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Autore: sunonthesea    21/10/2020    2 recensioni
(dal testo)
Non mi guardavi.
Mi studiavi.
Mi sarebbe piaciuto farmi studiare da te, ma non così.
Però, ci eravamo appena conosciuti. Non potevo chiedere molto.
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo Baggins, Thorin Scudodiquercia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’unica parola che mi è venuta in mente appena ti ho visto entrare dalla porta. Dalla mia porta, chiariamoci.

Entri, dici due parole nella tua lingua criptica dirette agli improvvisi presenti e poi ti siedi. Mangi il mio cibo e continui a guardarmi male.

I tuoi occhi sono ghiacciati come la prima neve nella Contea: inaspettata, certo, ma anche stupenda. I bambini sono sempre incantati dalla prima neve, li vedi uscire di casa entusiasti a giocare per ore.

Ma è anche distruttiva.

Non in molti riescono a sopravvivere all’inverno.

I tuoi occhi erano esattamente come la neve nella Contea: meravigliosi. Distruttivi.

Mi stavi facendo un male cane, e nemmeno lo sapevi. Continuavi a fissarmi, come se io fossi uno strano animale. Mi studiavi.

Non mi guardavi.

Mi studiavi.

Mi sarebbe piaciuto farmi studiare da te, ma non così.

Però, ci eravamo appena conosciuti. Non potevo chiedere molto.

 

Forte.

La prima parola che mi è venuta in mente appena ho sentito la tua voce cantare per la prima volta.

Il viaggio era già iniziato da molto, quasi un mese, e una sera avevi deciso che era il momento di suonare. Ti eri seduto vicino al fuoco, i tuoi nipoti che sapevano esattamente cosa stava per succedere, e da qualche bisaccia hai tirato fuori la tua arpa.

Hai iniziato a sfiorare le corde con le tue dita, intonando una vecchia canzone in una lingua antica come il mondo. Si potevano notare cose di te che non potevano essere colte in altri momenti: il tuo sorriso ricolmo di soddisfazione, le trecce che cadevano sul tuo viso, e la tua voce.

Potente come un tuono e fredda come il vento invernale.

Sembrava l’inizio di un temporale, con i tuoi parenti che continuavano ad applaudire in modo ritmato, e tu che continuavi a cantare.

Non volevo veramente che tu ti fermassi, ma poi l’hai fatto.

Sei arrivato alla conclusione del tuo canto tra i fischi di gioia dei tuoi parenti, abbassando la testa in un inchino mesto.

Io avrei voluto che tu continuassi a cantare, ma non così.

Ma eri ancora distante. Non potevo chiedere molto.

 

Calde.

Le lacrime erano calde la prima volta che le ho sentite sulla mia pelle, sulle mie mani.

Ti eri disteso al mio fianco nella grande stanza di Bard, la finestra che faceva entrare l’aria fredda proveniente dal lago e le tue braccia strette attorno alla mia vita.

Avevi preso quella strana abitudine da un po’ di tempo, da quando ci siamo avventurati nel Bosco, ma io non potevo dirti molto.

Mi piaceva sentire il calore delle tue membra strette alle mie, il tuo cuore battere sotto le mie dita. Quella notte mi hai osservato con i tuoi grandi occhi a lungo, quando tutti si erano già addormentati e noi eravamo gli ultimi svegli. Mi squadravi in silenzio, senza proferire una singola parola.

Quando le lacrime hanno iniziato a scendere rapide, i singhiozzi ad interrompere il tuo silenzio.

Il Dì di Durin si stava avvicinando, e tu non sapevi bene cosa fare. Potevo percepire la tua debolezza sulle mie mani mentre ti stringevi a me. Il tuo capo sul mio petto, i tuoi lamenti silenziosi contro la mia pelle. Le tue parole, le tue promesse intrise di disperazione.

-Ti prego- continuavi a ripetere in sussurri strillati -ti prego, non mi lasciare-.

Io ti accarezzavo la schiena, bisbigliando rincuori per te e per te solo: -non vado da nessuna parte, Thorin- continuavo a ripetere -e non andrò mai via. Stai tranquillo. Dormi. Fallo per me-.

Dopo poco accogliesti il mio invito, addormentandoti tra le mie braccia.

Mi sarebbe piaciuto continuare a parlarti, a dirti che sarebbe andato tutto bene, ma non così.

Ma eri così debole, non potevo chiedere molto.

 

Grandi.

Le tue mani erano così grandi rispetto alle mie.

La neve era fredda attorno a noi, attorno a te. Le tue mani sembravano l’ultimo appiglio prima di cadere in un burrone, l’ultimo modo che avevi per restare con me.

L’odore del sangue era vischioso sotto le mie dita, anch’esso caldo.

Caldo, caldo, caldo.

Ogni cosa era calda, in quel frangente.

Ogni cosa era così fredda, in quell’istante.

Il profumo della neve, il sudore e il sangue che andavano a mischiarsi con il terreno. Le tue parole che arrivavano come ronzii alle mie orecchie, i miei borbottii sconclusionati che dovevano essere in qualche modo dei messaggi per farti restare con me, per prendere tempo.

Ma sapevo che non potevo più fare molto.

La stanchezza ti pervade le ossa. Riesco a sentirlo, non c’è bisogno di vergognarsi.

Ma va bene così. Sei stato bravo. Sei stato bravo. Sei stato bravissimo.

Continuo ad ordinarti di restare con me, non non andare via. Tra non molto arriveranno i soccorsi. Devi solo restare appoggiarti alle mie braccia, devi solo guardarmi negli occhi.

Vorrei dirti tutto quello che non ti ho mai detto.

Voglio dirti tutto. Tutto. Tutto. Tutto.

In questo preciso istante.

Sento le tue dita sul mio corpo, la mia voce nelle tue orecchie e i tuoi occhi inchiodati nei miei.

Ti sento.

Ti sentivo.

E ti pregavo di non lasciarmi. Ti pregavo di stare ancora con me, e ridere con me e piangere con me. Tornare a casa con me e piantare gli alberi con me.

Ti chiedevo questo e i tuoi occhi smettevano di brillare.

Mi stavi lasciando.

Stavi andando via da me. E lo sapevo, perché il mondo sta diventando sempre più freddo.

Volevo dirti tutto. Ogni cosa. Che ti amavo, che volevo solo un futuro per te.

Io ti amo, ti prego non andare via.

Resta ancora un po’. Ancora un po’. Ti prego.

Thorin, guarda. Le aquile. Le aquile sono arrivate.

Mi sarebbe piaciuto continuare a stringerti le mani così vicine al mio petto, ma non così.

Ma ormai eri così lontano, non potevo chiedere molto.

   
 
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