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Autore: Alexa_02    21/10/2020    0 recensioni
Eveline Morgan ha tutto ciò che potrebbe mai desiderare. È intelligente, bellissima, ha una famiglia ricca, una migliore amica stupenda e tutti i ragazzi che vuole. Al ritorno da una festa però, il destino le fa lo sgambetto e tutto ciò che pensava di possedere si dissolve. Al suo risveglio in ospedale, le cose non sono più come le ricordava.
Evie non è più come si ricordava.
È tutto cambiato, in lei c'è qualcosa che non va e la sua famiglia se ne rende subito conto. In casa e nelle loro vite perfette, non c'è più posto per il mostro che è diventata. Eveline viene così spedita al Campbell Accademy, una scuola per persone speciali che possono comprenderla e aiutarla. Sembra l'epilogo di una storia sfortuna ma, come scoprirà presto, la storia è appena cominciata.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Chapter 6
Nonostante abbia tenuto le finestre spalancate tutta la notte, la mia camera puzza ancora di bruciato. Me lo sento anche addosso. Forse è solo colpa del super fiuto, in ogni caso sono stufa marcia di questo odore. Sa di fallimento misto a sconfitta. Afferro dal beauty il profumo che indosso di solito e lo spruzzo in aria. Il tanfo di bruciato si mischia all'odore di vaniglia e la combinazione mi dà la nausea.
Infilo la divisa alla velocità della luce e schizzo verso la mensa. Mi siedo al tavolo prima di tutti e mi godo la mia borraccia di sangue senza che nessuno possa infastidirmi. La giornata sembra cominciare bene.
O forse ho parlato troppo presto.
Mi irrigidisco nell'istante in cui Natalie mi passa alle spalle e si accomoda sulla sedia accanto alla mia. Percepisco il pericolo come se fosse tangibile a mani nude. Non le conviene darmi fastidio mentre mangio, è come stuzzicare una leonessa che sta divorando un bufalo.
Lei accavalla le gambe lunghe un chilometro e sorride come una volpe affamata. «Non so quale sia il tuo scopo nella vita, Evie, ma se punti in alto stai sbagliando tutto» arriccia il naso perfetto «Forse sono stata un po' sgarbata con te all'inizio e sono qui apposta per rimediare».
Giocherello con la cannuccia. «Cosa significa?».
«Ti propongo di fare parte della mia cerchia ristretta di amiche» si liscia una ciocca dorata «Non importa se sei una strega o meno, ho capito che hai la stoffa per essere una di noi».
Non cadrei in questa patetica trappola nemmeno da umana. «Ah, sì? E di che stoffa sarei fatta?».
Ridacchia. «Della mia ovviamente». Si china verso di me con un sorriso felino. «Riconosco del potenziale quando lo vedo e sono sicura che potremmo essere ottime amiche. Cosa ne dici, Evie?».
Essere sua amica renderebbe ogni cosa molto meno complicata. Potrei adattarmi al suo mondo, fingere di essere una di loro e scomparire tra la folla. La preside andrebbe in brodo di giuggiole se diventassi completamente invisibile e poi sarebbe un toccasana per la storia della ricercata. Sarebbe tutto più facile, ma sarebbe migliore? Ne varrebbe la pena? Qualcuno ha deciso chi dovrò essere per il resto della mia esistenza, il come la vivrò è ancora nelle mie mani.
«Grazie dell’offerta, Nat» ribatto «Ma di pessime decisioni ne ho prese parecchie, preferisco evitare di aggiungere questa alla lista».
Il suo sguardo si incendia. La finta cordialità brucia e viene sostituita da una freddezza assassina. Allunga una mano e mi accarezza una ciocca scura. «Ci perdi tu, Eveline».
Una vibrazione bassa e sottile mi risale il corpo. L'immagine di Kim si sovrappone a quella di Natalie. Stessa corporatura, colore degli occhi e stesso modo di inclinare la testa. Il dolore mi colpisce in faccia. Mi stringe lo stomaco. La maniera in cui si pone, in cui si muove e come parla, troppi ricordi amari. È una versione sbiadita di Kimberly e il mio corpo non può reggerlo. Non posso sopportare questo tipo di dolore, non di nuovo.
«Evie? Va tutto bene?». La voce di Leo mi desta.
«Benissimo» sospiro a mezza voce «Natalie se ne stava andando».
«Spero tu abbia scelto bene, Eveline». Mi fa l'occhiolino, si alza e si allontana.
La pelle mi brucia come se fosse percorsa da mille aghi incandescenti. Vorrei strapparmi via di dosso questa sensazione dolorosa ma proprio non ci riesco. Natalie ha fatto riaffiorare i ricordi di Kim che nascondevo nel profondo della mia testa e ora non riesco a gestirli. La sua mancanza è più dolorosa di tutte le ossa rotte del mondo.
«Devo andare» sbuffo alzandomi e correndo fuori dalla mensa. Le voci dei miei amici mi seguono, ma le ignoro e mi precipito verso il bosco. Mi inoltro tra i rami e gli arbusti finché non inciampo e ruzzolo a terra. Il dolore della caduta non è nulla in confronto a quello che provo dentro. Il ricordo della nostra ultima notte insieme mi trafigge il cervello come una freccia di ferro bollente.

«Sei uno splendore» asserisce Kim osservandomi attraverso lo specchio. I suoi incredibili occhi verdi mi squadrano, facendomi arrossire. Il vestito borgogna che indosso mi fa sentire troppo scoperta e in mostra. «Forse dovrei indossare dei semplici jeans» sospiro «Questo è un po' troppo per me. Io sono ordinaria».
Si alza con lentezza e inclinando la testa da un lato. I capelli rosso sangue le scivolano lungo le spalle nude. Mi raggiunge e mi cinge la vita con le braccia. «Sei la donna più bella che abbia mai visto. Ordinaria non è assolutamente il primo aggettivo che ho pensato quando ti ho vista per la prima volta» mormora roca. Il suo corpo mi trasmette elettricità, facendomi tremare le ginocchia. Non credo di aver mai provato un sentimento simile per nessuno. È come se avessi trovato la mia casa, la persona con cui vorrei svegliarmi ogni mattina e con cui vorrei finire ogni giornata. Kim mi fa sentire protetta e bellissima come mai prima d'ora. Occupa il mio cuore come un residente abusivo che non ha nessuna intenzione di levare le tende.
«A cosa pensi?» domanda facendo scorrere le dita sulla stoffa leggera.
Mi giro con lentezza, restando stretta lei. Sospiro e raccolgo coraggio. «Penso proprio di amarti».
Mi fissa con la bocca socchiusa e lo sguardo sorpreso. Dura un secondo, anche se mi sembra un'eternità, poi si china verso le mie labbra e mi bacia. Intensità. Passione. Desiderio. Kim mi fa ardere con un carbone ardente. Mi accarezza le labbra con le sue. Mi sembra di volare. Comincia lentamente, con delicatezza, studiando la mia bocca nei dettagli. Quando intensifica il bacio, i suoi capelli mi solleticano le guance. Mi tira per i fianchi verso il mio letto e finisco distesa sopra di lei. Si allontana e mi accarezza la bocca con il pollice. «Penso proprio di amarti anche io».
Ci perdiamo e ci ritroviamo più volte.
Non ho bisogno di altro quando ho lei.



Singhiozzo stringendomi il petto. Non ho mai provato tanto dolore in vita mia, nemmeno durante la trasformazione, quando morivo per avere una goccia di sangue. Non avevo mai pianto per lei dall'incidente e ora ne pago le conseguenze. Il vaso si è rovesciato e il dolore mi trapassa come un fiume in piena. Le lacrime che mi solcano le guance sono ustionanti in confronto al freddo della mia pelle. Vorrei che qualcuno mi schiaffeggiasse, così potrei ritrovare in controllo di me stessa.
Quando non resisto più, colpisco la rocca più grossa che trovo con il pugno chiuso e aspetto che il dolore fisico sovrasti quello mentale. Il piano funziona. La roccia va in mille pezzi così come le ossa della mia mano. Mi asciugo il viso con la manica della camicia e zoppico fino alla struttura scolastica. Nella corsa spasmodica verso il bosco devo essermi storta la caviglia e ora ogni passo è una tortura. I due dolori insieme coprono del tutto i miei sentimenti e non ne potrei essere più felice.
Raggiungo l'aula come una reduce di guerra e mi siedo curva al banco, ignorando tutti e tutto. Spingo il piede contro le mattonelle e mi godo l'abbraccio caloroso del dolore. Trattengo il fiato, ascolto il ronzio sordo che mi rimbomba nelle orecchie e supero l'ora.
Durante chimica della magia, Nate prova a parlarmi ma lo ignoro. Resto in silenzio chiusa tra i muri e le sensazioni infauste dei miei migliori ricordi.   
Dopo spagnolo zoppico fino all'aula in cui faccio lezione con Kester e mi ci barrico dentro. Mi stravacco sul banco con un gemito sonoro e sospiro.
«Cos'ha combinato?» brontola lanciandomi un'occhiataccia e facendo il suo ingresso dall'ombra.
Tiro l'indice finché non si rimette in asse con uno schiocco. «Sono scivolata mentre facevo una corsetta» alzo le spalle «Nulla di preoccupante».
Lui aggrotta i cespugli bianchi che gli adornano gli occhi e fa un passo verso di me. «Mi faccia vedere».
Mi ritraggo. «No».
Si arruffa contrariato. «Mi dia una spiegazione vera, signorina Morgan, solo così posso aiutarla».
«Ha mai amato qualcuno?» domando di getto.
Mi osserva sorpreso e poi si lascia trasportare debolmente da un sorriso. «Ovviamente».
Mi sporgo in avanti. «Intendo l'amore che ti fa perdere la testa e che ti marchia a fuoco con il suo segno. L'amore che ti impedisce di respirare ma tu non ne hai bisogno perché hai tutto ciò che ti serve in...quella persona».
Sbuffa dal naso. «Sì, signorina Morgan, so di cosa parla. Lo so bene».
Il dolore mi attanaglia di nuovo il petto. «Ha mai perso quell'amore per colpa di qualcun altro?».
Si siede sul bordo della cattedra. «Mia moglie. Marianne» sospira con angoscia «È morta prima della Guerra Fredda, una malattia incurabile l'ha strappata a me e a questo mondo infausto».
«Mi dispiace» sospiro.
Stringe il bastone con forza sbiancando le nocche. «E lei? Ha mai perso qualcuno?» domanda con rammarico.
Non voglio parlargli di Kim, non credo che capirebbe la nostra relazione, perciò vado sul vago. «Un incidente d'auto» mugugno «Ho perso l'amore, la felicità e il mio essere umana».
Si acciglia. «Si è trasformata dopo l'incidente?».
Annuisco. «Mi sono svegliata in ospedale ed ero viva ma non del tutto».
Si irrigidisce e mi guarda torvo. «Ha mai conosciuto un vampiro?».
Cosa c'entra ora? «No, ovvio che no. Non sapevo nemmeno che esistessero».
«Ha idea di come si diventi un vampiro?» chiede.
Sbuffo. «Ovviamente non basta un morso o l'infermiera dell'ospedale sarebbe già nella mia stessa situazione».
Annuisce agitando il cappello. «I morsi non servono, ma sono utili a formare dei succubi».
«Dei cosa?» domando confusa.
Sospira della mia ignoranza e si prepara a colmare le mie lacune. «Partiamo dalle basi. Per diventare vampiro ci sono due modi diversi. Il primo, in cui devi diventare succube di un vampiro e prendere una vita umana come tributo». Spalanco la bocca schifata e lui continua. «Si diventa succubi facendo da sacche umane per un vampiro abbastanza forte da potersi fermare quando si nutre. Se non si ferma sei morto. Il morso da dipendenza e rilascia nella vittima enormi quantità di endorfina. In poche parole, è una droga».
«E come è possibile?».
«Queste proprietà sono contenute nella saliva che si forma quando è affamata» mi osserva «Lo ha mai notato?».
Annuisco a disagio. «Quando ho fame sbavo, me ne sono accorta».
«Quella bava è in grado di soggiogare anche il più forte e temprato degli uomini» afferma risoluto.
«Solo con un morso? Uno solo causa così tanta dipendenza?».
«Esattamente. Ma non solo un morso, le basta contaminare l'altra persona con la saliva in modo che entri nell'organismo» spiega.
Oddio. Oddio no. «Intende anche, per esempio, con un...».
«... un bacio? Ovviamente».
Mi stropiccio la faccia con le mani. Ecco perché Logan era sempre più appiccicoso ed euforico. Qualcuno avrebbe dovuto dirmelo prima.
«Ha dato luce ad alcuni dubbi?» chiede arricciando i baffi divertito.
Non può essere vero. «Vuol dire che non avrò mai una relazione normale? Chiunque baci sarà soggiogato dal mostro?».
Sbuffa. «Le ho già detto di non riferirsi all'altra parte di sé stessa in quel modo. Comunque, no. Col tempo imparerà a controllare quando secernere certi fluidi». Sembra la lezione sulle api e sui fiori. «Per ora è molto giovane e le risulterà molto difficile controllarsi, soprattutto se la persona con cui sta le piace alquanto».
Ottimo, sono ufficialmente schifata e imbarazzata. «Bene» mugugno fissando il pavimento. «Quindi come si diventa vampiri oltre alla necessità di un anima, che oltretutto non ho capito».
«Dopo che si è diventati succubi, alla maturazione dell'eletto il vampiro maestro gli ordina di uccidere qualcuno e di berne il sangue. Successivamente, l'eletto muore e risorge come vampiro neonato».
Sono sempre più confusa. «Eletto? Vampiro maestro?».
«L'eletto è il futuro vampiro scelto da il vampiro maestro, cioè chi gli ordina di uccidere e che gli beve il sangue».
«Sembra orribile» commento.
«Il processo che le ho appena spiegato è barbarico e veniva usato solo dai vampiri che non seguivano le regole».
«Il secondo processo?» chiedo.
«È quello che avviene secondo la legge ed è anche il più lungo. Il maestro e l'eletto devono stringere un legame profondo e invalicabile, devono diventare parte l'uno dell'altro. Quando la sintonia e l'unione sono completate, l'eletto comincia a nutrirsi solo del sangue del maestro. Il legame che si forma tra i due è più resistente di qualsiasi incantesimo. Una volta che l'eletto ha raggiunto l'età prestabilita deve morire, così che possa rinascere».
«Deve morire?» domando cauta. Ho una strana sensazione che mi ribolle nello stomaco. Un sentimento di dejà vu che non riesco a scacciare.
«Proprio così. Dopo la morte, il sangue del maestro che gli circola nel corpo lo fa risorgere come vampiro» mi osserva accigliato «Dopo la rinascita, il neonato deve nutrirsi, essere guidato dal suo maestro attraverso il cambiamento e deve imparare tutto ciò che gli servirà per sopravvivere».
«Secondo lei quale processo ho subito?» chiedo cauta.
«Il secondo, senza dubbio. Il primo processo porta ad un vampiro instabile e pericoloso, un mostro senza anima».
«Non vedo molta differenza con me» mormoro.
Si avvicina di colpo, invadendo il mio spazio. «La smetta! Non capisco come non faccia rendersene conto, ma lei è la neonata più equilibrata e umana che abbia mai conosciuto» mi lancia una lunga occhiata «Qual è il nome della prima persona che ha ucciso dopo la trasformazione?».
È impazzito? «Io non ho ucciso nessuno».
Mi guarda stralunato. «Come?».
Scuoto la testa. «Non ho ucciso nessuno. Ho aggredito l'infermiera e mia sorella, ma sono entrambe vive e vegete».
Mi fissa a lungo e in silenzio, poi apre la bocca con un tono grave. «Voglio vedere i suoi occhi».
«La sto guardando» brontolo.
Sbuffa. «Quegli altri. Quelli veri».
Sospiro infastidita ma chiudo le palpebre. Mi concentro sull'altra personalità, sull'altra ragazza che abita nella mia testa. Apro lentamente gli occhi e lo osservo. Agli occhi del mostro, Kester è identico a quello che vedo normalmente.
Inspira tra i denti. «Non è possibile...».
Torno normale. «Ho fatto qualcosa di male?».
Mi afferra il viso con le dita affilate. «I suoi occhi sono completamente neri, non bianchi».
Cerco di ritrarmi. «Perché dovrebbero essere bianchi?». 
Mi lascia andare, si volta e rufola nella scrivania. Afferra un libro enorme e me lo sbatte su banco. Fa girare le pagine con uno sfarfallare di dita, fino al punto che desidera. «Guardi». Punta l'indice su una figura cupa e ricurva. L'uomo ha le zanne sguainate, il sangue che gli cola lungo il collo e i bulbi oculari completamente opachi.
Mi sporgo verso la figura. «Questo è un vampiro».
Fa schioccare la lingua. «Ovviamente».
«Perché i miei occhi non sono così?» domando preoccupata. Non che voglia cambiarli, sono già inquietanti così.
Si gratta il mento assorto. «Non ne sono sicuro...farò delle ricerche a riguardo e le spiegherò quello che ho scoperto». Richiude il tomo e lo allontana. «Fino ad allora non faccia vedere la sua vera forma a nessuno, per nessuna ragione».
Ora ho molti buoni motivi per non farlo. «Non succederà, promesso».
«Bene» tuba. Batte le mani due volte e un boccale di sangue mi compare davanti. «Lo beva, così guarirà e potremo iniziare ad esercitarci sui suoi poteri».
Arriccio il naso contrariata. «Potremmo saltarle. Solo per oggi» mormoro allontanando il bicchiere.
Mi fissa stralunato così a lungo che penso di averlo rotto. Prima che possa festeggiare e darmela a gambe, lui si ridesta. «Rifiuta del sangue? Sangue gratis e fuori pasto? L'equivalente di una torta al cioccolato per un goloso?». Scatta veloce e mi afferra la mano fratturata. Guaisco come un cucciolo ferito e, allo stesso tempo, mi godo il dolore. «Non è caduta. Si è fatta male di proposito».
«Sono caduta davvero» pigolo. Non è una bugia, nel bosco sono ruzzolata.
Stringe più forte stuzzicando il mostro. «Mi dica il perché. Subito» esige.
«Il dolore fisico cancella i pensieri» sospiro e lui mi lascia andare.
«La consideravo forte e determinata» mormora deluso «Invece sta reagendo alle sofferenze che il mondo le causa come una codarda».
«Non sono una codarda!» rombo alzandomi in piedi.
Mi punta il bastone contro «Lo è invece! Accolga i sentimenti, signorina Morgan, se no non sopravviverà mai».
«Fa male» ribatto a denti stretti.
«E lo farà per l’eternità. Pensa davvero che rompersi qualche osso funzionerà per sempre?».
Mi sento stupida e indifesa. Due sensazioni che detesto. «Non so come fare altrimenti».
Si china verso di me e mi guarda negli occhi con apprensione. «Ha la perennità dinanzi a sé, si innamorerà altre mille volte e dovrà sopportare questa sensazione tutte le volte. Sa cosa farà?».
«No» pigolo stringendomi le braccia intorno al corpo.
«Userà il dolore come carburante e diventerà la vampira più forte e tenace che abbia mai camminato su questa terra. Sarà sempre tre gradini sopra gli altri, perché nel profondo capisce davvero cosa significa soffrire» asserisce serio.
Le sue parole mi spronano, mi fanno sentire meno spaventata e sola. Mi danno la speranza che tutto questo sia successo per una ragione e che io la troverò. «Va bene».
Sorride a bocca chiusa. «Ottimo». Spinge il boccale verso di me. «Ora beva e cominciamo».
Afferro il manico di vetro e trangugio il sangue tutto d'un fiato. Bastano pochi minuti e mi sento già meglio. Riesco a muovere di nuovo le dita della mano e quando appoggio il piede a terra per alzarmi non sento dolore. Senza la sofferenza fisica i sentimenti angoscianti mi offuscano la mente e mi stringono le budella. Però ora ho una luce che illumina l'oscurità e le parole di Kester mi risuonano in testa come un mantra. Sarò forte. Starò bene
«Sono pronta» annuncio.
«Oggi continueremo ad imparare a bloccare un incantesimo» batte le mani e il mobilio scopare «Iniziamo».
 
 
«Lo deve bloccare!» brontola Kester dopo la ventesima volta che sbatto contro il muro «Non andrà da nessuna parte se continua così!».
L'uomo comprensivo e stimolante di qualche mezz’ora fa si è dileguato e ha lasciato spazio al pazzo invasato che mi urla rimproveri.
«Si concentri, signorina Morgan» tuona «Tiri fuori la rabbia! Dov'è il dolore di cui parlava prima?». Alza la mano nodosa e un'onda di energia scura mi investe. Volo indietro e sbatto il fianco contro uno spigolo. Sento un paio di costole che si spezzano, mozzandomi il respiro. Gemo di dolore, stringendo i denti. Mi puntello sui gomiti e cerco di alzarmi. Il dolore è lancinante, come una spada che mi trapassa il costato.
«Si alzi!» strepita «La vita la colpirà più duramente di così».
Barcollo, quasi in piedi, e lui mi colpisce con un'altra onda di energia. Volo contro il muro sbattendo la testa contro il legno. Mi mordo la lingua e il sapore metallico e acido del mio sangue mi invade la bocca. È completamente diverso dal sapore di quello che bevo normalmente, sembra marcio e stantio. Il retrogusto è terribile e mi scatena dolorosi flashback dell'incidente. «Basta!» grido con impeto. Un getto di forza dal colore scarlatto si alza dal mio corpo e investe l'insegnante in pieno petto. Kester viene sbalzato in dietro e atterra con il culo sul pavimento, dall'altro lato della stanza. Sembra confuso e disorientato, come se lo avessi colto di sorpresa. «Impressionante...» sospira compiaciuto «È davvero impressionante!». Batte le mani estasiato. «Ottimo passo avanti». Non sembra turbato dal fatto che l'ho appena buttato a terra. 
Mi asciugo il sangue che mi cola dalla bocca con la manica della camicia. «Possiamo fare una pausa, ora?» mugugno cercando di alzarmi. Guaisco ma riesco a tirarmi in piedi. Lo raggiungo ondeggiando e mi lascio cadere al suo fianco. «Sta bene? Le ho fatto male?».
Sorride leggermente. «Sto benissimo». Cerca il mio sguardo con il suo. «È stata molto brava, se ne rende conto?».
Alzo le spalle. «Non ho idea di cosa ho fatto».
«Quella si chiama Viribus» spiega «È la sua energia vitale. Con un po' di esercizio imparerà ad utilizzarla per difendersi dalla magia e per bloccare le letture della mente».
Sospiro. «Forte».
Batte le mani e una brocca di sangue mi appare davanti. «Per oggi basta così, si rifocilli e vada dai suoi amici». Si puntella con il bastone e cerca di rimettersi in piedi. Scricchiola come una porta vecchia, ma riesce comunque ad alzarsi. «Domani andremo avanti con l'allenamento».


Salto il pranzo, restando nascosta tra la boscaglia rigogliosa che circonda l'accademia. Mi sdraio sull'erba soffice e osservo il cielo grigio attraverso le fronde degli alberi. Sento ogni rumore e ogni odore. Percepisco la corsa rapida degli scoiattoli tra le foglie, lo svolazzare degli uccelli e lo scrosciare le ruscello. L'odore delle primule che ondeggiano al vento, la linfa che cola lungo le cortecce e l'odore umido dei sassi baciati dall'acqua. Non riesco a capirne la ragione ma ogni sensazione mi scatena una serie di ricordi dolorosi legati a Kim. Qualsiasi cosa me la ricorda. È come se la scatola in cui avevo nascosto la sua esistenza si fosse rovesciata e tutto fosse ormai sparso sul pavimento, in piena vista. 
Resto immobile così a lungo che un paio di uccellini mi utilizzano come trespolo, per prendere fiato da un lungo volo. Mi ridesto solo quando il suono di dei passi in lontananza mi fa spalancare gli occhi. Tre paia gambe diverse frusciano tra le foglie secche e i rametti. Riconosco il loro odore e richiudo gli occhi.
«Ve l'ho detto che l'avrei trovata» gongola Nate avvicinandosi.
Leo sbuffa. «L'hai trovata solo perché ha lasciato che lo facessi».
Nate schiocca la lingua «Non credo proprio».
Leo sospira e si avvicina calpestando il muschio su cui sono sdraiata. «Evie...» esalata chinandosi verso di me «Cosa succede?».
«Nulla» brontolo «Andate via».
Dei passi risuonano alle mie spalle e il rumore di una mano che cozza contro il petto di qualcuno rimbomba nel bosco silenzioso. «Vuole restare sola» si giustifica Nate «Se non vuole compagnia dobbiamo rispettare il suo volere».
Leo scuote la testa «Non andiamo via finché non siamo sicuri che sta bene».
«Sto bene» dichiaro con poca convinzione. Anche alle mie orecchie sembra una bugia.
«Evie» la vocina debole di Dhatri mi scivola contro, mentre si china al mio fianco. «Cos'è successo?».
«Nulla» sospiro.
Lei mi sfiora la mano con le dita «Sei strana».
«Sono sempre così» mi giustifico.
«Non è vero». Nate stringe i denti, come se si sforzasse. «Hai anche un odore diverso».
Infilo le unghie nel muschio umido. «Grazie tante».
«Che odore ha?» domanda Dhatri.
«Vi dispiace smetterla?» sbotto in imbarazzo. Il mio odore corporeo non li riguarda.
«Non è come al solito» asserisce Nate «Sa di garofani e fiori morti».
Dhatri sobbalza e si tappa la bocca con la mano. «Ve ne andate adesso?» strepito tirandomi seduta.
Lei mi artiglia il braccio. «Qualche strega ti ha toccata?».
«No». Cerco di liberarmi ma lei stringe più forte. «Non penso. Ho evitato tutti oggi».
Leo si avvicina «Stamattina hai parlato con Natalie. È da allora che sei strana».
«Sono strana da molto prima, credimi» brontolo.
Dhatri mi tira nel suo campo visivo. «Natalie ti ha toccata?».
«No» Scuoto la testa. «Perché è così importante?».
«Hai addosso un incantesimo. Garofani e fiori morti significa che è qualcosa di potente e di molto pericoloso» mi fissa con terrore «Concentrati, Evie. Ti hai mai toccata stamattina?».
Ripenso alla colazione. Al momento in cui mi ha messa alle strette al tavolo. Alla sua stupida proposta finta. E al secondo in cui si è sporta per toccarmi i capelli.
«Mi ha sfiorato una ciocca...» sospiro.
Dhatri sgrana gli occhi. «Oddio. Dobbiamo togliertelo, qualsiasi cosa sia».
Riesco a sfilare il braccio dalle sue mani terrorizzate. «Dovete calmarvi, io mi sento bene».
«No che non stai bene» tuona Dhatri alzando una folata di vento gelido «Quella strega ti ha incantata e non sappiamo che cosa sia, quindi ora ti alzi e ti fai aiutare!».
La sua determinazione mi coglie di sorpresa e mi fa ubbidire come un cagnolino. «Va bene, mi alzo». Appoggio le mani sui fianchi e aspetto. «Toglimelo».
Lo sguardo spavaldo di Tree si offusca e la ragazza timida esce dall'armadio. «I-io n-non posso».
Non ci credo. «Mi hai urlato di alzarmi e non puoi aiutarmi?».
Arrossisce come un peperone maturo. «L'i-incantesimo è troppo potente, rischierei di fare solo danni» sospira «Dobbiamo portarti da una strega più forte».
«Non andremo dalla preside» metto in chiaro.
Leo e Dhatri sbuffano in contemporanea. «È la strega più potente, non abbiamo scelta».
Agito la testa con convinzione. «Vorrà sapere chi è stato e non ho intenzione di creare altri drammi» mi avvio verso la scuola indicandogli di seguirmi «Andremo da un'altra persona, fidatevi».
 
Kester ci scruta con astio e con il naso aquilino completamente arricciato. Tiene una mano ferma sullo stipite e con l'altra stringe la porta del suo studio. «Non ho ben chiaro perché siete qui».
Sbuffo. «Natalie mi ha incantata con qualche tipo di sortilegio e abbiamo bisogno del suo aiuto per toglierlo».
Stringe il legno. «Questo l'ho capito, vorrei sapere perché siete qui e non dalla preside».
«La preside farebbe un sacco di domande e vorrebbe sapere il nome del colpevole» spiego.
Scrolla le spalle e lascia andare la porta. «E perché io non dovrei fare domande?».
Nate, Leo e Dhatri varcano la soglia ed entrano nella stanza. Avanzo attraverso l'arco della porta e una forza magnetica mi trattiene in corridoio. Il mio corpo sbatte contro un muro invisibile e si paralizza. Kester inclina un sopracciglio «Qualche problema?» domanda con sarcasmo.
Stupida legge vampiresca. «Mi può invitare ad entrare?» mormoro tra i denti.
Sogghigna. «Entri pure, signorina Morgan».
La forza invisibile smette di spingermi e finalmente entro nello studio. Kester mi fa sdraiare su un tavolo di pietra pieno di incisioni e candele. «Come fate ad essere sicuri che sia un incantesimo?».
«Nate ha detto che odora di garofani e fiori morti» spiega Leo.
Kester si acciglia «Non è un buon pronostico».
Alzo la testa. «Perché?».
Lui mi spinge di nuovo contro la pietra. «Quell'odore in particolare indica incantesimi potenti e relativi alla memoria» sospira «Ho bisogno che mi dica tutto quello che ha sentito oggi. Tutte le emozioni che l'hanno invasa diverse dal solito».
Fisso il muro muffoso. «Ho avuto dei flashback di una persona che ho perso».
Mi osserva concentrato. «Erano ricordi dolorosi? Parlo di sofferenza allo stato puro, non di qualche rimorso».
«È stato più doloroso della prima trasformazione» ribatto a denti stretti.
Kester rimane immobile a lungo, poi alza le mani accendendo le candele intorno sul tavolo e spegnendo quelle della stanza. «Ho capito di cosa si tratta e sarà doloroso».
Annuisco «Va bene».
Cerca il mio sguardo. «No, signorina Morgan, sarà più doloroso di quello che ha sentito oggi».
«Posso gestirlo» affermo «Lo faccia».
Schiocca le dita e un tomo di pelle nera gli compare in mano. «Cercate di tenerla ferma, soprattutto lei, signor Rover».
Dhatri e Leo mi afferrano le gambe e Nate mi appoggia un braccio all'altezza delle clavicole. «Ottimo» mormora Kester «Cominciamo». Chiude gli occhi e si concentra, con il tomo aperto in una mano e l'altra che si agita in aria con eleganza. Borbotta frasi incomprensibili e l'aria nella stanza comincia a condensarsi. Percepisco l'energia che scivola contro le pareti e confluisce verso di lui. Quando la sua mano si avvicina al mio corpo disteso, mi irrigidisco di colpo. Il dolore mi risale lungo le ossa delle gambe e si propaga verso l'alto. È strisciante, pesante e sordo. Mi stringe le budella in una morsa lancinante, facendomi divampare in un urlo sovrumano. Infilzo le unghie nella pietra e cerco di non dibattermi quando le mani dei miei amici mi spingono giù. Il dolore mi attraversa le costole come una serie di pugnali incandescenti. Urlo con più forza scalciando Leo e Dhatri il più lontano possibile. I canini mi si infilzano nel labbro mentre lo stringo con forza.
Il dolore risale lungo il collo e si espande nella testa come una bomba nucleare. La vista mi si appanna e i suoni mi arrivano ovattati. L'unico oggetto solido che riesco a percepire è il braccio muscoloso di Nathan che mi tiene saldamente contro il tavolo. Mi concentro su di lui. Sulla sua pelle premuta contro la mia, sul suo calore e sul suo odore finché il dolore non comincia a sciamare. Quando è finalmente scomparso, sono esausta e senza fiato. Il braccio caldo di Nate si allontana lasciandomi infreddolita. Kester entra nel mio campo visivo e mi appoggia una mano sulla spalla. «È stata molto brava. Provi a mettersi seduta, lentamente».
Faccio come dice e mi tiro su. Dhatri e Leo mi osservano preoccupati. «Scusate se vi ho fatto male».
Leo scuote la testa. «Non ci hai fatto male, è che sei troppo forte per noi».
Guardo Nate. «Grazie dell’aiuto».
I suoi occhi scuri sono pieni di dolore e di paura, le mani gli tremano leggermente lungo i fianchi. «Nulla...» bofonchia allontanandosi.
Kester mi porge un fazzolettino. «La sua forza mi stupisce ogni giorno di più».
Mi tampono il labbro spaccato e asciugo il mento sporco di sangue. «È stato peggio di quello che mi aspettavo».
Lui si adombra «L'incantesimo che aveva addosso si chiama Homicida non recordabor».
Dhatri sobbalza squittendo «Oddio...».
Osservo Kester confusa «Che cos’è?».
La sua faccia grigia si raggrinzisce ulteriormente «È un incantesimo di morte. La vittima rivive i ricordi più dolorosi della sua vita finché la sua mente non riesce più a reggere e lo spinge al suicidio» sospira «La poca esperienza della signorina Wood con l'incantesimo e la sua incredibile forza mentale l'hanno salvata da morte certa».
Dhatri si stringe nelle braccia. «Per controllare un incantesimo del genere ci voglio almeno vent'anni di esperienza, come ha fatto Natalie ad eseguirlo?».
Kester si accomoda su una sedia impolverata. «Non lo ha eseguito da sola, questo è ovvio».
Leo mi appoggia una mano sul braccio. «Lo devi comunicare alla preside, Evie. Quell'incantesimo fa parte del lato della magia oscura».
Scendo dal tavolo sentendo i muscoli urlare ad ogni movimento. «La magia oscura?».
Dhatri mi aiuta a restare in piedi offrendomi un braccio. «La magia si dive in due, come ogni cosa del resto. C'è la magia bianca, quelle che è insegnata a scuola e che i bravi maghi devono sempre utilizzare. È sicura, utile e non è in grado di fare danni».
Kester arriccia le labbra facendo ondeggiare i baffi. «Invece la Magia oscura è pericolosa, usata solo per scopi malvagi e una buona parte di essa è severamente proibita».
Dhatri si accarezza la cicatrice lungo il collo. «La magia oscura è potente e serve solo a fare del male».
La sua sofferenza mi investe come uno tsunami, non ci voglio certo dei poteri sovrannaturali per capire che Natalie ha usato la magia oscura per farle del male. «Non ho prove contro di lei» affermo.
Kester fa schioccare la lingua. «Non ha importanza, lo riferirò io alla preside e ci penserà lei».
Nathan lascia il suo strano silenzio e ringhia «Sì certo, come ha sistemato la faccenda per Dhatri. Natalie le ha dato fuoco e invece di essere punita, se ne va in giro come se fosse la regina del mondo».
Tree sussulta e abbassa lo sguardo per terra. Il suo odore terrorizzato e disperato si intensifica. 
«Signor Rover» lo rimprovera Kester «Pensi prima di aprire la bocca». Nate sbuffa e si ritira di nuovo nel suo silenzio. «Ora tornate nei dormitori, abbiamo finito».
Dhatri sgambetta fuori velocemente seguita da Leo. Nate cammina lentamente fuori dall'edificio e attraverso il cortile. Lo sguardo ombroso non ha ancora lasciato il suo bel viso. Lo affianco e gli mollo un colpetto con la spalla. «Ho di nuovo il mio odore, ora?».
Mi lancia un'occhiata e poi annusa l'aria che mi circonda. «Sì, sai di nuovo di Evie».
«Cioè?» chiedo curiosa.
«È particolare, un misto di sangue e vaniglia» afferma.
Mi si secca la bocca. «Non deve essere piacevole da annusare» borbotto. 
Si ferma e cerca il mio sguardo «Credimi, è tremendamente piacevole». Mi regala un sorrisino sghembo e ricomincia a camminare lasciandomi a fare i conti con i pipistrelli nell'addome.
   
 
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