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Autore: FalbaLove    25/10/2020    2 recensioni
Raccolta di One shots con protagonista Shiho Myano e i vari personaggi della serie in un ipotetico futuro in cui l'Organizzazione è stata finalmente sconfitta.
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[Dalla prima storia]
Due mani ghiacciate e pallide sfiorarono con bramosia la sua pelle del collo per poi stringere con forza: Shiho deglutì a fatica sentendo il fiato venirle meno mentre la vita pian piano si allontanava sempre di più dal suo corpo. Un strano rantolio uscì dalla sua bocca carnosa e due occhi color ghiaccio si iniettarono di eccitazione aumentando sempre di più la stretta sul suo collo.
-No!- l’urlo straziante di Shiho rimbombò forte per tutta la residenza squarciando un silenzio malato. La scienziata si guardò impaurita intorno mentre percepiva chiaramente il sangue pompare forte nelle tempie.
-Era solo un incubo- sibilò la scienziata lasciando che i suoi occhi scrutassero il suo stravolto riflesso allo specchio. La sua pelle candida aveva fatto posto a un pallore malsano mentre i suoi occhi ,stanchi e ancora impauriti, erano contornati da profonde occhiaie violacee che le regalavano un aspetto quasi cadaverico. Ma a Shiho tutto questo non importava, il solo sapere che questa era la realtà la faceva sentire incredibilmente leggera e viva.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Rei Furuya, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Tooru Amuro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sorpresa
 
-Chissà che ore sono... – la domanda quasi causale del dottor Agasa venne accompagnata, neanche a farlo apposta, dai rintocchi precisi e forti del campanile più vicino che risuonarono per undici volte.
Lo scienziato aggrottò le sopracciglia provando, senza riuscirci, ad aumentare il suo passo trafelato e traballante: il suo corpo, dalle misure abbondanti, era ulteriormente caricato da spessi indumenti invernali mentre le sue braccia erano quasi completamente cariche di svariati sacchetti. In più il freddo vento invernale sembrava non dargli pace rendendo la sua camminata ancora più faticosa e barcollante.
-Devo sbrigarmi- continuò rivolgendosi a sé stesso e immettendosi in una stradina unicamente pedonale. I suoi occhi stanchi e contornati da spessi occhiali si soffermarono per pochi secondi a guardare come fosse pressoché l’unico fuori a quell’ora, ma soprattutto quel giorno: le case gremite di gente, le decorazioni variopinte e brillanti e gli alberi adornati da luci calde e soffuse rendevano ancora più evidente come il Natale fosse sempre più vicino. In realtà, per essere estremamente sinceri, mancava esattamente un’ora all’inizio del giorno più desiderato da ogni bambino.
Hiroshi borbottò lasciandosi sfuggire dal braccio sinistro un sacchetto di un rosso accesso che, per sua sfortuna, cadde miseramente a terra svelando un piccolo pacchetto perfettamente incartato.
-Che sbadato- mormorò chinandosi a fatica e facendo attenzione a non far cadere altro. Se non fosse stato per il suo cappotto verde oliva e la sua stempiatura, sicuramente, pensò, molti bambini lo avrebbero scambiato per Babbo Natale visti tutti i regali e pacchi che stava portando. Reprimendo un lamento cercò di ricordarsi che alla fin fine la sua destinazione finale non era molto lontana e riprese, sbuffando e ansimando, la sua camminata.
Quando finalmente, girando un ennesimo cunicolo, vide in lontananza la grande e maestosa villa Kudo, Hiroshi Agasa non riuscì a non trattenere un enorme sorriso che fece ritornare l’espressione buffa e allegra che da sempre lo contraddistingueva. Cercando di evitare gli ultimi cumuli di neve, segno che a Tokyo aveva nevicato in quell’ultima settimana, finalmente si ritrovò davanti al cancello di casa sua e poté farsi sfuggire un sorriso soddisfatto. Si fermò per osservare come in tutta la via la sua dimora fosse l’unica priva di alcuna decorazione o ornamento natalizio, ma questo sembrò non turbarlo affatto. Canticchiando richiuse il cancello dietro di sé e baldanzoso si diresse verso la porta principale. Dalle grandi finestre sembrava non provenire alcuna luce segno, per un occhio poco esperto, che la casa fosse completamente disabitata e priva del suo proprietario. Ed effettivamente nell’ultimo mese era proprio stato così: il dottor Agasa si lasciò sfuggire un lieve rossore ripensando alle settimane trascorse in America con Fusae Campbell, il suo amore giovanile perso anni prima e che ora aveva finalmente ritrovato. In realtà il suo piano era quello di trascorrere anche la fine dell’anno con la donna dai capelli biondi, ma alla fine qualcosa, o per meglio dire qualcuno, gli aveva fatto cambiare idea.
-Oh, che mal di schiena- sospirò l’uomo appoggiando a terra i vari sacchetti alla ricerca, disperata, delle chiavi di casa. Nonostante dall’interno dell’abitazione non provenisse alcun rumore, o segno di vita, l’inventore sapeva benissimo che dentro vi era la ragione che l’aveva spinto a rientrare: Ai Haibara. Le sopracciglia del professore si aggrottarono di fronte al ricordo di quel nome. No, Ai Haibara non esisteva più, Shiho Myano aveva preso il suo posto. Era passato quasi un anno da quando l’Organizzazione Nera era stata definitivamente sconfitta e da quando Conan e Ai avevano preso l’antidoto eppure, proprio come un povero vecchio, Hiroshi faceva ancora fatica a chiamara la sua Ai con il nome di Shiho.
-Eppure sono certo di averle messe qui- mormorò leggermente alterato rovistando per ancora un’altra manciata di secondi dentro la profonda tasca destra del suo cappotto. Avrebbe potuto benissimo suonare e aspettare di farsi aprire da Shiho, ma a quel punto tutta la fatica di ritornare in fretta e furia, senza dire niente a nessuno, sarebbe risultata pressoché inutile. Questo sarebbe stato il primo Natale che la ramata avrebbe trascorso nei panni di Shiho Myano e lui desiderava ardentemente esserci. Dopotutto oramai Ai per lui era come una figlia e sapeva che, nonostante i diversi inviti da parte di Shinichi e di Ran per trascorrere il Natale insieme a loro, la scienziata lo avrebbe passato in solitaria. Per questo c’era lui e i numerosi regali di Natale che le aveva preso dall’America con l’aiuto di Fusae.
-Finalmente- esclamò con gioia l’inventore tirando fuori quello che sembrava un mazzo di chiavi.
-Lo sapeva che erano qui- continuò estremamente soddisfatto avvicinandosi verso la porta di casa.
Il buio e il silenzio provenienti dall’interno della sua abitazione non lo sorpresero affatto. Sorridendo per l’ordine manicale che il suo salotto aveva, un ordine che, a detta di Shiho, riusciva ad ottenere solo buttando in cantina tutte le sue inutili invenzioni, richiuse silenziosamente la porta dietro di sé. Probabilmente, pensò, Ai si trovava nel suo laboratorio. Facendo attenzione a non inciamparsi sul tappetto persiano che la scienziata tanto lo aveva pressato di comprare, Hiroshi abbandonò il suo cappotto e i relativi bagagli sul divano. Qualcosa però attirò la sua attenzione: dalla cucina, una flebile luce sembrava essere l’unico segno che quella casa non fosse completamente disabitata. Una figura infatti, mezza nascosta dall’anta, si trovava davanti al frigo probabilmente intenta a decidere cosa fare per cena.
Hiroshi tastò per alcuni secondi alla ricerca dell’interruttore per la luce non riuscendo a trattenere un enorme e sincero sorriso.
-Buon Natale, Ai- gridò eccitato accendendo la luce, ma la sorpresa non andò come se l’era immaginata. La prima cosa che infatti notò furono due natiche completamente nude accompagnate da una schiena altrettanto... nuda.
-Non ho visto niente!- gridò imbarazzato l’inventore coprendosi frettolosamente gli occhi con la mano mentre un strillo si levò per tutta la stanza.
-Mi dispiace Ai, davvero credimi, sono mortificato- mormorò Hiroshi. Dall’altra parte però non ricevette alcuna risposta, cosa strana per una come Shiho: in realtà, ora che ci pensava meglio, non era l’unica cosa strana. C’era qualcosa d’altro che sembrava non tornargli: addominali scolpiti, una chioma di un biondo chiaro e brillante e infine una pelle troppo scura.
-Si può sapere cosa è successo?- Agasa non fece neanche in tempo a ragionare su quei particolari bizzarri che la voce fredda e seccata della ramata piombò da dietro le sue spalle seguita da passi pesanti e spazientiti.
-Dottor Agasa?- sibilò sorpresa mentre il professore percepì chiaramente una terza figura fermarsi a pochi passi dietro di lui, e non davanti.
-Ai, ehm Shiho, ti giuro che non ho visto niente- borbottò l’inventore girandosi di 180 gradi. Quel movimento però sembrò risvegliare finalmente qualcosa nella mente confusa dell’inventore che, lasciandosi sfuggire un cipiglio, finalmente si tolse le mani dal volto.
-Non è possibile- borbottò confuso fissando il volto della scienziata che mostrava una espressione tra il sorpreso e il seccato.
-Ma se tu sei qui... - continuò Hiroshi.
-Mostrati chi sei, farabutto- tuonò parandosi davanti alla ragazza e riservando la sua più completa attenzione alla figura oramai quasi totalmente nascosta dietro lo sportello del frigorifero, ad eccezione di due piedi abbronzati e lunghi.
-Non è come sembra- sibilò lo sconosciuto, ma il professore fu molto più veloce ed estrasse dalla tasca dei pantaloni color kaki il cellulare.
-Dimmi, sei dell’Organizzazione? Chi ti ha mandato? Ti avverto che sto chiamando la polizia- ma l’uomo non fece in tempo a digitare tutti i numeri che una mano gli rubò il telefono dalle mani.
-La volete smettere con questo inutile teatrito?- tuonò Shiho incrociando esasperata le braccia sotto al seno, ma l’unica risposta che ottenne fu un’occhiata preoccupata e persa da parte del dottor Agasa.
-Forza, esci che devo finire di asciugarmi i capelli- continuò però imperturbabile la ramata rivolta, questa volta, allo sportello del frigorifero.
-Io non capisco- biascicò sempre più confuso l’inventore, ma la sua frase sconnessa venne interrotta per una seconda volta dalla voce dello sconosciuto.
-Le giuro, dottor Agasa, che posso spiegarle tutto- mormorò lo sconosciuto, ma questa volta il tono risultò estremamente familiare a Hiroshi. Shiho, sbuffando e sospirando, lanciò un asciugamano all’uomo misterioso.
-E ora esci, idiota- tuonò glaciale senza mostrare alcuna espressione sul viso prima di ritornare a fissare con sguardo serio il volto sempre più attonito del professore.
-Allora posso sapere come mai è già tornato?-  
-Natale... Regali... Sorpresa- sibilò ancora sotto shock l’uomo indicando i pacchetti lasciati disordinatamente sul divano. Gli occhi grigi della ragazza brillarono alla vista delle buste come quelli di una gazza ladra.
-Beh, avrebbe potuto avvertire, ma sono contenta che sia tornato- disse lasciandosi sfuggire un debole sorriso.
-Però ora vada a cambiarsi che è quasi pronta la cena. Io torno ad asciugarmi i capelli- concluse decisa scostando dal volto una ciocca bagnata e ramata. Agasa deglutì a fatica.
-Ma si può sapere chi è quell’uomo, Ai?- tuonò aggrottando le folte sopracciglia e indicando la figura ancora sapientemente nascosta. Il volto di Shiho si distese dalla sorpresa come se avesse già dimenticato la presenza di una terza persona nell’abitazione.
-Uomo?- sospirò ilare, ma non ebbe il tempo di aggiungere l’uomo.
-Ti sento!- tuonò offesa la voce sempre più famigliare al dottor Agasa. Shiho si lasciò sfuggire un sogghigno prima di ritornare a fissare l’uomo che l’aveva cresciuta.
-Ah, lui? È solo Amuro- rispose dirigendosi verso la porta del bagno e chiudendola, pochi secondi dopo, dietro di lei. Hiroshi rimase immobile per alcuni secondi sbattendo le palpebre.
-Amuro? Ma chi è... – ma all’improvviso il dottor Agasa si ritrovò privo di qualunque altra parola. L’immagine dell’ex cameriere del Cafè Poirot, scopertosi successivamente agente sotto copertura per la Polizia Nazionale Giapponese, balenò nella sua mente.
-Salve dottor Agasa- mormorò quello facendo capolinea solo con la testa da dietro lo sportello del frigorifero.
-Spero abbia fatto buon viaggio- continuò sfoderando un sorriso tirato mentre goccioline d’acqua scivolarono veloci sulle sue tempie a partire dai capelli.
-Tooru si può sapere cosa ci fai qui?- continuò sempre più confuso Hiroshi mentre il corpo nudo e scolpito dell’agente fuoriuscì finalmente da dietro lo sportello coperto, questa volta, solo da un asciugamano.
-Ecco... veramente- farfugliò il giovane grattandosi nervosamente i capelli.
-Deve sapere che io e Shiho... – bofonchiò senza dare né capo né coda alle sue parole. Un enorme sorriso si dipinse sul volto paffuto dell’inventore che si diede mentalmente dello sciocco.
-Immagino che tu stia cercando di dirmi che tu e Ai siete fidanzati- disse allegramente facendo sparire tutto lo stupore dal suo viso. Poi, senza aggiungere altro, si diresse in direzione dei fornelli dove una zuppa bolliva allegramente.
-Esatto- annuì Rei trovando che più le parole fuoriuscivano dalla sua bocca, più sembrava un emerito deficiente.
-Ma non è arrabbiato?- continuò mentre l’inventore sembrava oramai completamente rapito dal profumino emanato dalla zuppa.
-Ragazzo mio, perché dovrei esserlo?- sospirò quello estraendo un cucchiaio di legno da un cassetto e facendolo girare vigorosamente nella minestra.
-Non ci provi neanche ad assaggiarla- la voce di Shiho fece sobbalzare entrambi.
-Non è ancora cotta e in più rischierebbe di scottarsi- continuò avvicinandosi all’uomo con uno sguardo severo che avrebbe fatto tremare anche la persona più impavida.
-E tu- sibilò fissando esasperata l’Agente Zero.
-Perché non ti sei ancora andato a cambiare?- disse portandosi le mani sui fianchi.
-Suvvia Ai, non essere così dura con il tuo fidanzato- si intromise il dottor Agasa lasciando perdere, contro voglia, la zuppa e fissandoli con occhi dolci e amorevoli. Rei deglutì prima di iniziare a fare dei gesti disordinati con le mani, ma il danno oramai era fatto.
-Fidanzato?- tuonò alzando un sopracciglio la scienziata.
-Tu gli hai detto che sei il mio fidanzato?- continuò riservando occhiate di fuoco all’ex cameriere del Poirot. In quello stesso istante però forti rintocchi scandirono l’arrivo della mezzanotte mentre l’allarme della sveglia decretò la fine della cottura della minestra.
-Buon Natale, ragazzi miei- esclamò gioioso Hiroshi Agasa divorando un primo cucchiaio della zuppa deliziosa e osservando con un grosso sorriso e con fare paterno l’inizio della sfuriata da parte della ramata e delle scuse poco convinte da parte dell’ex membro dell’Organizzazione nera.
   
 
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