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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    20/10/2020    0 recensioni
Cumulus, che correva a pochi passi da Mephistopheles, colpì con una scarica laser a bassa intensità l’ennesimo serpente delle fogne che strisciava sul soffitto in procinto di attaccarli mentre il suo partner, Aeras, consultava i dati apparsi sullo schermo del proprio visore: “Il sistema ha finito il primo giro di riciclo, sta per passare alle sezioni del secondo blocco!” gridò nel tentativo di sovrastare il frastuono dovuto all’Impianto in funzione attorno a loro, un frastuono di metallo e ingranaggi che si muovevano, pulsanti di vita meccanica, “Secondo l’HooGoo, i Creed hanno buttato Victor in uno dei riciclatori del terzo blocco. Abbiamo ancora una decina di minuti per trovarlo.”
Genere: Azione, Hurt/Comfort, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Originale
Rating: 
Verde
Personaggi/Pairing: 
OMC
Tipologia: One-Shot
Genere:
 Hurt/Comfort
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e avvenimenti, se non specificato diversamente, mi appartengono in quanto mia esclusiva creazione.

Dedicata a Mairasophia.

A BOTTOMLESS PIT

A MES AND VICTOR STORY

 

“Quei figli di un serpente delle fogne!”

“Mephistopheles, calmati.”

“Calmarmi, Ludovich, davvero? Non solo i Creed hanno portato via Victor, lo hanno anche nascosto chissà dove e si sono fatti esplodere pur di non farci trovare indizi, li ha sentiti! E come se non bastasse, prima di abbandonarlo a marcire da qualche parte, gli hanno sparato! Quei bastardi, figli di una puttana cyborg!”

In piedi davanti alla console di comando al centro della stanza, l’uomo chiamato Ludovich, dagli occhi cerchiati da un paio di occhiali dorati, osservava con aria critica gli schermi intorno a loro che brillavano di luce bluastra nella semi-oscurità, il tutto dando le spalle all’agente il quale – a pugni stretti e con l’undersuit praticamente a brandelli – sembrava sul punto di esplodere.

Tuttavia, il ben più pacato e anziano tra i due si limitò semplicemente a osservare gli schermi, pieni di mappe, letture termiche, rapporti, tutto quello che avevano sulla banda di cyborg rottamatori che avevano affrontato solo poche ore prima: “Resta concentrato, Mephistopheles.” lo avvertì lui senza spostare lo sguardo, “Alistair sta guidando Cumulus e Aeras nel controllare tutte le basi dei Creed conosciute e nell’interrogare le altre bande di cyborg, troveremo Victor.”

Mephistopheles sbattè un pugno sulla console di supporto più vicina e fece tremare la tazza di caffè ormai gelido lì posata; questa si rovesciò sul piano di lavoro e fece al contempo sobbalzare l’operatore lì seduto.

Il liquido scuro si infilò tra i tasti del pannello di controllo e, con qualche scintilla, uno degli schermi che Ludovich stava osservando si spense; subito, altri due operatori corsero in aiuto del loro collega con cavi e schede di memoria e, in pochi minuti, ripristinarono lo schermo; questi riprese vita con un ronzio e il segnale disturbato, ma i dati erano leggibili.

“Cazzo, Ludovich, sa benissimo che dovrei essere lì fuori con loro e cercare il mio partner!”

“Mephistopheles, non sei lucido. L’hai dimostrato ora.” lo rimproverò Ludovich, sempre di spalle: “Rischieresti di mettere in pericolo la vita di Victor.”

“Stiamo parlando del mio partner, me l’ha affidato lei! E mi ha ordinato di assicurarmi che non si cacciasse nei guai, mi ha ordinato di fargli da mentore e da guida. Come posso obbedire ai suoi ordini se non mi lascia scendere in strada a cercarlo?!”

Trascorsero alcuni minuti di silenziosa tensione e, mentre Mephistopheles osservava la schiena di Ludovich, quest’ultimo sembrò concentrare lo sguardo su una mappa che segnava varie letture termiche.

All’improvviso, sullo schermo principale che copriva gran parte della parete di fronte a loro, apparve un avviso di chiamata, subito seguito da un penetrante suono di avvertimento.

“Chiamata in entrata, sono Cumulus e Aeras!” annunciò un operatore da un punto imprecisato della stanza.

“Chiamata accettata.”

Sullo schermo, apparve l’immagine distorta dal segnale debole di due uomini, i cui lineamenti non erano ben riconoscibili a causa dei grossi caschi di metallo blu che ne coprivano la testa; una voce metallica passò attraverso il microfono mentre uno dei due uomini, voltatosi di scatto, sparava a qualcosa alle loro spalle: “Cumulus, avanti.”disse Ludovich con voce impostata.

“Capo, forse l’abbiamo trovato!” disse l’agente all’altro capo della linea: “Uno dei Creed stava facendo il doppiogioco, era una spia degli HooGoo e ha levato le tende prima del casino di oggi. L’abbiamo trovato in una tana vicino al Pozzo Senzafondo, l’abbiamo un po’ sbatacchiato e ha confessato che il capoccione dei Creed ha portato il ragazzo in uno dei riciclatori del Pozzo.”

Nella stanza cadde il silenzio.

“Cosa cazzo vuol dire?!” gridò Mephistopheles: “L’hanno buttato in un riciclatore, ferito?”

“Pare di sì, Mes. Evidentemente non volevano che venisse ritrovato vivo dal momento che, tra le bestie e il sistema computerizzato dell’Impianto di Riciclo, non è un gran posto dove finire. Io e Aeras ci stiamo spingendo il più in profondità possibile ma abbiamo bisogno di rinforzi.”

“Tra dieci minuti sarò lì.” dichiarò l’agente e si voltò verso Ludovich, come a volerlo sfidare di impedirglielo, ma si ritrovò a fissarlo negli occhi; con un sospiro, l’uomo si levò gli occhiali, alzò una mano e la rivolse verso la porta: “Portalo a casa. E non preoccuparti di stordire eventuali elementi ostili. Abbattili.”

Uno degli operatori diede a Mephistopheles un’arma carica e gli passò il cappotto color ardesia che aveva visto giorni migliori; i lunghi capelli neri dell’uomo ricaddero sulle spalle avvolte dalla pelle scura dell’indumento mentre la cicatrice biancastra sulla guancia risaltava alla luce del visore che si attivava dopo essere stato installato sopra gli occhi dell’agente.

“Può scommetterci, Ludovich.”

§§§

Cumulus e Aeras faticavano a stare dietro a Mes mentre questi attraversava l’ormai semi-divelto, e ancora fumante, portone che portava ai livelli più bassi dell’Impianto di Riciclo che circondava il Pozzo nel cuore della città.

Fogna, secondo alcuni, e casa, secondo altri, il Pozzo era il luogo di smaltimento di gran parte dei rifiuti prodotti dalla città e dai suoi abitanti, la parte finale dell’immenso Impianto di Riciclo che – con le sue stanze intermedie dette riciclatori – era costantemente in funzione.

Un sistema centrale del tutto automatizzato governava tutto il sistema, decidendo quali riciclatori mettere in funzione e quali tenere a riposo tra i circa 500 presenti, ognuno riempito con vari tipi di spazzatura.

Cumulus, che correva a pochi passi da Mephistopheles, colpì con una scarica laser a bassa intensità l’ennesimo serpente delle fogne che strisciava sul soffitto in procinto di attaccarli mentre il suo partner, Aeras, consultava i dati apparsi sullo schermo del proprio visore: “Il sistema ha finito il primo giro di riciclo, sta per passare alle sezioni del secondo blocco!” gridò nel tentativo di sovrastare il frastuono dovuto all’Impianto in funzione attorno a loro, un frastuono di metallo e ingranaggi che si muovevano, pulsanti di vita meccanica, “Secondo l’HooGoo, i Creed hanno buttato Victor in uno dei riciclatori del terzo blocco. Abbiamo ancora una decina di minuti per trovarlo.”

Mes non rispose ma aumentò la velocità di corsa.

Quando si fermarono davanti al portellone che conduceva al terzo blocco, Cumulus fermò Mes prima che questi facesse saltare per aria anche quello con una delle granate che si era portato dietro: “Possiamo passare dal corridoio di manutenzione.” lo avvertì l’uomo prima di indicare una porta semi-nascosta sulla parete di metallo alla loro sinistra.

Con un grugnito infastidito, l’uomo ripose la granata al proprio posto e seguì il compagno dietro la porta che l’ultimo dei tre aveva aperto con un colpo di laser ben piazzato.

L’odore che li aggredì all’interno era insopportabile, un misto di rifiuti rancidi e carne in putrefazione, al punto da costringerli a indossare i respiratori portatili; mentre Aeras copriva loro le spalle, Mes e Cumulus si facevano strada nello stretto corridoio, con le braccia che sfregavano contro le parete metalliche.

“Rilevi qualcosa?” chiese Cumulus, quasi gridando sopra il rumore sferragliante del metallo che li circondava, sempre più intenso tanto più penetravano in profondità; Mes armeggiò qualche secondo con i rilevatori termici del visore e, per un po’, restò in silenzio, con la testa piena di pensieri e il cuore in gola mentre i sensori facevano il loro dovere, alla ricerca della minima traccia di calore che avrebbero potuto ricondurre a Victor; sotto gli occhi dell’agente, si susseguirono letture di nutrie velenose, serpenti delle fogne, perfino qualche cane inselvatichito finito lì chissà come, poi…

“Là!” gridò Mes, facendo voltare anche Aeras; con mano tremante, indicò un portellone a neppure dieci metri da loro, sovrastato da un faretto verde che baluginava debolmente: “Victor è lì dentro!”

Un attimo dopo, Cumulus aveva sostituito il compagno alla vedetta con il laser in mano mentre Aeras si era precipitato davanti al portellone con un piccolo dispositivo stretto tra le dita: “State indietro!” urlò questi mentre lo appoggiava alla superficie metallica e ne schiacciava l’unico pulsante.

Mes si coprì il volto ma non indietreggiò.

In tre secondi, la piccola esplosione dovuta alla ridotta quantità di plastico sulla serratura divelse quest’ultima e lasciò la porta malridotta; fu a quel punto semplice per Mes spalancarla con un calcio per poi precipitarsi all’interno del piccolo ambiente al di là.

Qui, se possibile, la puzza era ancora più intensa e nauseabonda, al punto che Mes dovette sorreggersi alla parete più vicina per non cadere tramortito – perfino il respiratore aveva difficoltà a filtrarla – ma, quando si fu ripreso, estrasse dalla tasca la torcia da esplorazione e la accese, illuminando le pile di rifiuti che erano ammassate tutto intorno.

Poi, con il cuore in gola e il respiro corto, finalmente lo vide.

Ne vide il cespuglio di capelli neri sporchi e spettinati, il volto pallido e macchiato di sangue, il corpo innaturalmente rannicchiato e la gamba storta in una posizione quasi impossibile…

Mephistopheles non si rese neppure conto di essersi mosso che già era inginocchiato al fianco del proprio partner, a sorreggergli la testa e a tenergli il viso tra le mani: “Ehi, Victor? Mi senti?” mormorò praticamente all’orecchio del più giovane, incurante del fragore di laser e della macchina in funzione.

Victor ebbe un tremito ma non aprì gli occhi.

“Ragazzino, mi senti? Sono io… Victor, apri gli occhi…” continuò Mes, aumentando leggermente la pressione; con una mano, gli accarezzò la fronte e gli ripulì la guancia dal sangue rappreso: “Victor, sono io, Mephistopheles.” ripetè mentre tastava alcune parti del corpo alla ricerca di fratture o danni interni.

Un braccio rotto, la gamba destra spezzata, la caviglia sinistra fratturata e gonfia, forse anche un paio di costole rotte e un buco nella spalla grosso quanto un pugno.

Se non fossero stati praticamente tutti morti, Mes avrebbe volentieri fatto saltare in aria i Creed e al diavolo Ludovich e i suoi ordini!

“Victor… Devo sapere se riesci a sentirmi e se possiamo spostarti. Apri gli occhi, subito!”

Finalmente, Victor emise un gemito e, aggrappandosi al braccio di Mes, tossì per qualche secondo prima di riuscire finalmente ad aprire un occhio, annebbiato ma vivo; il più anziano lo accolse con un leggero sorriso dopodichè si levò il respiratore e glielo fece indossare: “Ragazzino, stai calmo e respira… Sono io, sono venuto a prenderti.”

La mano pesante di Mes accarezzò il petto - coperto dalla undersuit a brandelli - del partner e, complice il ritmico muovere in cerchio del palmo, finalmente Victor sembrò rilassarsi e respirare un po’ più liberamente; doveva averlo riconosciuto, pensò Mes, perché si era quasi totalmente abbandonato a lui.

“MES!” gridò Aeras da fuori: “Tra due minuti il ciclo arriverà in fondo al secondo blocco, sbrigatevi a uscire da lì!”

A quella voce, Victor ebbe un sussulto e rantolò qualcosa di inintelligibile mentre stringeva maggiormente la presa sul braccio del più anziano: “Sta tranquillo, ci sono io…” lo rassicurò quest’ultimo, “Non ti lascio qui, è una promessa.”

Senza mollare il contatto con il più giovane, lui si tolse il cappotto in pelle e ne avvolse il corpo tremante e martoriato prima di prenderlo tra le braccia, troppo debole anche solo per cercare di aprire gli occhi del tutto, figuriamoci per camminare.

“Resisti, ragazzino, ti porto fuori. Se muori, vengo a prenderti a calci nel culo. Continua a respirare e non preoccuparti di niente. Mi hai capito?”

Victor rantolò e strinse maggiormente il braccio di Mes in segno di assenso; con il partner stretto al petto, e i polmoni in fiamme per l’aria insalubre, Mephistopheles si precipitò fuori nello stretto corridoio: “Correte!” gridò lui senza guardarsi indietro mentre il faretto sopra la porta diventava rosso e un forte tremore rischiò di buttarli a terra.

“Non fermatevi!” continuò l’agente intanto che riguadagnava la porta che avevano attraversato poco prima; alle sue spalle, Cumulus e Aeras correvano come se fossero stati indemoniati e, appena un attimo dopo che questi ebbero raggiunto il corridoio principale, udirono un rumore insopportabile, come di tante unghie che graffiavano su una lavagna.

La luce sopra il portellone che li separava dal terzo blocco si accese di rosso.

Il terzo ciclo era iniziato.

Ma loro erano salvi.

Avevano trovato Victor.

Con il fiatone, Cumulus si avvicinò a Mes, in piedi a pochi passi da lui, e gli posò una mano sulla spalla: “Portiamo a casa il marmocchio. Ha bisogno di cure, no?”

L’interessato annuì con espressione instupidita ma non disse nulla, limitandosi a stringere più forte il corpo privo di sensi di Victor.

Stavolta non l’avrebbe lasciato andare.

§§§

Victor non registrò subito il fatto che stesse guardando il soffito dell’Infermeria della Base; con espressione assente, il giovane agente restò a fissare in alto per alcuni minuti mentre i ricordi frammentari delle ultime ore riemergevano dal pantano che era la sua memoria in quel momento.

L’agguato dei Creed…

Il dolore lancinante del laser che gli trapassava la carne della spalla, era sicuro di aver urlato ma no, non aveva pianto, non aveva voluto farsi vedere debole da quei bastardi e dar loro un’occasione per umiliarlo davanti a Mephistopheles…

Mephistopheles!

Quando il ricordo del partner fece capolino nella sua mente, Victor sentì il cuore cominciare a battere all’impazzata mentre un rumore fastidioso e ritmico gli feriva le orecchie, come un fischio lungo e ininterrotto.

Poi, una mano gli si posò sul polso e lui si rese conto di altre cose.

Si accorse di una maschera sul viso che pompava aria nei polmone, si accorse di un qualcosa – forse una flebo? – che gli era stata infilata nel braccio e infine si accorse che quel rumore così fastidioso altri non era che uno dei macchinari di monitoraggio che qualcuno gli aveva attaccato addosso con degli elettrodi sul petto e sul collo, freddi sotto le garze che lo avvolgevano come una mummia di quattro millenni fa.

“Ehi, ragazzino, sei al sicuro.”

La voce bassa e vibrante di Mes gli accarezzò l’udito, ammutolendo per un attimo il rumore dei macchinari in allarme; subito, sentì il battito del cuore rallentare mentre una sensazione di sollievo lo soverchiava come acqua calda.

Pur non avendo ancora il controllo del proprio corpo, Vic si mosse con un rantolo nel tentativo di girare il volto e guardare negli occhi il proprio partner, voleva sincerarsi che fosse vero, che non fosse un sogno provocato dalla sua mente traumatizzata.

Voleva essere certo che fosse davvero lì: era l’unica prova che lo avrebbe convinto del fatto che fosse davvero al sicuro, lontano dalle grinfie dei Creed

Un dolore indescrivibile al petto gli strappò un grido e subito la stessa mano gentile di prima gli si posò all’altezza del cuore prima che il viso coperto di barba grigiastra di Mes apparisse nel campo visivo del più giovane: “Ehi, ragazzino, se ti alzi poi danno la colpa a me.” disse l’uomo con voce burbera mentre gli massaggiava il petto con un tocco leggero, “Ti fa male da qualche parte?” chiese prima di sfiorargli la fronte con la punta delle dita, “Hai la febbre ancora alta.”

Se ne avesse avuto la forza, Victor avrebbe risposto per le rime al vecchio che Ludovich gli aveva affibbiato come partner e mentore, ma il sollievo di averlo accanto e di essere libero era più che sufficiente; il più giovane annuì stanco e chiuse gli occhi per un momento: “A-Acqua…”

Alcune gocce gli umettarono le labbra e una piccola quantità di liquido fresco gli scese lungo la gola – avrebbe pianto per la gioia se avesse potuto -: “Poca e piano, appena torna il dottore te ne faccio dare altra.” disse Mes.

Dopodichè, questi armeggiò con qualcosa poi la sua voce, più bassa di prima ma ugualmente vibrante, gli sussurrò all’orecchio: “Ho aumentato gli antidolorifici, dovresti sentirti meglio in pochi minuti.”

Intanto che la grossa mano dell’agente più anziano scendeva a stringere quella più minuta di Victor, quest’ultimo sentì il dolore scendere fino a sembrare solo un lontano fastidio e ciò gli snebbiò la mente quel tanto che bastava a permettergli di ricordare gli ultimi frammenti di realtà prima del crollo.

Ricordò la puzza di marcio e la sensazione dei topi sul corpo, le ferite che bruciavano per l’infezione che si propagava a causa della spazzatura e dello sporco attorno a lui…

“S-Sei venuto a prendermi nel Pozzo, vecchio?” rantolò lui da dietro la maschera dell’ossigeno.

Mes annuì e gli strinse la mano: “Non potevo lasciarti lì. Ormai il protocollo l’abbiamo infranto talmente tante volte che sarebbe stato inutile.”

Victor non potè fare a meno di ridere, nonostante la fiammata di dolore al petto.

“Se Ludovich non mi caccia a calci nel culo dopo l’insubordinazione che ho dimostrato, posso arrivare alla pensione indenne.” continuò Mes con tono scherzoso.

“H-Hai disobbedito a Ludovich? E-E Alistair non ti ha d-dato un laser difettoso che ti è e-esploso in faccia?”

“Spiritoso. Non sforzarti a parlare mentre hai le costole rotte, se muori poi devo riempire un mucchio di scartoffie.”

“S-Sempre il solito bastardo…”

“E tu sei sempre il solito marmocchio.” ribattè Mes prima di sedersi su una sedia lì accanto: “Ora fammi il favore di dormire, così posso fare anche io un pisolino e non essere costretto a farti da babysitter.” concluse l’uomo mentre si avvolgeva nel cappotto di pelle nera, lo stesso che Victor ricordava vagamente lo avesse avvolto quando il partner lo aveva soccorso.

Con un sorriso appena accennato, il più giovane chiuse gli occhi, consapevole che – finchè Mephistopheles fosse stato al suo fianco – il Pozzo Senza Fondo sarebbe stato solo un brutto ricordo.

   
 
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