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Autore: Futeki    01/11/2020    21 recensioni
La Guerra è finita e Hermione Granger torna a Hogwarts per concludere i suoi studi, anche se l'assenza dei suoi amici le pesa più di quanto voglia ammettere. La Guerra è finita e Draco Malfoy torna a Hogwarts solo per scoprire che tra i suoi coetanei è odiato tanto quanto all'esterno della scuola.
Entrambi soli, ma in modo diverso, scoprono per puro caso di avere un interesse in comune. E quando la fiaba di Raperonzolo smette di essere un pretesto per parlarsi e inizia a prendere forma intorno a loro, tutti e due dovranno scendere a patti con ciò che provano l'uno per l'altra.
Dal testo: Draco chiuse il libro di scatto, infastidito dagli sviluppi della storia. Di tutte le fiabe che aveva letto, quella di Raperonzolo era certamente la più idiota. Come poteva quella ragazza essere così stupida da parlare alla maga del principe? Gli sembrava un’ingenuità talmente grossa da risultare poco credibile. Molto meno di zucche trasfigurate in carrozze e incantesimi del lungo sonno, ovviamente. Senza pensarci due volte, si mise a cercare la Granger per farle presente ciò che pensava.
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Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'A metà strada'
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Tangled

(Chasing the girl in the tower)

 

 

C’era una volta una donna, che, dopo averla desiderata a lungo assieme a suo marito, aspettava una bambina. Dalla finestrella della loro piccola casa, si vedeva il giardino di una maga, nel quale crescevano fiori e frutti di qualsiasi genere. La donna, ogni mattina, si metteva alla finestra e guardava quel giardino. Un bel giorno le venne voglia di assaggiare i raperonzoli che vi crescevano. Sapendo che la maga non le avrebbe ceduto mai i raperonzoli, la donna cercò di trattenersi, ma la sua voglia era incontenibile; suo marito, non appena se ne accorse, poiché le voleva un gran bene, si intrufolò di nascosto nel giardino della maga e ne portò via un bel mazzetto.

 

 

Hermione si strinse nel mantello e nascose le mani nelle tasche mentre saliva con attenzione i gradini che portavano alla Guferia. La pioggia batteva incessante dalla notte prima, rendendo la strada fin troppo scivolosa.

Quill era appollaiata in un angolo, un po’ in disparte rispetto agli altri gufi, e si passava delicatamente il becco sull’ala destra già immacolata. Hermione si avvicinò alla sua civetta per accarezzarla, poi le offrì il pezzetto di bacon che aveva portato via dalla tavola imbandita per la colazione della Sala Grande. La creatura accettò il regalo di buon grado e prese a masticare il suo cibo.

La strega si avvicinò a una finestra, ammirando lo spettacolo di Hogwarts vista dall’alto. Quando il cielo si era oscurato per la prima volta, si era sorpresa a sperare che la pioggia lavasse via dai muri le macchie scure che le impedivano di trovare il Castello identico a come l’aveva lasciato prima della Guerra. Quell’ingenuità era stata subito spazzata via dalla consapevolezza che niente avrebbe potuto rimuovere i segni di incantesimi e maledizioni dalle pareti, nonostante l’imponente lavoro di ricostruzione che aveva rimesso in piedi la scuola dopo la Battaglia.

D’altra parte, nascondere le macerie sotto al tappeto non avrebbe cancellato quanto era accaduto. Hogwarts non sarebbe mai più stata la stessa.

Tornò dalla civetta e legò la lettera che aveva scritto alla sua zampa. Le parve di cogliere un’occhiata esasperata da parte di Quill, che, rassegnata, si preparava a un nuovo viaggio; tuttavia ignorò quell’impressione. Da quando aveva riportato a casa i suoi genitori e aveva restituito loro la memoria, raccontandogli quanto era accaduto nell’ultimo anno, loro avevano cominciato a starle sempre più addosso. Suo padre era rimasto ferito dalla sua scelta di mandarli via e tenerli all’oscuro di tutto, però sembrava averla perdonata. Sua madre, invece, stava provando in ritardo tutta l’ansia che le era stata negata quando Hermione era stata davvero in pericolo.

Aveva preteso che avessero un gufo tutto loro, per scambiarsi lettere con maggiore frequenza, e lei non aveva protestato. Era andata a Diagon Alley e aveva preso Quill da un negozio di animali, dopo che il proprietario le aveva assicurato che era un animale molto resistente e in grado di compiere lunghi viaggi con brevi periodi di riposo.

Adesso, Quill si preparava a partire per l’ennesima volta, sotto la pioggia, per recapitare ai signori Granger la lettera della figlia. Si lanciò fuori senza esitare, battendo le forti ali per contrastare il vento e allontanandosi rapidamente.

Hermione rimase immobile a fissare il punto in cui era sparita, rammentando le volte in cui aveva guardato Edvige andare via, insieme a Harry e Ron, da quella stessa finestra. Si strinse le braccia attorno al corpo, per impedirsi di rabbrividire. Odiava essere a scuola senza di loro. Odiava la solitudine di cui non riusciva a liberarsi, nonostante tutti la salutassero e la riconoscessero come un’eroina della Seconda Guerra dei Maghi. Aveva addirittura saputo che presto sarebbe stata prodotta una figurina delle Cioccorane con il suo volto, ma per quanto la cosa la lusingasse, non riusciva a gioirne senza i suoi amici.

Guardò rapidamente l’orologio e si rese conto di essere in ritardo. Aveva chiesto e ottenuto dalla Preside McGranitt il permesso di seguire tutte le lezioni che riusciva a incastrare nel suo folle orario senza l’aiuto di una Giratempo, incluse quelle materie che aveva dovuto abbandonare al terzo anno, come Babbanologia e Divinazione. Era stata parecchio fortunata a non avere coincidenze di orario, ma il risultato era che non aveva quasi più un attimo di tempo libero. Non che le dispiacesse, anzi, tenersi impegnata era esattamente quello che le serviva.

Scese le scale rapidamente, per avviarsi verso l’Aula di Trasfigurazione, ma si costrinse a rallentare quando rischiò di scivolare e riuscì a non cadere solo aggrappandosi al corrimano.

Sono tornata a scuola per studiare, si disse per ricacciare indietro la nostalgia per l’assenza di Harry e Ron. Poteva farcela a superare quell’ultimo anno senza di loro. Sarebbe stata una studentessa modello e una strega incredibilmente capace. E se voleva portare a termine gli studi in tutte le materie, non avrebbe avuto il tempo di sentire la loro mancanza.

 

 

***

 

 

Cara mamma,

sto bene. Devi dare a Quill il tempo di riposare tra un viaggio e l’altro, perché è una civetta, non un cellulare. E no, ti ho già detto che non c’è nessun modo per mandarti SMS da Hogwarts. Qui la tecnologia non funziona, non si tratta di chiedere permessi speciali.

In ogni caso, sei troppo preoccupata. Sto bene e va tutto bene. Hogwarts è tornata ad essere la scuola accogliente che mi ha ospitata per sei anni. Qui mi sento a casa e sono protetta. Il mondo è pieno di pericoli, come lo era prima della Guerra, ma nessun posto è sicuro quanto Hogwarts e tu lo sai.

Come mi hai chiesto, mi sono informata sugli sviluppi della caccia ai Mangiamorte che sono riusciti a fuggire dopo la Battaglia. Gli Auror ne rintracciano sempre di più ogni settimana e il Winzegamot continua a processarli rapidamente. La maggior parte di loro è dietro le sbarre. Chi non lo è lo sarà presto, o è stato giudicato non abbastanza pericoloso da doverlo essere.

E sì, Draco Malfoy rientra in quest’ultima categoria. Perché è vero che è tornato a Hogwarts come se niente fosse, ma ti assicuro che la sua famiglia ha pagato. Suo padre è ad Azkaban e sua madre collabora con il Ministero. E poi, dopo tutti questi anni, pensi davvero che LUI possa spaventarmi? Se mi si avvicinerà troppo lo trasfigurerò in un furetto, promesso.

Stai tranquilla e dai un bacio a papà da parte mia.

Vi voglio bene.

Hermione

 

 

***

 

 

Il giorno dopo aver mangiato i raperonzoli rubati, la voglia della donna non era passata: anzi, era aumentata a dismisura. Il marito, di nuovo, entrò nel giardino di soppiatto, ma non aveva ancora raccolto il primo raperonzolo che si trovò la maga dinnanzi.

 

 

Draco osservò la pioggia con una smorfia di disappunto sul viso. Difficilmente quella notte sarebbe riuscito a volare.

Negli anni in cui aveva fatto parte della squadra di Quidditch della sua Casa, si era allenato e aveva gareggiato in ogni situazione climatica, senza mai badare a vento, pioggia e neve. Tuttavia, adesso che il suo tempo in sella a una scopa si riduceva alle poche ore che riusciva a ritagliarsi di nascosto, era costretto a fare più attenzione.

Gazza non l’aveva mai beccato mentre sgattaiolava via a notte fonda, diretto al Campo da Quidditch, con la scopa magicamente rimpicciolita e nascosta sotto al mantello. Tuttavia, se fosse successo, un conto sarebbe stato spiegare perché girava per il Castello dopo l’orario consentito, un altro giustificare i vestiti bagnati dopo una sessione di volo all’aperto sotto la pioggia.

Certo, avrebbe potuto chiedere di entrare nuovamente a far parte della squadra, ma non vedeva una sola buona ragione per passare il suo tempo assieme a compagni che lo disprezzavano. Perché se tra le altre Case aleggiava il risentimento nei suoi confronti per essere stato un Mangiamorte, tra i Serpeverde era considerato un traditore, il che era molto peggio. Da quando sua madre aveva accettato di collaborare con gli Auror per ottenere uno sconto di pena per lei e il figlio, Draco si era trovato ad essere rifiutato non solo da quelli che lo avevano sempre detestato, ma anche dai suoi storici amici. Perfino Potter aveva provato così tanta compassione di lui da intercedere presso il Ministro per non farlo condannare.

Un’espressione disgustata gli deformò il volto mentre rammentava quanto era caduto in basso.

Era stato per sfuggire a una realtà che non era pronto ad affrontare che aveva accettato la proposta di sua madre di ripetere l’ultimo anno; tuttavia, era tornato a Hogwarts – nonostante avesse giurato a se stesso di non rimetterci più piede – solo per trovarsi di fronte allo stesso rancore che gli era stato riservato all’esterno.

Alla fine, aveva deciso che niente di tutto ciò lo avrebbe turbato. Si era trincerato dietro una maschera di indifferenza e aveva scelto di passare da solo ogni minuto libero del suo tempo. Non che fosse difficile, visto che tutti gli altri lo evitavano.

Aveva cominciato a volare di notte, per non rinunciare all’unico passatempo che ancora lo faceva sentire vivo, e a leggere tanto, perché se all’inizio avere un libro in mano e fingere di sfogliarlo serviva ad assicurarsi la tranquillità della solitudine, a poco a poco aveva cominciato a prenderci gusto.

Frequentare la biblioteca era una tortura; nel silenzio di quell’ambiente enorme si sentiva il bersaglio di occhiate velenose e bisbigli a mezza voce. Si era detto che quell’astio sarebbe prima o poi scemato e l’attenzione nei suoi confronti sarebbe stata presto sostituita dall’interesse verso pettegolezzi più succulenti. Tuttavia, questo non era ancora successo, perciò Draco aveva preso a frequentare la zona più deserta della biblioteca, per avere il tempo di scegliere qualcosa da leggere senza sentirsi gli occhi di tutti puntati addosso.

L’ironia del destino aveva voluto che si trattasse della sezione riservata agli autori Babbani. D’altra parte, a lui non interessavano affatto i compendi scolastici o i libri di approfondimento delle materie che già studiava a lezione, e la narrativa Babbana era l’unica che non suscitava alcun interesse tra i suoi compagni. Perciò si era rassegnato a prendere in prestito libri di illustri sconosciuti, che, a poco a poco, aveva perfino imparato ad apprezzare.

Tanto per cominciare, aveva scoperto che il Bardo dei Babbani era un certo Shakespeare e non l’autore delle favole che era famosissimo tra i maghi. Le storie della buonanotte famose tra i Babbani, invece, erano fiabe strane raccolte in alcuni volumi che aveva scovato sul fondo di uno scaffale e che aveva cominciato a leggere per pura curiosità.

Se ne stava seduto su un davanzale nel bagno di Mirtilla Malcontenta a godersi la pace e a sfogliare il libro in questione quando la porta si aprì e una zazzera di ricci castani fece capolino all’interno.

Draco si irrigidì mentre Hermione Granger attraversava a passo spedito lo spazio tra i cubicoli, diretta ai lavandini come se si trovasse in un bagno qualsiasi e non nella dimora di un fantasma.

Lui trattenne il respiro, illudendosi che lei non l’avrebbe notato se fosse riuscito a non emettere il minimo rumore. Le sue speranze si infransero nell’istante in cui la Granger sollevò la testa e incrociò il suo sguardo. Rimase di stucco per qualche secondo, probabilmente sorpresa di trovarlo lì, poi aprì la bocca per dire qualcosa, ma non le venne fuori neanche una parola.

Draco chiuse il libro che aveva tra le mani con uno scatto che sperò rivelasse tutto il suo fastidio.

Fu una pessima idea. Il tonfo attirò l’attenzione della strega, che si accigliò nel vedere la copertina del volume che aveva tra le mani. Lui imprecò mentalmente; si alzò e fece per andare via.

«Non sapevo fossi qui», disse lei finalmente. Draco si voltò a guardarla come se si curasse davvero della sua presenza per la prima volta da quando era entrata. «Non serve che tu vada via», aggiunse la ragazza. «Lo faccio io.»

Senza aspettare una risposta, la Granger si sistemò la borsa strapiena sulla spalla destra, che sembrava resistere per miracolo a un tale peso. Poi si girò e prese a camminare in direzione della porta. Solo un attimo prima di uscire si fermò a guardarlo.

«Bel libro, comunque», commentò con un cenno del capo, rivolgendogli perfino un sorriso.

Senza aggiungere altro, uscì dal bagno con passo tranquillo e Draco rimase pietrificato a fissare il punto in cui era stata fino a poco prima.

 

 

***

 

 

«Come puoi osare», disse la maga in tono furente, «di scendere nel mio giardino e di rubarmi i raperonzoli come un ladro? Me la pagherai!»

«Ah», rispose l’uomo, «siate pietosa! A questo fui spinto da estrema necessità: mia moglie, che aspetta un bambino, ha visto i vostri raperonzoli dalla finestra e ne ha tanta voglia che morirebbe se non potesse mangiarne.»

 

 

Come tutte le volte in cui aveva un dubbio, Hermione Granger si rifugiò in biblioteca. C’erano voluti alcuni giorni per trovare un’ora libera, tra lezioni e compiti da fare, ma un angolo della sua mente non aveva mai smesso di ripercorrere lo strano incontro con Malfoy avvenuto nel bagno. Due cose l’avevano particolarmente colpita: l’espressione del ragazzo e il libro che aveva tra le mani.

Le era servito parecchio tempo per realizzare che quanto aveva trovato di strano nella faccia di Draco Malfoy era la totale assenza del ghigno beffardo che era solito rivolgerle negli anni prima della Guerra. Era parso stranamente fragile e qualcosa nella sua espressione l’aveva fatta sentire in difficoltà, spingendola a rivolgersi a lui in modo gentile, come a non volerlo turbare.

Quanto al libro, aveva chiaramente riconosciuto una raccolta di fiabe dei fratelli Grimm e questo senza dubbio aveva turbato lei. Perché non poteva credere che fossero maghi. No, ricordava perfettamente la reazione che aveva avuto Ron quando lei aveva nominato Biancaneve e i sette nani e Cenerentola.

Cos’è, una malattia?

Eppure, se si trattava di fiabe sconosciute ai maghi, allora i fratelli Grimm, che le avevano rielaborate e raccolte, non potevano che essere Babbani.

Hermione procedette a passo spedito tra gli scaffali, fino a raggiungere la sezione dedicata alle favole e ai racconti per bambini. Trovò diverse copie delle fiabe di Beda il Bardo e alcune rivisitazioni di quelle più famose, ma nessuna traccia delle storie che sua madre le leggeva da bambina. Non trovò accenni a Cappuccetto Rosso o a Hänsel e Gretel, ma alla fine, proprio mentre era sul punto di arrendersi, le venne in mente che Malfoy poteva aver preso quel libro proprio dalla biblioteca e che poteva trattarsi dell’unica copia disponibile.

Magari, ipotizzò, i fratelli Grimm avevano un debole legame con il Mondo Magico e le loro opere erano finite tra i volumi conservati a Hogwarts nonostante risultassero comunque sconosciute alla maggior parte dei maghi.

Mentre cercava di convincersi della validità di quella teoria, si diresse verso il bancone dietro al quale sedeva Madama Pince.

«Ciao, cara», la salutò la bibliotecaria, rivolgendole un sorriso amorevole.

Hermione sapeva che le era affezionata, vista l’assiduità con cui frequentava la biblioteca. «Buon pomeriggio, Madama Pince. Mi domandavo se la Biblioteca avesse a disposizione qualche libro sui fratelli Grimm.»

La donna batté le dita sul mento con fare pensieroso. «Fammi dare un’occhiata.»

Tirò fuori un enorme registro e cominciò a sfogliarne le pagine. Non contenta, ne prese altri due identici dallo scaffale alle sue spalle e si mise alla ricerca di qualcosa.

«Ah, ci sono!», esclamò con una punta di soddisfazione. «Sapevo di aver sentito quel nome da qualche parte. Abbiamo una raccolta di fiabe dei Fratelli Grimm, ma attualmente è in prestito a un altro studente.»

Hermione si illuminò, improvvisamente rinfrancata da quel sostegno alle sue teorie.

Madama Pince parve confusa dalla sua reazione. «Ma si tratta di una raccolta in due parti, se vuoi è ancora disponibile il secondo volume.»

Lei si accigliò. «E dove si trova? Ho cercato dappertutto nella sezione dedicato alle favole e ai racconti per bambini.»

La bibliotecaria annuì, compiaciuta dalla destrezza con cui lei sapeva muoversi tra i vari reparti. «È lecito aspettarsi di trovarlo lì, ma in realtà si trova tra la letteratura Babbana, perché gli autori non sono maghi.»

Hermione si irrigidì, la ringraziò e si diresse rapidamente verso il reparto in cui erano custoditi i libri di Babbani. Riconobbe gli scaffali da cui un paio di volte aveva preso in prestito qualche romanzo di Jane Austen per rileggerlo e sentirsi nuovamente a casa.

Impiegò pochi istanti a trovare il secondo volume della raccolta di fiabe dei fratelli Grimm. Immediatamente accanto c’era uno spazio vuoto di tre o quattro centimetri dove avrebbe dovuto esserci il primo. Hermione ne toccò il dorso, saggiando le incisioni dorate sul tessuto verde che aveva già visto sul libro tra le mani di Draco Malfoy e se lo figurò in piedi al posto suo, mentre prendeva un libro Babbano da quello scaffale.

A mistero svelato e incapace di trattenersi, Hermione scoppiò a ridere.

 

 

***

 

 

Cara mamma,

anche nel mondo dei maghi esiste il concetto di maltrattamento degli animali e sono abbastanza sicura che prima o poi ci arresteranno per la frequenza con cui facciamo viaggiare Quill. Come ho detto, STO BENE. Non puoi dare di matto ogni volta che la mia risposta tarda di un paio di giorni. Condizioni climatiche avverse a parte (povera civetta!) anche io sono impegnata. Frequento tanti corsi e sono davvero occupata.

Il nuovo professore di Trasfigurazione è molto bravo, ma è davvero severo e ci riempie di compiti. Per non parlare di Pozioni, Incantesimi e di tutte le altre materie in cui spero di prendere i M.A.G.O. alla fine dell’anno.

Lo so che ti parlo sempre e solo di compiti e lezioni, ma sono in una scuola, che cosa ti aspetti? Non ci sono neanche Harry e Ron con cui combinare guai. Sono solo una tranquilla e diligente studentessa molto impegnata.

Per raccontarti qualcosa di diverso: ho beccato Draco Malfoy nascosto in un bagno a leggere un libro di fiabe Babbane. Proprio lui, il Mangiamorte Purosangue che disprezza i non maghi, con un libro dei fratelli Grimm tra le mani. Ci crederesti? Eppure l’ho visto con i miei occhi. Deve esserci molto di lui che non sappiamo. O magari è uno di quelli che desiderano così tanto il cambiamento da cercarlo anche nelle piccole cose. Forse non lo sapremo mai. Fatto sta che mi sembrava triste.

Io, invece, triste non lo sono affatto, quindi smettila di preoccuparti (ti prego).

Un abbraccio a te e papà, vi voglio bene.

Hermione

P.S.: Tieni Quill a casa per un paio di giorni prima di rimandarla indietro, o la troveremo stecchita su un tetto di Londra.

 

 

***

 

 

La collera della maga svanì ed ella disse: «Se le cose stanno come dici, ti permetterò di portar via tutti i raperonzoli che vuoi, ma ad una condizione: devi darmi il bambino che tua moglie metterà al mondo. Sarà trattato bene e io sarò a lui come una madre.»

Impaurito, l'uomo accettò.

 

 

Quando aveva realizzato che la Granger aveva riconosciuto il libro Babbano che stava leggendo, Draco si era sentito ferito nell’orgoglio. Non era stato difficile per lui rinnegare anni di disprezzo nei confronti dei Nati Babbani davanti al Ministro della Magia, quando aveva dovuto evitarsi una condanna, ma lasciar credere di simpatizzare per loro come un Weasley qualunque era troppo perfino per lui.

Era tutta una questione di immagine, più che di principio. Credeva sempre che i maghi fossero superiori ai Babbani in tutto – questo era praticamente ovvio – ma non era così ottuso da precludersi a priori qualunque cosa buona provenisse dal loro mondo. Insomma, era ben disposto a fare un’eccezione per ciò che gli piaceva. E quel libro gli piaceva parecchio.

L’ipocrisia di quel pensiero non lo aveva neanche sfiorato, ma per evitare di dare spiegazioni a chicchessia aveva cercato di non farsi vedere. E c’era anche riuscito fino a quell’incontro con la Granger.

Nei giorni seguenti, l’aveva evitata il più possibile e aveva cercato altri posti in cui starsene tranquillo a leggere. Non era però riuscito a togliersi dalla mente la gentilezza con cui lei gli si era rivolta, nonostante lui non avesse proferito parola. Di certo il suo comportamento strideva rispetto a quello di tutti gli altri compagni di scuola, che lo odiavano senza farne mistero.

Possibile che lei fosse tanto superiore da nascondere così bene il suo risentimento? Proprio lei, che aveva tutte le ragioni del mondo per odiarlo e neanche una per trattarlo con garbo?

Draco batté le palpebre, rimettendo a fuoco le parole che aveva smesso di leggere mentre viaggiava con la mente. Un fastidioso, piccolo pensiero mise radici nella sua testa e prese a crescere come un parassita, prosciugandolo di ogni energia.

Forse proprio lei, tra tutti, lo aveva già perdonato.

 

 

***

 

 

Quando la donna partorì, mise al mondo una bellissima bambina, ma subito comparve accanto a lei la maga, che decise di chiamarla Raperonzolo e la portò via con sé.

 

 

Lo incontrò di nuovo in un giorno in cui la pioggia aveva finalmente deciso di dare tregua a Hogwarts. Era seduto sotto a un albero in uno dei numerosi cortili interni del Castello, nascosto dal tronco alla vista degli studenti che passavano da quelle parti.

Hermione lo scorse soltanto grazie a un riflesso di luce dorata sui suoi capelli biondi, indotto dal debole sole autunnale.

Non lo stava esattamente cercando, ma aveva sperato di incontrarlo così tante volte senza successo che aveva cominciato a pensare che lui la evitasse di proposito.

Perciò, quando lo vide seduto tra le radici a leggere, dimenticò le innumerevoli cose che aveva da fare e si diresse verso di lui.

«Ciao», lo salutò, fermandosi a pochi passi.

Lui alzò la testa e la guardò accigliato. Probabilmente si stava domandando cosa diavolo volesse da lui e, in effetti, se lo chiedeva anche lei.

Lo vide nascondere il libro tra le gambe e dedusse che parlarne lo avrebbe messo a disagio. Si diede della stupida per essersi avvicinata senza neanche aver deciso cosa dirgli.

Malfoy continuò a fissarla come se avesse qualcosa di strano sulla faccia.

Hermione sospirò. «Stai bene? Mi sei sembrato un po’…»

Triste, avrebbe voluto dire. Ma sarebbe suonato più patetico di quanto volesse.

«… solo», concluse invece, dandosi mentalmente dell’ipocrita per quell’osservazione.

Lui sbatté le palpebre un paio di volte, quasi non credesse a ciò che aveva appena sentito. La fissò ancora qualche secondo, forse sperando che lei si rimangiasse quelle parole, infine si arrese.

«Ma tu non mi odi?»

Quella domanda fu pronunciata in tono talmente neutro che a Hermione si strinse il cuore. Nessuno meritava di essere così abituato all’odio altrui da rimanere sorpreso di fronte alla sua assenza.

Scosse la testa. Sapeva che in molti a Hogwarts lo disprezzavano e chiaramente riconosceva le azioni che lo avevano condotto a una situazione tanto spiacevole. Eppure lei non riusciva a guardarlo, mentre sopportava in silenzio la punizione che si era meritato, senza provare ad alleggerirgli il carico almeno della sua parte di rancore.

«E perché?»

La domanda era sincera e diretta, la risposta insolitamente difficile per lei. Scrollò le spalle. «Non ho tempo per il risentimento.»

Lui le rivolse un mezzo sorriso beffardo, diverso da quelli che gli aveva visto in volto quando la prendeva in giro. Era un gesto meno crudele, quasi complice.

«Be’, il resto della scuola sì, quindi…»

Lasciò la frase in sospeso e lei impiegò qualche istante a realizzare che le aveva appena reso chiaro il motivo della sua solitudine. Era strano, pensò Hermione, che fossero entrambi altrettanto soli, ma per ragioni così diverse.

Sospirò. «Mi dispiace», disse prima di riuscire a trattenersi, guadagnandosi un’altra occhiata perplessa. «Ti auguro buona lettura.»

Così dicendo, si voltò prima di cogliere di nuovo l’espressione di fastidio sul suo viso e si allontanò.

 

 

***

 

 

Raperonzolo divenne presto la bambina più bella del mondo e la maga, temendo che qualcuno potesse portarla via, la rinchiuse in una torre alta e senza scale né porte: c’era solo una finestrella sulla cima. Quando la maga voleva entrare, pronunciava sempre le stesse parole: «Oh, Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli, che per salir mi servirò di quelli.»

 

 

Cara mamma,

ASSOLUTAMENTE NO, non prenderemo un altro gufo per raddoppiare le comunicazioni. Ci scriviamo talmente spesso che quasi non so cosa raccontarti.

La vita a Hogwarts procede a ritmo costante, secondo una routine. Non so più come farti capire che va tutto bene. Dovresti ricominciare a fidarti di me, sai?

Riguardo a Draco Malfoy, ovviamente non gli ho domandato cosa ci facesse in bagno a leggere un libro Babbano. Ma sospetto che si stesse nascondendo. Sembra davvero molto solo, credo che nessuno qui a scuola gli rivolga la parola. E prima che tu possa dirmi che se l’è meritato, voglio ricordarti che siete stati tu e papà a insegnarmi a provare empatia per chiunque, anche per le persone peggiori. So che sta pagando il prezzo delle sue scelte, ma è così sbagliato che mi dispiaccia per lui? Ho come la sensazione che qualcosa in Draco Malfoy si sia spezzato per sempre e questo non lo augurerei mai a nessuno.

Un abbraccio.

Hermione

 

 

***

 

 

Dopo qualche anno, avvenne che il figlio del re, cavalcando per il bosco, passò vicino alla torre.

Udì un canto cosi soave che si fermò ad ascoltarlo: era Raperonzolo, che nella solitudine passava il tempo facendo dolcemente risonar la sua voce. Il principe voleva salire da lei e cercò una porta, ma non ne trovò. Tornò a casa, ma quel canto tanto lo aveva tanto commosso che ogni giorno andava ad ascoltarlo nel bosco.

 

 

Il freddo della notte gli irrigidiva le dita strette attorno al manico di scopa, privandolo della possibilità di percepire la sensazione del legno tra le mani. Non c’era vento, quindi ogni manovra iniziava e finiva esattamente come desiderava. Era un momento perfetto per volare.

Draco si lasciò cadere di lato, ruotando su se stesso fino a trovarsi sottosopra. Rimase saldamente ancorato alla scopa con la forza delle gambe e delle braccia, la schiena leggermente inarcata e gli addominali dolorosamente contratti.

Presa Rovesciata del Bradipo.

Lentamente, senza perdere la concentrazione, lasciò andare una mano. La scopa oscillò leggermente, turbata dallo spostamento del peso, ma Draco non si scompose. Attese di ritrovarsi in perfetto equilibrio prima di staccare anche l’altra mano e mollare del tutto la presa. Sapeva che se lo avesse fatto all’improvviso, sarebbe precipitato. Gettò un’occhiata sotto di sé; era talmente in alto che non aveva possibilità di sopravvivere a quel genere di caduta.

Bene, pensò. Meglio morto che mutilato, in ogni caso.

Si tese al massimo delle sue capacità, spostando progressivamente il peso del suo corpo verso il basso. Le gambe strette attorno alla scopa erano rigide per lo sforzo, l’addome gli bruciava per la fatica di tenersi sollevato senza gravare sulle braccia.

Con delicatezza, lasciò la presa. Ancora più lentamente, raddrizzò il corpo, controllando ogni movimento, fino a trovarsi a testa in giù. Poi incrociò le caviglie in modo che la presa delle gambe sulla scopa fosse più naturale possibile e infine si rilassò.

Appeso nel vuoto in quella posizione tanto pericolosa quanto liberatoria, Draco si sentì stranamente a suo agio. Inspirò a fondo l’aria della notte e solo allora realizzò di aver trattenuto il fiato per buona parte dell’esercizio.

Sottosopra, non trovò alcunché, nel paesaggio circostante, che giustificasse la tendenza comune a parlare di nuove prospettive. Hogwarts era sempre la stessa. Le persone erano sempre le stesse. Lui era cambiato, ma solo perché costretto dalle circostanze. Eppure, in fondo, era sempre lo stesso anche lui. Aveva semplicemente cominciato a prestare attenzione a dettagli che prima riteneva insignificanti, come un libro dalla copertina verde e oro conservato nel reparto peggiore della biblioteca o una zazzera di capelli ricci che lo infastidiva tanto quanto lo incuriosiva.

Distratto da quei pensieri, batté le palpebre per cancellare l’immagine che gli era affiorata alla mente, ma si trovò a mettere a fuoco un’espressione perplessa che era lo specchio esatto di quella che aveva dipinto nella sua testa.

Confuso a sua volta, spinse la scopa nella sua direzione, ancora a testa in giù.

Affacciata a una finestra della Torre di Grifondoro, Hermione Granger, nel suo pallido pigiamino rosa, lo guardava come se potesse cadere da un momento all’altro. Sforzandosi di non offendersi, Draco si rimise diritto con una sola, abile mossa. Risalire era molto più semplice che scendere.

«Che stai facendo?», gli domandò lei, la voce stridula per la preoccupazione.

«Volo.»

«Sì, questo lo vedo.»

«Allora la tua domanda è superflua», le fece notare in tono canzonatorio.

Lei non rise, ma si accigliò. «Sei fuori oltre l’orario consentito.»

«È una gara a chi dice più ovvietà?»

La Granger strinse le labbra, risentita. In quel momento somigliava esageratamente alla McGranitt.

«Cerca di non cadere.»

Draco avrebbe voluto rispondere in tono spavaldo, o meglio ancora tagliente, ma la sola cosa che gli venne da dire era l’unica che non c’entrava assolutamente niente.

«Hai i capelli tutti aggrovigliati.»

Era vero e lei doveva esserne consapevole, perché non si scompose.

«Sono intrecciati in modo strano», proseguì lui, vedendo che lei non parlava.

La Granger scrollò le spalle. «Magari li calerò giù dalla torre.»

Draco la guardò come se fosse impazzita. «Dovrei capire quello che dici?»

«Raperonzolo», rispose lei con una sola, arcana parola. «Non hai letto le fiabe dei fratelli Grimm?»

«Sì», ammise lui, riluttante. «E non c’è nessun Raperonzolo.»

«È il nome di una ragazza», lo corresse, pedante come sempre. «La storia deve essere nel secondo volume, che è ancora in biblioteca. Te la consiglio, è molto affascinante.»

«Parla di una ragazza dai capelli impossibili?», domandò perplesso.

La Granger ridacchiò. «Più o meno.»

Draco si guardò intorno, riscuotendosi all’improvviso. Era troppo vicino alla torre, qualcuno avrebbe potuto vederlo da una finestra e farlo finire nei guai.

«La leggerò.»

Non aveva avuto intenzione di dirlo, credeva di averlo solo pensato, ma l’urgenza di allontanarsi lo aveva assorbito completamente. «Devo andare.»

«Aspetta», lo richiamò lei, mentre già stava indietreggiando. «Promettimi che mi dirai se ti è piaciuta.»

Draco rimase interdetto. Che cosa voleva dire con quella richiesta? In pochi istanti passò al vaglio tutti i possibili significati delle sue parole, senza però riuscire a interpretarle.

«Va bene», disse di getto.

Lei parve soddisfatta di quella risposta, perché gli sorrise timidamente e lo guardò andare via senza aggiungere altro.

 

 

***

 

 

Una volta, mentre il principe se ne stava dietro un albero, vide avvicinarsi la maga e la udì gridare: «Oh, Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli, che per salir mi servirò di quelli.»

A quelle parole, Raperonzolo lasciò pender le trecce e la maga salì da lei.

"Se questa è la scala per cui si sale, tenterò anch'io la mia fortuna", pensò il principe. Il giorno dopo, sull'imbrunire, andò alla torre e gridò: «Oh, Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli, che per salir mi servirò di quelli.»

Subito dall'alto si snodarono i capelli e il principe salì.

 

 

Hermione uscì dall’Aula di Divinazione irritata e spazientita. Come aveva potuto dimenticare le ragioni per cui aveva mollato il corso alla fine del terzo anno? Ampliate la mente. Bleah.

Certo, aveva avuto modo di verificare in prima persona l’esattezza di alcune profezie della professoressa Cooman, ma perlopiù i suoi insegnamenti si riducevano a trucchetti da luna park.

Represse una smorfia di disgusto e dovette rammentare a se stessa perché aveva deciso di riprendere a seguire quelle lezioni. Il suo orario infernale non sarebbe stato abbastanza infernale senza le ore di Divinazione.

Continuava a tenersi occupata per non avere il tempo di sentire la mancanza dei suoi amici e per sfuggire alla noia di un anno scolastico troppo normale per i suoi standard. Ma tutto ciò che aveva ottenuto fino a quel momento era un esaurimento nervoso.

Scese rapidamente i gradini della Torre Nord e si incamminò verso la Sala Grande per mangiare qualcosa. Avrebbe probabilmente dovuto passare l’ora di pranzo a studiare per mantenere il vantaggio sui compiti di tutte le materie, ma era troppo stanca e stressata per farlo. Rabbrividì al pensiero di non essere più la studentessa diligente di un tempo.

Attraversò il cortile del terzo piano per raggiungere l’ala opposta del Castello, quando lo vide seduto sotto lo stesso albero della volta precedente.

Il cattivo umore che si era portata dietro tutta la mattina come una nube carica di pioggia fu spazzato via da un soffio di vento. Hermione sorrise. Senza neanche pensarci, gli si avvicinò; lui alzò lo sguardo al rumore prodotto dai suoi passi sulle foglie secche.

«Hai seguito il mio consiglio?», gli domandò in tono allegro.

Lui socchiuse leggermente il libro che aveva tra le mani per mostrarle la copertina. «Volume due», confermò.

Hermione si illuminò. «Che ne pensi?»

Draco Malfoy scrollò le spalle in un gesto che era la quintessenza dell’indifferenza. «Non male.»

Lei gli rivolse un cenno distratto della mano, decisa a non dargli troppa soddisfazione. «Fammi sapere quando lo finisci.»

Lui annuì e riprese a leggere, mentre lei si allontanava per tornare ai suoi programmi, con un sorriso leggero che aleggiava ancora sulle sue labbra.

 

 

***

 

 

Quando Raperonzolo si accorse che non si trattava della maga, bensì di un uomo, all’inizio si spaventò; ma il giovane era simpatico e di buon cuore e a poco a poco prese a piacerle. Con il tempo, i due si innamorarono. Il principe andava ogni giorno a trovare la ragazza alla torre e insieme vivevano felici.

 

 

Cara mamma,

e se avessi sbagliato tutto?

Da quando è iniziato l’anno scolastico non ho fatto altro che tenermi occupata per colmare il vuoto lasciato da Harry e Ron. Solo ora che non sta funzionando mi rendo conto di quanto fosse stupida come idea.

La verità è che mi sento sola. Hogwarts è sempre la stessa, ma tutto è diverso senza i miei amici. Non è una cosa che mi rende triste in realtà, ma per qualche motivo avevo paura di ammetterlo.

Forse perché non volevo che ti preoccupassi. Per favore, per favore, mamma, non preoccuparti così tanto da farmi credere di non poterti dire cosa provo.

Se adesso ti scrivo queste cose, è perché oggi, per la prima volta, mi sono sentita serena e non semplicemente troppo impegnata per essere giù di morale.

Magari il modo migliore per sfuggire alla solitudine è costringersi a smettere di essere soli.

Con affetto,

Hermione

P.S.: Credi possibile che per stare meglio sia necessario far star meglio qualcun altro?

 

 

***

 

 

Un giorno, però, la maga si accorse dell’intruso: infatti, si era appena arrampicata sui capelli di Raperonzolo che la fanciulla le disse: «Mamma mia, come siete pesante. Il principe è tanto più leggero di voi!»

La maga andò su tutte le furie: tagliò i capelli a Raperonzolo, poi la portò nel mezzo di un deserto e la abbandonò. La ragazza si trovò a vivere in miseria.

 

 

Draco chiuse il libro di scatto, infastidito dagli sviluppi della storia. Di tutte le fiabe che aveva letto, quella di Raperonzolo era certamente la più idiota. Come poteva quella ragazza essere così stupida da parlare alla maga del principe? Gli sembrava un’ingenuità talmente grossa da risultare poco credibile. Molto meno di zucche trasfigurate in carrozze e incantesimi del lungo sonno, ovviamente.

Senza pensarci due volte, si mise a cercare la Granger per farle presente ciò che pensava.

La seguì per tutta la mattina senza trovare un’occasione adatta per parlarle. Non che lei fosse impegnata con altri, anzi, a lezione se ne stava perlopiù in disparte – pur rispondendo come al solito a tutte le domande dei professori – e nelle aule studio sedeva abitualmente a tavoli deserti, che riempiva di libri per impedire a chiunque di affiancarla. Tuttavia, Hermione Granger aveva la straordinaria capacità di restare sola sempre in mezzo alla gente. Studiava in aule gremite, leggeva in biblioteca nelle ore in cui era più affollata, usciva nei giardini solo quando erano pieni di studenti.

Draco non aveva mai pensato che una persona potesse essere capace di starsene per conto proprio e allo stesso tempo rimanere tra tutti gli altri. Probabilmente, dedusse, il motivo era che la solitudine della ragazza era del tutto differente dalla sua. Mentre lui era disprezzato e isolato dai suoi compagni, lei cercava di proposito la tranquillità, nonostante avesse intorno a sé una scuola intera di persone che la ammiravano. Ricacciò indietro un moto d’invidia e attese con pazienza il momento giusto per parlarle.

L’occasione si presentò al termine delle lezioni del pomeriggio, quando la incrociò in un corridoio semivuoto e poté affiancarla senza attirare troppi sguardi.

Lei gli rivolse un’occhiata perplessa di fronte al suo gesto tanto furtivo, ma Draco non si scompose.

«È la storia più ridicola che io abbia mai letto», iniziò impietoso. «Raperonzolo è una stupida.»

La Granger alzò gli occhi al cielo. «È soltanto ingenua. Ma hai letto come va a finire?»

«Certo, e la conclusione mi sembra altrettanto ridicola. Come può andare sempre tutto bene?»

Lei parve soppesare la domanda. «Non credo sia quello il punto.»

«E allora qual è?»

«La devozione di entrambi.»

«Non ti seguo.»

«Lei era prigioniera in una torre, il principe va a trovarla e quando la maga lo scopre punisce lei», iniziò a spiegare. «Nonostante ciò, lei continua a provare solo sentimenti positivi per lui. D’altro canto, anche il principe paga un prezzo molto alto per l’ingenuità di Raperonzolo, ma non la incolpa neanche per un istante. Credo sia per questo che alla fine tutto si risolve.»

Draco rifletté sulle sue parole per lunghi istanti prima di rispondere. Si erano fermati a metà del corridoio, vicini e faccia a faccia. «È innaturale non provare mai rancore.»

Lei inclinò leggermente la testa. «È più difficile restare arrabbiato con qualcuno che ami. Anche se è chiaramente colpevole.»

Draco si lasciò sfuggire un mezzo sorriso. «È molto comodo pensare che basti essere amati per cancellare l’odio nei tuoi confronti. Ma credo tu confonda causa ed effetto: è quando non hanno nessun motivo per odiarti che le persone ti amano.»

«Che visione vigliacca dell’amore.»

Draco sussultò a quella replica così dura e inaspettata.

«Puoi amare qualcuno per cui hai provato rancore, disprezzo, perfino odio, se hai il coraggio di permetterti di farlo», proseguì lei serenamente. «Certo, il rischio di ritrovarsi con il cuore spezzato è più alto, ma chi si lascia intimidire non ottiene mai ciò che desidera.»

Lui rimase in silenzio, incerto su cosa dire. Aveva espresso il suo parere in maniera così decisa da farlo dubitare delle sue convinzioni.

Quando lei gli fece cenno di riprendere a camminare, Draco la seguì senza neanche rendersi conto che andavano verso un gruppo di scale che, poiché portavano – di solito – giù verso la Sala Grande, erano sempre molto affollate. Non diede peso alle occhiate che la gente gli lanciava mentre proseguiva al fianco della Granger, ma a un certo punto si voltò a guardare lei, per studiare la sua reazione allo sbigottimento degli altri studenti.

Tranquilla come se avesse accanto un Grifondoro qualsiasi, Hermione Granger avanzò a testa alta senza nessuna preoccupazione al mondo.

«Mi serve un altro libro», disse Draco di punto in bianco.

Lei non si voltò a guardarlo, ma assunse un’aria pensierosa. «Di che genere?»

«Mi piacciono le raccolte di fiabe.»

«Potresti provare con Le mille e una notte», suggerì lei. «È la storia di una donna, Shahrazād, che, per distogliere il re suo marito dal proposito di ucciderla, ogni notte gli racconta una storia, rimandando il finale al giorno dopo. Va avanti così per molto tempo e alla fine…»

«Non dirmi come finisce!», la interruppe subito. «La leggo. Ma non anticiparmi niente.»

Lei fece una strana smorfia che Draco si sforzò, senza successo, di interpretare. Intuì, qualche istante dopo, che probabilmente stava cercando di trattenere la risata che le era poi sfuggita.

«Draco Malfoy odia gli spoiler», commentò la ragazza in un eccesso di ilarità. «Questo sì che è divertente.»

 

 

***

 

 

Ma punire Raperonzolo non placò la rabbia della maga. Dopo aver sistemato la ragazza, ella legò a una trave i capelli che le aveva tagliato e, non appena il principe arrivò alla torre, lasciò pendere la treccia, per attirarlo in trappola.

 

 

Non avrebbe saputo spiegare esattamente cosa fosse successo tra lei e Draco Malfoy quando avevano commentato la storia di Raperonzolo. Né avrebbe saputo dire con precisione come mai avevano iniziato a parlare di libri e si erano scoperti interessati alle opinioni dell’altro.

Fatto sta che quando Hermione lo vide entrare in biblioteca a passo svelto, ignorando i mormorii degli altri, per poi tornare indietro poco dopo e mostrare a Madama Pince il libro che intendeva prendere in prestito, lei trovò assolutamente naturale raccogliere le sue cose sparse sul tavolo e metterle da parte.

Quando Malfoy si voltò, colse il gesto tranquillo con cui lei aveva scostato la sedia al suo fianco per invitarlo a sedersi.

Nel silenzio generale – un risultato che Madama Pince non era mai riuscita a ottenere così bene a suon di rimproveri – lui le si avvicinò e prese posto accanto a lei, depositando davanti a sé Le mille e una notte. Con altrettanta naturalezza e senza scambiarsi neanche una parola, Malfoy cominciò a leggere e lei tornò ai suoi appunti di Pozioni, mentre il fastidioso peso che fino a quel momento aveva avvertito sullo stomaco svaniva nel nulla.

 

 

***

 

 

Emozionato all’idea di vedere Raperonzolo, il principe si arrampicò ancora una volta sulla torre, impaziente di ricongiungersi con lei. La sua sorpresa fu grande quando, invece della sua amata, si trovò davanti la maga!

 

 

Presero l’abitudine di passare del tempo insieme. Non tornarono più in biblioteca, dove gli sguardi dei compagni erano più insistenti e difficili da evitare, ma iniziarono a incontrarsi sempre più spesso sotto l’albero del cortile del terzo piano dove lei lo aveva avvicinato la prima volta.

Malfoy leggeva Le mille e una notte, in silenzio e con costanza, mentre lei si districava tra i libri di scuola e gli appunti presi a lezione. Rimanevano ore intere l’uno accanto all’altra senza dirsi praticamente nulla, ma tenendosi compagnia a vicenda.

Una di quelle volte, Malfoy alzò lo sguardo dal suo libro per rivolgerle un’occhiata perplessa. Le chiese come mai seguisse più materie del necessario quando alcune neanche le interessavano. Lei non riuscì a trovare una risposta alla sua domanda, perciò il giorno dopo abbandonò Divinazione e Babbanologia.

Hermione iniziò finalmente a rilassarsi. Studiava con più piacere e aveva del tempo libero a disposizione per dedicarsi ad altro. Qualche volta Malfoy leggeva ad alta voce per renderla partecipe e lei ascoltava in silenzio il suono della sua voce, tanto diverso da quello che era abituata ad associare ai ricordi di quando erano più piccoli.

I commenti di Draco erano sempre interessanti. Raramente si trovavano d’accordo su qualcosa, ma avevano modo di confrontare i loro punti di vista divergenti in maniera piuttosto costruttiva.

Quelle ore passate nel cortile del terzo piano divennero presto il momento preferito della giornata di Hermione.

In una soleggiata mattina autunnale, mentre lei era già lì durante un’ora buca, Draco la raggiunse e la salutò lanciandole un oggetto leggero che la colpì al ginocchio.

«Buongiorno anche a te», borbottò, raccogliendo quello che si rivelò essere un involucro di carta piuttosto familiare. «È una Cioccorana? Aperta, per di più…»

«Guarda la figurina», replicò lui, cadendo a sedere al suo fianco.

Lei estrasse la carta dalla confezione e rimase di stucco nel vedere la propria faccia sorridente nello spazio in cui era abituata a riconoscere i volti di streghe e maghi famosi. La girò.

Hermione Granger, eroina della Seconda Guerra dei Maghi. Considerata da molti la più brillante strega della sua età, la signorina Granger è principalmente nota per il suo contributo nella definitiva sconfitta di Lord Voldemort nel 1998, per aver sostenuto strenuamente l’uguaglianza tra maghi Purosangue e figli di Babbani e per le sue idee rivoluzionarie circa i diritti degli Elfi Domestici.

Sorpresa e lusingata, alzò gli occhi su Draco per chiedergli se poteva tenerla, ma lui la anticipò con un occhiolino e cominciando a leggere il suo libro.

Nei giorni seguenti, la prese in giro più volte suggerendo che le Cioccorane dovevano essere cadute proprio in basso se avevano inserito tra le figurine anche una secchiona Grifondoro. Lei gli rispondeva a tono, ma quelle schermaglie non avevano niente a che fare con gli insulti dei primi sei anni di scuola. Il clima tra loro era comunque disteso, a tratti allegro, sicuramente sempre sereno.

La prima volta in cui la toccò, Hermione si ritrovò a trattenere il fiato senza neanche sapere il perché. Le aveva passato Le mille e una notte per farle leggere un pezzo che lei non ricordava e, nell’indicarglielo con il dito, le sfiorò appena il braccio con il proprio.

Lui non si scompose affatto, né parve accorgersi della reazione di lei.

Tuttavia, dopo quel momento, i contatti tra loro iniziarono a diventare sempre più frequenti. Dapprima si trattò di un cauto sfiorarsi, urtandosi distrattamente mentre erano seduti affiancati; dopodiché smisero di esitare nell’invadere il reciproco spazio personale, soprattutto quando si sporgevano per mostrare qualcosa all’altro o per farsi qualche dispetto, come quando lui le rubava i rotoli di pergamena dei compiti per attirare la sua attenzione, oppure lei gli richiudeva il libro facendogli perdere il segno per vendicarsi di uno scherzo precedente.

Una volta, mentre Draco leggeva per lei, Hermione posò la testa sua sulla sua spalla. Lo sentì tendersi e la sua voce vibrò leggermente, ma non fece nulla per respingerla. Quel gesto le divenne abituale, fino al giorno in cui lui decise che era una posizione troppo scomoda per entrambi.

Si mosse in modo da trovarsi dietro di lei e le circondò il corpo con le braccia, facendola appoggiare con la schiena al suo petto e tenendole il libro aperto davanti.

Leggevano entrambi, in silenzio, e Hermione sorrideva sempre quando lui cambiava pagina nell’esatto istante in cui anche lei aveva finito, quasi avessero lo stesso identico ritmo. Di tanto in tanto, lei si distraeva da quella storia che conosceva già e rimaneva appoggiata contro di lui, a godersi la sensazione di averlo vicino. Fissava le mani pallide che reggevano il libro e si incantava a osservare il profilo delle sue dita sottili.

Le stava guardando anche la prima volta in cui lui le staccò dalle pagine per posarle una carezza silenziosa sul braccio. Hermione rabbrividì, ma si strinse ancora di più contro di lui. E lei che aveva le mani e la mente più libere di lui, posò la destra sul suo ginocchio piegato, beandosi di quel contatto.

Ben presto realizzò che entrambi si cercavano come bambini che implorano di ricorrere al tatto per conoscersi e fugare ogni dubbio sull’identità dell’altro. Hermione avrebbe voluto toccargli il volto, cancellare quel cipiglio costantemente disegnato sul suo viso, sfiorargli le sopracciglia e le labbra per riconoscere i tratti di una persona nuova. Tuttavia, non osava farlo.

La loro vicinanza attirava già numerosi sguardi, alcuni solo curiosi, altri apertamente indignati. Hemione li ignorava con una punta d’ansia, ma neanche una volta l’aveva sfiorata il pensiero di allontanarsi da lui. Le sue preoccupazioni e i suoi dubbi erano tutti rivolti alla percezione che lui doveva avere di quell’inusuale rapporto.

«Non lo trovi strano?», gli chiese una volta di punto in bianco.

«Cosa?»

«Questo.»

Indicò con un cenno del capo la mano di lui che si muoveva in circolo sul braccio di lei.

Il movimento si interruppe e Draco si irrigidì. «A te dà fastidio?»

Hermione scosse la testa con decisione, incapace di parlare. Sperò che lui cogliesse anche la muta preghiera nel suo silenzio. Continua.

Lui riprese ad accarezzarla. «Allora va bene così.»

 

 

***

 

 

«Raperonzolo non è più qui. Per colpa tua, adesso vive in miseria», disse la maga.

Il principe andò fuori di sé per il dolore e, disperato, saltò giù dalla torre. Nonostante il gesto avventato, per fortuna ebbe salva la vita, ma le spine fra cui cadde gli trafissero gli occhi, rendendolo cieco.

 

 

Draco non faceva neanche più caso ai bisbigli che le persone si scambiavano quando lui entrava in aula per una lezione o sedeva al tavolo dei Serpeverde nella Sala Grande. Aveva affilato il suo autocontrollo al punto che era riuscito a non affatturare nessuno nemmeno quando era stato il bersaglio di dispetti meschini e accuse pronunciate a mezza voce.

Traditore, ecco come lo chiamavano tutti. Dal canto suo, non sapeva esattamente quale schieramento avesse tradito realmente, perché il passaggio da una parte all’altra era stato il semplice frutto di un giudizio di convenienza, più che una scelta di principio.

Lo stoicismo con cui affrontava il tutto era in gran parte dovuto alla Granger. Nel tempo che passavano insieme, lei sembrava non curarsi affatto del giudizio degli altri. Si mormorava in giro che lui l’avesse assoggettata con un Imperius o che lei ricattasse Draco in qualche modo. Voci di corridoio più sagge, invece, smentivano queste ipotesi, la prima impossibile perché lei era troppo potente per farsi fregare, la seconda assurda perché era troppo buona per essere capace di tanta bassezza.

Su quel punto in particolare, Draco si trovò a concordare. La Granger era effettivamente troppo buona. D’altra parte, se per lei era stato così semplice lasciarsi alle spalle tutto ciò che lui aveva fatto, per tendergli una mano nel momento del bisogno, era lecito aspettarsi che anche in quell’occasione non avesse la malizia sufficiente a capire quanto lui la danneggiasse.

Perché un’altra incontrovertibile verità era che il legame con Draco rovinava la sua reputazione perfetta, lasciandovi una macchia ben più sporca del suo sangue.

«Razza di idioti», mormorò lei, strappandolo alla sua lettura.

La vide distruggere una copia della Gazzetta del Profeta, identica a tutte le altre che, da quella mattina, erano state incantate per volare in giro, aperte alla pagina in cui spiccavano le foto degli ultimi arresti da parte degli Auror, effettuati grazie alle informazioni di fonti protette. Se quegli imbecilli dei giornalisti avessero scritto il nome di sua madre a caratteri cubitali, sarebbe stato lo stesso. Ci aveva pensato l’autore di quel divertente siparietto a fugare ogni dubbio, scrivendo con inchiostro magico l’accusa che nessuno sembrava voler pronunciare ad alta voce.

Malfoy: troppo stupidi per ribellarsi, troppo vigliacchi per restare fedeli.

Lei la strappò così in fretta che Draco non ebbe il tempo neanche di guardarla bene, ma non aveva bisogno di leggere di nuovo le parole che gli risuonavano nel cervello sin da quella mattina, quando una delle copie incantate si era gentilmente adagiata davanti a lui a colazione.

La Granger intuì dal suo silenzio che sapeva perfettamente di cosa si trattasse e sembrò indignarsi ancora di più. «Non ti dà fastidio?»

Nobile spirito Grifondoro, pensò istintivamente mentre realizzava che era del tutto incapace di rimanere impassibile di fronte a un affronto del genere. Una parte lui, però, si crogiolò nell’idea che la sua rabbia fosse in parte dovuta al soggetto a cui erano rivolte quelle accuse, qualcuno a cui lei, magari, teneva.

«Sono diventato cieco, Granger», disse tranquillo, in una replica che era per metà una bugia pietosa e per l’altra metà una verità assoluta. «Come il principe di Raperonzolo. Non vedo più niente.»

Lei non parve convinta. «Non capisco come possa scivolarti addosso tutto questo. Io ne sarei ferita.»

«Perché tu sei buona», ribatté lui. «E perché non hai mai meritato niente del genere. Io sì.»

«Immagino tu ti senta molto infelice.»

Lui soppesò quell’affermazione. Con lei al suo fianco, la gamba destra bloccata tra le sue, un libro che lo appassionava tra le mani e il vento leggero che gli prometteva una bellissima notte per volare, darle ragione avrebbe significato mentire. Eppure, ogni volta che capitavano episodi come quello o che qualcuno gli dava del vigliacco, o peggio, insultava la sua famiglia, Draco ne soffriva in silenzio.

«Il segreto è tenersi impegnati», disse alla fine. «Una persona impegnata non ha il tempo di essere infelice.»

Lei probabilmente avrebbe capito quel discorso, perché aveva fatto esattamente la stessa cosa seguendo corsi che non le interessavano solo per riempirsi le giornate. Era stato un piacere segreto, per lui, scoprire che ne aveva lasciati alcuni quando avevano cominciato a passare del tempo insieme.

«Ma una persona troppo impegnata non ha neanche il tempo per essere felice», gli fece notare lei.

Draco, che non si era aspettato quella replica, rimase interdetto.

 

 

***

 

 

Il principe errò, cieco, per le foreste; non mangiava che radici e bacche e non faceva che piangere e soffrire per la perdita della sua diletta sposa. Alla fine, capitò nel deserto. Un giorno udì una voce, che gli sembrò ben nota: si lasciò guidare da essa e quando si avvicinò riconobbe Raperonzolo.

 

 

Una persona troppo impegnata non ha neanche il tempo per essere felice, gli aveva detto Hermione, senza riuscire a trattenersi. Lui non aveva risposto e lei aveva iniziato a sentirsi a disagio.

«Non sei mai felice?», insisté.

Draco chiuse il libro e lo ripose nella borsa, le passò un braccio attorno alle spalle e la strinse a sé. «Sì, alcune volte sono felice. Molto spesso.»

Hermione si sentì avvampare, ma non si mosse e ripercorse nella sua testa tutta la loro conversazione.

«Hai detto che sei diventato cieco, che non vedi più niente», gli rammentò. «Non vedi neanche me?»

Quella domanda le uscì in un sussurro, ma non era il timore di un rifiuto a preoccuparla. La sua esitazione nasceva dall’idea che lui potesse davvero essere insensibile a ciò che lo circondava al punto di non vedere più neanche le cose belle, come i suoi sentimenti per lui.

Con sua immensa sorpresa, Draco scoppiò a ridere. «Ho imparato a riconoscere la tua voce», le disse divertito. «Come il principe idiota di Raperonzolo.»

Finalmente, Hermione si rilassò e sentì le proprie labbra tendersi in un sorriso. Accanto a lei, Draco la attirò a sé per posarle un bacio leggero sulla testa, ma si trovò presto con le dita impigliate nei suoi ricci. Lei lo sentì imprecare e ridacchiò.

«Questi dannati capelli.»

 

 

***

 

 

Raperonzolo, ormai, non era più sola: con lei c’erano i due gemelli che aveva partorito, un maschio e una femmina. Tutti e tre, vivevano tra gli stenti. Quando il principe ritrovò la sua amata, lei gli saltò al collo e pianse. Ma due di quelle lacrime inumidirono gli occhi di lui, che si schiarirono di nuovo, ed egli poté vederci come prima.

 

 

La pioggia batteva implacabile su Hogwarts da ore e di tanto in tanto un fulmine squarciava il cielo, facendolo sussultare. Draco pensò distrattamente che quella notte non sarebbe riuscito a volare.

Non se ne curò troppo, mentre si allontanava dall’Aula di Incantesimi al termine della lezione.

La trovò al terzo piano, appoggiata alla balaustra bianca che dava sul cortile interno. Era per metà allo scoperto e aveva il viso tutto bagnato. Il cappuccio del mantello riusciva a stento a contenere i suoi capelli impossibili.

«Eccoti qui», le disse a mo’ di saluto.

Lei si voltò e gli sorrise. Come sempre, Draco avvertì una piacevole stretta al cuore nel vederla felice del suo arrivo. Tuttavia, un velo di tristezza annebbiava la sua espressione.

«Tutto bene?»

La stretta al cuore, nell’incrociare il suo sguardo, mutava nell’istinto di sollevare una mano e posargliela sul viso per cancellare ogni traccia di dispiacere, di posarle le labbra sulla pelle bagnata per assicurarsi che si trattasse di pioggia e non di lacrime, di stringerla così forte da impedirle ogni via di fuga.

Rimase immobile, mentre lei annuiva e tendeva la mano nella sua direzione. Era sempre stata più brava di lui a esprimere ciò che voleva.

Draco le si avvicinò e permise che le dita di lei gli sfiorassero il petto, poi il fianco, in una carezza che bruciava perfino attraverso i vestiti.

«Oggi niente cortile», spiegò finalmente lei. C’era qualcosa di infantile nel suo tono deluso, come una bambina che ha appena scoperto di non poter avere la cosa che desidera più di ogni altra al mondo.

«Niente libri», precisò lui. «Perché la pioggia li rovinerebbe. Ma noi possiamo resistere a un po’ d’acqua.»

Lei alzò lo sguardo su di lui, leggermente perplessa. Quando Draco le afferrò la mano non oppose resistenza, ma emise un gridolino di sorpresa nel trovarsi all’improvviso sotto la pioggia.

Draco non si alzò nemmeno il cappuccio e l’acqua gli scivolò subito tra i capelli e fin dentro il colletto della camicia. Rabbrividì, ma si sentì insolitamente vivo mentre Hermione Granger rideva e lui la trascinava tra gli alberi.

«Fermati!», gli disse, troppo divertita perché lui la prendesse sul serio. «Draco, aspetta!»

Nel sentirle pronunciare il suo nome, lui si fermò e la lasciò andare. Erano nel punto centrale del cortile, nascosto a chiunque fosse passato lungo il perimetro.

Draco si voltò verso di lei e le indicò il loro albero. «Credevo volessi andare lì.»

Lei rise ancora. «Tu sei pazzo! Ci prenderemo il raffreddore!»

«Almeno non sei più triste.»

Avrebbe fatto cose inimmaginabili per alleviare ogni sua pena, molte delle quali, probabilmente, non avrebbero avuto la sua approvazione. Ma il tempo in cui cercava di meritarla era finito, ormai gli era rimasto soltanto l’imperativo ineludibile di renderla più felice che poteva.

Lei scosse la testa. «Non ero triste!», gli disse. Iniziò a camminare verso il loro albero, ma scivolò su una radice e cadde, schizzando fango tutto intorno.

Fu il turno di Draco di sogghignare. «Vuoi stare attenta a dove metti i piedi?»

Lei si girò a sedere e gli rivolse una smorfia. Prima che lui potesse rendersene conto, aveva allungato una gamba e gli aveva fatto uno sgambetto.

Draco cadde in avanti, tendendo le braccia per non finirle addosso. Hermione gli diede una spinta, facendogli perdere l’equilibrio in modo che atterrasse nel fango accanto a lei.

Imbronciato, si guardò le mani sudicie.

Lei rise della sua espressione, poi gli rivolse uno sguardo dolce. «Il fango non sarà la cosa più sporca che hai toccato di recente.»

Aveva pronunciato quelle parole con troppa innocenza perché fossero un’accusa o una vendetta, ma Draco vi colse la colpa che si portava dietro e che avrebbe giustificato, da parte di lei, una rabbia che non c’era mai stata.

Rabbia per gli insulti, le offese e le meschinità di anni di scuola. Rabbia per l’odio per cui aveva parteggiato lui, mentre lei, che non aveva fatto niente per meritarselo, rischiava la vita per combatterlo. Rabbia perché lui l’aveva trovata sporca così a lungo che non si era mai reso conto di quanto in realtà fosse lui quello indegno.

Non c’era niente di sporco nel fango che li ricopriva, nel sorriso caldo di lei, nello sguardo carico di dolcezza che gli rivolgeva già da un po’. D’altro canto, se c’erano macchie che non potevano essere cancellate, erano quelle che portava addosso lui, sul braccio, nel cuore, nell’anima.

La guardò e per la prima volta pregò che restasse sempre così com’era, troppo buona per il mondo, ma abbastanza perché potesse rimanere accanto a lui.

«Vuoi che mi scusi?», le domandò sinceramente.

Lo avrebbe fatto, se fosse stato necessario. Era per natura orgoglioso, ma sapeva scendere a patti con qualunque cosa per ciò che desiderava.

Lei si accigliò. «Saresti sincero se lo facessi?»

Draco si lasciò sfuggire un sorriso. Averla accanto avrebbe significato non poter mai più mentire a se stesso, perché lei gli guardava dentro e lo costringeva a fare altrettanto, impedendogli di nascondersi dietro a mezze verità e abitudini radicate in lui.

Era ben disposto a fare un’eccezione per ciò che gli piaceva.

Le cattiverie di cui era stato responsabile e l’ipocrisia che stava mostrando adesso erano qualcosa per cui era pronto a pagare. Quale che fosse il prezzo del suo egoistico desiderio, Draco Malfoy non si sarebbe sottratto.

«Sì», rispose con più sincerità di quanta si credesse capace.

Lei gli regalò un altro di quei sorrisi che lui continuava a credere di non meritare. «Allora non serve.»

Forse sarebbe stato sempre così: lei avrebbe tirato fuori il meglio di lui e glielo avrebbe lasciato in modo che fosse una persona più degna, senza desiderarlo per sé, perché lei era in grado di accettare anche il suo lato peggiore e farne qualcosa di meraviglioso.

Draco si chinò e la baciò.

Quasi si sorprese quando lei non si ritrasse. Il contatto tra le loro labbra era qualcosa di così insperato da sembrare irreale. Lei sapeva di pioggia e di dolcezza e lui perse la testa nell’esatto istante in cui la ragazza schiuse le labbra per approfondire il bacio.

I loro respiri si fusero e gli mancò il fiato, dovette appellarsi a tutto il suo autocontrollo per non spingerla sotto di sé nel fango. Si limitò a metterle una mano sul collo per tenerla stretta a sé, mentre inspirava il suo fiato e la accarezzava con la lingua come se avesse appena scoperto la più grande meraviglia del mondo.

Lei teneva gli occhi chiusi, le ciglia tremavano impercettibilmente sulle palpebre abbassate e le labbra si tendevano in un sorriso ogni volta che lui la stringeva un po’ in più.

Non sapeva perché non l’avesse mai fatto prima, ma Draco si diede mentalmente dell’imbecille per tutte le ore, i giorni, i mesi, gli anni, in cui lei era stata a pochi passi da lui e lui non l’aveva baciata.

Si separarono per riprendere fiato e lui avvertì un vuoto all’altezza dello stomaco dove sarebbe sempre mancato un pezzo, adesso che conosceva il sapore delle sue labbra. Solo lei avrebbe potuto farlo sentire completo.

«Che diavolo sei tu?», le chiese prima di riuscire a trattenere le parole che credeva di avere soltanto pensato. Poteva essere la sua punizione, il concretizzarsi di tutto ciò che desiderava solo per vederselo sottratto perché immeritevole. O magari era il perdono che gli era stato concesso prima ancora che avesse imparato a chiederlo.

Lei si accigliò, ma parve divertita da quella domanda. «Sono solo una ragazza in una torre.»

Draco rise nel ricostruire il collegamento a quella fiaba che li aveva fatti avvicinare. «Io non sono un principe, però», le fece notare. «E sono partito svantaggiato. Dai Sotterranei, per la precisione. Ho dovuto scalare un bel po’.»

Lei scrollò le spalle, ancora vicinissima a lui, che la tratteneva con una mano. «Ma adesso sei qui.»

Draco si concesse un sospiro di sollievo. Sì, era accanto a lei. E ci sarebbe rimasto.

Non voleva che si allontanasse oltre i pochi centimetri che già c’erano tra loro, ma le avrebbe concesso un pochino di spazio, se solo avesse potuto.

Lei ridacchiò. «Avanti, puoi dirlo.»

Draco fece una smorfia, mentre tentava di districare le dita dai suoi ricci.

«Questi dannati capelli.»

 

 

Riacquistata la vista, il principe condusse Raperonzolo e i bambini nel suo regno, dove furono tutti abbracciati con gioia. E vissero a lungo felici e contenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Tangled è il titolo originale del film “Rapunzel – L’intreccio della torre”. Letteralmente, significa intrecciato, aggrovigliato e fa riferimento ai capelli di Raperonzolo (ma anche a quelli di Hermione).

Questa fanfiction è chiaramente ambientata in un ipotetico contesto post-guerra. Avendo già frequentato il settimo anno, non c’è un reale motivo per cui Draco Malfoy dovrebbe tornare a scuola, ma visto l’andamento disastroso della didattica nell’anno della guerra, suppongo che a chiunque sarebbe stata data l’opportunità di ripeterlo. Draco, in questa storia, lo fa per non dover affrontare la realtà terribile del mondo fuori da Hogwarts.

I righi in corsivo tra i vari paragrafi compongono la storia di Raperonzolo, nella ricostruzione dei fratelli Grimm, che ho reperito in rete combinando diverse fonti. Ho cercato di non modificare lo stile rispetto all’originale.

Il professore di Trasfigurazione menzionato è una mia invenzione, ho supposto che poiché la McGranitt è diventata Preside hanno dovuto assumere un nuovo insegnante per la sua materia. Riguardo a Divinazione, qui è tornata a insegnare la professoressa Cooman.

La Presa Rovesciata del Bradipo, o Presa del Bradipo Rotante, è un’acrobazia descritta nei libri, ma tutto l’esercizio che compie Draco è pura fantasia.

L’idea di aggiungere Hermione all’elenco delle figurine delle Cioccorane viene da informazioni fornite dalla Rowling, ma non sapendo esattamente quando ciò sia accaduto mi sono presa la libertà di immaginare il momento. La descrizione è scritta da me, ma ricalca quella della figurina di Silente che compare nel primo libro.

La scena del giornale incantato con gli insulti per Malfoy ricalca un episodio di The ground beneath her feet, fanfiction di Savannah.

La battuta di Hermione “Sono solo una ragazza in una Torre” potrebbe liberamente rimandare a “Sono solo una ragazza in un bar” di Meredith Grey, sebbene la citazione non sia voluta. Il riferimento voleva chiaramente essere a Raperonzolo.

La frase Il segreto è tenersi impegnati. […] Una persona impegnata non ha il tempo di essere infelice” è una traduzione libera della citazione di Robert Louis Stevenson che era un prompt del contest a cui partecipa questa fanfiction. Riporto il pacchetto, partorito dalla mente geniale di Bessie:

Rapunzel – I’m keeping busy, so I stay sane (Disney Disorders 2 (Just Josie Jo))

I’ll see how many things I can fit in one day
Cook, paint, clean, read, dance, knit and then guitar I’ll play
(…)
I’m keeping busy so I stay sane

Obbligo: x si lancia in milioni di progetti, non per forza completandoli, per non pensare a qualcosa/qualcuno
Prompt: Keep busy at something: a busy person never has time to be unhappy (Robert Louis Stevenson)
Bonus: x ha una madre/matrigna opprimente e che ne controlla ogni passo.

   
 
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