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Autore: Gaia Bessie    01/11/2020    3 recensioni
Un giorno t’addormenti e ti capita di sognare, ma nemmeno sai il perché.
[Fred/James Sirius |Crack, molto Crack| One-shot| Scritta per il "Gioco di scrittura" del gruppo Facebook Caffé e Calderotti]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Astoria Greengrass, Fred Weasley, James Sirius Potter | Coppie: Astoria/Fred
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Un giorno t’addormenti e ti capita di sognare, ma nemmeno sai il perché.
 
Cieli incongruenti
 
E guarda cosa capita a sognare
(Alice Sebold, Amabili resti)
 
È tutto incredibilmente colorato.
Così tanto che fa male guardarsi in giro, perché è tutto un misto inquietante di azzurro oltremare, e rosso melograno, in un tramonto in una marina infinita e priva di tempo. È tutto silenzioso, lì dentro, e senza fine: James prova a camminare, ma i passi risuonano silenziosamente in un tempo svuotato e insensato, in quel paesaggio che si slarga sotto di lui.
Passano i giorni, forse, o semplicemente le ore: come fare a determinarlo con certezza, se l’unica illuminazione è celeste, e proviene da un cielo rosso scuro, come fare a smettere di sognare?
Perché non è veglia, quel cielo oscuro come sangue e polveroso come l’ennesima esplosione, James Sirius non sa cos’altro potrebbe essere quella realtà sporca e filtrata.
«Ciao».
Una voce lo scuote, costringendolo a voltarsi e incontrare qualcuno di terribilmente familiare: un ragazzo dai capelli rossi gli restituisce uno sguardo placido, ha due occhi azzurri che feriscono in quella luce sanguigna che li illuminano.
«Ciao» commenta James, incerto. «Chi sei?».
Lui sorride, ironicamente, e pare che si possa squarciare il viso con quel singolo movimento. «Oh, no, non funziona così» commenta, ridendo sinceramente. «Sei tu a essere nel mio cielo, ne sono sicuro, sto qui da anni».
James lo guarda e non comprende, né gli vengono parole per domandare spiegazioni, ma si limita a guardarsi attorno con aria perplessa.
«Non sai dove ti trovi, immagino» commenta il rosso, scrollando le spalle. «Benvenuto nel mio cielo. È il posto dove sono finito… beh, non c’è un modo divertente di dirlo: quando sono morto».
«Sei morto?» commenta James, scompigliandosi i folti capelli neri. «A me sembri stare bene, senza offesa… e come ti chiami?».
L’altro sorride, scuotendo il capo. «Tutti stiamo bene, nel nostro cielo» commenta, con aria saputa. «E sono George Weasley, per servirti».
James Sirius alza un sopracciglio scuro, con aria perplessa. «Sono stato a casa di George Weasley appena ieri» commenta, atono. «E ti assicuro che mio zio era in perfetta salute. Oltre a essere decisamente più vecchio di te».
Il ragazzo sorride, ma un’ombra gli incrina lo sguardo. «Non funziona più, non è vero?» commenta. «Sono Fred».
«Piacere» risponde James, perplesso. «Sono James Sirius Potter… Jaime, se preferisci. Tu sai cosa ci faccio qui?».
Fred scuote il capo, con semplicità, guardandolo con interesse. «Sei la copia sputata di Harry» commenta, stupito. «Incredibile come Ginny abbia solamente contribuito a partorirti… ah, gli occhi. Gli occhi sono suoi».
Jaime lo osserva, stupito, sfiorandosi il viso distrattamente, come volesse assicurarsi che sia ancora incisa lì quella marcata somiglianza con suo padre. «Conosci mio padre?» domanda, perplesso. «E mia madre?».
Il rosso sorride, divertito, indicandosi il viso. «Andiamo, avrai visto qualche foto di famiglia alla Tana» commenta. «Non puoi essere poco intuitivo come tuo padre, suvvia».
«Zio Fred? Ma tu sei morto» commenta James, scioccamente. «Non… come fai a essere qui?».
Fred ride e gli sfiora un braccio, trapassandolo come un fantasma. «Certo che sono morto» commenta, con ovvietà. «Te l’ho già detto: hai invaso il mio cielo».
Jaime si guarda attorno, perplesso, in quella valle così colorata da far male: è decorata ad angoli, con le cose che Fred doveva aver amato.
C’è una copia del negozio di suo zio George, lì vicino, con una fila di clienti che rimane in attesa del proprietario, e anche una Tana circondata da alberi e un prato pieno di gnomi. È chiaro che, lì nel suo cielo, a Fred manchi solamente la famiglia.
«Certo che sì» commenta il rosso, leggendogli i pensieri. «Sei nel mio cielo, sento cosa pensi come se stessi urlando. Quindi vedi di piantarla».
James china il capo, imbarazzato. «Ma perché sono qui?» domanda, incerto. «Sono morto anche io?».
«Oh, no» commenta suo zio, mettendosi a sedere su una poltroncina rosso e oro comparsa dal nulla. «Probabilmente stai solamente sognando».
«E quando mi sveglierò?» chiede James, incerto, sedendosi anche lui su una seconda poltrona. «Non che mi dispiaccia, questo posto, ma è…».
Inquietante, vorrebbe dire, ma si rende conto di essere scortese e allora deglutisce la parola, facendo ridere Fred che ne ha colto il pensiero fugace.
«Oh, certo che lo è» commenta, scrollando le spalle. «Ma è vicino a casa, posso persino guardare sulla Terra, da lì. Prova a guardare».
Fred indica uno squarcio nel cielo, azzurro da far male ma rannuvolato di pioggia inespressa, che fa intuire un doloroso collegamento con le vite di chi resta. «Ho visto crescere tutti voi» commenta. «Dovresti lasciare in pace Scorpius Malfoy, è un bravo ragazzo e rende felice Rose. E fa impazzire Ron, quindi tanto di guadagnato».
Jaime alza un sopracciglio. «Eri famoso per gli scherzi, o no?» domanda. «E probabilmente detestavi suo padre, come tutto il resto della famiglia».
Fred ride, e indica con il capo un luogo in cui il cielo si condensa in una porticina minuscola, anch’essa rossosangue, facendogli cenno di avvicinarsi. James lo sente nelle ossa, che non dovrebbe sbirciare, ma Fred s‘è già chinato lì davanti come il preghiera, sfiorando il legno come fosse solamente l’ennesimo sostituto per qualcuno che ama, in quel cielo freddo e vuoto.
Si sporge, cercando di guardare da quello spiraglio: ma, ancora prima di vedere, riesce a sentirlo. C’è qualcuno che piange, in quel cielo congruente, che piange come se l’anima le uscisse fuori dagli occhi.
Sbirciando, intravede una chioma bionda come un tramonto, una donna esile come un tratto di matita che piange sulla propria finestra sulla terra, incrinata.
Perché il suo cielo dovrebbe…?
«Essere così vicino al mio?» completa Fred, piano. «Si tratta del motivo per cui ho guardato così spesso Scorpius Malfoy: è sua madre».
Il rosso si gratta il capo, con aria triste. «Lei… è morta da poco e non riesce a rassegnarsi» commenta. «Nessuno di noi ci riesce, all’inizio, ma poi… ti rassegni sempre».
«E perché è così vicina a te?» domanda James, curioso. «Se è la madre di Malfoy certamente sarà simile a lui, avrà lo stesso carattere di merda».
Fred sorride. «Non sai quanto» commenta. «Sono identici, quei due. Forse è per questo che non riesce a rassegnarsi in nessun modo».
«Ma perché t’importa così tanto di lei?» chiede James, perplesso. «Nemmeno fosse la tua fidanzata».
Il rosso ride, ma è solamente l’ennesimo suono forzato e innaturale che lo scuote.
 
***
 
«Come facciamo a mancarti, se non ci conosci?» James osserva una parete piena di foto, nell’appartamento che era stato di George prima del matrimonio e che ora popola il cielo di Fred. «Capisco i tuoi fratelli, ma qui ci sono foto nostre».
Lily Luna sorride nella propria divisa nuova di zecca, il suo primo giorno ad Hogwarts, Rose e Scorpius Malfoy si guardano imbarazzati e molte altre istantanee decorano quel muro d’un bianco indicibile.
E poi c’è lui, James, sulla sua prima scopa da corsa con suo padre che sorride all’obiettivo, probabilmente tenuto da sua madre.
«Vi guardi sempre, da quando sono qui» commenta Fred, atono. «Puoi amare delle persone senza averle mai conosciute?».
«Non credo» ammette Jaime, scuotendo il capo bruno. «Io non ci riuscirei, a stare così lontano da qualcuno che amo, figuriamoci amare qualcuno che nemmeno conosco».
Il rosso sorride, amaro: probabilmente sta pensando a una donna che piange ininterrottamente nel cielo adiacente al suo, fino a strapparsi gli occhi con le mani, i capelli biondi che sembrano il medesimo tramonto di cui Fred ha dipinto il proprio cielo. Jem vorrebbe dire di comprenderlo, ma non sarebbe la verità – ha sperimentato solamente cotte fugaci, imperfette, svanite in sordina dopo la conquista – e allora tace, e china il capo.
«Arriverete qui, un giorno» commenta suo zio, scrollando le spalle. «I nostri cieli saranno tutti vicini e io avrò di nuovo una famiglia, in qualche modo».
Jaime non sa perché, ma gli fa male quel tono ferito con cui Fred pronuncia la parola famiglia, con una solitudine annichilente che gli straccia l’anima.
«Succederà per forza?» domanda James, con curiosità. «Non potrebbe accadere che il cielo mio o di qualunque altra persona sia da una qualunque altra parte?».
Lo sguardo di Fred si affila, esasperato. «I nostri cieli devono essere vicini» scandisce, lentamente. «Siamo una famiglia, e poi… persino il suo cielo è vicino al mio».
James pensa alla madre di Scorpius, che ha visto ogni anno al binario 9 e ¾ fino al giorno in quella ella non è scomparsa in un fiume di lacrime del marito, che pare rifiutare l’idea di avere un cielo congruente con quello di suo zio. E se nessuno di loro volesse tornare al passato, come Asteria Malfoy, nemmeno da morto?
«Certo che vorrà tornare indietro» commenta Fred, con finta allegria. «Ha portato ogni mese un fiore sulla mia tomba, era ovvio che i nostri cieli sarebbero stati collegati».
Ma, sentendo come in un’allucinazione i singhiozzi della donna, Jaime non può far altro che pensare come, invece, vi sia una profonda incongruenza tra i loro cieli.
«Dovresti andare avanti, Fred» commenta, placidamente. «Sei morto e non puoi farci niente, non… anche lei è andata avanti, no?».
Fred si passa una mano sul viso, forse vorrebbe piangere ma ha un sorriso talmente pronunciato da impedire alle lacrime di fuoriuscire.
«No» ribadisce, atono. «Perché ha portato un fiore sulla mia tomba il primo di ogni mese, per tutto il resto della sua vita».
Ma forse non basta, vorrebbe dirgli Jaime: serve una sola occhiata di suo zio, dura come uno zaffiro inscalfibile, a farlo desistere.
 
***
 
«Sei sicuro che io non sia morto» James non fa che domandarlo, in quel tempo che lentamente si spegne su una lanterna color melograno. «E che questo non sia anche il mio cielo?».
Fred scuote il capo, mentre giocherella con un boccino d’oro: al sole del suo cielo, anch’esso assume una sinistra tonalità sanguigna. «I cieli non sono in comune, al massimo sono congruenti» commenta. «E tu non sei morto, ho visto tutto quanto».
Perché non è solamente Asteria Malfoy, incapace di distaccarsi da quella famiglia che ha perso, lo è anche lui: Fred passa ore ed ore a contemplare le famiglie dei suoi fratelli, con un’invidia che corrode, che se lo spolpa vivo mentre scompare in un vortice di pensieri.
«Perché guardi me?» chiede Jaime, perplesso. «Non ero con mamma o con gli zii, vero? Perché mi guardavi?».
Fred gli lancia un’occhiata indecifrabile: non è la mancanza, pesa James con orrore, è desiderio di entrare dentro a quelle vite così lontane da lui.
«Tu mi somigli» borbotta il rosso, lentamente. «Volevo capirti, ho desiderato tanto poterti conoscere. E ora sei qui e sei come me».
«Roxanne ti somiglia di più» constata Jaime, con ovvietà. «Io non ho nemmeno i capelli rossi, e poi… mi stavi aspettando? Quindi sapevi che sarei arrivato?».
Fred scuote il capo, sfiorandogli il cuore a mani nude, facendolo rabbrividire per quel contatto spettrale. «Qui dentro» sussurra. «Tu sei come me».
James lo guarda, incerto, di fronte a quell’ammissione. «Mi guardavi per questo?» domanda. «Sarei stato il tuo preferito, tra i nipoti?».
Il rosso sorride, illuminandosi. «Penso di sì» ammette. «Mi saresti piaciuto oltre ogni misura. E avremmo fatto impazzire mia madre ed Hermione, le sarebbero venuti i capelli bianchi, specialmente ora che è Ministro».
«E saresti stato sposato con la madre di Scorpius» commenta Jaime, pentendosi delle parole appena pronunciate. «Scusami, non dovevo».
Fred osserva la porticina rossa in un angolo del proprio cielo, visibile da ogni finestra – nel caso in cui Asteria cambiasse idea e decidesse di uscire di lì – e scuote il capo, con aria stanca.
«Penso proprio di no» ammette, infine, con aria stanca. «Si sarebbe comunque innamorata di Malfoy, immagino».
Lo dice con una rassegnazione tale da ferire anche James, che lo guarda e sente quasi il cuore dolergli, anche se ha ancora la sua mano lì, su quel cuore muto e sordo, a intimargli di battere.
«Ma saresti stato il mio preferito» prosegue il rosso, atono. «Me lo sarei fatto bastare».
 
***
 
«Ciao».
Asteria Malfoy gli restituisce uno sguardo disorientato, nel sentirsi distogliere dal proprio pianto senza inizio o fine. È bella da far male, nota asetticamente James, di fronte a quegli occhi azzurro polvere. E somiglia in maniera incredibile a suo figlio, così che riesce a convincersi del perché Fred abbia guardato Scorpius per così tanto tempo, dalla finestra sul mondo reale.
«Ciao» lo saluta la donna, di rimando. «Il mio cielo si è spostato? E chi sei?».
Jaime scuote il capo, incerto. «No, è sempre quello di Fred» ammette. «Non so perché sono qui, lui dice che sto sognando».
Asteria lo guarda e lo sfiora con una mano spettrale, passandogli attraverso. «Non sei morto» commenta, con sollievo. «Meno male, tu… conosci mio figlio? Sta bene?».
James la guarda e pensa di non poterla deludere, dirle che non sa niente di Scorpius Malfoy se non che suo zio Ron lo detesta con molta poca cordialità. E che è il migliore amico di suo fratello, e allora i loro cieli saranno dolorosamente congruenti.
«Sì, sta bene» mente, sorridendole dolcemente. «Lui… è fidanzato con mia cugina, Rose Weasley, e sono molto felici. È anche il migliore amico di mio fratello, Albus Potter».
«Meno male» sussurra la signora Malfoy. «Non sai quant’è brutto, doverlo guardare da lontano, senza poterlo aiutare».
Asteria Malfoy gli sfiora il viso, in una muta carezza: James si chiede, con un velo di tristezza, se per caso non stia pensando a quel figlio perduto, ma non dimenticati.
«Lo capirai» sussurra la donna, con dolcezza. «D’altronde sei bloccato qui anche tu, come lui».
«Ma ha detto che non sono morto» sussurra Jaime, perplesso. «Mi avete mentito, lei e Fred?».
Asteria scuote il capo, un sorriso triste ne sfigura il volto, in muta comprensione. «Non sei morto» ripete, piano. «Ma non manca molto».
James capisce perché Fred ha detto che sta sognando e una serie di lunghissimi brividi gli dilaniano la schiena.
 
***
 
«Perché non me lo hai detto?» vorrebbe sembrare arrabbiato, ma riesce solamente a sembrare dolorosamente deluso. «Che sto morendo, che presto avrò un cielo tutto mio».
Fred ha uno sguardo che taglia a metà. «Perché sarai lontano da me» sussurra. «E non voglio perderti così, tu… mi piaci. Sei la prima cosa che amo, da quando lei s’è rifiutata di vedermi».
«Ti piaccio?» sussurra, incerto. «Che vuol dire, zio? Sono il tuo nipote preferito, no?».
Fred china il capo, e non dice niente.
 
***
 
Un giorno t’addormenti e ti capita di sognare, e nemmeno sai il perché: una caduta è solo una caduta, ma cosa succede quando cadi un cielo non tuo?
«Mi dispiace, Signori Potter. Il coma di vostro figlio non è reversibile».
E i cieli sono semplicemente lontani tra di loro e non basta una porta a collegarli.

 
Chino il capo e chiedo scusa per questo crack, che però non è colpa mia (lo giuro): la colpa è del solito gioco del Gruppo Facebook "Caffé e Calderotti", con la traccia AU (4/9) ovvero Fred/James Sirius.
Il contesto della AU è Amabili Resti, quindi è ambientata "nei cieli" del libro, con la stessa impostazione.
E questo era tutto da me, spero, ci vedremo presto con la prossima pazzia.

Gaia
   
 
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