trovato nel bagno in lacrime perché aveva una serie di problemi personali, legati soprattutto a suo padre e a Voldemort e che era disposto a collaborare con lui come alleato, mettendo da parte le ostilità. Non aveva voluto rivelare nient’altro perché lo sapeva, Draco non avrebbe preso bene una cosa del genere, anzi l’avrebbe vista come un tradimento e avrebbe messo fine alla loro collaborazione e non si sarebbe fidato più di lui.
«Ragazzi…» li chiamò, cercando di restare calmo almeno lui «Se ascoltaste quello che sto cercando di dirvi…»
«Sei impazzito!» sbottò Ron, interrompendolo «È evidente che Malfoy ti ha fatto qualche maledizione, altrimenti non parleresti così! Non puoi aver promesso aiuto a quel… vile!» esclamò «Fino a ieri dicevi che era il male assoluto, un Mangiamorte senza cuore!» aggiunse «Credevi volesse distruggere la scuola, che tramasse qualcosa per conto di Voldemort e ora vuoi che crediamo a quest’assurdità?» chiese con giusta ragione il rosso. Harry lo sapeva che il suo atteggiamento era… piuttosto contradditorio, ma aveva una buona ragione, lui aveva visto, Ron no.
«Ron, tu non lo hai visto, okay? Era disperato e…» tu non hai visto quello che ha passato «Smettila di fare il bambino, tutti possono cambiare idea e ogni alleato contro Voldemort è un buon alleato, soprattutto uno che conosce persone che sono vicine a Lui!» esclamò il moro.
«Non possiamo fidarci di uno come Malfoy, Harry!» esclamò il rosso, guardando il suo migliore amico, cercando di farlo ragionare. Harry sbuffò alzando gli occhi al cielo, scosse la testa e provò a ribattere, ma l’altro non gliene diede il tempo «Non puoi collaborare con lui! E se ti mettesse in collegamento con Voldemort mentre “ti insegna l’Occlumanzia”?» chiese, simulando con le dita le virgolette «Ci hai pensato, sì o no?»
«Ron, basta!» fece Harry alzando la voce «Aiuterò Malfoy e mi farò insegnare l’Occlumanzia da lui, farei di tutto per impedire che una cosa, come quella che è accaduta l’anno scorso a Sirius, accada di nuovo, d’accordo?»
«Ma è Malfoy, Harry!» esclamò Ron esasperato «Ti ricordi chi è suo padre? Un maledetto Mangiamorte!» esclamò «E fino a ieri credevi che Malfoy stesso fosse un Mangiamorte, ci hai dato il tormento con questa storia per tutto l’anno!» ribadì «Non posso credere alle mie orecchie!»
«Oh certo che lo so! Lucius Malfoy è un Mangiamorte perché ha scelto di esserlo! Draco invece è innocente, non ha fatto niente a nessuno!»
«Draco! Adesso lo chiama anche per nome!» esclamò Ron, alzando gli occhi al cielo esasperato, Harry fece per replicare, ma l’altro incalzò. «E poi ha cercato di uccidermi! L’idromele era suo, tu eri il primo a sospettare di lui e a dire che fosse come suo padre!» continuò ad inveire «Cosa è cambiato adesso? Credi che abbia smesso di essere stronzo?»
«Non ha mai cercato di uccidere te, idiota! E no, non ha smesso di essere stronzo, ma Ron, per le mutande di Merlino, ha bisogno di aiuto e io glielo darò, non ho bisogno della tua benedizione, ti stavo solo mettendo al corrente dei fatti!»
«Io ci rinuncio» fece il rosso, scuotendo la testa «Hermione, digli tu qualcosa, vedi se riesci a farlo ragionare».
«Cosa dovrei dirgli, Ron?» chiese la ragazza, incrociando le braccia al petto «È evidente che Harry ha preso a cuore la faccenda. Non gli faremo cambiare idea urlandogli contro» osservò lei. Il moro annuì, ringraziandola con lo sguardo.
«Cosa succede? Che ha Ron da urlare?» chiese Ginny avvicinandosi a loro. Indossava la divisa del Quidditch. C’erano degli allenamenti di cui non ricordava l’esistenza? Oh no, la partita finale della stagione si sarebbe giocata quel sabato, maledizione, se ne era completamente dimenticato. Questo avrebbe solo peggiorato gli animi di tutti quanti, avrebbe fatto meglio a stare zitto, probabilmente.
«Harry collaborerà con Malfoy» rispose Hermione, brevemente «Ron non l’ha presa bene».
La rossa si voltò verso Harry con un’espressione indignata, a dir poco arrabbiata, come se Harry gli avesse appena ucciso il gatto e tutta la famiglia in una sola volta. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, aspettandosi una reazione simile a quella di Ron. Dopotutto, erano fratelli.
«No» fece Ginny «Non puoi collaborare con lui, Harry!» esclamò «Ancora Malfoy?» chiese «Non ne hai abbastanza? È tutto l’anno che continui a parlare di lui e dire che secondo te, trama qualcosa… e ora vuoi aiutarlo? Ti ha fatto qualche maledizione?»
«Sto benissimo, Ginny, ne abbiamo parlato anche con Silente».
«Silente è d’accordo con questa follia?» chiese lei, allibita. Harry annuì. «Ma hai presente chi è? Cerca di sabotarci ogni anno!» esclamò ancora una volta. La sua voce si alzava man mano di un’ottava e Harry, dopo aver discusso con Ron, iniziava ad esaurire la pazienza.
«Sì, Ginny, lo so chi è, ma-»
«Non puoi collaborare con lui!» sentenziò lei, senza voler sentire ragioni. Harry alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. La situazione stava diventando ingestibile, sperava che almeno lei potesse essere ragionevole come Hermione, invece no. Anzi, stava solo sbraitando e arrabbiandosi senza dare motivazioni valide e senza permettergli di parlare.
«È una persona orribile, vile! È un codardo e… non pensi a Hermione e a tutto quello che ha subito a causa sua?» chiese, mentre Ron annuiva dando ragione alla sorella «Non pensi a tutte le volte che ha insultato me o Ron?» domandò ancora «E a tutte le volte che ti ha dato il tormento?»
Harry sbuffò, annuendo. Certo che aveva pensato a quelle cose, certo che aveva riflettuto bene, ma… dopo quello che aveva visto nei suoi ricordi, non riusciva più a considerarlo solo come la serpe che aveva conosciuto. Certo, non si fidava completamente di lui, né gli avrebbe affidato la sua vita, ma non poteva tirarsi indietro. «Perché poi dovresti fare una cosa del genere?» chiese in aggiunta la rossa.
«Perché è nei guai e io non potevo lavarmene le mani» disse brevemente, lei assunse un’espressione stranita alla notizia, sembrava che volesse esplodere da un momento all’altro.
«Malfoy non è la mia persona preferita» intervenne Hermione, in soccorso del suo migliore amico «Ma se ha accettato l’aiuto di Harry vuol dire che è davvero nei guai. Non sono completamente d’accordo con questa storia, ma Harry è il mio migliore amico… se ha bisogno del mio supporto, lo avrà tutto» disse lei «Qualcuno dovrà pur guardargli le spalle, se Malfoy si rivelerà una fregatura».
«Grazie».
«Voi siete pazzi, io mi tiro fuori da questa follia!» esclamò Ron, uscendo dalla Sala Comune per raggiungere il dormitorio. Ginny gli rivolse un’occhiata contrariata e scosse la testa, seguendo il fratello. Harry sbuffò, sospirando pesantemente, si sedette sul divano e si prese la testa tra le mani, esasperato. Sapeva che con lui sarebbe finita così, il rosso non era mai stato molto propenso all’apertura mentale, doveva prima elaborare bene ogni cosa, prima di accettare definitivamente una situazione nuova e apparentemente sfavorevole per lui, ma non si aspettava una reazione così da Ginny, sperava che almeno lei fosse dalla sua parte. Harry capiva il motivo per il quale i suoi amici stavano reagendo in quel modo, sapeva che sarebbe stato difficile convincerli ad accettare la collaborazione con Draco. Il fatto era che lui aveva deciso di offrire una possibilità al Serpeverde, perché aveva visto il dolore sul suo viso e lo aveva sentito su di sé, prima di decidere, effettivamente, di aiutarlo. Lui aveva visto con i suoi occhi ciò che Draco aveva vissuto e questo lo aveva spinto a fare ciò che aveva fatto. Hermione sembrava essere stata più ragionevole, ma anche lei nutriva ancora dei dubbi; Harry avrebbe voluto sfatarli tutti nell’immediato, ma sapeva che ci sarebbe voluto tempo. Neanche lui si fidava ancora completamente dell’altro e l’idea di doversi far aiutare con l’Occlumanzia lo terrorizzava. Con Piton era stato terribile e umiliante, probabilmente con Malfoy sarebbe stato peggio, ma non poteva tirarsi indietro, sapeva di aver bisogno di aiuto, sapeva di aver bisogno di qualcuno che lo aiutasse a schermare la mente, perché se non lo avesse fatto, quello che era successo all’Ufficio Misteri l’anno precedente sarebbe ricapitato. Voldemort sarebbe riuscito di nuovo a mandargli una visione falsa e a trarlo in inganno, come quando lo aveva attirato al Ministero, facendogli credere che il suo padrino fosse in pericolo. E Harry non poteva permettere che un’altra cosa del genere potesse accadere, non voleva perdere nessun altro. I suoi amici erano le persone più importanti per lui, erano la famiglia che non aveva mai avuto e non avrebbe mai corso il rischio di perdere qualcun altro, non se aveva il modo per impedirlo e se questo dipendeva dal farsi aiutare da Malfoy, beh… si sarebbe fatto aiutare, anche se Ron era contrario. Non aveva bisogno del suo permesso, gli avrebbe fatto piacere avere il suo supporto, ma non poteva obbligarlo e poi… conosceva il suo migliore amico, appena avrebbe capito che quella fosse l’unica chance che avevano per vincere quella battaglia, si sarebbe unito a lui, come sempre, e l’avrebbe spalleggiato. Doveva solo dargli il tempo di metabolizzare la notizia.
Hermione, invece, si sedette accanto a lui e lo guardò in silenzio, appoggiandogli una mano sulla spalla per confortarlo.
«Passerà ad entrambi, tranquillo» lo rassicurò «Ne sono certa».
«Grazie Hermione» mormorò, appoggiando la testa sulla spalla della sua migliore amica, era rassicurante avere almeno lei al suo fianco.
Non osava immaginare come avrebbero reagito gli altri, quando avrebbe detto loro che quel sabato avrebbe avuto la prima lezione di Occlumanzia.


 

 

To be continued...


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Eccoci con il primo appuntamento ufficiale con il primo capitolo della prima parte di questa storia! Okay, possiamo anche dire "primo episodio della prima stagione" LOL Btw, eccoci! :D
La mente di Silente quando Draco gli dice che Harry gli ha offerto aiuto: MILLEMILA PUNTI A GRIFONDORO! Perché tanto, si sa, i Grifondoro ricevono punti sempre, anche quando Harry cade e si sbuccia il ginocchio.
Scherzi a parte, che ve ne pare? EEEEH?
Silly la sa lunga e dice a Dracuccio di insegnare l’occlumanzia a Harry, così da scoprire i secreeeti secretissimi di Voldy. OBV c’è anche Piton che è un po’ ambiguo – come sempre – ma che è vincolato da un Voto Infrangibile, quindi non può nuocere in nessun modo a Draco, so don’t worry.
Maluccio se la passa il nostro #maicorvonero. OBV che Ron avesse delle riserve, ma non preoccupatevi, gli passerà presto. Hermy invece è sempre pronta a sostenere il nostro amato Harryuccio. E Ginny… Ginny è una rompicoglioni, ovvio. MA, big news, a Harry NON FREGA UN CAZZO DI LEI. Cioè sì, gli importa ma… beh, non così tanto come il nostro #maicorvonero crede. Poor baby. Ma c’è Dracuccio a consolarlo (per modo di dire, sono lontani anni luce dall’essere più di due rivali che devono collaborare) anche se i primi segnali di vicinanza arriveranno presto u.u
Nel libro, Harry salta la partita perché è in punizione quindi nessuno gli dice nulla… qui invece come reagiranno i grifoni alla notizia che il Capitano non giocherà perché deve amoreg- fare le lezioni con Draco?
EEEEEH GUAI.
Cosa succederà durante queste lezioni di Occlumanzia Malfoy-Potter? Eh… diciamo che Draco esplorerà per benino il passato di Harry e… si renderà conto di molte cose sul suo cosiddetto nemico.
Sentite il profumo di infanzia piena di maltrattamenti e incubi adolescenziali annuali? Perfetto. Nei prossimi due capitoli esploreremo il passato traumatico di Harry e Draco si renderà conto di chi sia davvero Harry Potter, non solo il prescelto – sì, maltrattare Harry è il mio secondo passatempo preferito, quindi… sì. (Harry è pronto dietro l’angolo con il Sectumsempra, da qualche parte dovrà pure lanciarlo LOL)
Come disse il saggio Ron una volta: Soffrirai, ma poi sarai felice, vedrai. LOL
BTW, sti due sono ancora bloccati tra l’odio e l’amore (MA TANTO LA LINEA TRA ODIO E AMORE È SOTTILISSIMA) ma Harry è supportive, perché Draco è la sua missione lol e Draco pensa ancora (per poco) che collaborare debba salvargli la vita, niente di più (per ora) presto capirà anche altre cose :D
BTW Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Ringrazio con tutto il cuore le persone che mi hanno dato fiducia e hanno iniziato a seguire la storia, le meravigliose Eevaa e Estel84 che hanno recensito il primo capitolo e tutti quelli che hanno aggiunto la storia alle varie categorie. Spero che la storia possa piacervi.
See you on Saturday!
Love ya all <3
Bye!
 
 
 
Fatto il misfatto

 
   
 
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