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Autore: Soul Mancini    27/10/2020    4 recensioni
[Scritta per il compleanno di Kim WinterNight e liberamente ispirata alla sua serie "In Pieces" ♥]
Una fredda notte di dicembre, una strada deserta nella periferia di Los Angeles, due anime apparentemente agli antipodi. Due ragazzi che si incontrano, si scontrano, si confrontano e si raccontano le proprie ferite.
DAL TESTO:
“Posso almeno sapere il tuo nome?”
“No.”
“Oh, che peccato. Io comunque mi chiamo Ethan, piacere.”
Inarcai un sopracciglio. “Mi prendi per il culo?”
“Perché?” cadde dalle nuvole lui.
“Anch’io mi chiamo Ethan.” [...]
"Sai che cosa significa il nostro nome, Ethan?”
Scossi il capo. Onestamente non mi ero mai posto il problema.
“Vuol dire forte, duraturo, robusto. Dare questo nome al proprio figlio è come augurargli una lunga vita.” Pronunciò quelle parole con una certa ironia, come se non ci credesse affatto. O come a volersi schernire: probabilmente non si rivedeva affatto in quella definizione.
Quanto lo capivo.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Needles'
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Ethans Disclaimer: in questa one-shpt compare Ethan Murphy, personaggio che non mi appartiene e che è nato dalla penna di Kim WinterNight. Mi sono liberamente ispirata alla MERAVIGLIOSA serie di Kim, In Pieces… sperando di non aver combinato qualche disastro :P
 
 
 
 
 
 
A Kim,
perché riesce sempre a portare fuori il meglio (e il peggio XD) di me,
per essere una sorella, un idolo, una guida e un’amica insostituibile
e contemporaneamente la mia più grande sostenitrice, l’unica che crede in me anche quando io non lo faccio,
per avermi reso la persona e la scrittrice che sono,
per essere l’altra metà di me, il mio opposto e la mia tessera mancante, colei che riesce a farmi ridere con una sola parola e riesce a leggermi nel pensiero.
Grazie per essere semplicemente Kim,
BUON COMPLEANNO
 
 
 
 
 
 
 
You came from out of nowhere
 
 
 
 
11 dicembre 1992
 
Una folata di vento mi sferzò il viso, schiaffeggiandomi con violenza, ma non ci badai; mi limitai a prendere l’ennesimo sorso di Jack Daniel’s dalla bottiglia mezzo vuota che stringevo tra le mani.
In fondo che me ne fotteva se fossi morto assiderato quella notte stessa, su quel marciapiede di periferia scarsamente illuminato da qualche lampione malconcio? Non avevo più niente di concreto e soprattutto niente per cui valesse la pena di lottare.
Non avevo nessuno.
Sospirai, mi alzai e aprii lo sportello della mia auto dal lato del passeggero. Presi a rovistare tra i numerosi dischi che avevo abbandonato sul sedile, afferrai una cassetta a caso e la inserii nell’autoradio. Dato che quel giorno pure la mia macchina aveva deciso di abbandonarmi – dovevo riconoscere che ero stato un coglione a guidare a una velocità troppo elevata perché il motore la potesse sopportare – potevo almeno continuare a sfruttare l’impianto stereo.
Che me ne fotteva in fondo della macchina? Quel pomeriggio stesso avevo prenotato il mio biglietto di sola andata per il Brasile: una settimana più tardi sarei partito e un’auto non mi sarebbe servita a niente.
Brasile. Quel luogo che mi aveva dato alla luce e in cui un tempo avevo avuto una famiglia, ma che ora non aveva più niente da offrirmi. Poco importava se la mia casa era qui a Los Angeles: me ne dovevo andare, non avevo alternative.
Annuii appena quando riconobbi le prime note di From Out Of Nowhere diffondersi dalle casse dell’abitacolo; sentire i Faith No More mi trasmetteva sempre una certa nostalgia, mi ricordava i tempi in cui andavo a suonare in giro con gli Storm It Down – i tempi in cui Ives stava ancora bene e aveva talmente tanta voglia di vivere da contagiare il mondo intero.
Era trascorso solo qualche anno, ma a me pareva una vita fa.
Con un sospiro, tornai ad accomodarmi sul marciapiede, lasciando la portiera aperta in modo da poter sentire la musica; ripresi tra le mani la bottiglia e buttai giù un altro sorso.
Come se l’alcol potesse risolvere i miei problemi. Non avevo fatto che bere come un pazzo ultimamente, ma mentre la mia vita andava a puttane non mi sentivo affatto meglio.
Mi guardai attorno con fare annoiato e pensai che facevo proprio schifo: sbronzo, in mezzo alla strada, con la macchina e l’anima rotte. Proprio io, Ethan, colui che tutti consideravano invincibile.
Fu allora che notai una sagoma immersa nella penombra svoltare l’angolo e dirigersi a passo strascicato ma spedito nella mia direzione; man mano che si faceva più vicina, potei constatare che si trattava di un ragazzo piuttosto magro e dai capelli scuri come la notte. Sbuffai e mi augurai che non decidesse di attaccare bottone con me: probabilmente si trattava di un tossico o un senzatetto in cerca di soldi, e io non ero proprio dell’umore giusto per interagire con simili elementi.
Ogni mia speranza si sgretolò nel momento in cui il ragazzo attraversò la strada e, schioccando le dita a ritmo di musica e canticchiando, mi si accostò.
 
'Cause you come from out of nowhere
My glance turns to a stare
 
One minute here and one minute there
Don't know if I'll laugh or cry
 
Gli lanciai una breve occhiata, cercando di non dargli troppa importanza. Perché non avevo il potere di rendermi invisibile?
“Ehi!”
Trattenni a fatica un sospiro. Come non detto…
“Anche tu ascolti i Faith No More? Io adoro quest’album” affermò lo sconosciuto con voce impastata.
Mi costrinsi a sollevare lo sguardo e osservarlo meglio, approfittando della fioca luce di un lampione che gli illuminava il volto: indossava degli abiti scuri e decisamente troppo leggeri per quella fredda notte di dicembre, un sorrisetto impertinente gli si era stampato sulla faccia, ma ciò che mi colpì maggiormente furono i suoi occhi verde smeraldo. Mi bastò una sola breve occhiata per capire che quel ragazzo era strafatto di eroina.
Lasciai vagare lo sguardo altrove mentre il cuore mi si stringeva nel petto: era una sorta di deja-vu, per un attimo mi parve di trovarmi accanto ad Ives; quello sconosciuto aveva la stessa espressione, la stessa ingenua sicurezza nelle iridi, strascicava addirittura le parole nel suo stesso modo.
“Ehi, sei muto per caso?” riprese a parlare dopo qualche istante, sedendosi sul bordo del marciapiede decisamente troppo vicino a me – ma chi gli aveva dato il permesso?
Sbuffai e fissai lo sguardo dritto nel suo; stavo già cominciando a esaurire le mie misere scorte di pazienza. “Si può sapere che cazzo vuoi?”
Ma lui non parve per niente impressionato; piegò leggermente il capo di lato e accennò un sorriso. “America Latina, vero?”
Inarcai un sopracciglio, perplesso.
“Hai un accento particolare e, lo devo ammettere, parecchio intrigante. Fammi indovinare: sei messicano?”
“Brasiliano” lo corressi con fare annoiato, scostandomi di qualche centimetro; quel tipo mi stava addosso, sentivo addirittura il suo respiro sul viso ogni volta che mi si rivolgeva, e se non mi fossi allontanato avrei potuto strangolarlo a mani nude. “Dimmi cosa vuoi e lasciami in pace” sibilai poi, rigirandomi tra le mani la bottiglia di Jack Daniel’s quasi vuota.
“Niente in particolare, sono stato attirato dalla musica. Ma se vuoi, già che ci siamo, posso offrirti diversi servizi…”
“Non mi serve niente, sparisci.”
Lui ridacchiò, sistemandosi alcune ciocche mosse dietro l’orecchio. “Sicuro? Ho con me della roba che ti manderà fuori di testa e, ci tengo a precisarlo, sono uno degli spacciatori più economici della zona. Con uno splendore come te poi potrei fare qualche ulteriore sconticino” insinuò, lanciandomi un’occhiata ammiccante.
Davvero quel ragazzino ci stava provando con me?! Nella lista delle stronzate che mi erano capitate nella vita, ricevere delle avances da parte di un altro ragazzo non era ancora comparsa.
Tuttavia rimasi impassibile e mi limitai a scrollare le spalle. “Ti ho detto che non mi serve niente.”
“Non hai mai provato l’eroina, tesoro?” mormorò in tono suadente, sporgendosi un poco verso di me.
Tesoro? Ma con chi credeva di parlare? Stava superando ogni limite.
“Ascoltami bene: non me ne fotte un cazzo della tua roba e non hai nulla da insegnarmi sul mondo dello spaccio. Quindi ti conviene girare al largo, prima che questa storia vada a finire molto male” cominciai ad alterarmi. Feci per mettermi in piedi e lasciarlo lì a vaneggiare per i fatti suoi, quando lui scoppiò a ridere all’improvviso; allora mi costrinsi a stare immobile e lo inchiodai con lo sguardo. Mi stava forse sfidando?
“D’accordo, rilassati, tranquillo! Come mai sei così nervoso?”
“Come mai continui a farti i cazzi miei?”
“Beh, sei qui tutto solo, con quello sguardo triste… e ho pensato che avessi bisogno di un po’ di compagnia. Voglio soltanto aiutarti, okay?” Il ragazzo addolcì ulteriormente il tono di voce e fece per allungare una mano nella mia direzione, ma mi ritrassi prima che potesse sfiorarmi. Se mi avesse toccato, sarei stato capace di spezzargli le dita.
“Io ti consiglio di aiutare innanzitutto te stesso, prima che quella merda che ti spari in vena ti spedisca sottoterra” lo gelai in tono lugubre e aggressivo, sentendo il sangue ribollirmi nelle vene.
Era paradossale che il fratello di uno dei più importanti spacciatori di Los Angeles pronunciasse quelle parole, non facevo certo una buona pubblicità all’impresa di famiglia, ma da quando Ives se n’era andato per sempre a causa dell’eroina ero diventato particolarmente sensibile all’argomento; non sopportavo neanche sentirla nominare e, dal canto mio, avevo smesso definitivamente di farmi di coca. Cominciavo a detestare profondamente quel mondo.
Quello stesso mondo che ora aveva mandato Davi in galera, lo stesso che ora mi obbligava a partire e nascondermi dagli sbirri. Altro che fratello di uno spacciatore! Era tutto finito.
Lo sconosciuto parve turbato da quelle parole, ma si limitò a mettere su una smorfia prima di riacquisire la sua solita espressione affilata e impertinente. “Non che tu sia in condizioni migliori. Sbaglio o ti sei scolato una bottiglia intera di Jack, e adesso sei sbronzo?”
“Fottiti” lo liquidai.
“Preferisco sia qualcun altro a farlo.”
Evitai accuratamente di ribattere e presi a ignorarlo, finendo di scolare le ultime gocce di whisky.
Lui intanto non pareva minimamente intenzionato a lasciarmi in pace, tutt’altro: si era sistemato ancora più comodo sul marciapiede e aveva preso a canticchiare il ritornello del brano corrente – Falling To Pieces –, scandendo parola dopo parola come se facessero parte del suo DNA.
 
Because I'm somewhere in between
My love and my agony
You see, I'm somewhere in between
My life is falling to pieces
Somebody put me together
 
Mi ritrovai a pensare che quel brano parlasse proprio di me e della mia vita in quel momento: mi sentivo esattamente così.
Chissà, magari anche quel tipo strano che mi stava accanto si ritrovava in quel testo, proprio come me.
“Questa è la mia canzone preferita dell’album insieme a Edge Of The World. Sai, non conoscevo i Faith No More finché quest’estate non mi sono scopato il loro tastierista…”
Aggrottai le sopracciglia e tornai a fissarlo, ancora una volta perplesso. Avevo conosciuto i ragazzi dei Faith No More nell’85, quando io e gli Storm It Down ci eravamo recati a San Francisco per suonare come gruppo spalla a un loro concerto, ma all’epoca nulla mi aveva fatto intendere che Roddy Bottum, il loro tastierista, fosse omosessuale.
Non che mi importasse particolarmente, in realtà.
“Allora mi sono incuriosito, sono andato ad ascoltarli e me ne sono letteralmente innamorato, anche se in genere la musica non mi interessa.”
Aveva intenzione di parlare ancora per molto?
Lo vidi sgranare gli occhi all’improvviso e portarsi una mano davanti alla bocca. “Oh cazzo, Roddy non ha ancora fatto coming out…”
“Ora che so che è gay non andrò a provarci con lui, puoi dormire sonni tranquilli” tagliai corto con uno sbadiglio annoiato.
“Lo conosci?”
“Li conosco tutti. Ma, rinfrescami la memoria… sei uno spacciatore, o sbaglio? Perché non vai a vendere la tua roba altrove?”
“Un attimo: non ti ho ancora parlato dell’altro servizio che potrei offrirti, bel brasiliano.” Una scintilla maliziosa si fece strada nei suoi occhi verdi mentre si accostava pericolosamente a me. Eu quero ser sua putinha. È così che si dice in portoghese, giusto?” sussurrò a pochi centimetri dal mio viso mentre posava le mani sul mio petto.
Lo spinsi via con rabbia. “Giù le mani, pezzo di merda! E sparisci dalla mia vista, prima che io faccia qualcosa di cui potrei pentirmi!” ringhiai, stringendo i pugni e sentendo il viso andarmi in fiamme.
Detestavo profondamente essere toccato e preso d’assalto in quel modo, mi mancava subito il respiro e mi sentivo in gabbia; il fatto che fosse un altro uomo ad avvicinarsi a me in quel modo non faceva che moltiplicare la mia irritazione.
Ma il dettaglio peggiore era che quello stronzo non demordeva ancora: dopo essere stato sbalzato all’indietro, si sostenne su un gomito per continuare a osservarmi, il solito sorrisetto stampato sulle labbra. “Posso almeno sapere il tuo nome?”
“No.”
“Oh, che peccato. Io comunque mi chiamo Ethan, piacere.”
Inarcai un sopracciglio. “Mi prendi per il culo?”
“Perché?” cadde dalle nuvole lui.
“Anch’io mi chiamo Ethan.”
Lui sbatté le ciglia un paio di volte e tornò a sedersi dritto. “Che coincidenza carina!”
Sbuffai. Ma cosa mi tratteneva ancora su quel marciapiede, accanto a un elemento simile?
Ah già: la macchina non metteva in moto, ero sbronzo, non avevo un soldo ed ero lontano anni luce dalla fermata del bus più vicina.
“E come mai ti trovi qui tutto solo?” incalzò nuovamente Ethan, scrutandomi con attenzione.
“Per restare solo, appunto. E tu ti stai frapponendo tra me e il mio obiettivo” gli feci presente.
“C’è qualcosa nei tuoi occhi che non mi convince affatto. Non ti andrebbe di parlarne un po’? Potrebbe farti bene.” Mentre parlava, mi posò con leggerezza una mano all’altezza del ginocchio, che io mi apprestai subito a scacciare via.
“Non ti è ancora chiaro che sono etero?” sbottai.
“È un vero peccato, brasiliano. Beh, comunque se vuoi sperimentare qualcosa di nuovo, io sono a tua completa disposizione” mormorò, scoccandomi l’ennesima occhiata maliziosa.
Distolsi lo sguardo, piuttosto disgustato. “Ti hanno mai detto che sei una fottutissima palla al piede?”
“Qualche volta.”
Lo sentii muoversi accanto a me, ma non mi degnai di voltarmi nella sua direzione finché non lo sentii armeggiare con alcuni oggetti; fu il sinistro luccichio di un ago ad attirare definitivamente la mia attenzione.
Non appena compresi ciò che stava per accadere, lo stomaco prese a contorcersi e dovetti sforzarmi per trattenere un conato: Ethan si era sollevato una manica e voleva spararsi una dose di ero in vena proprio davanti ai miei occhi; aveva già preparato la siringa e teneva il laccio emostatico poggiato sulle ginocchia, pronto per stritolargli la pelle.
Per un solo istante le sue iridi verdi, luccicanti di gratitudine verso la sostanza che stava per invadergli il corpo, si trasformarono in quelle azzurre di Ives; mi parve di vedere nuovamente il mio migliore amico, che si distruggeva giorno dopo giorno con quella merda senza che io potessi farci niente.
Venni colto da un improvviso capogiro. Era come tornare indietro nel tempo e rivivere il periodo peggiore della mia intera esistenza.
Mi lasciai sfuggire una bestemmia tra i denti e guardai altrove.
Ethan mi lanciò una fugace occhiata prima di concentrarsi nuovamente sulla sua operazione. “Che c’è, non hai mai visto qualcuno bucarsi la pelle? Ti fa impressione il sangue?”
Mi impegnai per dissimulare il profondo dolore che stavo provando e scossi semplicemente il capo con indifferenza. “Che me ne fotte? Se vuoi ammazzarti, accomodati.”
“Ammazzarmi? Ma quando mai, io amo la vita. L’eroina te la salva, non te la toglie” ribatté lui con disarmante semplicità, prima di infilarsi l’ago sottopelle con gesti esperti; sul suo viso si dipinse un sorriso compiaciuto e gli occhi gli si riempirono di quello stesso piacere malato che avevo visto milioni di volte scorrere sul viso del mio migliore amico.
Quel viso che non vedevo da più di tre anni.
Scattai in piedi e gli diedi le spalle, il corpo interamente scosso dai tremiti – di rabbia, di paura o di terrore, non avrei saputo dirlo. L’unica cosa di cui ero certo era che tutto ciò faceva male.
“L’eroina ti salva la vita, ah sì? Complimenti per la geniale intuizione. Sai una cosa, Ethan? Puoi anche andare a fanculo. Ma poi che te lo auguro a fare… stai facendo tutto con le tue mani!” sbraitai, portandomi una mano tra i corti capelli che all’improvviso si erano impregnati di sudore. Stavo perdendo il controllo, complice l’alcol che avevo in corpo, e non sarebbe dovuto succedere.
Ma dopo la morte di Ives non riuscivo più ad assistere a episodi come quello, ne ero del tutto intollerante.
Mio dio, avevo una voglia assurda di vomitare…
“Che succede, brasiliano? Ehi, guardami: io sto benissimo, di che ti preoccupi?” mi rassicurò Ethan in tono rilassato.
Sospirai e poggiai un braccio sulla mia auto per sostenermi; mi sentivo così spossato. “Succede che presto potrai dialogare di tutto ciò insieme ad Ives.”
Dopo aver raccattato le sue cose, il ragazzo si mise faticosamente in piedi per poter stare al mio livello e guardarmi negli occhi; istintivamente il mio sguardo corse al punto in cui qualche istante prima si era ferito la pelle con l’ago e solo allora mi accorsi del tatuaggio ormai sbiadito che svettava all’interno del suo polso sinistro, tra segni rossi, lividi e croste: riconobbi l’aquila stilizzata, il simbolo di una nota gang di spacciatori che si riforniva regolarmente da mio fratello. Probabilmente quel ragazzo conosceva Davi.
“Chi è Ives?” mi domandò con curiosità, ma sul suo volto non compariva più quella sfacciataggine che lo contraddistingueva; forse aveva intuito che ci stavamo addentrando in un campo minato.
“Il mio migliore amico che, guarda caso, è morto con un ago in vena dopo una lunga storia d’amore con l’eroina. Giusto per smentire la tua teoria. Quando finirai all’inferno – e qualcosa mi dice che sei sulla buona strada – salutalo tanto da parte mia se lo incontri” sputai fuori in tono sprezzante, ma quelle parole furono come pugnalate per me. Era come rigirare il coltello nella piaga.
Forse pensavo che riversare la mia frustrazione su quel ragazzino mi avrebbe fatto stare meglio, ma ovviamente non fu così.
Dal canto suo, Ethan si strinse nelle spalle e mi rivolse un sorrisetto ironico. “Sei un vero tesoro a preoccuparti per me, brasiliano. Ma, sai, c’è un piccolo dettaglio: a me non importa niente di vivere o morire. Morirò oggi? Okay, chi se ne fotte.”
“Ma sbaglio o cinque minuti fa hai detto di amare la vita?” gli rammentai.
“Infatti, io la vita la amo così com’è e sono dell’idea che vada vissuta fino in fondo. Per questo faccio ciò che ho voglia di fare, ora che sono vivo e ne ho la possibilità. Mi va di scopare con qualcuno? Lo faccio. Mi va di bucarmi? Mi buco. Non mi metto problemi e non mi importa niente di come sarò tra due minuti, tra mezz’ora o tra un anno, perché ora sto vivendo questo momento.”
Ma, anche se il suo tono di voce risultava allegro, leggero e perfino divertito, le sue iridi si erano incupite. Allora mi resi conto che quel ragazzo, all’apparenza così spavaldo, portava dentro di sé tanti demoni – forse talmente tanti che l’avevano distrutto e l’avevano portato a quel punto.
Non conoscevo la sua storia e lui non conosceva la mia, ma con lo sguardo che ci scambiammo ci comunicammo tutto ciò che non avremmo mai detto a parole. Ci riconoscemmo: due anime corrotte, dannate, piene di cicatrici sulla pelle e sull’anima, che avevano sofferto troppo e forse per questo motivo non avevano più nulla da offrire al mondo, se non il loro dolore e la loro rabbia.
“La tua è una filosofia del cazzo” commentai infine, dopo alcuni lunghissimi istanti di silenzio, poi mi accomodai nuovamente sul marciapiede.
L’altro ragazzo mi imitò. “Riesci a trovarne una migliore?”
Bella domanda. Non potevo dare una risposta esaustiva, visto che i venticinque anni della mia vita erano stati un enorme assembramento di catastrofi e ora, men che mai, riuscivo a trovarne il senso.
“Mio padre scriveva tanto,” prese a raccontare Ethan, perdendo lo sguardo davanti a sé, “e, quando creava qualche nuovo personaggio nella sua testa, andava sempre alla ricerca del nome perfetto, con il giusto significato; il nome che potesse rappresentare al meglio quella personalità. Aveva una vera e propria fissa per l’origine dei nomi e così, quando sono nato io, me ne ha voluto assegnare uno che fosse di buon auspicio. Sai che cosa significa il nostro nome, Ethan?”
Scossi il capo. Onestamente non mi ero mai posto il problema.
“Vuol dire forte, duraturo, robusto. Dare questo nome al proprio figlio è come augurargli una lunga vita.” Pronunciò quelle parole con una certa ironia, come se non ci credesse affatto. O come a volersi schernire: probabilmente non si rivedeva affatto in quella definizione.
Quanto lo capivo. Avevo soltanto venticinque anni ed ero già stanco della vita e dell’universo intero, mi veniva la nausea alla sola idea di dover ancora combattere, soffrire, fallire.
Eppure, anche se ero arrivato a un punto morto, avevo perso gli affetti, la casa, la famiglia e le certezze, cosa potevo fare se non portare fuori gli artigli e aggrapparmi ancora una volta alla vita? Qual era l’alternativa, lasciarmi sopraffare e aspettare la mia fine come aveva fatto Ives?
Semplicemente non potevo. Ero troppo incazzato col mondo per dargli la soddisfazione di affondarmi, ero troppo orgoglioso per arrendermi e ritirarmi dalla partita; avrei giocato fino alla fine.
Mi voltai lentamente verso Ethan e osservai per qualche istante il suo sorrisetto sarcastico, ma i suoi occhi non ridevano affatto.
Hai qualcosa per cui lottare?” gli domandai.
Io, che mi facevo sempre gli affari miei e detestavo le domande, che avevo cercato di evitare quella conversazione e quel tizio per tutto il tempo, avevo definitivamente perso il controllo e la lucidità.
Lui sgranò gli occhi, colto alla sprovvista, poi scosse il capo.
“Ecco: trova il tuo motivo per stare al mondo e lotta per esso, qualsiasi esso sia. E butta quella merda che ti sta fottendo le vene.”
Restammo in silenzio per diversi istanti, senza trovare il coraggio di scambiarci un’occhiata, mentre le note di Woodpecker From Mars riempivano l’aria.
“Non credo a queste cose, brasiliano” mormorò infine.
Mi strinsi nelle spalle. “Nemmeno io.”
Ethan scoppiò a ridere. “Sei così stupendamente incasinato…” Detto ciò, mi si accostò e fece per circondarmi le spalle con un braccio, ma io scattai all’indietro. Credeva forse che mi sarei concesso a lui solo perché avevamo intrattenuto una conversazione più o meno civile?
“Vuoi per caso che mi attacchi in fronte un cartello con su scritto levati dal cazzo?” lo apostrofai, sentendo nuovamente la rabbia montarmi dentro.
“Volevo soltanto abbracciarti” borbottò con un’ombra di delusione nello sguardo.
“Ecco, appunto.” Gli abbracci erano una delle cose che detestavo maggiormente insieme all’eroina.
Ma Ethan non parve nemmeno ascoltare la mia risposta, talmente era concentrato a scrutarmi: sentivo il suo sguardo addosso ed era così tremendamente insistente, si spostava con minuzia su ogni millimetro del mio corpo. Sembrava volermi spogliare con gli occhi.
“Dio, quanto sei bello…” sussurrò, gli occhi luccicanti di una pericolosa e strana eccitazione.
Lo trucidai con un’occhiata e mi allontanai di qualche altro centimetro. “Dacci un taglio.”
“E quando ti incazzi sei doppiamente stupendo.”
“È meglio che tu non mi veda veramente incazzato” lo avvertii, inchiodandolo con lo sguardo e incrociando le braccia al petto.
“Sei davvero sicuro di non voler provare qualcosa di nuovo? Ti divertiresti un sacco…” insinuò, poi mi si scaraventò quasi addosso e, prima che riuscissi a spingerlo via, mi posò una mano sulla coscia e accostò le labbra al mio orecchio. “Potresti sfogare su di me tutta la tua rabbia” soffiò.
Basta. Aveva decisamente tirato troppo la corda.
Lo spinsi via con violenza e gli mollai uno schiaffo in pieno volto, poi lo incenerii con lo sguardo mentre se ne stava disteso sul marciapiede. “Quale parte della frase giù le mani non ti è chiara? Vai a farti fottere.”
Malgrado il segno rosso che gli avevo lasciato sulla guancia, Ethan non sembrava essersi fatto nulla di grave; a confermarlo arrivò uno dei suoi soliti sorrisetti maliziosi. “Da te molto volentieri, brasiliano.”
Sbuffai. “Mi hai rotto il cazzo. Smamma, devo tornare a casa mia.”
Certo, e con quale macchina? Che giornata di merda…
“Scordatelo, adesso c’è l’altra mia canzone preferita!” strepitò lui, rimettendosi seduto e sorridendo come un bambino la mattina di Natale.
Allora riconobbi le prime note di Edge Of The World, l’ultima traccia di The Real Thing – nonché unico brano dei Faith No More che non mi convinceva affatto.
In un’altra occasione avrei estratto direttamente la cassetta dall’autoradio e sarei passato a un’altra, ma Ethan era totalmente rapito da quel brano: schioccava le dita a ritmo di musica, faceva oscillare il capo e canticchiava con trasporto, cercando di emulare la voce di Mike Patton e fissandomi con insistenza.
 
Come here, my love
I'll tell you a secret
Come closer, now
I want you to believe it
 
“Detesto questa roba” puntualizzai.
“Lo senti questo pianoforte? È stupendo. Roddy ha fatto un capolavoro… ah, il mio Roddy…” commentò in tono sognante.
“Sì, d’accordo. Non mi interessa a chi dai il culo. L’importante è che quando finisce questa canzone tu sparisca dalla mia vista” conclusi, mettendomi in piedi e stiracchiandomi. Probabilmente avrei dovuto passare la notte in macchina, quindi era il caso di mettere un po’ d’ordine e sperare di trovare un po’ di comodità.
 
We'll sing and dance
And we'll find romance
And we'll stroll to the edge of the world
 
“Ethan?”
Mi voltai a guardare il ragazzo che si trovava ancora seduto sul gradino e gli feci cenno di parlare.
“Tu credi nell’amore?”
“No” ribattei senza esitazione, poi gli diedi nuovamente le spalle e cominciai a raccattare alcune cassette e alcuni vinili che avevo sparso ovunque.
 
You can trust me
I'm no criminal
But I'd kill my mother
To be with you
Be with you
Be with you
Be with you
 
Dovetti riconoscere che Ethan aveva una bella voce e ci sapeva fare col canto; a un certo punto lo trovai perfino tenero, così preso dalla canzone da dimenticarsi del mondo intero. Per la prima volta da quando l’avevo incontrato sembrava davvero un ragazzo come tanti altri, pieno di voglia di vivere e innamorato della musica.
Quando l’ultima strofa terminò, lasciando spazio all’outro strumentale, Ethan – che intanto si era messo in piedi – mi si accostò, ma stavolta non con sfrontatezza. “Posso almeno stringerti la mano prima di andarmene? Questo lo puoi sopportare?” La sua voce aveva assunto una sfumatura quasi supplichevole.
Feci spallucce e allungai una mano; lui la strinse e solo allora potei constatare quanto le sue dita fossero sottili e fredde. Non appena entrarono in contatto con le mie, però, cominciarono subito a scaldarsi, come se tornassero improvvisamente a vivere.
Una perfetta metafora per quel ragazzo: era glaciale, ma gli bastava un briciolo di calore umano per sciogliere quella gelida barriera e crollare, darsi e scaldarsi.
Dopotutto speravo che si salvasse, nonostante fosse una testa di cazzo.
Percepii la sua stretta farsi più salda e forte sulla mia mano – quasi con disperazione, come se avesse estremo bisogno di quell’appiglio per non sgretolarsi – e vidi i suoi occhi luccicare di una strana emozione che non aveva ancora mostrato quella sera, come se la sua maschera di sfacciataggine e sicurezza si fosse dissolta. “Grazie, brasiliano.”
“Ho un nome, puoi anche usarlo” lo sbeffeggiai, ma stavolta senza alcuna cattiveria nella voce.
Le sue labbra si incresparono appena in un sorriso fragile e genuino.
Lasciai andare le sue dita e lui si ritrasse a malincuore. “Beh, buona fortuna. Anzi, bea sorte. È così che si dice in portoghese, giusto?”
Ridacchiai. “Boa sorte. Con la o.”
Ethan piegò appena la testa di lato e mi rivolse un ultimo sorrisetto, prima di darmi le spalle e sparire nell’oscurità della notte.
Tutt’attorno era calato il silenzio, anche le ultime note di Edge Of The World si erano dissolte insieme a quel ragazzo che era sbucato dal niente proprio all’inizio dell’album.
Aprii lo sportello dell’auto e mi ci sedetti dentro. Stavo ancora peggio di prima.
Ma sotto sotto sentivo, anche se non sapevo spiegarmene il motivo, che la conversazione con l’altro Ethan aveva smosso qualcosa anche in me.
 
Hai qualcosa per cui lottare?
Ecco: trova il tuo motivo per stare al mondo e lotta per esso, qualsiasi esso sia.
 
 
 
 

 
 
AUGURI KIIIIIIIIIIIM *________________*
E, lettori miei…
Era da ere geologiche intere che sognavo un incontro tra i due Ethan – il mio Ethan AraÚjo e l’Ethan Murphy di Kim – e il compleanno della mia adorata sorella è stata l’occasione giusta per realizzarlo *_____*
Metto subito le mani avanti, soprattutto per quanto riguarda il personaggio che non è mio: non so se l’ho reso bene, se l’ho rispettato e se l’ho fatto agire così come Kim se lo immagina, ma spero sia ugualmente piaciuto – Kim TI PREGO TI SCONGIURO non picchiarmi se ho scritto qualche imperdonabile stronzata, sto annegando in un mare di ansia T.T
Bene, allora, direi che è il caso di dare qualche delucidazione per chi segue soltanto o l’una o l’altra serie.
Innanzitutto, la storia è narrata dal punto di vista del mio Ethan, e in un periodo della sua vita molto particolare: dopo essere sprofondato in un mare di passività e alcol (e sicuramente depressione) dopo la morte del suo migliore amico, sul finire del ’92 Ethan perde definitivamente ogni legame affettivo, dal momento che suo fratello maggiore Davi, spacciatore affermato e potente a Los Angeles, viene arrestato. Ethan è costretto a scappare prima che la polizia risalga a lui in quanto fratello di Davi, così prenota un volo per il Brasile, sua terra d’origine, anche se lì non ha più niente. Davi tra l’altro lo manteneva con i soldi che guadagnava, quindi Ethan ora è senza entrate, senza lavoro, senza un posto in cui andare e senza nessuno a cui affidarsi.
Per quanto riguarda l’Ethan (Murphy) di Kim, tutti i riferimenti alla sua vita sono veri e sono stati trattati dalla sua autrice: è vero che è uno spacciatore e fa parte di una gang, è vero che è omosessuale, è vero che suo padre scriveva. Per quanto riguarda la sua notte di passione insieme al tastierista dei Faith No More, Roddy Bottum, Kim racconta la vicenda in due storie: And the pieces of my puzzle keep crumblin’ away e You splash me with beauty.
Inoltre quando gli faccio pronunciare alcune frasi specifiche, come “Non hai mai provato l’eroina, tesoro?” o “Ti salva la vita, non te la toglie”, si può dire che sono semi-citazioni ad alcune battute pronunciate proprio da Ethan in alcune storie della serie! Devo dire che tutto ciò mi è servito per capire meglio (e quindi cercare di rendere) il suo modo di pensare, parlare e agire!
Tutto il resto – compresa la sua visione della vita e il modo in cui alla fine si mostra per ciò che è – sono tutte mie licenze poetiche; io lo immagino così, se lo dovessi caratterizzare questa sarebbe la mia versione di Ethan Murphy, e spero solo di non averlo mandato totalmente OOC – ti prego Kim RASSICURAMI CHE ANSIA!
Passando alle note specifiche di questa storia (sulle due serie non aggiungo altro per non fare spoiler): l’album che fa da sottofondo è The Real Thing, disco dei Faith No More del 1989 nonché primo con Mike Patton alla voce. Vi lascio almeno i link delle canzoni che ho nominato e da cui ho preso i testi che trovate in mezzo alla storia:
From Out Of Nowhere
Falling To Pieces
Woodpecker From Mars
Edge Of The World
Fun fact per quest’ultimo brano: io sono un po’ come il mio Ethan, non mi piace tanto questa canzone ahahahahah XD però mi piaceva un sacco che invece l’altro Ethan la adorasse! Spero che Kim mi lasci passare anche questa libertà che mi sono presa sul suo personaggio :P
Per quanto riguarda il significato del nome Ethan, è tutto vero – e la cosa mi piace UN SACCO, perché boh, sento di aver azzeccato il nome del mio personaggio, è proprio quello che penso di lui *____*
Vi riporto anche le traduzioni delle frasi in portoghese che trovate nel testo (non so fino a che punto possano essere corrette, io ci ho messo tutta la mia buona volontà XD):
Eu quero ser sua putinha”: voglio essere la tua puttanella.
Boa sorte”: buona fortuna.
Per ultima cosa (ma non meno importante) voglio fare un grandissimo ringraziamento alle mie adorate Sabriel e Carmaux, che mi hanno affiancato durante i deliri per la stesura di questa storia e mi hanno dato il loro parere in anteprima! Grazieeeeee *-*
Dovrebbe essere tutto! Non mi resta che fare ANCORA TANTISSIMI AUGURI a Kim e spero che la storia vi sia piaciuta! :3
Alla prossimaaaa!!!
 

 
   
 
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