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Autore: JennyPotter99    25/10/2020    1 recensioni
Sono qui, adesso.
Sto guardando le mie mani tremare e credo che quelle che scendono sulle mie guance siano lacrime.
In realtà non so perché sono dispiaciuta, lo conosco da neanche due mesi.
Eppure, mi dispiace, perché mi rendo conto che si è creato qualcosa di speciale.
Qualcosa che nemmeno lui si aspettava di trovare.
Lui è uno di loro ed io non posso farci niente.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Peter Rumancek, Roman Godfrey
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Sono qui, adesso.
Sto guardando le mie mani tremare e credo che quelle che scendono sulle mie guance siano lacrime.
In realtà non so perché sono dispiaciuta, lo conosco da neanche due mesi.
Eppure, mi dispiace, perché mi rendo conto che si è creato qualcosa di speciale.
Qualcosa che nemmeno lui si aspettava di trovare.
Lui è uno di loro ed io non posso farci niente.
 
Qualche mese prima – Hemlock Grove
 
Hemlock Grove era sempre stata una cittadina strana.
Non mi ero mai resa conto fino a che punto.
Di certo non mi aspettavo di essere al sicuro, ma il coraggio e la sfrontatezza sono sempre stati tratti ben visibili del mio carattere.
Se qualcuno avesse tentato di rubarmi la borsa, gli avrei dato semplicemente un calcio sulle palle.
Questo non vuol dire che i ladri siano solo uomini, però si capisce il concetto.
Mi ricordo una volta, quando avevo 6 anni, ho estratto una caramella dal pacchetto di un supermercato e me la sono messa in bocca.
E’ inteso come rubare?
Beh, la mia gente ruba fin da quando ne si ha memoria.
Siamo stirpe di persone che hanno sempre viaggiato per strada, migrando per il mondo.
La mia famiglia, in particolare, era parente antica dei Pavee, gli irish travels, i viaggiatori irlandesi.
“Era”, perché erano tutti morti, io sono rimasta da sola e non sembravo nemmeno irlandese.
Non ricordavo molto il giorno della morte dei miei genitori.
Avevo solo quattro anni quando è successo.
Erano morti in un incidente casalingo col gas.
La casa era andata a farsi fottere.
Io fortunatamente non mi trovavo lì, ma all’asilo.
E’ lì ho conosciuto Peter.
Non sarei sopravvissuta senza di lui e la sua famiglia.
Un’altra curiosità sui miei genitori, è che erano medium, soprattutto mia mamma.
Sì, quella cosa dove si legge la mano, o la palla di cristallo, per vedere il futuro.
Per questo mi era stato facile integrarmi con la famiglia di Peter: anche sua cugina era medium.
Diceva che lo sarei diventata anche io, molto presto.
Ma gli anni passavano e non c’era nemmeno l’aria di una piccola profezia.
Durante le notti non mi capitava neanche di sognare come fanno tutte le persone.
La cugina di Peter, Destiny, mi aveva cresciuta e ospitata fin da subito.
Destiny abitava nella stessa casa in cui lavorava: chiedeva soldi in cambio di una chiamata dall’aldilà.
Non era una vera truffa, lei lo sapeva fare davvero.
Con i miei genitori non l’aveva mai voluto fare: ho iniziato a sospettare che ci fosse qualcosa che non voleva dirmi o che voleva che venissi a sapere.
Ma il vero tassello magico della mia vita, era Peter Rumancek.
Peter era come uno di quei ragazzi che conosci da quando hai il pannolino e che diventano inevitabilmente il tuo tipo.
L’ultima volta che lo avevo visto la sua barba aveva iniziato a crescere.
Ricordavo una folta chioma di capelli neri, sbarazzini e un paio di occhi azzurri come il mare.
Era bellissimo.
Durante l’estate non avevo dimenticato il suo volto neanche per un secondo.
Lui viaggiava sempre con sua madre, ma apparteneva ad Hemlock Grove proprio come me.
Alla fine dell’estate, seppi da Destiny che sarebbe tornato alla vecchia roulotte dove viveva con sua madre Lynda.
Il giorno prima dell’inizio della scuola, corsi il più veloce possibile con la mia bici verso l’inizio del bosco, vicino al lago sporco.
A diciassette anni, la bici era l’unica cosa che potevo permettermi, ma, salvo le prese in giro a scuola, non mi dispiaceva il vento tra i capelli.
Insistevo nel dire che non somigliassi per niente ad un irlandese perché i miei capelli erano ondeggianti e rosso rame, sul marrone.
Avrei dovuto essere chiara e invece ero più scura della notte.
Anche Peter veniva preso in giro per la sua eccessiva peluria.
Ma c’era un motivo.
Peter era un lupo mannaro.
E non scherzo.
La prima volta che lo vidi trasformarsi, durante la luna piena, svenni.
Non era mai stata una bella cosa da vedere, ma era la sua natura e una forma che si tramandava di Rumancek in Rumancek.
Non aveva mai avuto paura di lui.
Pedalai fino alla vecchia roulotte e lasciai la bici vicino alla loro auto.
Sulla strada, prima della roulotte e del lago lurido, c’era una piccola discesa che percorsi in fretta.
Fu allora che lui uscì dalla porta: non era cambiato di una virgola.
Stessa corporatura, capelli, barba e il solito abbigliamento da cowboy.
Aveva immaginato quel momento per tutta l’estate e andò perfino come lo aveva progettato.
-Peter!- gridai, correndogli in contro.
Lui sgranò gli occhi, sorridendomi.- Lily!- esclamò, aprendo le braccia.
Gli saltai addosso, avvinghiando le mie gambine al suo bacino.
-Mio Dio, quanto sei bella!- commentò, facendo una giravolta.
-Mi sei mancato.- borbottai, senza volermi staccare.
Peter aveva sempre avuto un buon odore di muschio, quello buono, non quello ammuffito che si può credere.
La sua essenza emanava natura da tutti i pori.
Era una cosa rilassante.
-Sono passati solo tre mesi.- replicò lui, ridacchiando.
Gli diedi una pacca sul petto, riemettendo i piedi per terra.- Che vuol dire?! Sei il mio migliore amico!-
Mi faceva strano dire quelle parole, dato che non lo consideravo affatto come tale.
Fu in quel momento che anche Lynda venne fuori dalla roulotte. -Oh, wow, la piccola Lily.-
Per i Rumancek io ero sempre la piccola Lily, non ero molto cresciuta con l’avanzare dell’età: tutti i miei coetanei erano alti più di me.
-Ciao Lynda.- le dissi, baciandole la guancia.
-Stavo giusto montando l’amaca, fatevi un giro!- continuò, passandoci due birre aperte.
Notai quindi un’amaca legata a due alberi, vicino a delle poltrone impolverate tra le foglie.
Mi sistemai su un lato dell’amaca e Peter dall’altro.
-Allora, che è successo durante l’estate?- mi chiese lui, sorseggiando.
-Niente di che, mi sono annoiata parecchio senza di te…Destiny ha fatto un bel po' di sedute spiritiche…- raccontai, cercando di ricordare.- Le gemelle hanno perso la verginità, hanno messo praticamente i cartelloni.-
-Intendi le figlie dello sceriffo?-
-Sì, quelle due stronzette che si portano con se Christina Wendell come fosse lo strascico di un vestito da sposa.-
Peter mi sorrise, mostrando i canini perfetti.- Tu non ti faresti mai mettere nel sacco da ragazze come loro.-
Gli feci un occhiolino.- Hai afferrato bene: io gli amici so scegliermeli, per questo ci sei solo tu.-
Non era per questo che non avevo altri amici.
Il fatto era che c’era stato sempre e solo Peter.
Parlavo anche con altra gente, a scuola, ma lui era l’unico e il solo.
O forse volevo io che fosse così.
Preferivo averlo accanto in quel modo che dirgli la verità, dirgli che ero cotta da lui da sempre.
Beh, forse non ero poi così tanto coraggiosa.
Non quando si trattava di Peter.
***
Per il primo giorno di scuola, decisi di indossare i nuovi jeans che mi ero comprata con le mance del lavoro.
Ogni tanto l’azienda di giornalismo della città, mi faceva distribuire i giornali per le case di Hemlock Grove.
Per questo la bici.
Sapevo a memoria tutte le case della città: spesso mi soffermavo a pensare a quale avrei comprato una volta cresciuta e trovato un lavoro più stabile.
Se avessi dovuto sognare in piccolo, mi sarebbe bastato un monolocale con un solo piano, ma doveva per forza esserci una cantina piena di alcool.
Se avessi dovuto sognare in grande, invece, o se, beh, avessi vinto alla lotteria, una villa come la reggia dei Godfrey sarebbe stata perfetta.
Ammetto che qualche volta avevo sbirciato dalla finestra, però non ero riuscita a vedere un gran che.
I Godfrey erano praticamente i re di Hemlock Grove.
Al centro della città, ergeva la loro Torre Bianca.
Una cinquantina di piani in cui J.D. Godfrey aveva costruito la sua azienda farmaceutica.
A quanto sapevo, J.D. si era suicidato qualche anno prima, lasciando la moglie e due figli.
Non avevo mai visto i suoi figli, probabilmente frequentavano una scuola privata, dato tutti i soldi che possedevano.
Ogni volta che mi soffermavo a guardare quella torre, credevo che arrivasse fin oltre le nuvole.
Misi il piede sul pedale e continuai verso la scuola.
Lo sceriffo Sworm accompagnò le sue figlie e Christina davanti all’entrata con la macchina della polizia.
Grazie a lui, non succedeva un gran che ad Hemlock Grove.
Da quella distanza, vidi entrare anche Peter e lo salutai con la mano, sorridendo.
Attraversai la strada per arrivare all’entrata, quando invece mi ritrovai stesa a terra.
Un’auto mi venne addosso, facendomi cadere sull’asfalto.
-Cazzo!-
Sentii la fronte bruciarmi e, toccandola appena, capii che mi stava uscendo del sangue.
Mi passai una mano sugli occhi, avevo la vista offuscata per il colpo.
Nello stesso momento, qualcuno scese dalla macchina.
-Ehi, stai bene?-
Sbattei più volte le palpebre e allora mi resi conto che non era una macchina, ma una limousine bella grossa.
Il tizio che mi parlò non era quello che stava guidando, dato che era appena sceso dallo sportello posteriore.
-Bene?! Il tuo cazzo di autista mi ha investito!- esclamai, notando poi che la ruota della bici era tutta storta.- Cazzo, la mia bici!-
-Mi dispiace, la porterò a far riparare.- continuò lui, prendendomi per il polso per farmi alzare.
Sollevai la bicicletta e fu allora che i nostri occhi si incrociarono.
Non era una persona qualunque, quello era Roman Godfrey.
Cioè, no, non mi era fregato un cazzo di chi fosse, mi faceva male la faccia.
Sentii il sangue scendermi sulla palpebra, mentre mi tolsi dalla strada, dopo aver fatto un bel dito medio all’autista.
-Scusa, John è un alcolizzato.- aggiunse Roman, estraendo dalla tasca un fazzoletto di seta.
Me lo avvicinai all’occhio e capii che la ferita era sul sopracciglio.
Meglio così, le mie sopracciglia erano talmente folte che non se ne sarebbe accorto nessuno.
Tornai finalmente a guardare meglio e lo osservai.
Roman era proprio il tipico figlio di papà, pieno di soldi.
Gli stivali marroni e il montgomery nero e lungo.
Ci misi un bel po' per passare dalle sue scarpe al suo viso: era altissimo.
-Sei un cazzo di gigante.- commentai, senza pensarci, probabilmente per via della botta alla testa.
Roman ridacchiò.- Me lo dicono spesso, sì.-
In quello stesso attimo, suonò la campanella della prima ora.
-Beh, signor gigante, vado in classe.- aggiunsi, continuando a premere il fazzoletto.
-Cosa? No! Devi andare in infermeria, potresti avere una commozione celebrale!- esclamò, sbarrandomi la strada.
-Non posso, ho spagnolo alla prima ora e l’anno scorso facevo schifo.- borbottai, asciugandomi velocemente il sangue rimasto.
-Sono Roman, comunque.- mi disse, porgendomi la mano.
La mia non gliela diedi, ma restituii il fazzoletto. -Lo so chi sei.- affermai, prima di correre in classe.
Forse ridargli il fazzoletto insanguinato non era stato proprio una cosa educata: Roman aveva l’aria di chi avrebbe chiamato le guardie del corpo se qualcuno gli avesse fatto un torto.
Corsi nella classe di spagnolo e immaginai che il posto vicino a Peter fosse già occupato.
Infatti, la gemella cattiva si era già ben accomodata.
Peter alzò le spalle e io fui costretta a mettermi vicino a Christina.
-Dove eri finita?- mi domandò lei, mettendosi una ciocca dei suoi lunghi capelli marroni dietro l’orecchio.
-Un coglione mi ha investito e distrutto la bici.- spiegai, prendendo i libri dallo zaino.
-Oh finalmente diremo addio a quel catorcio.-
Christina Wendell non era mai stato un gran che riguardo a simpatia: si capiva perché frequentava le figlie dello sceriffo solo perché erano popolari.
Però era l’unica amica che avevo, salvo Peter.
Per questo ero felice che fosse tornato in città.
Christina si voltò verso il suo banco e lo notò.- Ah, è tornato lo zingaro.-
Alzai gli occhi al cielo, infastidita.- Ti ho detto di non chiamarlo così.-
-Ho sempre notato che avesse l’indice e il medio della stessa lunghezza.-
-E quindi..?-
-E’ tipico dei licantropi.-
Solo io e la famiglia di Peter sapevamo della sua vera natura, non lo avevo mai detto a nessuno e nessun altro doveva saperlo.
Tutta Hemlock Grove sarebbe entrata nel panico, altrimenti.
Avevo letto che i lupi mannari si trasformavano solo con la luna piena: se lo avessero fatto con una luna diversa, ci sarebbero state conseguenze gravi.
Il peggiore era quello di rimanere lupo per sempre.
-Tu leggi troppi libri.- commentai, per sviare il discorso.
-Beh, è carino.-
Lo so Christina, lo so.
A quel punto, ecco entrare in classe la professoressa insieme a Roman.
In confronto a lui, lei pareva uno scoiattolo.
-Allora ragazzi, diamo il benvenuto al nostro nuovo compagno Roman Godfrey.- disse la donna, indicandogli un posto libero al banco parallelo col mio, vicino alla finestra.
Roman fece un cenno con la mano.- Hola.- bofonchiò, prima di togliersi il montgomery e sedersi.
Allora era vero che avrebbe frequentato la mia stessa scuola, mi chiedevo solo perché non fosse rintanato in una di quelle scuole private in cui ci si mette la divisa e i bagni sono più puliti della nostra bocca.
Mi pregai di stare attenta o avrei avuto di nuovo un debito in spagnolo, quando, durante la lezione, mi arrivò una palletta di carta dal banco di Roman, quasi in un occhio.
Mentre io lo guardai male, lui mi fece un sorrisetto.
Aprendolo, lessi la scritta Scusa.
Non avevo bisogno di scuse, ma solo che mi riparasse la bici.
La mia concentrazione se ne andò letteralmente nel secchio perché finalmente riuscii ad inquadrarlo meglio.
Aveva il viso pallido, il ciuffo di capelli biondo scuro sistemato per bene con il gel, gli occhi scavati e azzurri, con le labbra carnose e a cuoricino.
Non avevo mai visto nessuno come lui, era un tipo particolare, proprio come Peter.
E ne esistevano davvero pochi.
   
 
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