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Autore: Manu_00    25/10/2020    6 recensioni
[Hazbin Hotel]
Ex agente della polizia segreta comunista e ora anima dannata all'inferno, Mihaela Funar è solita accettare incarichi dalla natura non particolarmente pacifica per arrivare a fine mese e mantenere l'affitto nell'unico appartamento disposto ad accettare i suoi soldi.
Questa volta però sarà la richiesta di una sua stretta conoscenza a farla scendere in campo ed a scatenare la sua natura di demone radioattivo contro qualche povero sfortunato.
Genere: Generale, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo


Bucarest, 12 settembre 1968, ore 9:10.

L'interno del vecchio autobus partito da Pantelimon alle nove di quella giornata ondeggiò pericolosamente quando il grosso veicolo, gentile dono dell'alleato sovietico ormai obsoleto di otto anni, superò il confine del settore due della capitale per convergere verso il centro.
Lo scossone generò non pochi improperi da parte dei passeggeri, ma su di lei, così concentrata sul libricino dalla copertina ingiallita che teneva fra le mani da quando si era imbarcata, non produsse il minimo effetto.
Fu bensì una frenata fin troppo brusca da parte dell'autista, causa una macchina che aveva incautamente ignorato il semaforo rosso, che la poveretta si trovò sbilanciata in avanti, e solo la cintura le impedì di affondare la faccia nello schienale in pelle sudicia del sedile davanti.
Ripreso il controllo di se, si accorse che il testo le era volato fra le mani, allora spostò lo sguardo verso il basso, sperando che non fosse schizzato dal lato opposto del mezzo.
Un sospiro di sollievo uscì dalle sue labbra sottili, il libro era caduto contro lo schienale e le era rimbalzato ai piedi, le bastò chinarsi e recuperarlo.
Il secondo sospiro fu di fastidio, non l'aveva distratta il rumore della pioggia, il chiacchiericcio dei pendolari, il naso pieno e i continui slittamenti del mezzo, ma alla fine la sua lotta per mantenere la concentrazione si era conclusa in una tragica disfatta.
Si impose di riportare gli occhi sul libro dalla copertina che doveva aver passato di certo delle giornate migliori, il testo si presentava come un libretto sottile dalla copertina giallastra (qualche anno fa doveva essere stata bianca) con timbrato sopra in inchiostro nero il familiare stemma della bandiera nazionale, quello di un paesaggio idilliaco illuminato da un sole nascente e su cui svettava una sonda petrolifera, il tutto circondato da covoni di grano dorato, e sotto di esso il titolo del libro scritto a caratteri cubitali:

Constituţia
Republicii Socialiste România.
La prima parola in inchiostro nero, le altre in rigorosamente in rosso, allo stesso modo della stella che campeggiava sullo stemma nazionale.
Entrato in vigore da poco più di tre anni, il testo della costituzione adottata sotto il governo del compagno Ceaușescu aveva mandato nel panico non pochi studenti freschi di studi di diritto che si apprestavano a completare gli studi nelle scuole secondarie di secondo grado e di quelli che operavano negli atenei universitari, assieme ovviamente a tutte quelle persone per cui la conoscenza più o meno corretta della costituzione sarebbe stata fondamentale nei concorsi di lavoro presso i più disparati enti statali.
Poco male, solo una cosa in più da memorizzare.
Si concesse un secondo per stiracchiarsi e combattere la sonnolenza tipica di chi è costretto ad alzarsi più presto di quanto sia abituato a fare, poi tornò a sfogliare il testo fino alla pagina dove si era interrotta.
È importante che faccia una buona impressione.


Pentagram City, 20 Ottobre 2020, ore 12:45.

Come ogni mattina, Mihaela aprì gli occhi tardi, con la mente annebbiata e il corpo dolorante.
Si svegliò con le braccia verso l'alto, intente a presentarsi ad un superiore, alzare le mani davanti alle autorità o lottare contro una minaccia invisibile, non ne aveva idea, ma come da prassi prima ancora di notare le proprie braccia, gli occhi della donna vennero investiti dalla luminescenza del proprio corpo.
Trattenendo una bestemmia, l'anima peccatrice chiuse lestamente le palpebre, per poi tornare a rigirarsi nel suo giaciglio, che per un'altra notte ancora si era salvato dal finire avvolto da fiamme radioattive, il che era un bene, se avesse provocato un altro incendio l'unica stanza che le avrebbero riservato di lì in avanti sarebbe stato il seminterrato, e lei non aveva molta voglia di stare a cacciare i topi, già il suo stato le imponeva fin troppe problematiche senza che ci si mettessero anche quelle abitative.
Girandosi su se stessa con la grazia di una balena spiaggiata, non poté fare a meno di notare che qualcosa le si era mosso in mezzo ai capelli e le era caduto sul collo.
Sospirò.
Altra prassi mattutina: pulirsi dagli insetti.
Si passò la mano sul collo, sui capelli, e poi prese ad ispezionare le coperte, smise di contare gli insetti morti dopo essere arrivata a venti.
Altro simpatico scherzo del suo stato fisico: la sua luminescenza attirava orde di insetti che puntualmente morivano per il contatto radioattivo o per una fiammata sparata in un momento di particolare lucidità, ma visto che il letto e molte altre cose erano infiammabili e utilizzare i propri poteri da incazzata o (e) assonnata poteva produrre conseguenze disastrose, ormai si era arresa all'idea di svegliarsi circondata da insetti morti ogni mattina.
Ma il peggio veniva quando qualche bestiola sopravviveva, dava vita alla propria stirpe di piccoli mutanti radioattivi e terrorizzava con essi l'appartamento, inutile dire che poi le lamentele andavano tutte a lei.
Già, non era facile avere un buon rapporto con i vicini, specie se questi per colpa sua rischiavano di essere aggrediti da insetti, o radiazioni, o insetti radioattivi.
Che poi non erano neanche il pericolo maggiore fra quelli a cui andavano incontro le persone che osavano starle vicino, fra le radiazioni che potevano alla lunga danneggiare i loro corpi o il calore radioattivo che nel momento sbagliato poteva aumentare fino a ustionare chiunque fosse troppo impudente da avvicinarsi, non era un mistero che fosse la meno gradita del vicinato.
Sinceramente, era convinta che se il proprietario non aveva ancora provato a buttarla fuori di lì era per terrore più che per pietà, beh per quello e perché ormai la stanza era invivibile per qualsiasi altra anima dannata a parte lei.
Compreso ormai che i cattivi pensieri le stavano inquinando la giornata, Mihaela decise che poteva permettersi di alzarsi dal letto prima di passare un'altra ora a rimuginare sui propri problemi da mostro radioattivo.
Alzatasi dal giaciglio e ripulito questo dall'esercito di insetti morti in maniera non proprio indolore, e concentratasi abbastanza per ridurre la propria luminescenza verdastra e calore corporeo, la demone si trascinò nel bagno per una doccia veloce.
Entrata nella piccola stanza adibita a bagno e poi nella cabina doccia, si assicurò di mettere l'acqua alla temperatura più bassa che potesse regolare, non che ci fosse pericolo del contrario visto il pessimo stato delle tubature dell'edificio.
Conclusa la doccia, tornò nella sua stanza, un monolocale dalle pareti intonacate ormai rovinate e la moquette graffiata e strappata in più punti, e avvolta nell'asciugamano, si diresse verso l'appendiabiti più vicino e portò le mani sull'unico capo di abbigliamento che per qualche strano motivo sembrava resistere ai suoi involontari poteri distruttivi:
Una divisa militare color beige che aveva sicuramente passato giorni migliori, ricoperta qua e là di toppe e cuciture e con non pochi strappi sui bordi del colletto e delle maniche, ma che conservava ancora i dettagli di un passato rispettabile (beh, per qualcuno che credeva ancora ad un'ideologia morta e sepolta dal secolo scorso).
Un paio di spalline gialle, ma dai bordi blu e attraversate orizzontalmente da due righette celesti che emergevano dallo sfondo baige della divisa, entrambe erano decorate verso l'esterno da tre stelline metalliche, e verso l'interno da un distintivo sempre a forma di scudo raffigurante due fucili incrociati, e ancor più verso l'interno, un tondino metallico a completare il tutto.
Dal colore dorato e dai bordi blu come quello delle spalline erano inoltre le due spighette di grano cucite sul colletto dell'uniforme, uniforme che concluse le decorazioni nella zona delle spalle e del collo, per il resto rimaneva spoglia e uniforme, senza medaglie di sorta, ma solo varie tasche tenute chiuse da bruni bottoni metallici.
Passò la mano sulla divisa che la accompagnava da quando era finita all'altro mondo, e di cui avrebbe fatto volentieri a meno se non fosse che per qualche motivo qualcuno lassù aveva deciso che dovesse essere il suo abito per il resto della sua non-vita, assieme ai pantaloni abbinati, agli stivali scuri e pesanti, e alla cintura, insomma, a tutto l'equipaggiamento di ordinanza.
Beh, considerate le altre problematiche quella del vestito era poi la meno grave, pertanto si decise ad indossarlo con la solita rassegnazione con cui iniziava le proprie giornate.
Fatto questo, andò a piazzarsi davanti allo specchio, non che avesse qualche motivo per curare il proprio aspetto (considerando cosa era solito fare il suo corpo era assai improbabile che qualcuno le si sarebbe avvicinato, aspetto curato e meno, né lei era famosa per essere in cerca di compagnia), ma un'ispezione mattutina per controllare eventuali danni della serata prima, scovare la presenza di insetti morti fra i vestiti (molte zanzare avevano scelto le tasche dell'uniforme come confortevole rifugio dove tirare le cuoia) e assicurarsi che il proprio corpo non fosse troppo luminescente (sintomo di una maggiore “attività nucleare” all'interno del suo corpo).
Per fortuna quello che vide la soddisfaceva.
Il suo corpo, quello di una donna smagrita che aveva superato la ventina e che non arrivava al metro e settanta, pareva come al solito: di un grigiore innaturale, chiaro come il cromo e uniforme per tutta la pelle, e ancora più chiari erano i capelli lisci e bianchi che le scendevano fin dietro le spalle.
A fare da contraltare a quella tragica assenza di colore, che assieme al viso affilato la faceva sembrare più a una statua che ad un organismo vivente, vi era però una tenue luminescenza verdastra che in un dato momento sembrava diffondersi su tutto il corpo e in quello dopo limitarsi alla zona degli occhi.
Questi al contrario parevano dominati dal verde, che faceva di loro l'unico elemento colorato in un corpo altrimenti incolore, un tono verde acceso dominava infatti il bulbo oculare, sebbene sotto di esso si potevano intravedere i contorni di un'iride e una pupilla nerastra, che in alcuni momenti pareva lottare per riemergere dal mare verde, e in altri farsi seppellire da esso.
Mihaela si concesse qualche secondo, e giudicata stabile la condizione del proprio corpo, decise che ora poteva concentrarsi sul primo obbiettivo della giornata:
Aveva fame, e fingendo che non fosse ormai l'una passata, uscì dalla stanza e si avviò a fare colazione.
Poi rientrò, si era quasi dimenticata...
Avanzò verso il proprio giaciglio, no, non era lì per riordinare le coperte.
Afferrò il letto e lo allontanò dal muro, facendo attenzione a non bruciare il sostegno in legno su cui si manteneva il materasso.
Rimosso il letto, si piegò in avanti, verso il muro, dove un settore di intonaco dalla forma squadrata la attendeva, a quel punto rimosse la lastra d'intonaco con tutta la delicatezza di cui era capace, rivelando una piccola cassaforte che più che altro pareva la versione in miniatura di un armadietto tipico di una soap opera con protagonisti dei liceali.
La cassaforte si presentava come un sottile scatolone in metallo ricoperto di vernice color foglia, dotato di una piccola manovella scura, che la donna non perse tempo a girare.
Inserita la giusta combinazione, la cassa dentro al muro si aprì, rivelando un ampio fondo colmo di banconote, almeno tremila dollari, una scatola da scarpe chiusa, e una lettera aperta.
Sorrise, i soldi erano il resto del tesoro che aveva ottenuto la settimana scorsa quando assieme ad una demone ragno che aveva conosciuto il giorno prima si era ubriacata e aveva inaspettatamente vinto un premio in denaro di diecimila dollari che si erano divise.
Ok, in realtà erano meno di diecimila dollari visto che si erano ubriacate, avevano offerto da bere ad un intero bar, e poi avevano passato il giorno seguente a riprendersi dalla sbronza, a ricordare cosa era successo e, fatto questo, a dare la caccia ai soldi, che in parte erano stati spesi da altri.
Ma il bottino era comunque notevole, e negli ultimi giorni Mihaela aveva mangiato più abbondantemente di quanto fosse abituata a fare di solito, e forse si sarebbe cercata qualche bravo sarto per sistemarle la divisa.
Se proprio era condannata a passare il resto della sua non vita con un singolo capo d'abbigliamento, tanto valeva curarlo al meglio delle possibilità.
Comunque non aveva aperto la cassa per contare i soldi, prese la lettera, le era arrivata la sera precedente, e aveva deciso di custodirla lì visto che non poteva permettersi di perderne il contenuto.
La ripose in una delle tasche interne dell'abito, poi richiuse la cassaforte, incastrò nel muro la lastra di intonaco e riposizionò il letto al suo posto.
Fatto questo, poté lasciare quel disastro trascurato che era la sua stanza d'appartamento.
Ripensando al contenuto della lettera, era sicura che sarebbe tornata troppo stanca per rimettere in ordine.
Sì, conoscendo il mandante, aveva una lunga giornata davanti a sé.




Nota dell'autore
Per essere la prima fanfiction che scrivo su questo fandom, credo di potermi dire soddisfatto da questo piccolo prologo, spero la cosa valga anche per voi.
Anticipo che eventuali perplessità sulla particolare “natura” del personaggio verranno chiarite nel capitolo successivo, a partire da come funziona (o come sembra che funzioni) il suo corpo.
Detto ciò, spero che questa storia possa divertirvi quanto mi sto divertendo io a scriverla, e ovviamente consigli e correzioni da parte vostra sono sempre ben accetti!
   
 
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