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Autore: Signorina Granger    24/10/2020    9 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
In un mondo dove il Ministro della Magia detiene un potere quasi assoluto e la sua carica è ereditaria, i Cavendish e i Saint-Clair, La Rosa Bianca e La Rosa Rossa, rappresentano le famiglie più potenti della società magica e per questo sono in competizione e conflitto quasi perenne. La faida durata secoli raggiunge uno stallo solo quando, nel 1865, George Cavendish, futuro Ministro, sposa una Saint-Clair, ma i conflitti si riaccendono pochi decenni dopo, quando nel 1900 egli disereda il suo unico figlio per motivi sconosciuti e nomina suo erede Rodulphus Saint-Clair, scatenando le ire della famiglia.
Dieci anni dopo Rodulphus viene rinvenuto morto per un apparente - ma inscenato - suicidio. La sua famiglia punta il dito contro i Cavendish: la guerra delle due rose è aperta.
Genere: Introspettivo, Noir, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Capitolo 6
 
 
“Alè.”
La voce di Elizabeth-Rose Saint-Clair risuonò forte e chiara all’interno del tondino*. La strega stava in piedi esattamente al centro della struttura circolare stringendo l’estremità di una spessa corda nera con le mani guantate, i lunghi capelli legati in una treccia e gli stivali di cuoio che affondavano della sabbia sottile mentre seguiva scrupolosamente e con sguardo attento i movimenti del cavallo dal manto grigio chiaro legato alla corda e che procedeva circolarmente attorno a lei.
Sentendo la voce della strega il cavallo cambiò andatura, passando dal passo al trotto senza smettere di disegnare solchi circolari sulla sabbia.
Un sorriso soddisfatto increspò il volto di Elizabeth, spezzando la sua espressione seria e concentrata mentre annuiva:
“Brava Nausicaa.”
Elizabeth tirò leggermente la corda verso di sé e la cavalla si fermò, permettendo alla ragazza di avvicinarlesi per darle una carezza sulla lunga criniera grigio antracite e tirare fuori una delle fettine di mela che si era portata appresso.
 
“Lo zio dice che se nostro nonno vedesse come li addestri avrebbe un mancamento.”
“Lo so, lo dice anche a me, ma se persino Senofonte, 2000 anni fa, diceva che un cavallo felice e non maltrattato è più efficiente, non vedo perché non dovremmo arrivarci noi nel 1912.”
 
Elizabeth diede una pacca affettuosa sul collo della giovane cavalla e si voltò verso il cugino, che la guardava con un sorriso sghembo, seduto sulla recinzione ma vestito di tutto punto come se dovesse andare in ufficio:
 
“Cosa ci fai qui?”
“Sono venuto per vedere tuo padre, ma ti ho vista qui e non ho potuto fare a meno di avvicinarmi…. Come procede con Nausicaa?”
“Bene, è docile e ascolta molto. E questo perché non la trattiamo con prepotenza per sottometterla, vero piccola? Continuiamo.”
Elizabeth sorrise alla cavalla prima di allontanarsi, tornando al centro della recinzione per farla ripartire con un lieve strattone alla corda.
 
“Davvero tuo padre lascia i cavalli a te?”
“A me e a Tommy, ma lui è spesso al lavoro, quindi di solito me ne occupo io… Ma non mi dispiace di certo. Si è arreso al fatto di non poter più fare a modo suo. Galop.”
 
Riocard sorrise debolmente mentre seguiva i movimenti della cavalla, guardandola partire al galoppo attorno alla cugina:
 
“Non ho mai capito questa scemenza del francese, sai?”
“Nemmeno io, ma zia Gwen dice che il francese è la lingua universale dell’equitazione, e di conseguenza lo dice anche mio padre… chi siamo noi per contraddirla?”
“Esattamente. Beh, ti lascio alle tue faccende Lizzy… bel completo però, che cosa ne pensa zia Astrid?”
 
Riocard ridacchiò mentre scendeva dalla staccionata, lanciando un’occhiata divertita alla mise della cugina che comprendeva stivali alti quasi fino al ginocchio, pantaloni beige e camicia bianca. Lizzy per tutta risposta roteò gli occhi azzurri, ripensando all’espressione quasi schifata che segnava il volto della madre ogni volta in cui vedeva la figlia uscire per addestrare i cavalli o fare una passeggiata con stivali e pantaloni.
“Se n’è fatta una ragione. Può dire quello che vuole, ma è una verità universalmente riconosciuta che cavalcare all’amazzone sia…”
 
*
 
 
“… la cosa più scomoda che esista al mondo! Merlino, ma perché gli uomini ci sottopongono ad infinite torture? Neit, tesoro, tienimi questo.”
 
Estelle fece il suo ingresso nell’atrio con un sospiro melodrammatico, mollando cappellino e frustino tra le braccia del figlio appena il ragazzo, con la divisa blu già addosso, le passò accanto:
“Ma io sto andando al lavoro…”
L’Indicibile aggrottò la fronte, perplesso, ma la donna liquidò il discorso con un gesto della mano e asserì che per aiutare sua madre poteva anche tardare cinque minuti, facendogli alzare gli occhi al cielo.
 
“Certo mamma, è che volevo passare a casa degli zii prima di andare al lavoro…”
“Per Caroline?”
 
Estelle si voltò verso il figlio mentre si sfilava l’elegante foularino che temeva legato al collo, e il ragazzo annuì con aria cupa, abbassando lo sguardo:
“Io e Clio non la vediamo da tre giorni. Volevo sapere se sta bene.”
“Tesoro, è molto dolce da parte tua, ma sono sicura che sta bene e che tua zia si sta prendendo cura di lei. Salutamela tanto, però, se vai a trovarla.”
Estelle rivolse al figlio un sorriso carico d’affetto, sollevando una mano per sfiorargli uno zigomo prima di asserire che avrebbe fatto un bel bagno caldo dopo la sua passeggiata mattutina: la donna girò sui tacchi per dirigersi verso le scale e raggiungere il piano superiore, e Neit stava per chiamare un Elfo che mettesse a posto le cose della madre quando la porta si aprì magicamente di nuovo e Gwendoline fece il suo ingresso, sfilandosi il cappellino e dirigendosi a passo di marcia verso la pesante porta vicino alle scale che portava allo studio del figlio:
 
“Devo parlare con Edward, è importante. Neit, caro, tienimi questo per favore.”
“Ma… Insomma!”
Gwendoline mollò senza tanto preamboli il cappello rosa antico in mano al nipote, che sgranò gli occhi e fece per ribadire che doveva andare al Ministero e che non ricopriva il ruolo di Elfo o di valletto, ma sua nonna non fece caso a lui e andò dritta verso lo studio del figlio senza premurarsi di farsi annunciare.
 
“Ieri ho sentito la mamma dire di dover comprare un nuovo appendiabiti, non pensavo che volesse fare economia e usare te.”
Egan, che si era goduto la scena dal piano superiore, scese allegramente le scale con una risatina, vestito di tutto punto per andare a sistemare il suo locale prima dell’apertura e incurante dell’occhiata torva che il maggiore gli rivolse:
“Non è divertente. Dove diavolo vanno questi cappellini?!”
“Ti sembro una signora, per caso? Non ne ho idea, sinceramente… Forse in quella stanza dove la mamma entra senza uscire per ore… da piccolo pensavo fosse un Armadio Svanitore…”
Egan aggrottò la fronte e accennò alla porta accanto all’ingresso, facendo sospirare stancamente il fratello maggiore:
 
Quello è il guardaroba per gli ospiti, idiota.”
 
*
 
“Girano voci su Caroline e Riocard, ma immagino che tu già lo sappia.”
“Perciò cosa sei venuta a dirmi, mamma? Le tue visite sono sempre molto gradite, ma sto lavorando.”
Edward aggrottò la fronte mentre osservava la donna seduta di fronte alla sua scrivania, le mani giunte con le dita intrecciate e appoggiate sui documenti che avrebbe dovuto leggere.
 
Gwendoline non si scompose, limitandosi a stringere le spalle:
“Voglio molto bene a Riocard, come ben sai, e Caroline è una ragazza adorabile… mi chiedo da 26 anni come sia possibile visto il carattere di suo padre, ma a parte il suo corredo genetico discutibile è davvero una ragazza deliziosa, oltre ad essere molto carina. Perciò, in linea teorica, non avrei niente contro questa unione.”
“Ovviamente c’è un “ma”, se sei venuta qui oggi. Che cosa ti disturba, mamma?”
“Non mi importa molto della casa, Ed. La casa nel Derbyshire che George comprò per me dopo le nozze, per farmi sentire un po’ più vicina alla mia famiglia… di quella mi importa molto, George lo sapeva e per questo me l’ha lasciata. Nella casa a Londra ho passato buona parte dei miei anni con tuo padre, e soprattutto ci ho cresciuto te, per molto tempo, ma non mi dispiacerebbe disfarmene.”
“Per quale motivo?”
 
“Mi ricorda troppo tuo padre, è doloroso vivere lì da sola, senza di lui. Se Riocard dovesse sposare Caroline e averla non avrei nulla in contrario. Ma non posso fare a meno di chiedermi perché Robert abbia preso una decisione simile… vendere sua figlia alla famiglia che più detesta. Per una casa che comunque non gli sarebbe mai appartenuta. Sembra disposto a fare molto, per quella casa.”
“Avrà le sue buone ragioni, mamma, come tutti noi nelle scelte che facciamo.”
“Già. Ma non posso fare a meno di chiedermi quali siano, queste ragioni, se vi spingono a cedere una Cavendish ai Saint-Clair, e insieme a lei la casa dove TU sei cresciuto. Preferisci vedere casa nostra in mano a Riocard Saint-Clair piuttosto che perdere ciò che contiene… buffo, un anno fa avrei pensato il contrario.”
Un sorriso dolce increspò le labbra dell’anziana donna, ma Edward non si scompose e ricambiò il suo guardo, inarcando un sopracciglio:
“Beh, qui si parla di Rob, non di me.”
“Già, certo… Sono solo riflessioni di una donna anziana che oramai nella vita non ha più molto da fare, abbi pazienza con tua madre. Buona giornata caro, ti lascio alle tue questioni.”
Gwendoline si alzò e Edward fece altrettanto, prendendole la mano per depositarci un lieve bacio sul dorso prima di guardarla uscire dalla stanza. L’uomo tornò a sedersi pochi istanti dopo un con sospiro amareggiato, certo che sua madre, che con la storia dell’anziana donna ingenua non la dava a bere a nessuno, avesse intuito tutto. O che quantomeno ci fosse vicina.
 
*
 
“Volevo venire a salutarti stamani, ma ho avuto dei contrattempi prima di andare al lavoro… Come stai?”
“Bene, a parte che tutti parlano del mio matrimonio o non matrimonio senza neanche degnarsi di parlare a bassa voce in mia presenza… Da questo punto di vista preferisco la Londra Babbana, almeno lì nessuno mi conosce.”
Caroline sbuffò piano mentre, camminando accanto a Neit, coglieva le numerose occhiate e i mormorii che i passanti per Diagon Alley le rivolgevano.
“A casa tua come va?”
“Oserei dire peggio del solito. Mia madre è a dir poco furiosa con mio padre per questa storia, sai… Ma alla fine lui farà quello che vuole, come sempre, e io non ho molta voce in capitolo, essendo una ragazza.”
Caroline si rabbuiò e Neit si fermò, abbozzando un sorriso mentre le prendeva delicatamente il mento con due dita, sollevandolo per far sì che la strega lo guardasse:
 
“Per stasera cercheremo di non fartici pensare, ok? E ho in mente un posto dove nessuno ci degnerà di molta attenzione…”
“E dove?”
Caroline guardò il cugino con una nota di stupore nella voce, ma Neit non rispose e si limitò a prenderla per un braccio, conducendola verso una meta a lui ormai piuttosto nota.
 
*
 
“Per la barba di Merlino, stasera ho una clientela d’eccezione, mi sento a dir poco lusingato. Ciao Neit, è da un po’ che non ti si vede qui.”
“Ho avuto da fare. Per me il solito ovviamente.”
Neit si sistemò sulla sedia, sfilandosi il mantello per appoggiarlo sullo schienale della sedia, tirando leggermente le maniche blu della giacca della divisa da Indicibile che ancora indossava. Il fratello, che li aveva raggiunto non appena visti entrare, si rivolse invece a Caroline con un sorriso, prendendole la mano pallida per baciarla:
 
“Ovviamente quando ho parlato di clientela d’eccezione mi riferivo a te, Caroline. È un vero onore averti qui stasera… Che cosa ti porto? Offre la casa ovviamente.”
“Ah, bravo, a me fai sempre pagare.”
“Dicasi essere un gentiluomo, Neit.”  Egan liquidò il discorso con un gesto della mano, parlando senza distogliere lo sguardo dalla cugina, che sorrise:
“Beh, non sono granché esperta, quindi credo che prenderò quello che prende Neit.”
 
“Carol, non so se è il caso… È una bevanda un po’ forte.”
Caroline guardò Neit e inarcò un sopracciglio, asserendo che poteva bere tranquillamente qualsiasi cosa bevesse lui, anche se era una signorina, prima di voltarsi verso Egan e ribadire che prendeva lo stesso del cugino.
“Beh, chi sono io per contraddire una delle fanciulle più graziose che abbia mai messo piede qui? Ve li porto subito.”
 
 
“Fa sempre così, vero?”
Caroline ridacchiò e Neit alzò gli occhi al cielo mentre appoggiava un gomito sul tavolo, reggendosi il capo con la mano:
 
“Sai com’è fatto, gli piace fare il seduttore…”
“Beh, in effetti da che ricordi le ragazze non gli sono mai mancate. Ovviamente è un bellissimo ragazzo, ma anche il modo di fare fa la sua parte.”
“Sì, Egan ha molto charme… Qualcosa che a me manca totalmente.”
 
Il tono quasi cupo on cui Neit parlò fece sorridere dolcemente la ragazza, che allungò una mano per prendere la sua sul tavolo rotondo:
“Siete molto diversi, Neit, e per questo avete fascini diversi… Ma non vuol dire che tu non ne abbia o che tu non piaccia alle ragazze. Quello di Egan è più dirompente, proprio come lo è lui, il tuo è un fascino più mite, forse che passa più inosservato, ma se ti si guarda bene non si può fare a meno di notarlo. E lo dico perché quando passeggiamo insieme o andiamo da qualche parte attiri un mucchio di sguardi femminili, sai? Ovviamente non si può piacere a tutti, ma sono certa che ci sono molte ragazze che preferirebbero te ad Egan, anche se tu probabilmente non la pensi così.”
“Potrei dire lo stesso di te.”
 
Caroline sorrise alle parole del cugino, e stava per chiedergli – imbarazzata – di non guardarla così intensamente quando la voce allegra di Egan riscosse entrambi, riportandoli alla realtà:
“Ecco qui, per il mio fratellone e la mia cugina preferita… due Whiskey Incendiari alla Neit.”
“Grazie Egan. Sicura di volerlo bere?”
Neit guardò Caroline inarcando un sopracciglio mentre Egan metteva i bicchieri pieni fino a metà di liquido ambrato sul tavolo, e la bionda ricambiò con una punta di perplessità:
“Beh, è Whiskey Incendiario, no? È forte, certo, ma ho già avuto occasione di berlo.”
 
“Sì, beh, diciamo che non è un semplice whiskey… Neit ci aggiungeva sempre del peperoncino, e così l’ho inserito nel menù in suo onore. Ammetto che pochi lo ordinano, ma per il mio fratellone non posso non servirlo. Buona serata ragazzi.”
Egan sorrise e si dileguò per andare a servire dietro al bancone mentre Neit prendeva il suo bicchiere, guardando la cugina con un piccolo sorriso:
 
“Sicura di volerlo provare, Carol?”
Non amando particolarmente il peperoncino Caroline non ne era poi così sicura, ma di fronte all’occhiata quasi di sfida che il cugino le rivolse decise che non si sarebbe tirata indietro nemmeno per un veliero pieno di Galeoni.
“Sicurissima. Alla tua, Neit.”
Caroline prese il bicchiere, lo sollevò per farlo tintinnare contro quello del cugino e poi bevve un sorso di whiskey sotto lo sguardo divertito – ma anche sorpreso – di Neit, che rise e porse un fazzoletto alla cugina quando Caroline tossicchiò, leggermente rossa in volto, e asserì che solo un pazzo poteva bere quella roba.
 
*
 
“Volevate vedermi?”
“Sì Riocard. So che hai già chi ti consiglia, e sai quanto voglia bene a tuo zio Theseus… Non so cosa ti abbia detto lui, ma io voglio comunque darti il mio parere personale.”
“Vi ascolto zia. Siete una delle persone più argute che conosca e il vostro parere conta molto per me.” Riocard, seduto su un divanetto foderato, guardò Gwendoline versare del latte nella tazza d thè nero prima di porgergliela e sedersi di fronte a lui sulla poltrona, seria in volto:
 
“Mio figlio e Robert vorrebbero che tu sposi Caroline. In un’altra situazione una simile unione potrebbe solo rendermi felice, sai quanta stima io abbia di te… Ma io ti consiglio di non farlo, Riocard.”
“Perché zia?”
“Perché se Robert e mio figlio sono disposti a fare in modo che la casa di famiglia finisca nelle mani dei Saint-Clair ci deve essere qualcosa sotto per forza. Non so cosa, Riocard… Ma qui si tratta di fare delle scelte. E non voglio che tu corra il rischio di finire come tuo padre.”
Il ragazzo s’irrigidì, tenendo la tazza in mano senza bere un solo sorso di thè, e guardò la donna con crescente attenzione:
“Che cosa intendete?”
“E’ solo una mia supposizione, naturalmente, e non vorrei insinuare nulla… Ma non sono riuscita a proteggere tuo padre, Riocard, anche se avevo promesso a mio fratello che l’avrei fatto, e non voglio ripetere questo errore con te. Se mio figlio e Robert sono disposti a prendere una decisione simile ci dev’essere qualcosa sotto, sono sicura che ne converrai. Se la casa non andrà a te resterà in mano mia, e poi ad Edward ovviamente in quanto mio unico figlio… ma tutto ciò che contiene finirebbe all’asta. E mio figlio sembra preferire che finisca in mano tua piuttosto che perdere definitivamente ciò che contiene.”
 
“Io ho pensato che sia una mossa per mantenere un quantomeno parziale controllo sulla casa, visto che ci vivrebbe anche Caroline… no?”
“Sì, naturalmente è plausibile, e mio figlio e Robert non faranno che ripeterlo all’infinito. Ma io li conosco molto bene, Riocard, e so che Edward venderebbe tutto piuttosto che darla a te. Se decide di non farlo, allora, evidentemente, c’è qualcosa che non può permettersi di perdere. Proprio qui, in questa casa.”
 
“Qualcosa legato a mio padre?”
“Sì, forse… quel che è certo è che dobbiamo scoprirlo. Se ho ragione Edward farà di tutto pur di non perdere tutto ciò che questa casa contiene. Quello che temo, Riocard, è che la casa finisca in mano tua e che possa succederti qualcosa.”
“Quindi sta insinuando che potrebbero aver ucciso loro mio padre?”
“Non lo posso escludere, anche considerando il loro recente comportamento. George mi ha chiesto di scoprirlo, Riocard, e io intendo farlo. Mi darai una mano?”
“Non chiedo di meglio, zia.”
 
“Sai tesoro, tutti pensano che la scelta di George di lasciare la casa a te sia stata dettata dall’affetto nei tuoi confronti, ma io conoscevo mio marito meglio di chiunque, e so che non è stato questo il motivo.”
 
“Teneva a te, naturalmente, ma sono certa che la postilla sul matrimonio sia stata inserita per un semplice motivo: aiutarmi a capire se sia stato effettivamente un Cavendish ad uccidere Rod. George non lasciava niente al caso.”
 
*
 
“Vieni Winter.”
Clio sorrise al lupo che la seguiva trotterellando sul marciapiede, diretti a casa della nonna della ragazza: non riuscendo a scrivere granché aveva deciso di prendere un po’ d’aria e cogliere l’occasione per andare a salutare Gwendoline, che dava sempre un caloroso benvenuto a qualsiasi parente bussasse alla sua porta. Senza contare che Gwendoline – l’unica insieme ai fratelli a conoscere il suo segreto – le ripeteva sempre che la biblioteca fosse sempre a sua disposizione, se aveva bisogno di tranquillità a silenzio per scrivere, senza che nessuno al disturbasse.
 
Era inusuale vedere case così grandi vicino al centro di Londra, e Clio aveva sempre adorato andare lì da quando era piccola, quando entrava di soppiatto nelle cucine per sgraffignare dei dolcetti insieme ad Egan o nello studio del nonno, sedendosi sulle sue ginocchia e implorandolo di non lavorare per giocare con lei.
 
Era quasi arrivata davanti al portico della grande casa dei nonni, bianca con terrazzi in pietra e marmo, un cancello di ferro battuto nero che portava ad un breve vialetto di ghiaia e alle scale ingrigite con cui si arrivava alla porta d’ingresso a doppia anta intagliata a mano, quando scorse qualcosa d’insolito: un cavallo nero dal manto liscissimo, sellato di tutto punto, era “parcheggiato” accanto al marciapiede mentre un valletto gli teneva le redini per impedire che potesse allontanarsi.
Nonostante non montasse più da anni Clio nutriva comunque una forte ammirazione per gli equini, e spinta dalla curiosità -chiedendosi a chi appartenesse quel magnifico animale – si fermò per abbozzare un sorriso e sollevare una mano, sfiorandogli il naso.
 
“Ciao… Come sei bello.”
Le redini erano di vero cuoio, e sia la sella che la sottocoperta avevano inserti dorati. Clio osservò brevemente il collo, la lunga criniera lucida e pettinata e il garrese perfettamente proporzionato in rapporto alle zampe lunghe e leggermente muscolose dell’animale, giungendo alla conclusione di avere di fronte un cavallo di razza pura, da corsa, e sicuramente molto costoso.
A giudicare, poi, dalla sella e il resto, di sicuro l’animale apparteneva a qualcuno di molto facoltoso.
Quando Clio notò un piccolo – ma molto significativo – dettaglio, era troppo tardi: la porta d’ingresso si aprì proprio mentre la strega notava l’inserto a forma di rosa esattamente al centro della sella, e un istante dopo la voce di Riocard giunse alle sue spalle:
 
“Salve.”
Clio si voltò di scatto e, imbarazzata, fece un passo indietro e abbozzò un sorriso al ragazzo, ricambiando il saluto:
“Sono venuta a salutare mia nonna, non credevo avesse già visite.”
“Io e Gwendoline abbiamo finito, io devo tornare al Ministero… Non pensavo le piacessero ancora i cavalli.”
“Come?”
 
Clio aggrottò la fronte mentre guardava Riocard scendere i gradini e attraversare il vialetto, ricambiando il suo sguardo e parlando con tono ovvio:
 
“Beh, non monta da molto, no? Non pensavo le piacessero ancora.”
“Sono animali meravigliosi.”
 
Per la prima volta Riocard annuì, e un sorriso sincero si fece largo sul suo volto mentre, infilandosi i guanti, osservava la giumenta con affetto:
“Sì, è vero. È una femmina, comunque.”
Il ragazzo sollevò una mano per accarezzare il collo della cavalla, che sembrò gradire e lo guardò con i grandi occhi castani mentre Clio la osservava a sua volta, curiosa:
“Come si chiama?”
 
Riocard, preso il frustino dalle mani del valletto, mise il piede sinistro nella staffa e montò in sella con un movimento fluido e naturale, sfiorando il collo della cavalla con la mano prima di parlare:
“Andromeda. Buona giornata, Signorina Cavendish.”
 
Clio avrebbe voluto ricambiare il saluto, ma Riocard fece partire Andromeda al trotto con un lieve colpo di talloni prima di darle il tempo di farlo, e alla strega non restò che guardarlo allontanarsi chiedendosi come facesse a sapere e a ricordare che non montava più a cavallo da quando era una ragazzina.
 
“Clio? Vieni, tesoro.”
Gwendoline, che doveva averla vista parlare con Riocard dalla finestra, era apparsa sulla soglia di casa, e fece cenno alla nipote di seguirla mentre Clio si voltava verso di lei, sobbalzando:
 
“Sì, arrivo nonna. Cosa ci faceva qui Riocard?”
“Volevo parlargli di una cosa… ma per favore, non dire a tuo padre che l’hai visto qui. Meglio evitare altre diatribe inutili, per ora.”
 
Clio annuì, ma mentre saliva i gradini che portavano alla porta d’ingresso insieme a Winter si voltò un’ultima volta verso il ragazzo giusto in tempo per vederlo svoltare a sinistra, diretto ad uno degli ingressi del Ministero.
 
*
 
“Si può sapere perché mi tieni il muso da giorni?”
“Credo che tu lo sappia.”
 
“Io sto facendo tutto questo per il meglio per la nostra famiglia. Non capisco perché nessuno se ne renda conto. Mi basta già tua madre a tenermi il muso, non ti ci mettere anche tu, Ezra.”
Robert, seduto alla sua scrivania, riprese a scrivere con la penna d’oca senza guardare il figlio, che esitò prima di parlare e dar voce a dei pensieri che lo perseguitavano da giorni:
 
“Che cos’è che la mamma sa?”
“Come?”
Robert alzò il capo di scatto, e nella fretta urtò il calamaio, finendo col versare una buona dose d’inchiostro su scrivania, lettere e documenti. L’uomo però non sembrò badarci, ricambiando lo sguardo del figlio mentre Ezra parlava senza scomporsi, serio in volto:
 
“Vi ho sentiti, l’altra sera. Quando avete discusso. La mamma era furiosa, e ha detto che avrebbe rivelato qualcosa sul tuo conto che di sicuro avrebbe fatto sì che Riocard non sposi Caroline. Di che si tratta?”
“Non ti riguarda.”
 
“Sì che mi riguarda, sono tuo figlio, e in famiglie come la nostra qualcosa che può mettere in cattiva luce uno di noi può metterci TUTTI in cattiva luce. Voglio saperlo.”
 “Ti ho detto che non ti riguarda, Ezra. Ti basti sapere che tua madre non dirà nulla proprio per non rischiare di danneggiare te e Caroline. La conosco, le sue sono minacce infondate. E ora lasciami solo.”
 
Di controvoglia Ezra si ritrovò ad obbedire, uscendo dall’ufficio sbuffando e sbattendosi la porta alle spalle.
Dire che Ezra detestasse suo padre era scorretto, anzi, da bambino provava per lui una sorta di ammirazione e un forte desiderio di essere accettato e di compiacerlo. Crescendo – e rendendosi conto di come si comportava con sua madre – quei sentimenti erano mutati, e ora che le scelte di suo padre minacciavano anche la felicità di sua sorella, Ezra era deciso ad impedirglielo: nessuno meglio di lui sapeva a cosa portasse un matrimonio infelice, e l’ultima cosa che voleva era vedere Caroline finire come sua madre.
 
*
 
“Cavendish? C’è bisogno di te.”
“Sì… arrivo.”
 
Neit parlò senza voltarsi, le mani sulla ringhiera di pietra che circondava la grande fontana che aveva davanti a sé. Il mago stava osservando il liquido dalla luminosità perlacea e che cambiava sfumature di colore in base al riflesso della luce che sgorgava dall’immensa e antica fontana posta al centro della stanza circolare in cui si trovava, mentre spirali di fumo si levavano nell’aria.
Un’infinità di maghi – e lui compreso, prima di diventare Indicibile – si chiedeva che cosa celasse la Stanza dell’Amore, tra tutte la più segreta dell’Ufficio Misteri. Lui stesso, quando aveva messo piede lì la prima volta qualche anno prima, era rimasto meravigliato di fronte all’enorme fontana che sgorgava Amortentia, illuminata da un grande lucernario che, grazie ad un incantesimo, dava l’illusione di trovarsi all’ultimo piano e di poter scorgere un cielo sereno, invece che l’oscurità tipica del nono livello.
 
Neit aveva avuto un primo approccio con l’Amortentia molti anni prima, quando era solo un bambino. Curioso, aveva annusato quella pozione luccicante ed insolita, stupendosi però nel non sentir alcun odore particolare.
Quella consapevolezza lo aveva perseguitato per anni, spingendolo a maturare una forte curiosità verso il sentimento di cui tutti parlavano ma che lui, sulla sua pelle, non aveva mai avuto il privilegio di provare. A volte si perdeva nel guardare i suoi genitori scambiarsi sorrisi, le loro mani che si sfioravano, e si rendeva conto di invidiare suo padre come non aveva mai invidiato nessuno.
 
Una volta aveva persino pensato di provare a bere un po’ di quel famoso filtro d’amore per cercare di capire che cosa si provasse, ma sentendo la sua idea Clio aveva riso, gli aveva preso una mano e gli aveva detto che non sarebbe servito a nulla, visto che persino il filtro d’amore più potente del mondo non sarebbe stato in grado di replicare un sentimento così puro.
“Crea assuefazione, Neit, una forte attrazione… ma non amore vero. Non può essere creato artificialmente. Ricordi? Ce l’hanno detto anche ad Hogwarts, a Pozioni.”
 
Neit ricordava, sì, e ricordava anche di aver preparato un’Amortentia perfetta al settimo anno, e anche ai M.A.G.O., un’Amortentia che gli era valsa una E più i complimenti di insegnante ed esaminatore… ma un filtro d’amore che, quando aveva provato ad annusare, a lui non aveva rivelato alcun aroma particolare.
Neit sapeva perfettamente come preparare un filtro d’amore perfetto, così come sapeva che se invecchiato era più efficace… eppure non era mai stato in grado di sentire nulla, nemmeno da qualcosa preparato dalle sue stesse mani, mentre chi l’annusava non faceva che snocciolare tutto ciò che sentiva.
 
Era passato diverso tempo dall’ultima volta in cui l’aveva fatto e Neit, dopo essersi guardato brevemente intorno per assicurarsi che nessuno facesse caso a lui, si sporse leggermente in avanti sulla ringhiera per verificare se sentiva o no qualcosa.
 
“Cavendish, vieni.”
“Arrivo subito.”
Neit si rimise dritto e si affrettò a girare sui tacchi, allontanandosi da qualcosa che lo attanagliava da tutta la vita e che nel suo posto di lavoro aveva di fronte ogni singolo giorno.
Non era riuscito ad avvicinarsi abbastanza da poter affermare di sentire qualcosa o meno… gli era arrivato, semplicemente, un vago profumo di petali di rosa che gli capitava di sentire spesso, negli ultimi tempi, quando si avvicinava leggermente alla pozione: conscio del fatto che proprio quei petali facevano parte della composizione dell’Amortentia si era consultato con un Pozionista esperto che gli aveva detto che, stando spesso a contatto con il filtro, era possibile che il suo naso si fosse ormai abituato, tanto da poter percepire lievemente il profumo di un ingrediente.
 
Mentre si allontanava, lo sguardo del ragazzo cadde sulla grande scritta incisa in stampatello proprio sopra l’ingresso della stanza, facendolo sorridere con amarezza:
 
AMOR EST VITAE ESSENTIA
 
Neit la vedeva ogni giorno, conscio del fatto che se quelle parole fossero state vere, lui avrebbe vissuto da 26 anni una vita non degna di essere vissuta.
 
*
 
 
“Starà bene, vero?”
“Ma certo, anche se sconsiglio di fargli ripetere l’esperienza.”
 
Thomas sorrise e si alzò dopo aver visitato Winter, che si era steso su una cuccia di considerevoli dimensioni dopo che la padrona lo aveva portato per un controllo. Clio sospirò e annuì, lanciando un’occhiata torva all’animale:
 
“Certo che no. Ero a casa di mia nonna e questo irresponsabile si è sbafato un vassoio intero di dolcetti al cioccolato!”
“Tranquilla, non è un cane, se la caverà, ha uno stomaco molto resistente. Mi chiedo sempre dove lo hai trovato, comunque, un simile animale.”
“Io e i miei fratelli abbiamo trovato Winter e le sue sorelle quando erano cuccioli, li abbiamo portati a casa e cresciuti noi. Di certo non sapevamo che sarebbero diventati così ingombranti, pensavamo fossero lupi normali.”
“Beh, decisamente non lo sono, hai detto che possono come Smaterializzarsi, no? Ma è sempre un piacere quando mi porti Winter, non avevo mai avuto a che fare con queste creature prima!”
 
Thomas sorrise con sincero entusiasmo e Winter si lasciò persino dare una carezza sulla testa mentre Clio ricambiava il sorriso del ragazzo, asserendo che non avrebbe mai potuto portare il suo adorato animale da nessun’altro:
“Ricordo ancora quando ad Hogwarts facevamo Cura delle Creature Magiche… nessuno ci sapeva fare quanto te con le creature. Era chiaro che saresti diventato bravo.”
“Grazie, lo apprezzo molto.”
 
“Beh, lo dicono anche i miei fratelli, e di controvoglia anche Ezra… e credimi, se lo dicono loro dev’essere vero per forza.”
Clio sorrise all’ex compagno di scuola e fece cenno a Winter di seguirla prima di tirare fuori un sacchetto dove teneva i galeoni, ma Thomas scosse la testa e sollevò una mano per farle cenno di lasciar perdere:
“Ma Thomas, hai perso tempo, ti devo pagare!”
“Non è necessario, più che come una vera visita vedila come… un favore per una vecchia amica.”
Clio esitò, ma alla fine si lasciò convincere e ripose il denaro nella tasca interna del mantello, rivolgendo al ragazzo un sorriso radioso:
“Grazie Thomas… Dovrebbero esserci più uomini come te, in giro. Mio padre dice sempre le peggiori cose del tuo, ma visto come sei e visto che ti ha cresciuto lui dubito che possa essere tanto male.”
“Posso dire la stessa cosa per te. Buona serata Clio.”
 
Thomas le aprì la porta con la sua solita galanteria e la strega asserì che chiunque sarebbe finista al suo fianco sarebbe stata una delle donne più fortunate di Londra.
Il mago accolse quel complimento con un sorriso – certo che Clio fosse sincera e che lo pensasse veramente – senza dire nulla, ma si domandò se fosse di quell’avviso anche un’altra sua ex compagna di Casa.
 
*
 
Elizabeth-Rose, seduta davanti al pianoforte che i genitori le avevano regalato quando si era diplomata ad Hogwarts, stava strimpellando una sonata di Mozart mentre Cassiopea, lamentandosi a voce alta della noia, sfogliava un libro stravaccata poco elegantemente sul divano e Colleen, tenendo Lady Ophelia tra le braccia, lanciava occhiate preoccupate in direzione di Phobos: Deimos si stava facendo coccolare da Clara, mentre la volpe nera, accucciata sotto allo sgabello dove sedeva Elizabeth, non toglieva gli occhi di dosso dalla coniglietta.
 
“Lizzy, sei sicura che Phobos non voglia mangiarsi Lady Ophelia, vero?”
“Addomesticato o no resta pur sempre una volpe… meglio portarlo fuori.”
Lizzy smise bruscamente di suonare, si alzò, prese in braccio Phobos e lo portò verso una delle due grandi porta-finestre del salottino, lasciando la volpe sulla ghiaia – e ignorando i suoi lamenti – prima di richiuderla e tornare al suo pianoforte stiracchiandosi pigramente.
Colleen, sollevata, mise Lady Ophelia nella sua gabbietta prima di alzarsi e avvicinarsi quasi timidamente al trespolo dal quale Jeremy, il magnifico Occamy di casa Saint-Clair, le studiava pigramente una ad una.
“Qualcuno mi spiega chi ha deciso che noi povere fanciulle dobbiamo dedicarci a scemenze come la musica, il disegno, lo studio, il ricamo e nient’altro? Io ODIO ricamare, è così inutile!”
 
Cassiopea sbuffò amaramente, e Clara asserì che per una volta era d’accordo con lei mentre Elizabeth, sedendo nuovamente sullo sgabellino posto davanti al pianoforte, inarcava un sopracciglio in un modo che ricordava molto l’espressione che la madre sfoggiava quando la rimproverava con sufficienza:
“Che domande sono, è ciò che ci si aspetta da una signorina di buona famiglia prima che trovi marito… Dite che i nostri genitori si vergognano del fatto che nessuna di noi sia ancora sposata?”
“Non penso, anche se un po’ mi fa strano pensarci… Insomma, ve lo immaginate Riocard sposato? O peggio, vi immaginate una di NOI sposata?”
Cassiopea sgranò gli occhi, quasi terrorizzata all’idea, e Clara alzò gli occhi scuri al cielo mentre Colleen, impegnata a sfiorare il collo ricoperto da magnifiche piume blu di Jeremy, fece spallucce:
“Io mi sento troppo giovane, non ci penso nemmeno.” 
“Ma tu sei la più piccola, io e Lizzy siamo le più grandi, quindi sarà a noi che penseranno, fidatevi.”
“Non penso che sia detto… se ci pensate, sia Caroline che Clio Cavendish non sono sposate, e sono entrambe più grandi di noi di alcuni anni.”
 
Clara, comodamente seduta sul divano con le braccia strette al petto, si strinse nelle spalle mentre Elizabeth si alzava con un sorriso, avvicinandosi a Cassiopea e tendendo le mani verso la cugina, che si lasciò aiutare ad alzarsi:
“Beh, io mi chiamo Elizabeth e vivo nel Derbyshire, direi che sono evidenti segni che finirò sposata con un Mr Darcy, come in Pride & Predice.”
Cassiopea rise quando la cugina le fece fare una giravolta, abbracciandola quasi come se dovessero ballare un valzer mentre Clara abbozzava un sorriso:
 
“Ah davvero? Ma Elizabeth Bennet viveva nel Devon, non del Derbyshire.”
“Certo, MA la casa di Mr Darcy, Pemberley, si trova proprio qui nel Derbyshire. Quindi io avrò un Mr Darcy, è evidente.”
“D’accordo… e noi con chi finiremo, allora?”
 
“Beh, Colleen è un amore come la sorella della protagonista, Jane, quindi può avere Mr Bingley.”
“E com’è questo Mr Bingley?”   Colleen si voltò verso la cugina, e la guardò con curiosità mentre sfiorava il collo di Jeremy con le dita pallide ed Elizabeth faceva fare un’altra giravolta a Cassiopea:
È bello, ricco e di buon cuore.”
“E io con chi finirò, Lizzy?”
Cassiopea si fermò, inclinò leggermente la testa e sorrise alla cugina mentre si metteva una mano sul fianco, guardando Elizabeth esitare prima di sfoggiare un sorrisetto:
“Beh… tu saresti Charlotte, la migliore amica della protagonista… Quindi finirai con Mr Collins.”
Clara scoppiò fragorosamente a ridere e Cassiopea aggrottò la fronte, guardando Elizabeth trattenere le risate a sua volta:
“E chi sarebbe?”
“Un prete brutto, basso, noioso e antipatico!”
 
Questa volta anche Colleen rise, ed Elizabeth non riuscì più a trattenersi mentre Cassiopea spalancava occhi e bocca scandalizzata, asserendo che fossero tutte e tre delle brutte fattucchiere.
 
 
 
“Beh, mi fa piacere che le ragazze si divertano, quantomeno.”
Amethyst sfoggiò un debole sorriso e Astrid annuì piano mentre si portava la tazza di thè alle labbra, mormorando che era meglio che lo facessero, finchè potevano.
 
“Tu che cosa ne pensi, Astrid? A proposito di Riocard.”
“Penso che non sia una buona idea, specie considerando chi è figlia quella ragazza… So che non dobbiamo far ricadere sui figli le colpe dei loro padri, ma non vorrei che Robert Cavendish arrivi a condizionare la vita di Riocard. Non mi è mai piaciuto.”
“Neanche a me, in effetti. I primi ricordi che ho di lui risalgono ad Hogwarts, lui era un paio di anni più avanti di me e Rod… diciamo che non era molto gentile con me, e Rod si infuriava sempre. Ambrose un po' me lo ricorda, a volte, quando fa lo stesso con le sue sorelle.”
Amethyst sorrise e Astrid guardò la cognata con sincera curiosità mentre appoggiava tazza e piattino sul lungo tavolo di legno della sala da pranzo dove si erano accomodate:
 
“Io sono figlia unica, e ammetto di aver sempre un po’ invidiato il rapporto tra te, Theseus e Rodulphus. Siete sempre stati così legati? Anche da piccoli?”
“Sì, da sempre. Theseus adorava Rod, era la sua ombra quando erano piccoli… ma anche io ero molto legata ad entrambi, eravamo inseparabili. Entrambi vollero approvare John quando mi fidanzai con lui, in effetti… e anche se, essendo rimasti orfani, era Rod ad avere la mia tutela, non si è mai comportato da tiranno o non mi ha mai obbligato a fare nulla.”
“Io avevo solo Alexis, visto che anche lei è figlia unica… beh, non serve che ti dica che da bambine non andavamo d’accordo affatto, anche se abbiamo praticamente la stessa età.”
 
Astrid roteò gli occhi e Amethyst sorrise, quasi divertita:
 
“Sì, posso immaginarlo. Beh, siete molto diverse, credo sia normale.”
“Senza alcun dubbio… diciamo che Alexis ha sempre avuto l’indole da First Lady, perciò faceva di tutto per primeggiare, ha sempre visto ogni cosa come una competizione tra di noi. Forse però erano i nostri genitori a sbagliare mettendoci a confronto, dopotutto…”
“Immagino capiti spesso con fratelli o cugini dello stesso sesso con età vicine… Io e John abbiamo sempre cercato di non farlo con le ragazze. Del resto, sarebbe difficile paragonarle, visto quanto poco si somigliano… e per questo voglio bene a tutte in egual misura, solo in modi diversi.”
“Elizabeth probabilmente non lo pensa, ma anche io voglio ugualmente bene a lei e a Thomas… Mi rendo conto di essere più dura con lei, ma è solo per prepararla al meglio ad un mondo che spesso ci tratta come pezze e dove se una donna non si sa vestire o comportare come si deve viene a stento considerata. Quando ero incinta di lei quasi speravo che non fosse femmina, sai? E quando è nata ho sperato che almeno diventasse bella. Per fortuna è stato così. Una donna ha molto più valore, se è di bell’aspetto. Mia madre lo diceva sempre, a me e ad Alexis.”
 
*
 
 
“Che cosa ti ha detto mia zia oggi?”
“Di non sposare Caroline Cavendish.”
“Per quale motivo?”
“Pensa che se lo facessi mi metterei in pericolo da solo, e conoscendo quella gente non posso darle tutti i torti. Se lei stessa parla così della sua famiglia non vedo perché non dovremmo ascoltarla, zio.”
 
Theseus si scansò appena in tempo per evitare che la punta del fioretto del nipote gli toccasse il petto, spostandosi una ciocca di capelli rossi dal viso con la mano sinistra mentre quella destra, guantata, reggeva l’impugnatura della lama:
“Tua zia è una donna molto sveglia, Riocard… Ma questa volta non mi sento di darle totalmente ragione. L’ultima cosa che voglio è che ti accada qualcosa, ma sposare Caroline e avere quella casa ci permetterebbe di mettere le mani sugli averi di quella famiglia, Riocard. Non ti darebbe soddisfazione, con tutto quello che hanno fatto?”
 
“Il matrimonio è un contratto, Riocard. Per le famiglie come la nostra si tratta di scelte politiche fin dall’alba dei tempi… È un’alleanza, e bisogna valutare quale alleanza possa darti i maggiori benefici.”
“E in questo caso quali sarebbero?”
Riocard fece un paio di passi indietro e parò il colpo dello zio, che si fermò e lo guardò con un sorriso e uno sguardo che il ragazzo conosceva bene, gli occhi azzurrissimi tipici della loro famiglia animati da un particolare luccichio: li aveva visto molte volte sul volto di suo padre.
“Prendere quello che hanno, toglierglielo, distruggerlo. Come loro hanno distrutto mio fratello.”
 
Riocard era sempre stato molto affezionato al suo padrino, anche a causa del forte legame che Theseus aveva con suo padre. Rodulphus era sempre stato animato da un particolare senso di protezione verso il fratello minore, e Theseus lo aveva ricambiato con una lealtà e un’ammirazione incondizionata.
Dopo la morte del primogenito, le cose si erano invertite: ora era Theseus a sentirsi in dovere di proteggere suo nipote, e Riocard provava per lui la stessa ammirazione che lo zio aveva sempre provato per suo padre.
Ma soprattutto, Riocard ne era sicuro, Theseus era l’unico che potesse capirlo veramente, l’unico a provare esattamente quello che provava lui.
 
“Ci penserai, Ric?”
“Sì zio, so che è una decisione importante. Ci penserò.”
 
“Bravo il mio ragazzo. Ora direi che può bastare per oggi, o tua madre e mia moglie ci sgrideranno perché tardiamo a cena. Non contraddire o contrariare una Silverstone, io e tuo padre l’abbiamo imparato a nostre spese.”
Theseus sorrise al nipote e si sfilò il guanto prima di superarlo, dandogli un’affettuosa pacca sulla spalla.
 
Riocard si voltò e lo seguì brevemente con lo sguardo, immobile, senza togliersi il guanto della mano destra. Guardò suo zio allontanarsi e si domandò quanta rabbia celasse, proprio come lui, dietro il suo sorriso.
 
*
 
Thomas aveva appena messo piede nell’ingresso quando, senza nemmeno dargli il tempo di togliersi il mantello, sua sorella gli fu addosso e gli intimò di andare a cambiarsi per la cena, di mettere una cravatta adeguata e di pettinarsi i capelli.
 
“Buonasera anche a te Lizzy… Come mai ti importa tanto del mio abbigliamento per la cena, oggi?”
“Perché oggi sono venute a trovarci per il thè zia Amiee con le ragazze, e la mamma ha deciso di invitarle a restare per cena. QUINDI devi sistemarti come si deve.”
“Quando dici “ragazze” intendi tutte e quattro?”
 
Thomas deglutì e la sorella annuì mentre gli sfilava il mantello, indicando le scale e ordinandogli di andare e di muoversi:
“Una donna che si fa aspettare sta bene, ma se è un uomo a farlo fa cafone, zia Gwendoline lo dice sempre. Forza, vai a farti bello… e cerca di parlare, per una volta, Merlino solo sa perché in presenza di Colleen perdi la voce!”
Tu invece la tua non la perdi mai, vero Liz?”
“Non tergiversare e sbrigati, signorino.”
 
*
 
“Mi passeresti il sale, per favore?”
Thomas quasi sobbalzò quando Colleen – che Elizabeth-Rose aveva fatto in modo sedesse accanto a lui – gli rivolse quella domanda, e si ritrovò ad annuire e a mormorare un assenso prima di passarle la saliera.
“Grazie.”
Colleen ringraziò il cugino con un largo sorriso, e Thomas si sforzò di ricambiare prima che la giovane strega parlasse di nuovo mentre i due Elfi Domestici di famiglia facevano il giro del tavolo per servire i commensali con secondi e contorni.
 
“Volevo ringraziarti… sai, per l’altra sera. Sei stato molto gentile. Purtroppo, a volte non sono in grado di prendermi cura di me stessa come dovrei.”
“Non devi pensare che sia colpa tua, in giro ci sono un mucchio di idioti e di certo l’alcol non è mai d’aiuto. E poi non ho fatto nulla che chiunque altro non avrebbe fatto in quella situazione.”
Colleen annuì e gli rivolse un sorriso prima di chiedergli, mormorando e avvicinando leggermente la testa a quella del cugino, di non far parola alla madre del loro incontro al pub di Egan Cavendish. Thomas, per tutta risposta, le sorrise di rimando prima di lanciare un’occhiata al padre, che stava discutendo con Amethyst di qualcosa dall’altro capo del tavolo rettangolare:
 
“Non preoccuparti, se mio padre sapesse che vado lì di certo me ne direbbe quattro… è il piccolo – forse non tanto – segreto di noi cugini. L’unico che non ci mette mai piede è Ric, anche se visto quanto lui ed Egan non vanno d’accordo la cosa non può sorprendere.”
“Già.”
 
Colleen annuì e tornò a concentrarsi sull’arrosto mentre, a pochi posti di distanza, Elizabeth seguiva lo scambio di battute tra cugina e fratello con un lieve sorriso sulle labbra che non passò inosservato allo sguardo attento di Clara, che la guardò con curiosità e le domandò che cosa avesse notato.
 
“Oh, nulla di che, sono solo felice di vedere Tommy e Cherry chiacchierare… tutto qui.”
Clara inarcò un sopracciglio di fronte al sorriso allegro di Elizabeth, chiedendosi se non ci fosse qualcosa sotto mentre la cugina riprendeva a mangiare con particolare entusiasmo.
 
*
 
Caroline aprì la porta di servizio più piano che poté, e stava per sgattaiolare al piano di sopra grazie alle scale che usavano gli Elfi Domestici o i camerieri che sua madre assumeva nelle serate di gala quando una voce a lei molto nota giunse alle sue orecchie, facendola raggelare:
“CAROLINE PENELOPE CAVENDISH!”
 
La strega sospirò, ma sapendo di non avere scelta decise di voltarsi, trovando davanti a sé sua madre con la vestaglia rosa malva di seta legata in vita, le braccia conserte e i capelli legati per la notte e suo fratello minore, in piedi vicino al divano occupato dalla madre e le braccia strette al petto.
Benchè in pose diverse, madre e figlio avevano qualcosa in comune: la stavano entrambi guardando con l’aria più inquisitoria possibile.
 
“Si può sapere dove sei stata?”
“Già, dove sei stata?!”
“Quante volte ti ho detto di NON ANDARE in giro da sola di sera? Siamo a Londra, porca Priscilla e il suo dannato diadema, non in un villaggio del Devon! Ogni giorno si sentono storie raccapriccianti!”
“Esattamente! Non impari mai!”
 
Caroline aggrottò la fronte e rivolse un’occhiata perplessa al fratello, e stava per ricordargli che era lei la sorella maggiore e che era sempre stata lei a tirare fuori LUI dai guai quando sua madre, addolcendosi, si rivolse ad Ezra sfiorandogli il gomito con la mano:
“Ok tesoro, tranquillo, ci penso io… COMUNQUE sei un’irresponsabile! Anche considerando in che situazione ti trovi, dovresti evitare di dare ancor più adito alla gente di spettegolare!”
“Se le vostre signorie mi facessero parlare, forse capireste che NON ERO da sola. Sono uscita con Neit, oggi. Voleva sapere come stato. Mamma, pensi forse che Neit mi farebbe tornare a casa da sola senza accompagnarmi? Stava persino per accompagnarmi fino all’ultimo gradino temendo, non lo so, che ci fosse Jack lo Squartatore in un cespuglio.”
Sua madre impallidì e sibilò di non nominare quel pazzo – ringraziando il cielo che non ci fossero più state vittime da più di 20 anni – prima di alzare gli occhi azzurri al cielo, asserendo che lei non aveva idea del fatto che si trovasse in compagnia del cugino.
“E allora perché sei entrata dalla porta di servizio? È molto sospetto. Sicura che eri con Neit?”
“Sì Ezra, puoi chiederglielo tu stesso domani al Ministero, se lo vedi. E sono entrata da qui proprio sperando di evitare tutto questo… Ma visto che l’inquisizione è conclusa, io vado a dormire.”
 
“Aspetta, dove siete stati?”
“Dove lavora Egan.”
 
Caroline si voltò e quasi corse su per le scale, certa di come avrebbe reagito la madre, che infatti impallidì e si portò una mano sulla fronte con fare teatrale:
 
“Santa Priscilla, mia figlia in un pub… In che mondo siamo finiti.”
“Dai mamma, io ci vado sempre, è un bel posto. Puoi venirci anche tu una volta.”
Un sorriso sghembo increspò il bel volto di Ezra, che dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non scoppiare a ridere di fronte all’espressione sgomenta e sinceramente offesa che sua madre sfoggiò nel guardarlo:
IO? IN UN PUB? Sei uno screanzato, vai a dormire!”
“Non ho più dieci anni mamma…”
“Vacci lo stesso!”
 
*
 
 
“Oggi abbiamo parlato di matrimonio, sai? A come sarà strano quando uno di noi si sposerà.”
“Perché, hai qualche pretendente e non me lo dici?”
Ambrose simulò un’espressione sgomenta e Clara sbuffò con un piccolo sorriso, dandogli un colpetto sul braccio e scuotendo la testa:
“No, scemo, al momento a quelle cose non ci penso granché. No, abbiamo pensato a Ric. Inoltre… Hai mai notato una cosa? Da un paio d’anni a questa parte Tommy è un po’ strano con Cherry. Insomma, non sono mai stati particolarmente legati, anche perché hanno diversi anni di differenza, ma ho notato che con lei parla molto di rado.”
“Beh, Thomas è sempre molto educato… Per cosa pensi che sia?”
 
“Non saprei, sembra quasi che in sua presenza si trovi a disagio. Strano però. Insomma, parliamo di Cherry… esiste qualcuno al mondo più adorabile di lei?”
 
Clara si distese sul divano nel salotto ormai quasi buio, illuminato da un fuoco in procinto di spegnersi, e appoggiò la testa sulle gambe del fratello maggiore appena prima che una particolare consapevolezza si facesse strada nella sua testa. Ambrose scorse chiaramente gli occhi castani della sorella minore, ereditati dalla madre, illuminarsi e aggrottò la fronte, chiedendole che cosa stesse escogitando la sua perspicace testolina ma ottenendo come risposta solo il sorrisetto di chi la sa lunga:
 
“Penso che per ora terrò le mie supposizioni per me, fratellone. Buonanotte.”
Clara si tirò a sedere con un colpo di reni, abbracciò il fratello per dargli un bacio sulla guancia e poi si alzò senza dargli il tempo di obbiettare, intimandogli di non andare a dormire troppo tardi mentre usciva dalla stanza. Nel farlo quasi inciampò in Klaus, il Crup del fratello, e la strega imprecò a bassa voce mentre si chinava per accarezzare il cane, che guaì:
 
“Scusa piccolo, non ti ho visto… Vai a dormire anche tu, Klaus.”
Klaus
La strega si alzò con un sospiro e si diresse verso le scale, ripensando all’unica persona che avesse mai conosciuto con quel nome. Non ci pensava da qualche settimana, a lui, ma la domanda di Ambrose glielo aveva fatto tornare in mente.
Chissà come se la passava, in Germania, il suo primo grande amore.
 
*
 
“Voglio che tu faccia una cosa per me.”
“Qualsiasi cosa per te, zia.”
 
“Voglio che tu dia un occhio a Riocard, quando puoi. Non sono abbastanza in confidenza con sua madre per chiederglielo, e Theseus… sai quanto lo adori, ma credo che non sia del tutto lucido per poter prendere le decisioni migliori.”
Amethyst, in piedi accanto a Gwendoline con le braccia strette al petto, aggrottò la fronte e fece per chiedere alla donna di che cosa parlasse, ma l’anziana zia la precedette, distogliendo lo sguardo dalla finestra e voltandosi verso di lei con sguardo grave:
“Tuo fratello è arrabbiato, Amiee… E a volte il desiderio di vendetta ci fa fare scelte sbagliate. Il problema è che anche Riocard si sente così, penso che quel ragazzo covi dentro di sé così tanta rabbia che neanche possiamo immaginarla. E per quanto io gli voglia bene so che questo potrebbe condizionarlo negativamente. Dobbiamo fare in modo che non prenda decisioni sbagliate per se stesso e per la famiglia.”
“Pensi che non debba sposare Caroline, zia?”
“No. Penso che Robert e mio figlio vogliano usarlo per far sì che nulla di ciò che questa casa contiene vada perso. E non penso che sia una semplice avidità data dal valore economico di tutti i beni di George…”
 
“Papà diceva che è il denaro a muovere il mondo e le scelte di chi lo abita.”
Gwendoline si voltò verso la nipote con un sorriso carico di un affetto sincero rivolto in parte a lei e in parte a qualcuno che non era al suo fianco già da molto tempo, e annuì prima di allungare una mano e prendere quella di Amethyst con dolcezza:
“E tuo padre aveva ragione, tesoro. Ma tralasciando un dettaglio non proprio irrilevante: denaro e potere, Amiee. Ecco cosa muove il mondo.”
 
“E le tue rose? Hai idea di chi sia stato?”
“Potrebbe anche essere stato uno scherzo di cattivo gusto, se non fosse che le uniche rose che hanno bruciato sono quelle rosse… quelle bianche sono rimaste perfettamente illese. Non penso che debba spiegarti che cosa significa.”
“No, certo che no. Zia, non pensi che qualcuno della tua famiglia ti farebbe mai del male, vero?”
“Ne dubito, o almeno per ora. Quel che è certo è che qualcuno mi ha consigliato di tagliare i ponti con voi.”
 
 
 
 
 
 
*tondino: recinto circolare, coperto o meno, tipicamente dedito all'addestramento dei cavalli.  
 
 
 
 
………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:
Salve a tutte!
Chiedo scusa per il ritardo, purtroppo giovedì non sono riuscita a mettermi alla tastiera e ieri non ho fatto in tempo a finire il capitolo prima di sera. Avrei voluto pubblicarlo già all’ora di pranzo, ma la rete fa le bizze e non sono riuscita a connettere il PC prima di poco fa -.-
Detto questo, un enorme grazie come sempre per le recensioni che avete lasciato allo scorso capitolo – chiedo scusa per non avervi risposto, ma sono stata abbastanza presa da altro – e per i feedback super positivi che date alla storia <3
Il prossimo arriverà mercoledì, come da manuale, spero sia di consolazione sapere che dovrete aspettare meno del solito per leggere il seguito XD
  • Domanda rapida della settimana per voi: come si comportano i vostri OC negli eventi sociali? (Vi scongiuro di rispondermi quanto più rapidamente possibile, se intendete farlo, perchè ho pochi giorni per scrivere il prossimo capitolo)
 
Buona serata e a presto!
Signorina Granger
 
   
 
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