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Autore: Urban BlackWolf    25/10/2020    4 recensioni
Come la vite, ogni essere umano ha un lato esposto al sole ed uno all’ombra. Un lato più caldo ed uno più freddo, che non sempre riescono a convivere, anzi, che spesso e volentieri cozzano l’uno contro l’altro creando dissonanza, una profonda lacerazione interiore che rende tutto confuso e complicato.
Come la vite, ogni essere umano porta frutto e lo dona agli altri, ma a seconda delle stagioni e delle cure ricevute, lo fa generosamente o meno.
Come la vite, ogni essere umano ha bisogno di sentirsi amato, spronato e protetto per dare il meglio di se, senza soffocamenti o costrizioni.
E come la vite che allunga i tralci verso la pianta accanto, anche gli esseri umani sono alla costante ricerca dell’anima affine alla quale potersi tendere ed intrecciare.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Minako/Marta, Starlights, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Tralci di vite

 

I personaggi di Haruka Tenou, Michiru Kaiou, Mamoru Kiba, Usagi Tzuchino (Usagi Tenou), Minako Aino (Minako Tenou), Seiya Kou e Yaten Kou, appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf


 

 

 

Epilogo - Presente e futuro

 

A braccia conserte stava fissando il locale già da un po’. Con lo sguardo torvo di un rapace appollaiato su un ramo in attesa di una preda, se ne stava appoggiata sulla sella della moto parcheggiata dalla parte opposta dello spiazzo che dava sull’entrata. E si che sapeva già che avrebbe pagato quella sbruffonata con un’infreddata.

Aveva solcato l’aria fredda con la sua Rose decisa a prendersi una rivincita nei confronti di Kaiou, vogliosa di divertimento e di quella trasgressione che tanta cattiva fama le aveva portato nel microcosmo femminile della sua zona. Varcando il territorio della Provincia confinante si era spinta lontano più del solito, vagabondando per ore, poi le luci di un grazioso localino latino americano e la fauna prettamente femminile che vi gironzolava intorno, l’avevano invogliata a fermarsi.

Già, una rivincita, come se poi Michiru le avesse fatto chissà cosa, come se l’avesse tradita o ferita. In quell’occasione Haruka poteva benissimo dire di aver fatto tutto da sola, di essersela cantata e suonata, di aver giocato con un aspide addormentato venendone inesorabilmente morsa a sangue. Non che non lo capisse, altrimenti sarebbe già entrata, ma sentiva ugualmente l’orgoglio urlarle dentro di riprendersi la sua libertà ed anche starsene così, ferma come un’imbecille in attesa di chissà cosa, poteva dirsi una vendetta più che soddisfacente. Sapere che avrebbe potuto abbordare chiunque avesse voluto finendo quella serata con la più classica botta e via, le stava provocando qualcosa di perversamente eccitante.

Potrei, dovrei, vorrei? Erano le tre domande che le stavano rodendo l’anima. Avrebbe davvero potuto fregarsene di tutti i castelli campati per aria fatti per la violinista e tornare quell’essere chiuso all’amore spavaldamente proteso alla sola contemplazione di se? Avrebbe dovuto distruggere tutto in nome di un qualcosa di non ben definito che oscillava tra la pura gelosia e la rabbiosa convinzione di non poter far altro che fidarsi incondizionatamente di una donna che ancora non conosceva? Ed infine, vero punto nodale e chiave di volta di quella miscellanea di sentimenti che stava provando per Michiru, voleva veramente tornare ad essere, anche se solo per una notte, il diavolo biondo che l’aveva portata a varcare spesso e volentieri perversioni più o meno spinte?

Respirando profondamente l’aria della sera, guardò la stellata che stava ammantando il cielo. Neanche a dire di entrare solo per bere qualcosa, perché se avesse oltrepassato quella soglia sarebbe stato dannatamente difficile non combinare qualcosa.

Vorrei un qualcosa di forte, pensò incassando il collo nella sciarpa.

Aveva il sangue infetto Haruka e lo sapeva bene, avvelenato dal blu profondissimo di due occhi splendidi e forse per un tipo come lei era quella la cosa più destabilizzante.

Bene Tenou, ora che sei qui... cosa vorresti fare? - Se li vedeva puntati contro quegli occhi severi e pericolosi come due calibro 64. - Vuoi tradirmi? E per quale motivo? Ho forse fatto qualcosa di sbagliato per meritarmi tanta mancanza di rispetto?”

Eccola li, bella da mozzare il fiato la sua dea dell’archetto, maglio alla gola, corrosione per i nervi, aritmia per un cuore ormai schiavo, ferma in piedi a qualche metro da lei, a fissarla giudicatrice. Il suo vestitino chiaro, i sandali allacciati alle caviglie, l’orologio al polso sinistro, le mani strette l’una contro l’altra sul grembo e i capelli mossi adagiati sulle spalle fiere.

Possibile che una donna intelligente come te non ci arrivi? Il non averti ancora detto che ti amo non ti da il diritto di comportarsi come il più classico stereotipo maschile.”

Haruka chiuse gli occhi e poi li riaprì solo per costatare che quello spettro era ancora li, davanti a lei. Perché non mi lasci in pace?

Pensò e lei le risposte. “Io? Guarda che sei tu che non vuoi farlo.”

“Allora che fai, non entri?” Una voce squillante dall’accento latino la fece voltare di scatto. Alla sua sinistra, proprio accanto alla coda della moto, una moretta dalla carnagione scura le sorrise con simpatia.

“Scusa, non volevo disturbarti, ma vedi dovrei sapere se ho perso una scommessa con loro. - Puntando l’indice verso un punto dello spiazzo indicò tre donne sghignazzanti. - Le mie amiche dicono che stai ferma qui in attesa della tua ragazza, mentre io…”

Inclinando il busto all’indietro Haruka guardò le altre per poi tornare a fissarla. “Tu?”

“Io credo che si, tu stia aspettando qualcuna, ma non la tua ragazza.”

Una frase tra lo sfacciato e l’ingenuo che attirò la bionda molto più del suo fascino esotico.

“A si?” Esplose montando il suo solito sorrisetto sornione.

“Si… Corretto?” Chiese facendo altrettanto.

“Può essere. Cosa ti rende tanto sicura che io non stia aspettando la mia donna? Magari lavora qui.”

Accarezzando Rose con lo sguardo, la moretta affermò che con una serata tanto fredda, se fosse venuta a prendere una persona importante lo avrebbe fatto in macchina.

“Mi sembri un tipo protettivo. La moto va bene in estate, per corse sfrenate verso la costa, non per l’inverno, dove la tua donna potrebbe soffrire il freddo.”

Alzando le sopracciglia, Tenou fece una specie di reverenza con il capo. “Perbacco, che acume.”

“Grazie e poi le moto sono… - Spostando sapientemente gli occhi dalla Ducati alla bionda, proseguì sempre più sicura. - … più per cacciatrici che per mamme chiocce.”

Un paio di secondi ed Haruka sbottò in una fragorosa risata. “Mamma chioccia io?!”

E’ carina e molto spigliata…, sembra il tuo tipo. Cosa aspetti?” Nuovamente la voce di Kaiou sempre rimasta li, ferma davanti a loro, come un ologramma, memento mori della sua coscienza.

Potrei farlo, pensò la bionda fissando lo spiazzo vuoto con un impeto di rabbia.

Allora fallo!”

Bada Kaiou!

“Dunque?”

“Come?”

“Ho vinto la mia scommessa?”

“Mmmm, in un certo senso…”

Smorfiando le labbra carnose l’altra lanciò lo sguardo scuro alla porta del locale e al capannello di fumatrici quasi pronte a rientrare. “Non mi sembri molto convinta.”

“Non è facile.”

“Cosa? Entrare a divertirti un po’?” Osò.

“Già.” E per un tipo pragmatico come lei quella frase aveva il sapore di un’eresia.

Afferrandole il braccio la moretta la strattonò un poco ammiccando convincente. “Allora sarò io a decidere per te! E poi sono di ottima compagnia.” Disse mentre l’immagine di Michiru spariva alle sue spalle e dalla mente di Haruka.

 

 

L’aria del primo mattino era frizzante, ma non fredda come quelle del fine settimana appena trascorso. Il silenzio che stava ancora avvolgendo tutta la masseria Tenou, era rotto solamente dal gracchiare di alcune cornacchie in lontananza e dal martellare metallico proveniente dalla rimessa. Intenta a caricare sulla carriola la legna per la giornata, Giovanna sentì l’avvicinarsi di un motore e fermandosi quasi a ridosso del cancello d’entrata, fissò la strada aspettando. Solo lei ed Haruka erano già attive, perciò visto che le altre due sorelle si stavano ancora aggirando per la casa come due zombie in pigiama, poteva trattarsi solamente di Yaten.

Costretto a pernottamenti lontani da Minako per via del poco spazio e di una casa piena zeppa di donne, andava e veniva dal suo appartamento in paese come un colibrì impazzito. Povero figlio, costatò la maggiore sorridendo all’enorme pazienza che stava dimostrando il ragazzo.

Smentendo però ogni previsione, al posto del mezzo del suo futuro cognato comparve un taxi. Corrugando la fronte la donna abbandonò la carriola aprendo il cancello. Qualche secondo e al fermarsi della macchina sulla piazzola antistante, una delle due portiere posteriori si aprì lasciandola di sasso.

“O Dio del cielo! E tu? Da dove spunti fuori?”

“Da un posto molto freddo. Ciao Giovanna.”

 

 

L’ennesima martellata ed Haruka capì di stare passando il tempo a prendersela con la scocca del suo povero Landini. Un’opera minuziosa ed alquanto sadica che non avrebbe portato a niente.

“Oggi non và, scusami vecchio amico.” Stiracchiandosi si alzò stancamente dalla latta di gasolio che stava usando come sgabello e poggiando il martello sul pararuota, accarezzò la carrozzeria provata da anni di duro lavoro su e giù per i vigneti.

“Avresti bisogno di una bella revisionata, ma proprio non ci sto con la testa.”

Forse se avesse riacquistato un po’ di sonno le cose sarebbero andate meglio, ma da quando aveva discusso telefonicamente con Michiru non era più riuscita a chiudere occhio.

“Sarebbe anche potuta scoppiarmi un’atomica sulla testa e sarei stata in grado di prender sonno lo stesso! E invece… L’ennesima cosa che dovrei mettere in conto a quella mantide religiosa dallo spartito facile.” Borbottò sentendosi tutte le ossa peste.

Per lei era ormai diventato impossibile farsi una bella dormita. Aveva provato ogni tipo di rimedio, dal casalingo fatto delle tisane serali di Minako condito con le chiacchiere di Usagi e Giovanna, a quello più trasgressivo basato sui giri in moto senza una vera meta e se per i primi non aveva ottenuto altro che alzate notturne per andare in bagno ed orecchie fumanti, per il secondo il risultato era stata la frustrazione più totale. E si, nella nuova condizione di Tenou Haruka, dottore in Agraria e giovane imprenditrice vinicola, c’era anche questo; l’aver scoperto di non riuscire più a togliersi dall’anima una donna tanto da non poterne più toccare un’altra.

“E che palle… Chi l’avrebbe mai detto.” Lagnò sentendo Giovanna chiamarla.

“Haruka… esci, c’è una cosa per te.” Urlò la maggiore euforica.

“Che vuoi?” Chiese l’altra sfilandosi il lattice dei guanti dalle dita.

Un bagno nel primo sole del mattino e gli occhi le diventarono due fessure verdi. “Allora?”

“Guarda qui chi ho trovato fuori dal cancello?”

Spostandosi da un lato Giovanna allungò un braccio verso la forestiera che guardando la bionda stirò le labbra arpionando con la mano la cinghia della borsa. “Ciao Haruka.” Disse e a Tenou si fermò il cuore.

“Mi… chiru?” Soffiò abbandonando i guanti in lattice nella destra mentre passandole accanto la maggiore le lanciava un’occhiataccia.

“Vedi di essere gentile o questa volta ti prendo a sberle…” E con quella velatissima minaccia, Giovanna rientrò in casa lasciandole da sole.

“Cosa… - Un colpetto di tosse e su la corazza. - Cosa ci fai qui?”

Kaiou sospirò. Cos’è che le aveva detto l’ultima volta che si erano sentite? “Senti Haruka, forse è meglio finirla qui prima che si possano dire altre fesserie. Datti una calmata e riflettici su, poi, quando ti sentirai pronta per imbastire una discussione intelligente, richiamami. Fino ad allora sarà meglio non sentirsi.”

E con la rabbia a ribollirle dentro, la violinista lo aveva detto con convinzione. Dunque, ora perché era li? Perché diavolo aveva rinunciato al suo orgoglio per correre da lei? Per amore! Amore per quella testarda cronica piena zeppa di assurde fisime.

“Dimmelo tu del perché alla prima occasione abbia dovuto prendere un volo notturno per cercare di capire cosa ti stia passando per la testa.” Mantenendosi fredda più di quanto avrebbe voluto, Michiru attese una risposta che però non arrivò.

“Allora?”

Ma Haruka se ne restò ferma a fissarla con una profonda ruga tra le sopracciglia ciglia chiare e nel corpo tanta, tantissima voglia di stringerla a se.

“Sto aspettando Tenou…”

“Sei… bellissima.” Furono le uniche parole che riuscì ad articolare mentre il cuore le rimbalzava nello sterno come una palla impazzita e nel sentirle, pur provando a non scomporsi, la piega severa che avevano assunto le labbra di Kaiou scomparve.

Notandolo l’altra riacquistò il coraggio per andarle incontro ed arrivata vicinissima si fermò inalando il profumo proveniente dalle onde di spuma che erano i suoi capelli. “Ma come fai ad essere così meravigliosamente perfetta?!”

“No, Haruka! Non si fa così!”

“Così come?” E le sfiorò con le dita il fianco cinto dal cappotto.

“Prima sembri una pazza all’Amleto e ora sciolini complimenti.”

“Lo so…”

“Non mi merito i tuoi continui sbalzi d’umore, i fraintendimenti e le sfuriate all’indirizzo della mia vita privata.”

“Lo so, Michi.”

“Dunque se lo sai… DIMMELO.”

Un respiro più pronunciato e Tenou cedette. “Ti chiedo scusa… Sono stata un’idiota.” Ed abbassando la testa attese nel più completo silenzio.

Scuotendo leggermente la sua Michiru rilasciò un dolcissimo sorriso.

“Sei impossibile, accidenti a te… e a me, che non posso più farne a meno!” Ma questa volta il tono si era fatto dolce, quasi melodioso, ed afferrandole le guance le si buttò addosso prendendole la bocca.

Un po’ sorpresa Haruka ricambiò subito fino a quando l’altra non si scansò un poco per guardarla negli occhi. Fu in quel momento che la bionda ebbe un’epifania e capì finalmente di quale pasta fosse l’amore della violinista. Uno sguardo tanto intenso da stridere se paragonato a quello che aveva visto nella foto che la ritraeva con quel Rayan e che tanto le aveva avvelenato il sangue. Ancor più imparagonabile a quello scuro e voglioso che aveva visto nella moretta sudamericana rimorchiata solamente due sere prima.

Allora sarò io a decidere per te! E poi sono di ottima compagnia.” Le aveva detto trascinandola verso l’entrata del locale e da li, ad uno dei salottini interni.

Una Coca, quattro chiacchiere e non c’era voluto un genio per capire quanto i ruoli si fossero incredibilmente capovolti, quanto ora fosse la moretta la cacciatrice e lei la preda da stanare. Sorridendo incredula e ormai assolutamente conscia del fatto che bramasse solamente un’altra carne da adorare, un altro fiato da respirare, un’altra anima da rispettare, Haruka si era allora scusata ed alzandosi dal divanetto era andata verso il bancone del bar per saldare e poi al guardaroba per riprendere giacca e casco. Uscendo aveva riso fino alla moto ormai conscia che le dita affusolate di una violinista erano riuscite a seppellire, molto probabilmente per sempre, il famigerato diavolo biondo. Rinunciare ad una bella serata non era stato difficile come credeva, ma anzi, liberatorio. Una prova superata che si era auto inflitta senza neanche capirlo. Ora, alla luce di quello sguardo e del gesto che aveva compiuto Michiru nel lasciare tutto per tornare e chiarire di persona, era felice di non esserci cascata, di non averla tradita, di non aver rovinato tutto.

“Si Michi, scusami. E’ inutile che ci giri intorno, che cerchi di fare di tutto per non ammetterlo; ormai mi sei entrata dentro e non posso che arrendermi.”

“Non voglio che tu ti arrenda Haru, è solo una questione di equilibri. L'essere gelosa ci sta, ma con coscienza. E poi… “ Iniziando a riderle sul petto le fece capire a cosa stesse alludendo.

Mi sei dentro... In effetti me ne sono uscita con una frase un po’ ambigua, ma è anche di me tra le lenzuola che non puoi più fare a meno, vero?”

“Non essere sciocca!”

Incassando uno schiaffetto sulla spalla Haruka tornò a sorriderle. “Sei ancora troppo poco maliziosa Kaiou. Dovremo lavorarci su.”

“Mi è mancata anche la tua sfrontata faccia tosta.” Arpionandosi al suo collo si lasciò abbracciare forte ed alzare da terra.

Dal portoncino lasciato leggermente aperto vista la scena Giovanna sguinzagliò le altre. “Ok, pace fatta. Ora si può andare.” E via, verso l’esterno.

“Michi!” Urlarono le altre due in coro.

 

 

Per il ritorno estemporaneo di Kaiou saltarono tutti i lavori della casa. Una giornata piena d’affetto, sorrisi e di quel senso di famiglia che la violinista non aveva più dall’autunno passato. Minako a lagnarsi bonariamente per la sua pancia e ad assicurarle che quando si sarebbe trasformata in uno Zeppelin, l’avrebbe portata a fare un giro fra le nuvole. Usagi a raccontarle tutto sul signor Lucas e di come il suo coraggiosissimo Mamo stesse affrontando la situazione, di come i membri della Cooperativa avessero apprezzato la sua denuncia, ma, nonostante questo, non lo vedessero più di buon occhio. Giovanna euforica per le piantine di First delight, a ricordarle della sua promessa, di quel nome che Michiru avrebbe dovuto dare al nuovo vino che da li a tre, quattro anni, avrebbe visto il primo imbottigliamento e Yaten, affamato di dettagli, a farle centomila domande su Vienna e le altre metropoli dove la donna era stata ad esibirsi. Seduta da una parte, Haruka se n’era stata silenziosa a guardarsela, attendendo il momento nel quale sarebbero finalmente rimaste sole, così quando prima dell’imbrunire quel momento arrivò, decisero di fare una passeggiata seguendo le loro ombre verso il ponticello che divideva la tenuta Tenou da quella dei Kiba.

Fermandosi ed abbracciandola da dietro, Haruka guardò le aste zebrate biancorosse. “E’ grazie a loro che quel giorno di pioggia mi abbracciasti per la prima volta.”

“Ti riferisci a quel salto assurdo? Se ci ripenso ho ancora la tremarella.”

Poggiandole il mento sulla spalla l’altra affermò con matematica certezza che in sua presenza non avrebbe mai dovuto averne.

“Eri fantastica con il vestito tutto aderente. Ti confesso che da li in avanti le mie notti sono state parecchio… agitate.” Un bacio sul collo come antipasto prima di ricevere l’ennesimo buffetto.

“Piantala.” Disse innescando nella bionda una nuova risata sardonica.

“E dai, non fare la bacchettona. Da quel punto di vista… non ti manco neanche un po’?”

O si, ma non le avrebbe detto quanto neanche sotto tortura.

“Può anche darsi.”

“Senti Michi, a proposito di quel giorno, mi sono sempre chiesta cosa ci stessi a fare dalla parte opposta del ponte.”

In effetti la violinista non le aveva mai detto che durante i primissimi giorni di vita alla masseria, Bravery si era divertita a prenderla in giro fingendosi il fratello. Apparendo e scomparendo nei momenti più disparati della giornata, la donna le aveva quasi fatto credere di stare diventando una pazza visionaria.

“Non vedendo tornare Usagi ero andata alla cantina e credendo di vedere Seiya sulla sponda opposta... Sai, non era la prima volta.”

“Kou?!”

“Già. Ci ho messo giorni per capire che il motociclista dal casco scuro che ogni tanto mi compariva davanti era la sua gemella.”

Haruka strinse le labbra. Bella coppia di mamba si erano scelti come compagni. “Ecco perché mi chiedesti se la tua Mercedes aveva un localizzatore.”

“Pensa che sciocca, credevo mi avesse seguita.”

“Avresti dovuto dirmelo subito invece di farti prendere in giro da quell’arpia.”

Sentendosi stringere con più forza si sentì talmente protetta da ammettere di non esserci proprio arrivata. “Lungi da me immaginarmi una storia tanto assurda e poi non avendo mai visto il volto di Bravery, non l’avrei mai potuta associare a Seiya neanche se avessi voluto.”

“E’ strano che pur essendo la sua donna, Kou non te l’abbia mai fatta conoscere, ne tanto meno ti abbia mai mostrato una sua foto.”

“Sul fronte famigliare è sempre stato un uomo molto riservato. A mala pena sapevo che avesse una gemella o che i suoi avessero divorziato dividendoli.”

Respirandole nel’incavo del collo la bionda ebbe come un fremito. “Ora però basta parlare di quei due. Li voglio cancellare dalla nostra vita.”

Ma Michiru voltandosi scosse la testa. “Perché? Faranno sempre parte dei nostri ricordi. Non c’è proprio nulla di Bravery che vuoi tenerti dentro?”

Un po’ sorpresa le disse di no. “Perché Michi…, tu si? Di Seiya hai qualcosa da salvare?”

“Bè…, certo.” Iniziando a pensarci si ricordò delle vacanze in giro per il mondo, i primi successi ottenuti fianco a fianco, le vette raggiunte e quanto la facesse ridere. Agli spicchi di serenità, ai pranzi con i suoi, lo sguardo amorevole di sua madre per quel bel giovanotto bruno dalle radici famigliari spezzate e di quello fiero di suo padre, che forse già lo considerava come un figlio. Non rinnegava neanche il sesso o le discussioni.

“Invece io voglio dimenticare tutto. Azzerare. Ricominciare da capo.”

Haruka era così; gettava tutto in un gran calderone miscelando storie consolidate e piccoli flirt come se fossero la stessa cosa.

“No, io no. Pur non provando più nulla per lui, l’ho amato e anche se in un modo tutto suo, sono comunque stata ricambiata. Non disconosco la nostra storia. Non lo farò mai Haruka.”

“Ma come ragioni?! - Chiese stizzita e sciogliendo l’abbraccio si allontanò di qualche metro mani nelle tasche. - Ti ha tradita con donne che non sarebbero degne neanche di pulirti le scarpe, umiliandoti e poi lavorativamente parlando, lasciamelo dire, ti ha usata…”

“Usata!?”

“Ma secondo te è stato giusto spremerti tanto vivendo per anni all’ombra del tuo lavoro?!”

“No Haruka, aspetta un attimo. Posso convenire con te che i tradimenti continui poteva anche evitarseli, ma sbagli nel dire che Seiya sia vissuto alle mie spalle, anzi, proprio in virtù della sua bravura sono riuscita ad ottenere tanti contratti.”

Il sentire Michiru difenderlo, l’accese. “Guarda…, io proprio non ti capisco!”

“C’è poco da capire. Non mi ha mai puntato la pistola alla testa per farmi firmare per una turnè dopo l’altra. Ho avuto in cambio fama e denaro e il vantaggio è stato per entrambi. Io la vedo così.”

“Forse non ti ricordi quando sei arrivata qui?! Eri distrutta Kaiou e la colpa è stata sua!”

“E con questo?! Ricorda bene quello che sto per dirti; se qualcuno ti fa un qualcosa è anche perché sei tu a lasciarglielo fare.”

Haruka sbatté le palpebre esterrefatta. Eppure quel discorso era di una linearità e di una maturità disarmanti, ma faceva fatica ad accettarlo. “Non ci credo, lo stai scusando!”

Esasperata da quell’ottusità e da una stanchezza fisica sempre più evidente, la violinista abbassò la testa serrando gli occhi. “Ora basta con questa gelosia! Non ne posso più! Non lo sto scusando, ne difendendo. Ma perché con te è sempre tutto bianco o nero!?”

“Mi perdoni tanto signor Primo Violino, evidentemente sono troppo ottusa per capire la complessità del vostro rapporto!”

“Finiscila di fare così!”

“Questo E’ il mio carattere, quello che provo e che sono!”

“Il tuo carattere?! - Quasi urlò. - Se non ti amassi così tanto Haruka, per una fesseria del genere sarebbe da girare i tacchi e andars…” Entrambe dilatarono le iridi mentre Michiru si portava una mano alla bocca.

L’aveva detto, non certo come avrebbe voluto, sperato o immaginato, ma lo aveva fatto. Le aveva detto di amarla e presa piena coscienza di quelle parole, Tenou fece una faccia tra il divertito e l’euforico.

“Come? - Chiese avvicinandosi. - Ho sentito bene?”

“Credo di si…” Camuffando la voce con il palmo, l’altra stirò un mezzo sorriso.

“Facciamo finta che non sia successo niente o ne parliamo?” Sempre più languida continuò ad avvicinarsi lentamente.

“Be, c’è veramente poco da dire. Ti amo…” Ammise vedendola fermarsi a pochissimi centimetri da lei.

“Anche se sono impossibile e ho un caratteraccio?”

“Si.”

“Anche se sono gelosa ed ottusa?”

“Si.”

“Anche se tendo a fare la strafottente coatta?”

“Si…” Trovandosi il viso di Haruka a pochissimi centimetri dal suo chiuse gli occhi cercandole le labbra.

“Anche se sono bellissima e ci provano con me?” Ghignò mentre la violinista li riapriva di colpo.

“Che?!”

Scoppiando a ridere Haruka prese a grattarsi la testa rivelandole quello che era successo il fine settimana precedente ed una volta finito, alzò le spalle mettendo su un’aria da cucciolo colto sul fatto.

“Ecco, è tutta la verità. Ero così arrabbiata, ma più che altro lo ero con me stessa, perché non credere che mi piaccia l’esser gelosa. So che è una mancanza di fiducia verso quello che provi per me.”

“Esattamente…”

“Mi scusi? In fondo mi è servito per capire quanto anche io… ti amo…”

Michiru le penetrò le iridi con le sue. “Ripetilo…” Ordinò trattenendo il respiro.

Allora avvicinando la bocca al suo orecchio l’altra sussurrò lieve. “Ti amo Michiru Kaiou.”

Ed avrebbe provato a farlo con tutta se stessa per il resto della vita.

 

 

Si coccolarono per tutta la notte. Si amarono, parlarono e si amarono ancora, con un’intensità ed un trasporto quasi commoventi, come se non avessero mai amato o vissuto prima di allora.

Il cuore inquieto di Haruka si calmò e non solo perché Michiru ebbe la possibilità di parlarle di Rayan, della sua relazione extraconiugale e della possibilità concreta, se fosse stato scoperto dal Direttore della Filarmonica, di perdere il lavoro portando giù con se anche la sua giovane collega – amante, ma anche per aver finalmente messo a fuoco il perché si fosse spinta fino al limite di una gelosia tanto stupida. Rayan, Seiya, Harrison e ogni uomo gravitasse nella vita della violinista, rappresentava solamente il cieco terrore di perderla, di lasciarsi sfuggire una delle cose più belle che avesse mai avuto in tutta la sua vita.

Fino a quando non se l’era vista davanti, sotto sotto, nella parte più profonda di se, Haruka aveva pensato che nonostante le promesse, l’amore, i sogni in un futuro vicinissimo, Michiru non sarebbe più tornata da lei e non perché i suoi sentimenti non fossero sinceri, ma perché spesso tra il dire e il fare c’è di mezzo un abisso chiamato vita. Haruka stessa lo sapeva bene. Da ragazza aveva avuto la possibilità di diventare una pilota di Formula tre e per sua stessa scelta non l’aveva colta. Fino a pochi anni prima la sua esistenza era stata perfetta e poi un incidente le aveva strappato l’amore dei suoi genitori. Per provare ad andare avanti, aveva allora immaginato l’espansione dell’attività di famiglia assieme alla sorella maggiore, che però improvvisamente l’aveva invece lasciata sola. Avrebbe vinto la gara di rally se la macchina non avesse ceduto e avrebbe ancora accanto Rose se un brutto male non l’avesse strappata ancora giovane al mondo.

Perciò, anche se in quella sera d’autunno le rassicurazioni della violinista su un suo ritorno erano state dette con tutto l’amore e la convinzione possibili, in un pertugio del suo cuore la bionda si aspettava comunque il peggio, l’onda anomala che avrebbe nuovamente spazzato via tutto.

“E non hai più paura che possa succedere qualcosa che m’impedisca di tornare?” Nel farle quella domanda Michiru si strinse a lei con maggior forza avvolgendosi nel tepore meraviglioso che era il suo corpo.

“Certo. Ne ho sempre. Solo uno sciocco può pensare di avere il pieno controllo sulla sua vita. Ma… - Un bacio sulla fronte per tornare a guardare il soffitto della camera da letto che da mesi era ormai dell’altra. - … Ora è diverso.”

“Perché ti ho detto di amarti?”

“Mmmm. Sono una stupida, lo so.”

“No è che pensavo di avertelo già dimostrato.”

“Scusami, ma come avrai capito faccio un po’ fatica con i sentimenti.”

“Che testona che sei.”

“Vero, però devi riconoscere che così facendo sono riuscita a vederti prima del previsto.”

Quel tono giocoso e sfacciatamente strafottente spinsero Michiru a tirarsi su puntellando il gomito al materasso. Fissandola le consigliò di non provarci più.

“Non sarai abituata a fidarti dei sentimenti altrui, ma ricordati Haruka che io sono altrettanto poco avvezza alla mancanza di fiducia, perciò se ti dico una cosa stai pur tranquilla che è quella. Perciò basta con le stupidaggini.”

“Ok…”

“E soprattutto… - Posandole l’indice sulle labbra continuò severa. - …, basta con i giretti in moto. So e saprò sempre darti IO il piacere che brama la tua perversa carne. D'accordo?!”

Imitandola anche Haruka si alzò sul gomito. “A si?”

“Non sto scherzando, Tenou. Se lo farai ancora…” Ma non ebbe la forza di proseguire in quella minaccia perché Haruka l’aveva già afferrata per un fianco schiacciandola sul materasso tornando ad eccitarle i sensi.

 

 

L’indomani, di buon ora, un taxi tornò a strappare Kaiou dalla masseria Tenou. Pur non troppo abituata ai contatti fisici, Michiru si prese tutto il tempo per abbracciare ogni componente di quella che ormai era a tutti gli effetti la sua famiglia. Lo fece con Giovanna, Usagi e persino con Yaten, che forse per il fatto di essere stato accolto prima di lei in quel gran concistoro femminile, si sentiva il più empatico fra tutti. A Minako promise che dopo il parto avrebbe fatto di tutto per essere presente al battesimo e l’amica le assicurò che sarebbero arrivati persino a spostare l’evento pur di essere tutti insieme.

Una volta apertole lo sportello, Haruka se la guardò baciandola delicatamente sulle labbra per poi stringerla a se. “Questo è il tuo nido, il luogo dove potrai sempre essere te stessa. Non dimenticarlo mai.”

“Si.” Soffiò impercettibilmente l’altra prima di sciogliersi a fatica ed entrare in auto.

Il vetro del finestrino a dividerle nell’ ultimo contatto di due palmi contrapposti e il mezzo partì. Le attendeva un nuovo periodo di lontananza, questa volta più lungo del precedente. Così la bionda vide andar via il suo amore e capì quanto il gesto di partire senza salutarla la prima volta era stato benedetto per non far soffrire almeno una delle due. Sorrise pensando a quanto quella dolce creatura, così forte e fiera, fosse anche estremamente lungimirante.

Mentre gli altri tornavano lentamente verso casa, lei si fermò accanto al parapetto in pietra che dava sulla Prima, perdendo lo sguardo all’orizzonte e più lontano; al futuro.

Un futuro dove con gli occhi della certezza vedeva la sua famiglia allargarsi con l’arrivo dell’ennesimo fiocco rosa, una gemma, di nome e di fatto, in tutto e per tutto simile a Yaten, ma civettuola e tenace come Minako. Certo, la sua povera masseria non avrebbe più avuto la stessa quiete di prima, invasa come sarebbe stata di sgrilletti, pianti e giochini vari. L’aspettavano tante notti insonne e sicuramente anche lei avrebbe dovuto prestarsi nel fare su e giù per le scale con un fagotto petulante fra le braccia. Ma tutto sommato quella visione un po’ le piaceva. Almeno avrebbe avuto la soddisfazione di sfottere Max che, n’era certa, per quella nipotina sarebbe andato in brodo di giuggiole.

Un futuro che avrebbe visto Usagi diventare finalmente maggiorenne, prendere l’agognata licenza ed accasarsi accostando il suo nome a quello dei Kiba in una cerimonia nella quale, vedendo la sorellina in abito da sposa, la bionda si sarebbe certamente commossa nel portarla sottobraccio all’altare.

Un futuro dove ci sarebbe stata lei, Michiru, ormai svincolata da ogni tipo di contratto e finalmente libera di sonare la sua musica sotto l’etichetta indipendente da lei stessa fondata e chiamata con lo stesso nome dato al primo innesto ottenuto da Giovanna con la First delight, ovvero Sun Prints.

Inalando aria fredda nei polmoni Haruka poggiò i palmi sul parapetto. Le sue vigne tutte intorno a lei, silenziose guardiane dormienti delle sue speranze più belle e proprio li, tra i loro filari, neanche un anno dopo, due donne talmente diverse da essere straordinariamente complementari si sarebbero guardate negli occhi una con le mani sui fianchi dell’altra.

“Haru…”

“Dimmi Michi?”

“Lo sai? Non ho più bisogno degli applausi di un pubblico per sentirmi amata.”

 

 

 

Note: Eccola qui; l’agognata fine di questa ff, molto sofferta nelle sue ultime uscite e forse meno ricca di colpi di scena delle altre, ma comunque sempre scritta con impegno ed amore. Ho fatto fatica, lo riconosco. Credo che la mia vena “artistica” si sia esaurita, perciò per un po’ proverò a scrivere solamente one-shot.

Ringrazio tutte le persone che mi hanno dedicato parte del loro tempo, sia nel leggere che nel recensire. Un grazie particolare a Ferra 10, Fragile Guerriera, Harukatenoh 10, Fenris e Learco 87, che non hanno mai mancato di farmi avere il loro sostegno, anche in privato.

Un abbraccio a tutti e a prestissimo.

Ps Pensavate che Haruka facesse un casino, vero? E invece no. E’ diventata una “brava ragazza” hahahah.

Ciau U. BW.

 

 

 

   
 
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