Rito di passaggio
Era giunto il momento. Sembrava così strano, eppure era
inevitabile. Alla fine sarebbe stato marchiato per sempre. Fuori diluviava, e
le temperature non avevano fatto altro che calare, in quei giorni. La casa
profumava di biscotti alla cannella e cioccolato: sua sorella aveva dato fondo
alle sue scorte di ricette di Halloween, in fermento per il velo che si assottigliava
sempre più e per l’evento speciale di quell’anno. Evento che coinvolgeva lui
personalmente.
Era a casa già da un paio di giorni – si sentiva debole, aveva
continui capogiri e la magia che gli scorreva nelle vene sembrava averlo
abbandonato – e non riusciva ad abbandonare il letto per più di cinque minuti. Ma
non poteva sottrarsi a quel rito di passaggio obbligato. Toccava a tutti i nati
magici, era un battesimo del fuoco dettato dalla natura stessa.
«Soffrirai, ma ne sarà valsa la pena» gli aveva detto Emi,
quando si era accorta di cosa gli stesse accadendo. Erano passati cinque anni
da quando era toccato a lei, e Taro ricordava quel periodo come in un sogno. Quanto
avrebbe voluto che anche i suoi, di giorni di trasformazione, trascorressero sfocati!
Era mezzanotte passata quando iniziarono le fitte, prima alla
base del collo e poi, pian piano, per tutto il corpo. Era una sensazione orribile,
un enorme crampo sistemico che non voleva lasciarlo andare. Avrebbe voluto
urlare, ma aveva la mascella serrata. Il suo corpo era teso come una corda di
violino: se qualcuno l’avesse toccato si sarebbe spezzato.
Non sapeva per quanto tempo fosse rimasto in quella posizione
innaturale, ma ad un certo punto qualcosa cambiò: la magia stava ritornando,
prepotente e maestosa. La sentì mentre si insinuava nei vasi sanguigni e nei
pori della pelle; poi, un nuovo tipo di dolore lo pervase al braccio sinistro,
accarezzandolo con la delicatezza della lama di un coltello, che iniziò a
disegnare un intrico indecifrabile.
A quell’ennesimo schiaffo Taro non ce la fece e svenne,
abbandonandosi ad un’incoscienza senza sogni.
Quando si svegliò (erano le due di pomeriggio) la pioggia non
aveva smesso di cadere, e sul suo braccio era comparso il marchio nero:
una corona, simile a quella della sorella, ma in qualche modo diversa.
Si sentiva molto meglio, si sentiva… Più potente.
Non era più un bambino.
Angolo dell'autrice:
buonasera! Ecco qua un altro esperimento, direttamente dalla mia
fabbrica di OCs xD Spero che si capisca, ma in caso foste un po'
dubbiosi la chiave di lettura è questa: mi sono immaginata un
mondo in cui i maghi, le streghe e alcuni "umani speciali" abbiano sul
braccio sinistro un marchio di riconoscimento. Ecco, in questa flashfic
ho provato ad immaginarmi il momento in cui il potere si consolida
nell'individuo. Detto questo, è doveroso dire che questo
racconto partecipa al #writober2020 indetto da fanwriter.it con il prompt "marchio".
Se siete arrivati fin qui vi ringrazio e vi do appuntamento alla prossima♥
Frix