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Autore: PrimbloodyBlack    25/10/2020    0 recensioni
(la pubblicazione continuerà su Wattpad) Skye faceva parte di una della famiglie più importanti del regno. Suo padre, braccio destro del re, l'aveva educata ad una vita di sfarzo e lusso. Tutto ciò che voleva era suo, le bastava solo chiedere. Ma l'unica cosa che lei voleva era l'unica che non gli era concessa. Essere libera.
Dopo la morte della madre Margaret, il padre sprofondato nella depressione, aveva riposto tutto il suo amore morboso verso la figlia. La teneva chiusa nell' enorme dimora impedendole di uscire e quindi di cercare marito. Aveva ormai raggiunto i diciassette anni ed ogni donna della sua società aspirava ad uno sfarzoso matrimonio. Ma a lei fu negato anche di amare. Tentò più volte di fuggire ma sempre in vano.
Solo una volta si era avvicinata alla libertà ma un incontro alquanto magico aveva cambiato tutto.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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The beginning of wisdom
Is found in doubting
By doubting 
We come to the question
And by seeking 
We may come apon the truth
-Peter Abelard


 

Quando tutti e tre erano scappati da Border Leaf non avevano minimamente pensato alle provviste, non si erano preoccupati dell'imminente inverno che stava arrivando, e non avrebbero mai immaginato che dei cacciatori di taglie stavano dando loro la caccia. Adesso che erano rinchiusi dentro il loro carro, con i vestiti sporchi di terra per il combattimento nel bosco, leggeri e strappati, stavano finalmente iniziando a sentire gli effetti del freddo vento di prima mattina. Nonostante c'era il carro a proteggerli, il gelo dell'aria si faceva sentire e lentamente i loro corpi cominciarono a tremare per l'assenza di calore.

"Vieni qui," la invitò il ragazzo. Basil vedeva Iris stringersi su se stessa e affondare più di qualche volta la bocca della maglietta e darsi calore. Quando lui allargò il braccio, lei mise da parte tutta la discussione che avevano avuto e la sua arrabbiatura, e si sedette accanto lui. Basil le circondò le spalle e la strinse a se sperando che quel contatto potesse riscaldare un po' entrambi.

"Non dovevo reagire in quel modo," disse sottovoce, "mi dispiace."

"Scusa, non ti ho sentita." fece finta lui.

"Non è il momento." replicò seriamente e il ragazzo si ricompose.

"Anch'io sono stato uno stronzo." confessò. Iris alzò la testa per guardarlo, aveva un'aria basita, ma lui era più serio che mai. "Non mi sono mai propriamente scusato per quello che è successo."

"Potremmo essere morti a fine giornata per ipotermia quindi è il momento giusto," disse la bionda con un ghigno, "sono tutta orecchi."

"Pensavo che quelle fossero già delle scuse," replicò ridendo, "mi sono letteralmente offeso da solo."

"Okay, okay questa volta lascio passare." sorrise.

Era passato molto tempo da quando avevano parlato con tale spontaneità e sincerità l'uno con l'altra e tutto per un malinteso vecchio di tre anni. Come sempre con la luna piena, più che essere una notte di libertà e di sfrenata gioia, è anche la causa delle più stupide incomprensioni e dei più orribili degli atti.

"Credi ancora a ciò che hai visto quella notte?"

"No."

"Bene, per me Thalia è come una sorella e non potrei mai vederla in altro modo." disse rassicurandolo, anche se sapeva che quello che avrebbe detto dopo non gli sarebbe piaciuto. "Ma lo stesso vale per te."

Si girò verso di lui per vedere la sua reazione, ma lui sorrise. La avvicinò più a sé e poi la strinse nelle sua braccia, "Lo so, puoi stare tranquilla."

Fu in quel momento che Iris capì quanto fosse maturato. Il vecchio lui non avrebbe ragionato e avrebbe continuato ad insistere che aveva visto il vero. Quella notte lui ed un altro gruppo di ragazzi avevano rubato delle pozioni che mescolate in una certa maniera e con combinazioni particolari, potevano dare effetti psichedelici e allucinogeni. Basil ne fece ampio uso e cominciò a vedere cose non vere, forse le sue paure più grandi.

Ma in un momento simile, non potevano permettersi di rivangare il passato o a discutere per delle sciocchezze. Lo sapevano entrambi e Basil si sentì sollevato per la veloce riappacificazione, normalmente ci sarebbe voluta una settimana.

Dopo qualche minuto Ciril aprì finalmente gli occhi. Ma non fu un buon risveglio per lui, aveva mani congelate e i piedi intorpiditi.

"Forza..." mormorò Basil aiutandolo a mettersi seduto.

Sia Iris che Basil potevano vedere le sue labbra tremare, e le corde che lo tenevano immobile stavano ulteriormente impedendo la circolazione del sangue. La Succube di prima aveva ormai fatto il cambio con il Drow, ma senza pensarci due volte Iris si avvicinò all'uomo e cercando di sembrare il meno aggressiva possibile, richiese che Ciril venisse liberato.

"No." rispose schietto, non si girò neanche.

"Perché?" domandò con irruenza incontrollata.

"Avvicinati un'altra volta alle sbarre e te ne pentirai." la intimò guardandola con la coda dell'occhio, lei non desistette. "Ti ho avvertita, torna infondo."

"Per favore!" insistette.

L'uomo si girò di scatto, lei non ebbe nemmeno modo di ritrarsi per la velocità con cui le afferrò il collo. "Non capisco perché la mia compagna vi abbia liberati, forse vi crede innocui," digrignò i denti e Iris ansimò quando strinse più forte, "ma io non sono lei."

"Iris!" esclamò Basil pronto ad intervenire.

"Fermo!" disse lei.

"Sicura?" chiese mentre si protendeva verso di lei.

"Si-" disse con voce strozzata. Il suo volto era premuto tra due sbarre e sentì il metallo congelarle il volto. Gli afferrò il polso con entrambe le mani per fagli allentare la presa, ma era troppo forte per lei. "Per... favore-" A quell'ultima richiesta si decise finalmente a lasciarla e Iris tornò nuovamente a respirare. Tossì violentemente e si massaggio la gola con la mano.

"Siete fortunati. Se fosse stati le tipiche persone che cacciamo, non saremmo stati così gentili." disse tirando fuori un pugnale. "Avvicinami il ragazzo."

Basil trascinò il fratello, ancora frastornato dalla droga, alle sbarre e lo aiutò ad allungare braccia e gambe vero Il cacciatore.

"Grazie." gli disse Iris.

Sapeva della situazione in cui si trovava e non poteva, assolutamente no, dare spazio all'impertinenza e sfacciataggine che l'hanno sempre caratterizzata sin da bambina. Neanche Agrid, come sua Alpha, era mai riuscita a placare la sua aria strafottente e a separarla da Thalia. Non è mai stata alle regole, ha sempre voluta fare quello che si sentiva e non quello che gli altri le imponevano. Ma adesso non poteva sbagliare. Il minimo errore, una parola di troppo, e forse non avrebbero neanche più avuto la minima possibilità di fuggire. Sapeva che sarebbe stato difficile, ma doveva almeno provarci. Non si è mai arresa difronte a nulla, e non l'avrebbe fatto ora.

Dopo che Ciril fu libero, cominciò a mordicchiare il panino. La sua presa era debole, perché le sue dita congelate, ma disse ai due con voce rauca e stanca di non preoccuparsi. Si stava lentamente riprendendo, e anche i giramenti di testa cominciarono a placarsi.

A peggiorare le cosa fu la pioggia. Nonostante erano coperti, le larghe crepe del soffitto in legno facevano filtrare l'acqua e non ci volle molto prima che si ritrovarono piedi a gambe bagnati. Ma anche i cacciatori, con i loro posti a sedere all'aperto non potevano viaggiare in quelle condizioni.

Dopo qualche minuto in cui il Drow era rimasto sotto la pioggia, qualcuno finalmente uscì dall'osteria. Iris riconobbe la Succube e la ragazza Oreade che da quanto aveva sentito si chiamava Frya. Inconfondibili erano infatti le placche che rivestivano parte della sua pelle, come gli zigomi, il mento, le dita e probabilmente, anche se coperti dei vestiti, l'intero avambraccio e le ginocchia. Sembravano quasi squame di drago, pensò Iris e si avvicinò di più alle sbarre per ascoltare la conversazione.

"Che facciamo?" disse il Drow quando le ragazze arrivarono.

Talema fu la prima a parlare, "Abbiamo chiesto al proprietario, ma non c'è alcun punto al coperto per il carro e non ci sono stanze disponibili nel caso volessimo rimanere finché non spiove."

"Cos'hanno detto gli altri?" disse con le labbra inumidite dalla pioggia.

"Non sappiamo cosa fare," rispose Frya, "e loro," indicò i prigionieri, "rendono le cose più difficili."

Iris nascose un sorriso. Più ci mettevano a portarli alla loro destinazione, più intoppi incontravano, più sarebbe stato facile per loro trovare occasioni favorevoli per fuggire. Iris lo sapeva, Basil lo sapeva, ma anche i loro rapitori, e la risolutezza del gruppo di cacciatori stava già diminuendo. Del resto erano tre licantropi, uomini in grado di trasformarsi in bestie inarrestabili, erano più pericolosi di quanto loro stessi credevano.

"Non c'è un altro posto dove fermarci?"

"Non che io sappia." rifletté la Succube. "Frya tu vivevi qui, conosci una locanda dove possiamo fermarci?"

"Si ce ne sono un paio, ma non sono sicure."

"I mercenari..." mormorò lei, Frya annuì. "Lo sapevo che non dovevamo fermarci qui."

"Proviamoci comunque." suggerì il Drow, "Non possiamo sostenere un viaggio con questo tempo."

Nonostante Frya era visibilmente titubante, non poté far altro che accettare quella decisone. E mentre lei tornava dentro, probabilmente per avvertire i compagni, Talema e Mug salirono sul carro per metterlo su strada. Iris poté sentire da dentro le frustate che il Drow stava dando alle sfortunate creature che li stavano trainando. Il carro si era leggermente impantanato nel fango e quelle povere creature stavano tirando più che potevano. Dopo qualche minuto riuscirono ad uscire fuori dal pantano, e i loro compagni li raggiunsero. I tre lupi sentirono il carro traballare sotto il peso dei cacciatori che salivano, erano un gruppo da sei ed ognuno era di una specie diversa. Gli unici di cui dovevano preoccuparsi erano Mug con la sua oscura magia, Talema con i suoi poteri da Succube e poi il ragazzo che aveva steso Basil nel bosco. Lui era convinto fosse un Mutaforma e se lo fosse davvero, allora sarebbe stato difficile scappare, perché sarebbe riuscito a rintracciarli attraverso il fiuto.

Il carro traballò sopra il terriccio, delineando l'arrivo ad una umile locanda. I tre ragazzi sentirono alcuni dei cacciatori scendere e cercare riparo nel locale. Intanto Mug continuava a portare il carro dietro la struttura, dotata di postazioni al riparo, alcune già occupate, non erano stati gli unici ad aver avuto quell' idea. Quando anche l'ultimo cacciatore scese, zuppo dalla testa ai piedi, i tre fuggitivi finalmente si rilassarono. I gelo ancora regnava, ma almeno erano al riparo e al sicuro dalle forti volate di vento.

"Allora," iniziò subito Iris, "come vogliamo fare?"

Ciril era ancora intontito dalla droga e non rispose, e poi da come muoveva insistentemente la gamba sembrava avesse davvero bisogno di andare al bagno, del resto come tutti. La paura e l'asia gli avevano fatto dimenticare anche i lori bisogni primari.

"Non saprei." confessò il maggiore. "Siamo nello schifo più totale e sinceramente non vedo vie di uscita."

"Non posso credere che ti stai arrendendo così facilmente." controbatté con nervosismo.

"Iris, tu non comprendi la gravità della situazione."

"La comprendo eccome," rispose con massima serietà, "è per questo che voglio andarmene."

"Senti, lo so che il fatto che ci stanno portando a Mortuda ti turba, ma non pensare che io sia tranquillo. E poi tre teste sono meglio di due," disse guardando il fratello, "aspettiamo che almeno si riprenda del tutto."

"Va bene, voglio solo uscirne viva."

~ * ~

Era appena scesa e aveva lasciato Mug a mettere a posto il carro. Entrò insieme ai sui compagni nella locanda, sperando di riscaldarsi un po' e di approfittarne per riposare. Da quando avevano accettato l'impresa di ricatturare quei tre licantropi, avevano a stento dormito in un letto vero e proprio. E a Talema mancava davvero sprofondare in un morbido materasso che non le uccidesse la schiena. Mentre si guardavano tutti intorno, cercando di abituare l'occhio a quell'atmosfera calda e accogliente, Frya si era diretta verso il balcone e aveva salutato il proprietario con un sorriso genuino. Rimase a parlarle per qualche minuto e poi l'uomo dalle orecchie a punta e la pelle candida le diede tre chiavi.

"Allora?" esclamò il Drow comparendo dietro il gruppo.

"Pare che Frya è riuscita a farsi dare tre stanze." lo informò Talema con un sorriso, "A saperlo prima venivamo direttamente qui." Ma quando si girò a guardare il compagno, l'entusiasmo sembrava non essere molto condiviso. Era decisamente di malumore e il volto ingrugnito rivolto al proprietario non lasciava spazio alle supposizioni. "Ti prego, per una volta evita."

Erano tutti a conoscenza del cattivo sangue che scorreva tra Elfi e Drow. Nonostante erano passati secoli, queste due specie appartenenti allo stesso ceppo, continuavano ancora a farsi la guerra. Talema lo trovava stupido ed inutile ed ogni volta che si incontravano per strada con un Elfo, faceva di tutto per fermare Mug dallo sputare cattiverie inutili con il solo scopo di provocare. Lo faceva con chiunque, con persone che conosceva o anche persone che incrociava per caso e che non aveva mai visto prima, era più forte di lui. Una vera testa calda.

Frya tornò con un viso soddisfatto, stringendo tra le mani la loro fonte di riposo. Talema prese subito una delle chiavi, e senza neanche guardarlo in volto prese il Drow per un braccio e lo trascinò con sé. "Così ti tengo d'occhio." gli disse, e lui non protestò. Ma non riuscì a non lanciare un'occhiata al gentil proprietario, che lo riguardò di rimando, lasciando parlare i loro sguardi che le loro bocche. "Muoviti!" lo scosse lei.

"Va bene," sbuffò, "sempre la solita." Ma nonostante cercasse di sembrare irritato dal gesto delle Succube, non poté che sorridere di fronte alla mascherata gentilezza della ragazza. Ne era quasi divertito, come se in realtà gli importasse più di suscitare una reazione in lei, che in quelli che provoca.

Quando arrivarono in stanza, Mug era pronto a gettarsi sul letto matrimoniale nonostante i vestiti bagnati, ma prima che lo fece fu fulminato dalla sguardo di Talema, "Non osare."

"Scusa," disse velocemente con un sorriso innocente.

"Accendi il camino, così facciamo asciugare i vestiti, io intanto vado a farmi una doccia."

Lui fece come ordinato, e mentre i suoi vestiti bagnavano il pavimento, si mise pazientemente ad accendere il fuoco. Poi si spogliò di ogni cosa che aveva a dosso e misi i vesti sulla sedia che aveva appositamente posizionato davanti al fuoco, accanto ad essa un'altra per Talema. Quando la ragazza uscì dal bagno, con una mano si teneva stretta al petto l'asciugamano che nascondeva le sue forme, dall'altra teneva i suoi panni.

"Vai pure." disse lei mettendo la sua roba ad asciugare. Fu in quel momento che notò che il compagno non indossava nulla.

"Bene," disse alzandosi da terra e rinunciando al confortevole calore del camino.

"Non dovei per forza spogliarti tutto." lo rimproverò con sguardo torvo.

"Pensavo fossi abituata a vedere persone nude." disse recandosi verso il bagno.

"Non sono più in un bordello, quindi cerca di evitare." lei sapeva a cosa stava puntando il suo fidato compagno, ma non glie ne dava una colpa, era così per tutti quelli della sua specie. Era un loro tratto distintivo. Ogni volta che avevano bisogno di prendere energia, era come se emanavano qualcosa che attirava a loro le persone. Lei sperava che con lei le cose sarebbero state diverse data la sua natura da ibrida, ma era esattamente uguale a ogni normale Succube.

"E dai!" protestò con tono giocoso mentre lasciava che l'acqua riempisse la vasca. "Non ti ricarichi da una settimana, e poi chiedi sempre Frya e raramente a me."

"Questo perché lei non è altezzosa come te." disse sdraiandosi sul letto con l'asciugamano avvolto intorno, "E poi sono io a chiederglielo e non il contrario."

"Ti prego, oltre a ricaricarti ti farò sentire davvero-."

Talema rise, ma era normale, lui non poteva capire i suoi sentimenti. "Non ci riusciresti mai, non funziona così con me."

"Allora spiegamelo." disse uscendo dal bagno e rivolgendo uno sguardo serio verso di lei. "Voglio veramente capire."

Talema si alzò e si mise seduta, rimase un attimo a riflette, forse per scegliere le parole giuste o se era sicura di volerglielo dire. Alla fine fece un profondo respiro e alzò gli occhi su di lui, che pazientemente stava aspettando una risposta. "Io penso che l'atto di prendere energia sia diverso da quello sessuale, o almeno lo è per me. Non riesco a provare piacere quando mi ricarico, nonostante sono due cose strettamente correlate. Io credo che per me sia possibile solo se lo facessi con qualcuno che veramente amo."

La fermezza e la convinzione con cui lo disse fece desistere Mug da fare altre domande o richieste. Poteva vedere la delusione nel suo volto, ma c'era altro, fosse un accento di soddisfazione. Quando il suo viso mostrò un ghigno, lei lo guardo con sguardo interrogativo. "Sono felice che me l'hai detto, solitamente sei sempre chiusa, mi fa piacere che ti sei confidata." Si girò e tornò in bagno lasciando Talema spaesata. Lei stessa era felice che era riuscita a parlare con tale sincerità con qualcuno, e sorrise per il miglioramento che aveva appena fatto.

Si gettò di nuovo sul letto facendo attenzione che l'asciugamano non lasciasse scoperto niente di intimo. Ormai come aveva detto lei stessa, non si trovava più in un bordello, il suo corpo era veramente suo e di nessun altro, solo lei e chi voleva lei potevano guardarlo e toccarlo.

Dalla camera sentì Mug immergersi nell'acqua bollente e rilanciare una grande esclamazione soddisfatta e finalmente zittirsi. Le invece cominciò ad osservare il soffitto, non che avesse nulla di speciale, ma guardare un punto fisso la aiutava a riflettere, e quel momento di calma era perfetto per processare cosa era successo. Si chiedeva, come mai dobbiamo portare i tre licantropi a Mortuda? Oppure, perché sto facendo tutto questo? Io avevo un ideale. Ogni volta che finivano un incarico, chiedevano all'informatore del luogo una nuova preda da cacciare. Lui dava le indicazioni, dove era stato visto l'ultima volta, perché era in fuga, dove andava consegnato, ma soprattutto chi fosse tale persona. Talema, con il consenso dei suoi compagni, aveva sempre scelto di dare la caccia alle persone più spregevoli che si erano macchiata dei peccati più gravi, e veniva supportata in questo. Ma la comparsa nella lista di queste tre persone l'aveva scombussolata, ma non per ciò che avevano fatto ma perché il compenso per la loro cattura era ben superiore del normale e il luogo di consegna era al quanto inusuale. Non voleva accettare quell'incarico, voleva addirittura ritirarsi quando i suoi compagni avari di soldi avevano preso in mano quel mandato. L'unica cosa che la stava spronando a non ritirarsi fu la sua innata curiosità. Sapeva che era già un reato per dei licantropi lasciare le zone da loro designate, e il fatto che la loro colpa era un tradimento non ben specificato fece nascere un qualcosa di nuovo in lei. Tradimento e fuga? Mi suona molto familiare. Ciò che fece traboccare il vaso e la convinse a salire su quel carro il giorno della partenza, fu la breve discussione che ebbe con l'informatore. Voleva essere sicura di quello che stava per fare, e la cosa migliore a cui pensò fu confrontarsi con l'uomo che per un anno intero le aveva dato una casa in cui vivere e dei fidati compagni su cui poteva appoggiarsi.

"So perché sei qui." le aveva detto lui.

"Allora consigliami."

Ricordava cosa stava facendo quella notte. Era ancora seduto sulla sua scrivania piena di fogli e altre scartoffie che neanche gli servivano. I suoi occhiali erano poggiati su di essa e lui si stava strofinando gli occhi assonnati. Aveva appena smesso di leggere la lunga lista di tutti i nuovi ricercati in circolazione, per poi rendere pubblici i nomi a tutti i cacciatori della zona.

"Cosa vuoi che ti dica?" aveva domandato con un sorriso che mise in luce tutte le rughe del suo vecchio viso. Ma era un sorriso che lei amava, lo trovava caldo e accogliente, le ricordava molto quello della donna che era venuta al bordello.

"Sai cosa ho passato, pensi vada contro la mia morale?"

"Siediti Talema, voglio mostrarti qualcosa."

La Succube aveva fatto come richiesto, e anche se con esitazione, si era avvicinata con la sedia per sentire cosa avesse da dire. Lui aveva aperto il libro in cui ogni volta venivano appuntati i criminali catturati e quelli da ricercare. Aveva cominciato a sfogliare le pagine su cui la sua stessa mano aveva scritto, ed una dopo l'altra, finalmente si era fermato, e lo aveva girato verso la ragazza per faglielo vedere.

"Cosa?" aveva domandato lei. Lui con in suo dito aveva puntato un nome, il nome di un licantropo che lei non aveva mai sentito prima. Ma poi Talema aveva portato lo sguardo su altro. "C'è scritto che va portato a Mortuda e che- " Aveva sgranato gli occhi al compenso che avrebbe ricevuto chi l'avrebbe catturarlo. "Aspetta, c'è una X. Da chi è stato preso?"

"Da un altro gruppo, ma adesso non è importante quello."

"Invece si, potrei fare delle domande."

"Talema questo non è un fatto isolato, e nemmeno poi così raro. Sei qui da noi da solo un anno e quindi non potresti saperlo. Ma a volte capita e lo so che è stano e ne ho parlato con i miei altri colleghi ma non sembra esserci nulla di inusuale."

"Quindi posso anche non partecipare alla caccia?" Lo aveva chiesto con aggressività, presa dalla delusione. Si sentiva frustrata dal fatto che non riuscisse a trovare una ragione per cui partire, per cui la sua presenza sarebbe stata utile. Aveva sempre dato la caccia a chi lei riteneva più opportuno, a quelli che erano solo feccia e che meritavano la prigionia eterna, così da proteggere gli altri. Ma in questo caso si era chiesta chi davvero doveva proteggere. Voleva davvero partire, ma aveva paura che se le sue supposizioni fossero state errate, avrebbe semplicemente aiutato ad arrestare delle persone la cui unica colpa era stata quella di superare il confine. Si sentiva in un certo modo vicino a loro, anche lei un tempo aveva provato quel senso di prigionia, non poteva biasimarli.

"La decisione resta a te Talema. Parti e colma quel senso di irrequietezza, o resta così da non contribuire alla cattura di persone che non meritano il tuo senso di giustizia."

La mia giustizia... si era ripetuta lei nelle sue coperte. Prima di addormentarsi si era guardata il tatuaggio che si era fatta sulla mano e nonostante l'indecisione e la paura di sbagliare, la mattina successiva si era svegliata e aveva indossato la sua tutta da cacciatrice, pronta a partire. "Facciamolo."

Adesso come in quel giorno, si ritrovava a pensare se aveva fatto la scelta giusta. Aveva impressi nella mente i volti di quei tre ragazzi e quanto erano rimasti sbalorditi e riconoscenti per il semplice fatto che li aveva slegati e dato loro del cibo. Quelli non erano volti di criminali, si era detta e ora continuava a ripeterselo nella testa nel tentativo di trovare una soluzione. E come quella notte, si ritrovò a guardare il tatuaggio che con tanto amore si era fatta fare. La lettera di un nome, per lei era diventata un simbolo che le ricordava perché aveva intrapreso quel cammino, il motivo stesso per cui lei era lì. "Farò giustizia, per quelli come te... come noi."
 

C'è ancora qualcosina che non mi convince di questo capitolo a livello di lessico e fluidità quindi probabilmente ritornerò a modificarlo per renderlo migliore, ma ci tenevo comunque a pubblicarlo quindi eccolo qua. Al prossimo capitolo!

 

   
 
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