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Autore: Ghostro    19/10/2020    3 recensioni
La storia nasce da un tentativo di unire le trame dei vari contest a cui ho partecipato in una sola.
È senza pretese, leggera e c'è azione.
In un mondo futuristico, un ragazzo di nome Ferris vuole semplicemente passare la vigilia di Natale in pace con la sua famiglia. Quella che nasce come una semplice esercitazione straordinaria, imposta dal suo capo prepotente, si trasformerà a caso in un qualcosa di molto diverso.
Genere: Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ancora non lo so'
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Ferris stava tornando a casa dopo un’altra stressante giornata di lavoro. Era la vigilia di Natale. Come sempre in quel periodo dell’anno, le strade Backville si presentavano ricoperte di neve: fiocchi bianchi e candidi fioccavano dal cielo e dalle catene montuose Ashary, a nord della città, ricoprivano le strade di un manto candido e cangiante, puro come l’allegria che sempre contagiava gli abitanti della cittadina durante le festività. Adorava quel periodo dell'anno.
  Di solito la gente si dimostrava civile e conscia delle regole, gli stranieri non causavano mai troppi problemi. Tutto questo passava in secondo piano quando i RedShield si preparavano a disputare la consueta finale della Coppa del Mondo di Hockey. Ogni anno quei campioni si dimostravano in grado di raggiungere le fasi finali della competizione: record di presenze consecutive che perdurava dal lontano duemilacinquecento, di cui gli abitanti erano fieri e orgogliosi al limite dell’esagerazione.
  Si prospettava una notte brava.
  Guidò la sua Shen, l'auto-volante, rasente la strada innevata mentre osservava i bambini che giocavano a palle di neve assieme ai cyborg; altri disegnavano figure di angeli nella neve o creavano pupazzi alti e imponenti. Gli altoparlanti trasmettevano melodiche canzoni e antichi motivetti natalizi risalenti ai giorni dell’Apocalisse. Gli uomini antichi sapevano come creare sottofondi rilassanti, in grado di alleggerire persino i suoi muscoli, rigidi per la tensione di una nottata di ronda ininterrotta. Il cielo nuvoloso concedeva numerosi spiragli ai raggi del sole: colonne luminose nel grigio della volta celeste; i fiocchi di neve al contatto con essi assumevano uno splendore dorato, si trasformavano in gocce di una pioggia aurea che cadeva sugli abitanti della ridente cittadina.
  D'un tratto Layla, l’interfaccia artificiale, si palesò sul vetro dell'auto-volante. Era stata configurata come una giovane fanciulla dai capelli biondi e gli occhi violetti; e in quel momento l’osservavano con gioia. «C'è una chiamata per te.»
  «Chi è?»
  «Mister Jackals.»
  Ferris per poco non sbandò, sentendo pronunciare il nome del suo capo. «E cosa vuole adesso!?»
  «Devi rispondere per scoprirlo» canzonò l'interfaccia.
  Ferris si passò una mano su quel cespuglio biondo che erano i suoi capelli. Sospirò rumorosamente. «Va bene!» sbuffò, sconfitto. «Accetto la chiamata.»
  Il bel volto di Layla si deformò nel faccione duri e ruvido del suo capo. La sua testa calva sembrava quasi sbuffare vapore e quel viso pulito, rasato di fresco, accentuava la portata imponente della sua mascella squadrata.
  Gli occhi castani di Jackals lo scrutarono severi. «Ferris!» vociò tonante, e il ragazzo si fece piccolo piccolo.
  «S-Sì, capo?»
  «Come sarebbe “sì, capo”?! Succede da prima ancora che tu venissi al mondo e devo ancora ricordartelo?!! Ci sarà la partita dei RedShield domani, a mezzodì!» annunciò con enfasi, come se la notizia non fosse già di dominio pubblico da settimane.
  Il biondo si preparò al peggio. – Non farmi questo, ti prego. Non ne posso più… –
  «Ho ricevuto tre biglietti per la tribuna. Sai, robe da VIP… ma so proprio so chi portare…»
  – Ma anche nessuno? Non dovrebbe essere, che ne so, a capo della vigilanza? – «È grandioso, boss» esclamò invece, con una goccia di sudore che scendeva dalla tempia.
  «Grandioso davvero! Ho deciso che due dei miei uomini migliori mi accompagneranno. Ma come decidere? Siete troppi, laggiù in centrale» ghignò il calvo in modo inquietante. «Ho deciso che i fortunati vincitori della mia prova saranno i miei accompagnatori.»
  «Ehm… mi rincresce, b-boss. Ho in programma da mesi di passare le feste con la mia famiglia e...»
  «Guardia! Questo è un ordine! Presentati stasera, alle dieci in punto, davanti al magazzino abbandonato. Tu sai quale. E porta tutto l'equipaggiamento necessario» tuonò Jackals, facendolo arretrare spaventato mentre questi interrompeva la chiamata e borbottava sottovoce.
  – Cosa stai architettando, stavolta, vecchio pazzo? – pensò nervoso. Era bastata una chiamata per rabbuiare la sua giornata in un attimo; il calore promesso dalle feste sembrò abbandonare il suo corpo tutto in un volta, lasciandolo in balia dell’inverno.
 
Giunse alle porte del magazzino abbandonato con largo anticipo. Un posto desolato, situato ai margini della periferia cittadina: un posto desolato e deprimente. Ma il capo aveva parlato e bastava la sua voce farlo tremare; le conseguenze delle sue ire potevano attingere da un ampio campionario di punizioni studiate ad hoc e variavano da orari estenuanti al mobbing; dall’essere l'ultimo dipendente del mese a qualsiasi altra cosa a cui la sua fervida immaginazione l’avesse crudelmente illuminato; e non era il caso di svegliare il Grinch che dorme.
  Erano le nove di sera. La gente si era ormai rintanata nelle proprie case per il cenone prenatalizio. E lui si trovava per strada, al freddo, da solo, in attesa che quel tiranno da giardino tirasse fuori qualche gioco perverso e crudele per tormentare ancora una volta i suoi dipendenti anche nei giorni festivi.
  Si strinse nel cappotto e agitò frenetico le mani nelle tasche del giaccone per generare calore. Osservava intristito la condensa che fuoriusciva dalla sua bocca. Si gelava, l’aria era una lama di ghiaccio e cristallizzava i vetri delle auto. La strada era silenziosa, cupa, la luce intermittente di un lampione rappresentava la sola compagna in quella triste notte. Con un sospiro malinconico si lasciò contagiare dalla malinconia e il pesante fardello del fallimento; poteva trovarsi al caldo, in quel momento, nel salotto con i suoi familiari a intonare vecchie canzoni e giocare alla tombola elettronica mentre sorseggiava del tè fumante, illuminato dai colori caldi e vivaci diffusi dalle fiamme che ardevano nel camino e le luci soffuse dei lampadari.
  Tutta colpa di Jackals. Tutta colpa loro; nessuno aveva mai tentato di ribellarsi alla sua tirannia, erano terrorizzati da quell'uomo solo e logorato dal morboso bisogno di rovinare la vita altrui; e anche quella sera aveva trovato il mondo di accanirsi. Con rammarico realizzò per l’ennesima volta che molte altre sarebbero trascorse sotto il suo giogo, finché non avrebbero trasferito lui, o loro, in un altro distretto.
  Gli occhi bruni del giovane si spostarono verso la finestra di una casa dirimpetta. Una famiglia ridente era seduta attorno al tavolo, i membri stavano conversando e scherzavano attorno a un piatto di minestra fumante. Come se avessero avvertito la sua presenza, una mano trascinò le tende verso il centro, escludendolo dalla loro cena personale.
  Rimasto completamente solo e abbandonato...
 
Il suono delle turbine e alcune luci squarciarono la notte. Una moto volante nera come la notte atterrò a pochi metri da lui e il manto di neve bianca fu lievemente scosso all'atterraggio del veicolo sportivo. Il guidatore posò una gamba a terra e scese agilmente sollevando l’altra. Si tolse il casco e frustò l'aria con una lunga chioma castana e ondulata. Mentre si passava una mano sulla cute per ravvivare i capelli si girò attorno, studiava la zona circostante con placida pacatezza.
  «Oh, Ferris!» esclamò a metà del gesto, un'espressione di dolce sorpresa stampata in viso.
  Le guance del biondo si tinsero di rosso accesso nella timidezza; arretrò goffamente di un passo, solo per farne altri due in avanti per paura che la donna potesse fraintendere. «Tess» riuscì a gracchiare.
  L'espressione bonaria della collega intanto si era illuminata, gli occhi azzurri che brillavano di una luce affabile. «Come stai? Pensavo avessi la serata libera. Non hai fatto già fatto tre nottate, questa settimana?» chiese allegra, mentre riponeva il casco nello scomparto interno della moto.
  «O-Oh…! I-Io b-bene! ...E tu?» esclamò nervosamente.
  Era vicinissima! Il suo profumo di menta si diffondeva nell'aria gelida, inebriandolo e dando sollievo al suo naso raffreddato. La udì sospirare divertita e abbassare la zip del giaccone pesante fino a scoprire il collo. «Infreddolita.» Ferris rimase incantato dal suo sorriso e la voce cristallina; una smorfia ebete gli si formava in viso e il calore perduto sembrò di colpo ritornare.
  Gli piacque anche la sua morbida smorfia di disappunto, mentre continuava: «Sembra che Jackals ne abbia fatta un'altra delle sue. Spero solo di riuscire a tornare a casa per un'ora accettabile.»
  – Oh, io in questo momento mi trovo benissimo qui... –
  «Hai detto qualcosa?» gli chiese, arcuando un sopracciglio.
  Il volto di Ferris divenne rosso come un peperone: non si era accorto di aver pronunciato ad alta voce quelle parole. «C-Chi io? N-No, assolutamente!» Agitò le mani nel ritrattare.
  «Sicuro di stare bene? Non è che hai la febbre?» chiese apprensiva, prima di poggiargli la mano sulla fronte.
  Era bellissima. Aveva perso la testa per lei dal primo giorno in cui le aveva posato gli occhi addosso, ma non si era mai fatto forza, non aveva il coraggio per chiederle di uscire. Ricordava perfettamente quand’era entrata nella caserma per la prima volta, con un sorriso smagliante e un tailleur blu che le fasciava il corpo tonico. Emanava un profumo così buono da attirare lo sguardo di tutti i suoi futuri colleghi su di sé; persino Jackals si era fermato inebetito a fissarla, prima di tornare ad essere il solito prepotente che era sempre stato. Ferris l’aveva sempre guardata da lontano, per paura di essere respinto, schiavo della consapevolezza di non essere all'altezza; e desolato aveva mantenuto le distanze. Una donna tanto stupenda non c’entrava nulla con uno come lui. Non la meritava neanche nei suoi sogni più vivaci.
  Si riscosse all'improvviso, sfuggendo ai propri pensieri. «Vorrei che avessimo un capo normale.»
  Tess sospirò e osservò l'edificio abbandonato. «Facciamoci forza, Fer. Resistiamo un altro po’ e potremo tornare a casa.»
  Il biondo si accese una sigaretta. L'odore di menta continuava a impregnare l'aria piacevolmente, mentre prendeva la prima boccata. «Lo spero.» Una seconda boccata.
 
Parlarono del più e del meno per qualche minuto, fino all'arrivo degli altri colleghi. O per meglio dire: lei aveva raccontato la sua giornata, lui si era limitato ad annuire meccanicamente e rispondere in monosillabi, senza riuscire a biascicare mezza parola.
  Tutti arrivarono all'orario prestabilito, disponendosi in fila con tanto di uniforme davanti alla porta dello stabile. Nello stupore generale, e terrore da parte del ragazzo, Jackals uscì dal magazzino abbandonato e li scrutò con un cipiglio severo.
  – Da quanto accidenti era lì!? –
  L'omino basso e tarchiato si aggirò attorno alle guardie come un avvoltoio a caccia di corpi freschi, le mani intrecciate dietro la schiena. «Signori. Sapete: basta guardare qualche partita di hockey su ghiaccio per capire come la coordinazione occhio-mano e la velocità di reazione siano davvero miracolose» esordì, fermandosi proprio davanti a Ferris. Lo fissò a muso duro. Fintò di dargli uno schiaffo, ma il biondo non accennò alcuna reazion, affidandosi al suo addestramento per restare fermo e impassibile. «Domani, dovreste sapere bene, ci sarà la finale. Dovrete fare attenzione a tutto, ad ogni possibile pericolo. Per questo motivo, stanotte vi sottoporrete a un addestramento speciale!» gridò senza un motivo specifico. «Un percorso: eliminerete i bersagli che appariranno saltuariamente, ma attenti a non colpire quelli fasulli. I migliori riceveranno due biglietti in esubero e potranno godersi assieme a me la tribuna.»
  Iniziò ad avviarsi verso la porta. Solo per girarsi all'improvviso, con fare scenico. «Vi esercirete tutta la notte.» Un loro collega non riuscì a trattenne un verso di sconforto; verso che non sfuggì al calvo. «Cento flessioni... Adesso!»
  Questi deglutì, iniziando immediatamente.
  «Andiamo!»
  – Ed io che credevo che il Grinch non esistesse – borbottò tra sé e sé.
 
Il complesso era stato ristrutturato per l’occasione. Numerosi dedali si aprivano all'interno. Ognuno di loro si era posizionato all'entrata del rispettivo percorso, pronto a scattare al minimo segno. Ferris si assicurò che la fondina della pistola non fosse allentata o inceppata, poi scrutò la via davanti a sé.
  «Andate!!»
  Partì a grande velocità. Si destreggiò in quell'intrico di corridoi e corse, corse, corse ancora. Quando il primo ologramma gli tagliò la strada, lesto fece fuoco in mezzo agli occhi, facendolo sparire in un'esplosione di pixel. Un movimento meccanico: aveva posto un ginocchio a terra, estratto l'arma e sparato senza esitazione alcuna; l’etereo criminale non aveva avuto scampo.
  Continuò a colpire bersagli su bersagli, evitando civili e innocenti, avvicinandosi verso la fine del percorso. Era giunto a destinazione quando vide gli ultimi due ologrammi comparire davanti a sé: uno era un ostaggio, a cui era stato puntato un coltello alla gola. Si tuffò e atterrò prono. Premette il grilletto: il proiettile elettrico annullò la distanza tra sé e il bersaglio, centrando in pieno la testa del bandito alle spalle della vittima. Il biondo si rimise in piedi, completando di gran fretta il percorso.
  Come uscì, sentì il click di un vecchio cronometro e vide Jackals arrestare il tempo. «Due minuti e ventotto secondi. È un record Johnson. Se fossi affidabile nelle tue mansioni almeno la metà di come spari...» C’era scherno nella voce di quell'omino triste e solo; dovette arricciare le labbra nel tentativo di non rispondergli a tono, aveva ancora un po' troppa adrenalina in circolo, ma il timore delle conseguenze lo frenò appena in tempo.
  «Grazie, signore.»
  Il boss lo osservò di sbieco. «Sembra che tu sarai il primo.»
  – Grandioso… –
  Uno dopo l'altro i suoi colleghi completarono la prova, mettendosi in posizione di attesa.
  «Siete così lenti che dovrei mettere dei muli a guardia dello stadio» sbraitò il capo. «Bene, ora che avete completato...»
  «Dove'è Tess?» chiese Ferris.
  Jackals si fermò di colpo, irritato. «Huntley! Dove ti sei cacciata?!!» vociò. Controllò il radar nell'orologio e la sua espressione si fece ancor più confusa. «Ma dov'è andata?» Il biondo sudò freddo a quelle parole. «Beh, farà bene a restare nascosta, dovunque sia. Appena le metto le mani addosso, le farò fare doppi se non tripli turni ed esercitazioni! Preparatevi a una nottata di lavoro, voi che non siete stati i primi due» tuonò irritato.
  Qualcosa non quadrava: Tess era sempre stata diligente nel suo operato e peggio ancora non poteva sparire all'improvviso; una volta si era detratta volontariamente la paga per essere stata atterrata da un prigioniero.
  D'impulso prese a correre verso il dedalo dal quale sarebbe dovuta sbucare minuti prima. «Johnson! Torna subito qui o ti farò rimpiangere di essere nato!»
  Ferris lo ignorò e imboccò il percorso di Tess. Percorse a ritroso ogni angolo, ogni corridoio avvolto da siepi alte e spesse, ma di lei nessuna traccia; un attacco di panico minacciò d'investirlo e faticò per ricacciarlo indietro. «Tess!» gridò. Nessuna risposta. «Tess!» Era scomparsa nel nulla senza lasciare traccia, eppure era certo che avesse iniziato il percorso. – Dove sei, Tess? –
  Cercò in ogni anfratto, ogni improbabile nascondiglio e valutò qualsiasi ipotesi gli venisse in mente, anche quelle impossibili... Non trovò nulla.
  Esasperato si sedette a terra, le gambe semidistese, pronto a tornare indietro e sorbirsi l'ennesima ramanzina di Jackals. Poi, udì un ticchettio. S’irrigidì di colpo, voltandosi di scatto. Era uno strano rumore, di passi che cozzavano contro una superficie metallica; ma le uniche sporgenze di tale lega erano i proiettori olografici che pendevano dal soffitto.
  «Layla!» vociò al suo orologio.
  L'immagine dell'interfaccia fu proiettata sulla sua mano. «Sì, Ferris? Come posso esserti utile?»
  «Questo magazzino ha qualche stanza sotterranea?»
  La figura elaborò in pochi secondi, concludendo con un suono acuto. «Nella pianta dell’edificio non è presente alcuno scompartimento sotterraneo» asserì il software. Il biondo strinse i denti.
  «Ma si dice che, secoli fa, esistevano una serie di tunnel sotterranei chiamati gallerie.»
  «Gallerie?»
  «Sì, le persone nell'antichità erano solite spostarsi con mezzi molto pericolosi, a volte a rischio di esplosione per la presenza di combustibile. Inoltre usavano alcuni mezzi a locomozione che percorrevano la città nel sottosuolo.»
  «Stai parlando dell'Epoca dell'Oro Nero?»
  «Esatto, Ferris! Nel duemila cinquantacinque la razza umana rischiò l’estinzione a causa dell’Ultimo e dei suoi Demoni. I politici, i grandi pensatori, e tutti i potenti che all'epoca avevano parteggiato per loro furono puniti severamente e le loro famiglie esiliate nelle profondità della terra. Dove si dice che i discendenti risiedano ancora... Soprattutto i discendenti dei due Indesiderati.»
  Il ragazzo sudò freddo. «Pensi che qualcuno di loro l'abbia rapita?»
  L'interfaccia si pose un dito sulle labbra con fare pensante. «Dal Grande Esilio e il Trattato di Nuova Parigi sono state molte le sparizioni degli abitanti della superficie, ma mai nessuna è stata registrata qui a Backville.»
  Ferris scrutò ogni angolo possibile. Trovò un buco nel terreno: un ingresso nascosto da un muro di siepi.
  «Johnson!!» sbraitò una voce conosciuta.
  Si volse di scatto e alzò le mani sorpreso. Jackals gli stava puntando contro un pistola. «Stupido ragazzo curioso…»
  Il biondo non fece in tempo a comprendere che qualcosa lo colpì alla nuca, facendolo svenire....
 
Si risvegliò appeso a una catena composta di un materiale che mai aveva visto in vita sua. Ferro: l’aveva studiato durante il suo periodo di formazione.
  Si girò attorno senza fiato, lo sforzo di issarsi e prendere aria lo stava già provando; solo le punte dei piedi toccavano il terreno, forzandolo in una posizione che gli mozzava il respiro, e solo sollevandosi leggermente riusciva a prendere una debole boccata dello scarso ossigeno presente in quello spazio buio.
  «Ferris.» Una voce spaventata lo chiamò e di profilo riuscì a scorgere la figura di Tess, infreddolita e disordinata.
  «Tess... Stai bene?!» Aveva le lacrime agli occhi, il volto pieno di graffi e lividi, e tremava vistosamente per il freddo. «Resisti! Sto...»
  «Tu non puoi fare nulla» s'intromise una voce conosciuta.
  Jackals fece il suo ingresso nella stanza buia e sudicia, illuminata dalla sola luce di alcune candele; furono accese dai tre energumeni che, svelti, si posizionarono alle spalle di Tess, i sorrisi maliziosi e sprezzanti che si posavano sulla veste aderente della sua collega.
  «Che significa?!» domandò furibondo; l'espressione sui loro visi non prometteva nulla di buono.
  «Non l'hai capito, stupido bamboccio?! Sei sottoterra.»
  «E perché...?» sgranò gli occhi.
  «Già… Siete proprio ingenui, voi della superficie. Ottusi, pecore che hanno bisogno della guida di un padrone; è bastato fingersi uno smemorato John Doe per qualche tempo, cambiare nome in Kevin Jackals, per infiltrarmi nella vostra società. Nessuno fa domande sul tuo passato se dimostri di essere insostituibile.»
  «Chi se tu?» pronunciò, scontroso.
  «Donald. K.  Burges. Sono un pezzo grosso dell’Impero Sotterraneo, e nel vostro caso… Il giudice, e il boia.» Rise sprezzante.
  «Il boia? Che cosa vuoi da noi? Dove sono gli altri?»
  L'omino rise di gusto. «All'alba si riprenderanno dall'effetto dei narcotici e si avvieranno verso lo stadio temendo di arrivare in ritardo. Saranno troppo ottusi e confusi per fermarsi a ragionare! I potenti della superficie saranno lì riuniti, quest’anno, per guardare la partita. Credono di essere al sicuro ma non lo sono: moriranno, tutti. E senza leader, sarete instabili, impotenti, goffi, facili prede per dei cacciatori come noi.» Sorrise. «Sei stato bravo a capire che c'era sotto qualcosa. Sai, volevo tenere i migliori dei miei sottoposti accanto a me. Sareste caduti prima ancora che vi accorgeste di cosa stesse accadendo.» Sospirò sconsolato. «Prendetela e vestitela con i nostri migliori abiti: presto sarà la mia sposa. Ho atteso troppi anni per averti, Tess» sorrise malizioso verso di lei, prima di fare un cenno ai suoi uomini.
  «No, lasciala stare!» gridò Ferris, ricevendo un colpo allo sterno che gli svuotò i polmoni.
  «Ferris!» gridò Tess mentre la portavano via.
  «Tess!!»
  «Ferris.» Protese il braccio verso di lui, prima che le cadesse molle sul fianco, stordita da un taser.
  «Tess!!»  Si agitò furibondo, le catene stridettero e i polsi bruciarono in un inferno di dolore si fecero doloranti. Il calcio di un fucile lo colpì in pieno volto.
  «Lasciatelo in vita. È un eccellente tiratore. Se i nostri sicari fallissero, sarà lui a finire il lavoro. Lo farà… Sembra tenere molto a lei» udì ordinare da Jackals, mentre perdeva i sensi.
 
Sentiva delle urla, lamenti in lontananza e grasse risate. Si risvegliò di soprassalto, ancora appeso alle catene, solo. – Tess. – Il ricordo di lei trascinata in catene rianimò la sua furia. Inspirò profondamente.
  Non ci pensò due volte, iniziò poco alla volta a risalire con le mani la catena che pendeva da un tubo sul soffitto, ignorando il dolore a braccia e gambe; il volto divenne nuovamente rosso come un peperone, stavolta per la rabbia e la fatica. Strinse i denti, il respiro rabbioso di una bestia disperata. Giunto in cima avvolse le gambe attorno sull'ultima porzione dell’estrusione in ferro; prese un respiro profondo, poi un altro, e si lasciò cadere nel vuoto. Rotolò su sé stesso più volte, la forza generata dal suo moto e dalla forza di gravità ruppe il tubo, facendolo cadere a terra e sulla schiena. Si abbandonò a un verso di puro dolore.
  L'adrenalina gli conferì la forza di alzarsi e trascinarsi verso la porta. Vicino alla quale udì i passi dei carcerieri attirati dal frastuono; poi lo sferragliare di chiavi e la porta che si apriva con un cigolio stridente.
  Ferris raccolse le catene e partì all'attacco. Mulinò le braccia attorno sopra la testa. Le fermò al momento opportuno per centrare il volto di una guardia con gli anelli di ferro; questa cadde a terra svenuta. Accorciò subito le distanze quando entrò un secondo carceriere, impedendogli di estrarre la pistola; si ingaggiarono corpo a corpo e con le manette ai polsi deviò e incastrò tra gli anelli della catena il coltellino che l’avversario aveva estratto dalla manica della maglia.
  Balzò indietro per evitare l’affondo della lama, poi si msie di profilo e scartò di lato per eludere la carica del secondino, passandogli subito la catena attorno al collo. Lesto frappose il suo avversario tra sé e un terzo; che, pistola alla mano, optò per non rischiare di sparare al suo collega.
  Ferris strinse la catena fino a far svenire il suo prigioniero e senza perdere il contatto visivo con il terzo; di slancio lo cacciò via, calciando il corpo esanime verso il compare. Approfittò della confusione per tuffarsi sotto a un tavolo e ribaltarlo, i colpi di pistola presto trapassarono il legno più e più volte.
  Cercò qualcosa da poter utilizzare, ma non dovette pensare a lungo. Un verso dolorante, il suono di una scossa, lo avvertirono che la terza guardia era svenuta. Attaccato al polso di quest'ultima trovò il suo bracciale.
  «Layla» esclamò contento.
  «Ciao, Ferris. Prova ancora una volta a lasciarmi nelle mani di qualcun altro e ti fulminerò» minacciò severa l'interfaccia.
  «Scusa» rise divertito. «Sei in grado di chiamare aiuto?»
  «Negativo: non c'è segnale qui dentro.»
  «Allora dobbiamo salvare Tess alla vecchia maniera, e uscire da qui.» Ostentò una sicurezza che nemmeno sapeva di avere, ma non era tempo di starci a pensare. La vita di Tess era in pericolo e avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvarla; smise di pensare per evitare che il suo cervello comprendesse realmente ciò che stava facendo.
 
Aveva evitato le guardie e i cittadini che per caso sbucavano fuori da ogni angolo della labirintica struttura sotterranea, e rapido era giunto in quella che doveva sembrare una chiesa.
  Tess era ammanettata e vestiva di un abito bianco. Non avrebbe potuto salvarla irrompendo lì dentro, così aveva studiato un percorso alternativo. L'aveva portato sulle travi sospese del complesso, con fucile da cecchino alla mano; trovato con un colpo di fortuna in un'armeria, mentre cercava di liberarsi delle manette.
  Donald, in ghingheri per l'occasione, si era già posizionato ai piedi di un altare. Non poteva spararlo: Tess sarebbe stata la prima vittima degli uomini di guardia. Trasse un respiro profondo e, non appena la donna iniziò ad essere trascinata verso l'omino, sparò al bersaglio che la tratteneva; il colpo creò il giusto scompiglio, dandole il tempo di gettarsi tra le panche di legno. Ebbe inizio la sparatoria. Come previsto fu Tess il bersaglio dei presenti; che ignoravano testardamente la sua presenza, nonostante stessero cadendo come birilli sotto i suoi colpi precisi ed efficaci.
  «Prendetela!» ordinava Jackals, tuttavia nessuno riusciva a raggiungerla; non prima di essere colpito alla schiena, la testa, al petto, da un proiettile.
  Vide il suo ex capo guardarlo con sdegno, prima di scappare verso la stanza adiacente.
  «Scappa, Tess!» urlò mentre si spostava tra le travi e le copriva la fuga sparando a qualsiasi cosa si muovesse.
  «Dobbiamo andare» intimò Layla ed egli annuì.
  Si avviò di gran fretta verso la terrazza da dove aveva raggiunto in precedenza le travi.
 
Il vecchio allarme risuonava acuto e stridente, la luce arancione lampeggiante gli irritava la vista, eppure Ferris continuò a correre svelto come il vento, il fucile in spalla.
  «A sinistra, a sinistra!!» gridò Layla.
  «Perché?»
  «Ho segnato il percorso in modalità bussola quando ero in stand by.»
  I diecimila dollari più ben spesi della sua vita. «Sei il miglior software del mondo, lo sai questo? Se ci salviamo, ti comprerò tutti gli aggiornamenti che vuoi!»
  «Allora sappi che dovrai accenderti un altro mutuo! Voglio un vestito elegante, e tanti accessori. Voglio farmi bella!»
  Come svoltò l'angolo, però, si ritrovò difronte a una scena raccapricciante: Jackals e i suoi stavano trascinando Tess verso la superficie. «Distruggete tutto: seppellitelo sotto le macerie» ordinò, mentre la Tess di agitava.
  «No! Non potete farlo! Non ucciderlo, ti prego. Farò qualsiasi cosa, sono disposta anche a sposarti. Ma non uccidere Ferris!»
  Per un momento Ferris perse la concentrazione. La guardò stupito: davvero teneva così tanto a lui?
  Donald fece un sorriso storto. «Oh, ma cos'abbiamo qui? Quello screanzato… ti piace! Beh, in tal caso credo… di dover eliminare la concorrenza» lo sussurrò in confidenza, e diede il segnale.
  «No! No! Ferris!»
  In lontananza si avvertì il boato di alcune esplosioni, poi il soffitto iniziò a crollare. «Tess!!» riuscì a gridare, prima che la volta franasse del tutto.
 
«Fer...»
«Ferris.»
«Rispondi.»
«Ferris Johnson! Svegliati!» Una voce lo destò all'improvviso e lentamente le sue palpebre si spalancarono, rischiarate dalla luce del mattino.
  «Ma che...?» riuscì a biascicare.
  «Ce l'hai fatta a riaprire gli occhi!» Layla.
  «Che succede?» sbadigliò.
  «È quasi mezzodì! Jackals ormai sarà allo stadio!»
   – Jackals. –
  Riaprì gli occhi di scatto. I ricordi della notte appena trascorsa che ritornarono prepotentemente a galla e andò nel panico. «Tess... Che ore sono?! Dove siamo?! Come abbiamo fatto a salvarci?!!»
  «Te lo posso spiegare io» intervenne un'altra voce. Sullo schermo della sua auto-volante si palesò il volto di un uomo dagli occhi blu e il capo bruno. «Harris, per servirla. Sono l'interfaccia della padrona Huntley.»
  «Cosa ci fai qui l’assistente di Tess?»
  «La padrona mi ha lasciato nelle profondità e... beh, ho qualche optional in più di Layla. Mi ha permesso di accedere in family house alla vostra vettura per venire a prenderla.»
  «Tutto questo perché sei uno spilorcio» mise il broncio la propria.
  «Perché non hai attivato la moto di Tess?! Avresti potuto salvarla!»
  «La signorina ha chiaramente comandato di salvarvi, anche se questo avesse dovuto significare la sua morte» precisò il software.
  «E per quale motivo?!»
  «Mi spiace, non comprendo le meccaniche umane così a fondo. Solo il sistema di allarme che una famiglia per fortuna ha ricevuto e vi ha tirato fuori dalle macerie. È un uomo fortunato, Ferris. Le probabilità di sopravvivenza erano infinitesimali. «Sfortunatamente alcuni uomini di Jackals mi hanno impedito di denunciare l’accaduto ai civili. L’ho caricata in macchina e mi sono mosso in fretta.»
  «Siete due idioti. Non hai ancora capito che ti ama, tu?!» s'intromise seccata Layla.
  Entrambi restarono a bocca aperta.
  Harris era perplesso. «La logica...»
  «Dimentica la logica.» La sua interfaccia si volse verso di lui. «Vuoi restare qui a commiserarti o vuoi andare a salvarla? Siamo ancora in tempo per salvare il Natale.»
  Ferris non se lo fece ripetere due volte: prese i comandi del veicolo e sfrecciò alla massima velocità verso la stadio.
 
Raggiunse lo stadio in dieci minuti e scese in corsa dalla sua volante con il fucile in spalla. – Aspettami, Tess. –
  Non c'era sorveglianza all'entrata, le guardie doveva già essere state neutralizzate. Doveva fare in fretta e scattò verso l'entrata, nello stadio.
  Una folla in delirio inneggiava i suoi beniamini, un’ola rosso fiammeggiante si disperse sulle curve e sulle tribune, inno alla squadra di casa che già dominava l'incontro. Mentre avanzava a spintoni tra la folla, Ferris assistette distrattamente un'azione della stella dei RedShield: McManaman. Sfrecciò verso due avversari, fece passare il dischetto sotto le loro gambe e sfruttò la propulsione dei pattini per scavalcarli agilmente a mezz’aria, esibendosi in un'acrobazia folle; gli spettatori trattennero il fiato alla vista di tale maestria. Questi continuò indisturbato e scivolò sulle ginocchia per evitare che la mazza di un avversario scorretto lo colpisse al petto, quindi si rialzò e prendendo la mira si esibì in un diagonale imparabile. Il dischetto finì all'angolino.
  Un boato scosse lo stadio e urla festanti sconfinarono in una baraonda incontrollata. «Joseffff McManaman! Il Cecchino segna un altro punto!» esultò lo speaker, accendendo la folla.
  Dovette farsi spazio con la forza, ricevendo occhiatacce e avvertimenti, ma non se ne curò, affrettandosi anzi verso le tribune. Li vide: Donald e altri due energumeni circondavano la povera Tess; probabilmente le tenevano le armi puntate alla schiena.
  Ferris non ci vide più dalla rabbia e si preparò a colpire con il fucile. «Le guardie!» redarguì Layla. Emise il suo disappunto con una smorfia ma fece come diceva. Cercò i quindici colleghi che si stavano aggirando nei dintorni; adocchiò la postazione dello speaker e rapido la raggiunse.
  «Ehi! Ma che stai facendo?» interrogò irritato un uomo dalla capigliatura violetta, mentre Ferris poggiava il fucile sulla scrivania nera.
  «Guardia Cittadina, civile. Continua a commentare, non devono sapere che sono qui.»
  «Qualche problema?» domandò, il biondo non gli diede risposta.
  «Layla, individue tracce di armamento. Dammi le posizioni» ordinò perentorio.
  «Due sotto di te, un altro a ore quattro» esordì.
  «Setta i dardi su stordimento» disse all’interfaccia, collegandola dall’orologio al fucile. Subito cambiò il caricatore interno.
  Vedendo che stava per far fuoco sulle guardie, lo speaker divenne paonazzo. «Non sono tanto sicuro che tu sia una guardia.»
  «Senti: è una giornataccia. O continui a commentare o stordisco anche te!!» L'uomo deglutì e tremante riprese a commentare la partita.
  Tre colpi furono sparati in sequenza, poi altri due e un altro ancora; la folla non si accorse degli uomini svenuti a terra, troppo impegnata a osservare la partita e fare casino. Un altro colpo sfiorò il collega Antony alla base del collo, facendolo fischiare a denti stretti. – Perdonami, Antony: avrai un bel mal di testa. –
  Aveva sotto tiro il prossimo, tuttavia il grilletto andò a vuoto: non c'erano più proiettili. – Accidenti. – Scese di tutta fretta fino al primo sicario stordito e sottrasse l'arma. – È solo un altro percorso, Ferris: immagina che sia l'ennesima prova di Jackals – s'incoraggiò mentalmente.
  Layla individuò un altro a ore cinque. Lo stordì con un colpo alla nuca; altri due stavano spintonando la folla nell'anello sottostante, si lanciò di sotto, atterrando sulla mascotte di passaggio, e li raggiunse mentre ruzzolava sulla scalinata.
  Si parò tra loro all'improvviso. Bloccò la mano della pistola al primo e sparò al secondo; il sicario tentò di liberare la mano dell'arma, ricevette un diretto in pieno volto, poi Ferris lo centrò altre due volte.
  Prese una nuova pistola e si diresse a ore due. «Mancano solo sei» gli rammentò il software. Uno alla volta caddero tutti e fu libero di salvare la sua amata.
 
I due sottoposti caddero improvvisamente, a causa dei proiettili stordenti di Ferris, eppure Donald riuscì a captare il pericolo e strattonare Tess, portandosi dietro di lei. Le puntò la pistola alla tempia.
  «È finita, Jackals» ringhiò il biondo, l'arma puntata verso di lui.
  «Ferris» esclamò Tess con un misto di gioia e tristezza.
  «Avrei dovuto ucciderti quando ne avevo l'occasione» sbraitò il suo ex capo, attirando l'attenzione dei presenti. La folla iniziò a gridare e allontanarsi rapidamente, svuotando quell'area dello stadio.
  «Come al solito voi delle profondità siete sempre pronti a giocarci qualche scherzo» commentò il ragazzo.
  «Come te. Ma non commetterò di nuovo l’errore di tenerti in vita.» Premette con più decisione la canna sulla tempia della sua amata. «Getta l'arma… o lei muore.»
  Una goccia di sudore scese dalla sua tempia, sentiva la tensione salire alle stelle. Guardò furente il terrorista un'ultima volta, poi iniziò lentamente ad abbassare la pistola e calciarla più avanti.
  «No!» provò ad agitarsi, Tess, ma Jackals le diede un colpo alla nuca, facendola franare a terra.
  «Brutto...» L'arma del suo ex capo era puntata contro di lui.
  «Hai rovinato i miei piani, e tra tutti proprio tu: l'inetto, l'incapace, quello che non aveva un briciolo di spina dorsale» sputò con disprezzo.
  «Ti sbagli» replicò Tess, cercando di alzarsi. «Non c'è persona più buona, gentile od onesta di Ferris: lui è il migliore di tutti» affermò sicura, a denti stretti.
  Si commosse all’udire quelle parole dalla donna che amava. Il rimpianto di non essersi mai confessato lo fece cadere in ginocchio senza forze, le lacrime agli occhi; se solo fosse stato più coraggioso...
  «Mi dispiace» le sussurrò.
  I loro occhi s'incrociarono ed espressero ciò che le parole non avevano mai avuto l'ardire di pronunciare; i loro spiriti divennero uno solo, trovandosi un istante prima della morte.
  «Ti amo» le confessò e per la prima volta nella sua vita si sentì pieno di calore e vita, in netto contrasto con la morte, fredda e incombente, che attendeva solo di ghermire entrambi.
  «Anch'io» esclamò lei con un groppo alla gola, gli occhi umidi dal pianto.
  «Ma che bella scenetta! Un peccato che l’amore sia solo una bugia. I miei antenati si amavano, gli Indesiderati. Furono loro a scoprire quel dannato portale che trascinò l’Ultimo e i suoi Demoni sul nostro pianeta.» Calciò il fianco della castana. «Sto per fare un favore a tutti noi e uccidervi» concluse Donald, puntando la pistola verso di lui.
  «Ehi, buffone.» Dopo il vibrare di una voce dal forte accento russo seguì uno schiocco acuto e un secondo dopo un oggetto nero colpì il braccio dell’omino: un dischetto nero.
  Ferris non se lo fece ripetere due volte: si gettò verso la pistola che aveva abbandonato, con una capriola si mise in ginocchio e con una freddezza magistrale colpì prima l'arma del criminale e poi entrambe le gambe. Donald cadde a terra tremando convulso per la scossa del proiettile stordente, ma trovò la forza di guardarlo furente.
  «Sai» esordì Ferris. «Guardando una partita di hockey su ghiaccio si capisce bene come la coordinazione occhio-mano e la velocità siano davvero miracolose» schernì sprezzante, prima di colpirlo al volto con un destro secco. «Tess» disse poi, accorrendo al suo fianco.
  La donna si fiondò tra le sue braccia, iniziando a piangere come una fontana. «Credevo... Credevo di averti perso.»
  Di colpo, tutta l'insicurezza sembrò bussare prepotentemente alla sua porta, facendolo tremare come un bambino. «M-Ma no: non sono così...» Si fermò. Trasse un respiro profondo e per la prima volta nella sua vita si fece coraggio; le carezzò dolcemente la chioma mossa e morbida come seta, alzandole il mento per incontrare i suoi occhi azzurri come il cielo. «Io ti amo. E non c'è nulla che non farei per te. Ti amo dal primo momento in cui ti ho vista, ti amo perché sei sempre dolce e solare, ti amo mille altri motivi che...»
  Le sue labbra incontrarono quelle morbide di lei ed entrambi diedero liberò sfogo a tutta la passione frenata per ben due anni.
  «Anche io ti amo, dall'istante in cui ho potuto ammirarti per quello che sei.»
  «Un timidone?» chiese titubante.
  Lei gli afferrò il volto con le mani. «Un uomo che ha avuto il coraggio di venire a salvarmi, nonostante tutto e tutti.»
  Un boato scosse l'intero stadio nel vedere quella scena così dolce e commovente, cori vennero inneggiati ai due amanti che, una volta lasciatisi con un schiocco, si strinsero l'un l'altra senza vergogna, ognuno cullato dal dolce calore dell'altro; la Serah and Bruce’s cam li inquadrò sul maxi schermo.
  «State bene?» domandò la stessa voce di prima.
  Entrambi si girarono verso la fonte: Josef McManaman.
  «Sì, stanno bene. Dagli un po' di tempo per comprendere che stanno veramente parlando con te» disse Layla, riportandoli alla realtà.
  «G-Grazie, c-ci hai salvato» balbettò Ferris.
  Il giocatore di Hockey si passò una mano sui corti capelli rossi, gli occhi dorati che scrutavano entrambi con divertimento: segno che era un discendente di lei, come Donald. «Avete tirato su un bello spettacolo. Non potevo non perdermelo.» Sorrise affabile, ostentando la sua dentatura perfetta e luminosa. «E poi siete voi ad averci salvato.» Indicò i tre che aveva atterrato nella tribuna. «Dite che ci saranno altri problemi?»
  Ferris si strinse alla sua amata, scuotendo la testa.
  «Molto bene.» Il campione si mosse verso il campo, lasciandoli soli.
  «Grazie» disse Ferris alla sua interfaccia, che non riuscì a trattenere un sorriso orgoglioso.
  «È dovere di un’interfaccia proteggere gli stupidi umani» si vantò.
  «Allora è inutile che ti compri dei nuovi accessori…»
  «Non ti azzardare! Li voglio tutti, hai capito!!»
  I due innamorati risero di gusto, coinvolgendo anche il software. Tornarono a guardarsi negli occhi; Tess non riuscì a non reprimere un sorriso.
  «Che c'è?»
  «Guarda che Natale è venuto fuori...»
  Rise di gusto, in quel momento si sentì sicuro come non lo era mai stato. Le passò una ciocca dietro l'orecchio, osservandola con intensità. «Questo è il più bel Natale che abbia mai vissuto.» Sorrise, prima di tornare a baciarla con tutto l'amore di cui era capace.
  Il fischio di un microfono li fece voltare verso la fonte, così come tutta la folla. «Ehm, scusate l'interruzione. Sono Josef, Josef McManaman» esordì il Cecchino. «Molti di voi non se ne saranno accorti, ma oggi, il giorno di Natale, è stato compiuto un vero atto di coraggio: un uomo ha salvato la sua donna dal male e l'ha fatto per la motivazione più importante che esista nel mondo: l'amore che prova per lei.» Con l'agilità conferitagli dai pattini a propulsione si gettò verso il centro del campo ghiacciato, ruotando un paio di volte attorno al centro. «Da secoli il Natale è un giorno importante, non solo per le vacanze o i regali, ma anche perché a prescindere dal nostro credo la gente ha la possibilità di stringersi ai propri cari, festeggiare secondo le tradizioni e divertirsi, staccare dalla pesante routine quotidiana per godere dell'amore della propria famiglia» precisò davanti all'intero stadio. «Noi dei RedShield siamo sempre stati onorati di portare la gioia nel vostro cuore, di allietare le vostre giornate... e lo faremo ancora una volta, ma prima vi chiedo di guardare su quello schermo.»
  L'immagine delle due guardie cittadine ancora abbracciare apparve nel monitor.
  «Facciamo un applauso a questi due giovani innamorati, perché che lo sappiate o meno hanno salvato il Natale; e se lo vivremo appieno anche quest'anno è solo merito loro. Facciamogli un applauso! Signore e signori. Credo che oggi, il giorno di Natale, il giorno del Sacrificio dell’Uriel, il premio dei Santi Serah e Bruce debba andare a loro!!»
  Un'ovazione generale scaturì da tutti i presenti, facendo sentire Ferris piccolo piccolo. Con le fronti posate l'una contro l'altra, lui e Tess osservarono la partita continuare e la neve scendere dal cielo sopra di loro, come se il tempo e le braccia amorevoli della donna-angelo volessero premiarli con una cascata aurea di fiocchi di neve.
  Tess volse il capo verso di lui, ed egli fece altrettanto.
  «Buon Natale» sussurrò.
  «Buon Natale.» E sotto il sole del mattino e il candido fioccare si scambiarono un dolce bacio: il regalo più bello che entrambi avessero mai ricevuto.
 




Angolo autore:
Beh, direi che questa storia è una continuazione, una preparazione di una long. Apparteneva a un contest che feci tempo fa, non so di chi, ma visto che volevo cimentarmi nell’unire le trame di vari contest alla fine l’ho revisionata un pochino adatta.
Grazie a tutti per aver letto questo racconto senza pretese.
Spettro94
   
 
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