Anime & Manga > Diabolik Lovers
Ricorda la storia  |      
Autore: Anna3    04/11/2020    1 recensioni
La storia ufficiale vuole che Hilde, la cameriera di Raito/Laito Sakamaki si sia innamorata di lui, ma, dopo essere finiti a letto insieme, lui la abbia tradita, non amandola davvero. Eppure, è davvero andata così? In questa one-shot, proverò a ricostruire la loro storia (ovviamente con la simpatica partecipazione anche degli altri fratelli Sakamaki!).
[ 11 000 parole, 66 000 caratteri ]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Laito/Raito Sakamaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Solo un pervertito

Novembre 2020

Caro diario,

è la prima volta che mi capita di scrivere qualcosa come un diario. Insomma, l’ho sempre trovata una attività così assurda e idiota, anzi da mortali: perché perdere tempo e inchiostro nello scrivere cose che poi non si faranno vedere a nessuno? Certo, a volte alcuni diari vengono pubblicati, ma si tratta di rari casi, solo quelli più famosi. Allora per qualche motivo sprecare del tempo, che potrebbe essere impiegato in altre più piacevoli occupazioni, per mantenere una traccia delle nostre azioni? Come se a qualcuno potesse veramente importare di noi! Probabilmente, è perché agli esseri umani piace, una volta invecchiati, rievocare il loro passato. In tal caso, si conferma l’affermazione che ho detto prima: è un gesto del tutto inutile. Senza contare poi che bisognerebbe usarlo più o meno regolarmente e quindi mantenere una certa costanza, cosa che non credo di possedere.
In ogni caso, ho voluto provare a fare questa esperienza, anche se penso che mi limiterò a scrivere questa pagina: seriamente, come fanno gli esseri umani a perdere così tanto tempo nell’annotare la loro noiosissima vita? Io mi sto già stancando di scrivere e sono ancora alla prima pagina!
Comunque, si presume che io racconti qui la mia giornata, che tuttavia non ha nulla di così speciale. Ovviamente, essendo un vampiro, la mattina e il pomeriggio ho dormito, mentre di notte sono andato a scuola. Questo è stato il momento meno noioso di oggi: è stato divertente saltare le lezioni per limonare la mia compagna di classe in bagno, ma poi mi ha beccato durante l’intervallo mentre baciavo la sua migliore amica e quindi… Beh, la solita scena. Ero impegnato con la sua amichetta (una certa Mathilda se non ricordo male) nel corridoio, quando improvvisamente si è fatto un improvviso silenzio nella stanza e io sapevo perfettamente cosa questo volesse dire. Infatti, pochi secondi dopo, passato lo sbigottimento iniziale, ho sentito la sua voce arrabbiata che ci chiamava:
“Mathilda! Raito! Come avete potuto?!” ha gridato, con delle deliziose lacrime che le attraversavano il volto. Ahh, al solo ricordare quel momento, mi sento così eccitato! Quella sensazione di essere colti in fallo, la delusione che si leggeva nel suo sguardo… Oh, come adoro tutte queste emozioni e le ragazze sono così sciocche e ingenue! Eppure io glielo avevo detto che ero solo un pervetito e che non avrebbe mai dovuto innamorarsi di me, però finisce sempre così! Sebbene io dica loro di non farlo, per un qualche motivo, con il tempo, tutte ci cadono prima o poi e persino le loro reazioni sono così carine: alcune si arrabbiano e iniziano a gridare isteriche, altre iniziano a sparlare di me e veramente poche ascoltano il mio consiglio. Invece, la maggior parte pensa che in qualche modo possa far sì che io mi innamori di loro, anche se tutte non conoscono mai la mia vera natura, fintantochè non sono io a svelarmi a loro: ma come pensano di potermi cambiare se nemmeno mi conosco veramente? Sono solo delle illuse. Però mi fa comodo che lo siano. D’altronde, chi, nella mia situazione, non ne approfitterebbe?
Ad ogni modo, questa ragazza ha iniziato a strillarmi contro con la sua vocina stridula le solite cose: questa è la parte che mi piace di meno. Perché se la prendono con me, quando io avevo già detto loro che non avrebbero mai dovuto fidarsi di me? Non lo capirò mai.
Fortunatamente, subito dopo è suonata la campanella che segnava la fine dell’intervallo, quindi siamo tornati tutti in classe, io con lo sguardo indifferente, la sua cara amica del cuore con un malevolo sguardo soddisfatto e i più che lanciavano sguardi di pietà alla povera malcapitata, che si è precipitata in bagno e vi è rimasta fino alla fine della scuola. O almeno, penso sia andata così: dopo neanche un’ora, ho sentito che questa Mathilda ha allungato le mani e iniziato ad accarezzarmi tra le gambe, avendo bene in mente quale fosse il suo scopo. Come sottrarsi a una tale dolce richiesta?
Ci siamo fiondati nel bagno dei maschi, che si trova accanto a quello delle ragazze, e abbiamo impiegato quelle noiosissime ore di scuola in modo più proficuo. Purtroppo però non ho fatto in tempo a berle nemmeno una goccia di sangue, però penso che per un po’ continuerò a illuderla di essere migliore della sua amica, per poi portarla a letto nella mia stanza e prenderle quanto sangue mi pare. Tanto poi basta fingere che abbiano avuto un brutto sogno e cancellare le tracce delle mie ferite con la mia saliva. Un gioco da ragazzi.
In seguito, dopo che è passata la pausa pranzo e le ore notturne, siamo finalmente stati liberi di tornare a casa e sono tornato a recuperare le mie scarpe. Lì, come al solito, ho trovato gli ennesimi messaggi minatori delle varie ex con i soliti insulti, che, come ogni giorno, prendo e butto nel cestino: seriamente, non capisco perché ci siano ragazze che ancora fanno azioni così stupide e infantili, come se insultandomi mi venisse magicamente in mente di cambiare stile di vita.
Che poi, sono loro che sono venute da me, quindi perché ostinarsi a dare a me dello stronzo? Io le avevo avvertite tutte di non aspettarsi nulla da me, ma loro non ascoltano quindi in fin dei conti è solo colpa loro no?
Già, la colpa è solo loro. In fin dei conti, sono tutte come Cordelia: se io non mi approfittassi di loro, molto probabilmente avverrebbe il contrario e sarei io la loro vittima. Ciò che gli esseri umani chiamano “innamorarsi” è soltanto una fregatura: ti lega come un contratto soffocante con una sola persona e all’improvviso sorgono tutta una serie di regole da rispettare. Non ha alcun senso.
Dopo essermi liberato di tutte quelle inutili letterine, sono tornato a casa in limousine, come al solito, con i miei fratelli ed era anche una noia mortale, dato che ultimamente non c’è nemmeno una sposa sacrificale con cui potersi divertire. Un vero peccato.
Per il resto, non ho nulla da raccontare di così eclatante, dato che a parte questa piccola storiella non è successo nulla di interessante. In realtà, trovo che le ragazze dei nostri giorni siano noiose: prima si mettono insieme a me, poi scoprono il tradimento, si arrabbiano, mi strillano dietro e dopo un certo periodo di tempo si danno una calmata e si dimenticano tutti. In passato invece per lo meno le donne erano un pochino più determinate o forse sono io che nella mia mente non posso che serbare un posto particolare a una delle poche ragazze che mi abbia tenuto testa: Hilde.
Ricordo come se fosse ieri quel lontano giorno in cui mi imbattei in lei.
Era notte fonda e mi aggiravo annoiato nelle strade alla ricerca di buon sangue fresco. Mi trovavo nella Londra del diciannovesimo secolo: la notte iniziava ad essere rischirata dalle luci artificali, ma ancora per strada si trovavano delle donne intente nel più antico e nobile lavoro mai esistito, la prostituzione. Certo, le prostitute erano delle facili vittime e spesso avevo avuto modo di essere da loro intrattenuto, tuttavia il loro sangue non era decisamente della più alta qualità, pertanto se mi fosse stato possibile avrei preferito trovare qualche giovane bella ragazza vergine. Tanto più che proprio quella sera, in cui traevo la massima forza dalla presenza della luna piena in cielo.
Fu così che mi imbattei in questa ragazza. Qualcosa sin da subito mi attrasse di lei: sebbene fosse vestita come tutte le altre donne di cattiva reputazione, aveva un odore buono ma strano, molto interessante, che mi attirava nella sua direzione. Mi avvicinai dunque a lei, ma vidi che era già impegnata con quello che doveva essere un cliente: un uomo di mezza età vestito come un povero impiegato che cercava di ostentare una ricchezza e un’eleganza che non possedeva. Suddetto uomo stava parlando con la donna – anzi ragazza, a giudicare dall’aspetto fisico - e, dopo averle fatto scivolare tra le mani una discreta somma di denaro, seguì la ragazza in un vicolo. Ammaliato e incuriosito dal suo odore, che tanto si distingueva da quello delle donne vicine a lei, guardai la scena da lontano e vidi prima lei che lo assecondava e successivamente, proprio quando il patetico signore dal viso segnato dall’acne era troppo perso da lei, gli tirò un sonoro calcio nelle parti basse e, spingendolo via, corse lontano da lui con i soldi “guadagnati”, mentre quest’ultimo imprecava contro di lei usando termini alquanto volgari.
Così, vedendo la scena improvvisamente compresi perché quella ragazza avesse risvegliato il mio interesse: se aveva un’odore così buono e particolare, significava che in realtà lei era sopravvissuta fino ad allora senza concedersi mai veramente a qualcuno. Eppure, mi era sembrata così tanto brava con quell’uomo che per un attimo avevo desiderato quasi di esserci io al suo posto. Quasi.
Sta di fatto che non avrei mai potuto lasciarmi scappare una così bella preda per nulla al mondo!
Ci misi poco a ritrovare le sue tracce: seguendo gli odori, vidi che la ragazza era andata in una delle case di quella zona e aveva salito i primi due piani. Dalla finestra di quel piano infatti, potei intravedere la sua chioma bionda, mentre, penso, metteva i soldi che era riuscita a conquistarsi al sicuro in casa. Usando la mia capacità di levitazione (dato che non c’era nessuno per strada e se anche ci fosse stato, avrebbe pensato che fossi un uccello notturno o qualcosa di simile, immerso com’ero nell’oscurità), mi alzai fino al livello di quel piccolo appartamento che, più che essere una vera e propria dimora, era una stanza adibita per mangiare, dormire e vivere e lì spiai i suoi gesti. Appena rientrata a casa aveva sospirato, sciolto i capelli prima alzati in una semplice crocchia e poi poggiato i soldi in un barattolo che dovevano essere i suoi risparmi. Intanto, aveva iniziato a parlare con una vecchia signora, probabilmente sua madre, che si trovava stesa sul divano, che a quanto pare aveva anche la funzione di letto, e le mostrava i soldi con un certo compiacimento. Curioso, rizzai le mie orecchie per sentire cosa si stessero dicendo le due:
“...Li hai guadagnati ancora in quel modo?” stava dicendo la vecchia signora.
“Vuoi che ti risponda in modo onesto o che ti dica ciò che vuoi sentirti dire?” le rispose l’altra con una certa vena di ironia.
“Lo hai fatto di nuovo?”.
“Che alternative abbiamo altrimenti? Credi forse che con il lavoro in fabbrica io riesca a trovare i soldi per le tue medicine?”.
“No, però non voglio che tu ti sacrifichi per me… se continui così, si diffonderà la notizia del tuo secondo lavoro e sarà per te impossibile riuscire a trovare marito in queste condizioni! Non voglio che tu anteponga il mio benessere alla tua felicità! Sono pur sempre tua madre...” disse la vecchia donna prima di essere presa da un violento attacco di tosse per la velocità con cui aveva espresso il suo pensiero.
La ragazza parve quasi sentirsi in colpa e le si avvicinò preoccupata cercando di alleviare la sua sofferenza:
“Non ci sarebbero stati tutti questi problemi se quel bastardo non mi avesse abbandonato all’altare con la scusa che aveva trovato una donna più ricca di me… ormai le persone parlano già male di me! Hai sentito tu stessa quando hanno insinuato che mi abbia abbandonato perché incinta di un altro uomo! Quindi oramai che mi importa più di quello che dicono?” disse la ragazza sputando fuori tutto il suo rancore per l’ingiustizia subita.
La vecchia donna per un attimo non rispose, ma poi poco prima di addormentarsi di nuovo disse con un fil di voce:
“Abbi fiducia in Dio, Hilde”.
Questa, al solo sentire quelle parole, contrasse la mascella e dopo un paio di secondi in cui parve rifletterci su, sistemò la coperta a sua madre e dopo essersi sistemata, uscì di casa, chiudendo accuratamente la porta. Non feci però a meno di udire ciò che aveva detto poco prima di uscire, sussurrandolo forse più a se stessa che non alla vecchia signora ormai addormentata:
“Non esiste nessun Dio”.
Fu questo che mi convinse definitivamente ad avvicinarmi a quella strana ragazza: di giovani donne abbandonate all’altare come lei dal futuro marito ce ne erano molte, però la maggior parte veniva sovrastata dalla marea di critiche mosse loro e finiva per suicidarsi il prima possibile lanciandosi dal London Bridge. Lei invece al contrario, aveva deciso di restare e combattere, ma soprattutto aveva quel delizioso sguardo di una donna vuota, senza più alcun amore per il mondo né per stessa, così trascurata eppure così nobile nella sua disperazione, così tanto da sfidare non solo la società, ma anche Dio stesso: era la prima volta che mi capitava di trovare un esemplare di essere umano così affascinante. La volevo.
Attesi quindi con molta pazienza che lei tornasse alla sua postazione e quando finalmente ebbi campo libero mi avvinai a lei.
“Quanto vuoi per un servizio completo?” le chiesi.
“Settemila sterline” mi disse e subito notai il cambiamento della sua voce, da irosa e vendicativa a mielosa ed eccessivamente controllata.
“Mi pare anche un po’ troppo per una come te”.
“Questi sono i prezzi, se non le vanno bene, ce ne sono moltissime altre qui in giro” disse e il modo con cui parlava mi fece sorridere: si vedeva palesemente quanto quel lavoro non le si addicesse e per quanto cercasse di controllare la sua lingua velenosa, vi riusciva solo con moltissima difficoltà.
Mi avvicinai quindi a lei:
“Nfu bitch-chan quindi tu ti comporti in questa maniera con i tuoi clienti? Non dovresti essere più gentile con coloro che ti consentono di vivere?” dissi, iniziando a toccarla sapiente.
Hilde però non sembrava cedere alle mie lusinghe e per quanto il suo tono di voce fosse carezzevole, chiunque avrebbe potuto sentire quanto fosse falso e melenso.
“Mi perdoni...allora credo che per lei farò uno sconto di qualche sterlina, ma non sparga la voce” disse, iniziando ad accarezzarmi civettuola.
Sorrisi malizioso e le diedi una banconota con una somma di molto maggiore di quella richiesta, tale che persino Hilde strabuzzò gli occhi sorpresa.
“Tieni il resto” le dissi con studiata sensualità nella voce.
Per un attimo la ragazza mi guardò interdetta e, dopo un attimo di esitazione, mi guardò con sospetto:
“Chi siete? Perché mi state dando tanti soldi?”.
Decisi di giocare ancora un po’ con lei: mi sono sempre piaciute le donne sensuali ma che non cedono facilmente alle lusinghe e quello sguardo sospettoso mi divertiva ancora di più.
“Sono solo un uomo interessato a te” le dissi con noncuranza, mentre il mio sguardo si soffermava nel suo decoltè “Che c’è di male?”.
Come presagendo il pericolo, continuò a guardarmi sospettosa, indecisa sul da farsi: probabilmente aveva già capito che non mi sarei fatto fregare tanto facilmente come i suoi altri clienti.
“Siete un serial killer?” mi chiese, guardandomi con una serietà mortale a cui si contrappose la mia grassa risata. Non era tuttavia troppo lontana dalla verità.
“Sei proprio diffidente eh?” le dissi, continuando a reggere il gioco “cosa devo fare perché tu ti fidi di me?” le chiesi.
La domanda la prese momentaneamente alla sprovvista, ma poi mi guardò e disse, con una voce fredda e calcolatrice, così differente da quella di prima.
“I vostri vestiti sono da nobile, non capisco perché uno come voi debba buttare via i soldi per una come me: le damine di corte non soddisfano sufficientemente le vostre voglie?” mi chiese con una nota di sarcasmo nella voce.
La fissai annoiato, alzando gli occhi al cielo:
“Ti ringrazio per la preoccupazione, ma so cosa sto facendo dei miei soldi” dissi, ma vedendo che il suo sguardo non si decideva a cambiare, decisi di cambiare io tattica “….Tuttavia se proprio non vuoi, ho visto moltissime altre donne con cui poter spendere questi soldi” dissi e feci per avvicinarmi per riprenderglieli, ma lei si scansò, tenendo i soldi con sé. Mi guardò decisa e disse:
“Facciamolo”.
Andammo quindi nello stesso vicoletto dell’uomo di prima in cui Hilde iniziò a intrattenermi allo stesso modo, baciandomi e vezzeggiandomi la pelle e devo ammettere che ci era anche molto brava.
In ogni caso, subito dopo tentò di usare la stessa tattica di prima anche con me: peccato che nel mio caso, l’esito fu molto diverso da ciò che si aspettava e voleva. Non appena tentò di allonarsi da me tirandomi un calcio, la premetti al vicolo usando il mio peso e bloccai ogni suo movimento.
“Cosa stai cercando di fare, Hilde?” le chiesi sussurrandole all’orecchio “Non è così che si tratta un cliente lo sai?” le dissi carezzevole, tenendola bloccata al muro.
La ragazza mi guardò spaventata, iniziando a comprendere il pericolo che si trovava davanti, ma poi incredibilmente tornò razionale e, guardandomi dritto in faccia, mi chiese sulla difensiva:
“Come diavolo fate a sapere il mio nome?”.
Semplicemente magnifico. Qualunque altra ragazza sarebbe andata in panico nel trovarsi in una situazione del genere, mentre lei aveva mantenuto la calma e anche in quel momento cercava di capire scrutandomi: in effetti, aveva avuto ragione a non fidarsi di me sin dall’inizio.
“Non lo sai che è maleducazione rispondere a una domanda con un’altra domanda?” dissi, evitando di rispondere così alla sua domanda.
“Se è per quello, non sarebbe anche terribilmente sbagliato che un uomo sposato cerchi sollievo nelle braccia di un’altra donna?” mi rispose a bruciapelo.
La sua schiettezza mi divertì ancora di più: era evidente che era una frecciatina rivolta a me, ma non poteva sapere che io non ero come tutti gli altri uomini che conosceva.
Assottigliai gli occhi fissandola e poi soffiai sul suo orecchio:
“Esattamente cosa ti fa pensare che io sia già sposato?”.
“Che lo siate o meno, non cambia il fatto che fare questo al di fuori del matrimonio sia disdicevole e al di fuori della legge di Dio!”.
Questa fu in assoluto una delle risposte che mi divertì di più in assoluto, soprattutto perché fino a qualche momento prima la avevo sentita chiaramente dire che secondo lei Dio non esisteva.
“Interessante che a dirlo sia proprio una ragazza che è stata abbandonata all’altare proprio perché incinta di un altro uomo non credi?”.
Colpita e affondata. Hilde abbassò lo sguardo sconfitta: la forza con cui prima tentava di ribellarsi alla mia presa l’aveva completamente abbandonata e ora giaceva inerme tra le mie braccia.
“Come diavolo fate a sapere queste cose?” mormorò.
“Qui a Londra le voci corrono, soprattutto di una donna abbandonata all’altare”.
Per la verità, la storia di Hilde non mi era nuova: avevo già sentito parlare di quell’avvenimento tra gli amici umani di mio padre, quando venivano ai party. Il barone di Hartfield si era innamorato di una popolana, ma poi a causa delle proteste del resto della sua famiglia e non in ultimo dall’arrivo di una bellissima quanto ricchissima contessa francese, aveva abbandonato la donna il giorno stesso del matrimonio, spargendo lui stesso la voce della scoperta di un figlio illegittimo. Nessuno poi seppe che fine aveva fatto la ragazza e nemmeno io lo sapevo, dato che non conoscevo di persona né il barone di Hartfield, né la suddetta la ragazza, ma ero abbastanza sicuro che si trattasse di Hilde.
“Così, anche voi…” commentò.
“Sì, ero un amico dello sposo” mentii “E ora che sai chi sono, mi spieghi cosa stavi tentando di fare?” le chiesi, rendendo la mia voce dolce più che potevo.
A quel punto ero sicuro che cedesse e mi supplicasse di lasciarla andare, dato che, mentre parlavamo non avevo allentato la presa neanche per un istante, ma invece lei, sicura di sé come solo lei poteva essere, mi rispose:
“Cosa pensate che stessi facendo? Tento di sopravvivere”.
Non mi mancava di certo una risposta:
“E per quanto pensi di poter continuare così? Ammetto che con certi uomini ciò possa anche funzionare, ma basta anche soltanto uno che non si faccia distrarre tanto facilmente e ti troveresti in questa situazione...”.
Finalmente, la fiera ragazza abbassò lo sguardo, senza rispondere nulla.
“...con anche il rischio di essere arrestata per frode...” continuai a rigirare il coltello nella piaga, senza che lei riuscisse a trovare un modo per ribattere.
“...e il rischio di una vendetta da parte di qualcuno di particolarmente permaloso”.
Hilde allora alzò lo sguardo piuttosto seccata e mi guardò:
“So perfettamente i rischi di fare una cosa del genere, ma se lo faccio significa che evidentemente non ho altra scelta e comunque sia non ho di certo bisogno che un damerino me li ripeta! La domanda ora è: cosa volete in cambio del vostro silenzio?”.
Sorrisi alla domanda, sapendo che prima o dopo sarei arrivato a quel punto e avanzai dunque la richiesta: avevo finalmente trovato qualcuno adatto a quel mestiere.
“Sai, ultimamente a casa mia ho proprio bisogno di una domestica… Io non dirò nulla di quanto è successo, ma voglio che tu lavori per me” proposi.
Hilde mi guardò sospettosa, ma, prima ancora che potesse dire qualcosa, mi allontanai da lei e dissi:
“Se hai intenzione di accettare, ci vediamo qui domani allo stesso posto e alla stessa ora”.
“Aspetta, non mi avete fornito i dettagli di..” provò a dirmi, ma io ero già scomparso, dicendole il prezzo del sase avesse accetttato il lavoro alla villa.
Sapevo già che avrebbe accettato.
Così, la notte successiva la trovai lì e con il suo solito modo di fare, mi chiese esattamente cosa dovesse fare, perché lo chiedessi a lei e tutta una serie di noiosi dettagli, ma tutto sommato quella lunga notte di trattative valse tutte quelle successive. Da contratto, avrebbe lavorato tutti i giorni nella nostra villa, vivendo lì con tutto il resto della servitù, tranne due fine settimana al mese, in cui avrebbe potuto tornare a casa da sua madre. Lo stipendio era alto e non avrebbe avuto di che preoccuparsi per il vitto e per l’alloggio. L’unico problema era Reiji: era restio ad assumere un’umana invece che i soliti famigli del regno oscuro, ma anche lui sapeva quanto fossi esigente con il mio personale. In un solo anno umano, avevo fatto scappare la bellezza di cinquecento domestiche a causa dei miei capricci o perché non le ritenevo abbastanza interessanti e quindi chiedevo che venissero licenziate. Tutti i miei fratellastri sapevano dei miei gusti difficili ed erano ben felici se per accontentarmi bastasse una ragazzetta umana, ma erano diffidenti che la ragazza potesse svelare qualcosa. Gli assicurai però che non avrebbe saputo nulla e che se anche fosse successo qualcosa, lei era altamente ricattabile e, se anche fosse sparita, non ci sarebbe stato nessuno scandalo. In ogni caso, sapevo già che lei avrebbe accettato qualunque condizione, perché le avevo promesso qualcosa che avrebbe potuto ottenere soltanto da me: la possibilità di vendicarsi dell’uomo che l’aveva abbandonata all’altare.
Un paio di giorni dopo, Hilde si presentò davanti alla villa del conte Karlheinz, noto allora come importante impresario, per fare domanda come domestica. Era completamente diversa da quando l’avevo incontrata in quello sporco vicolo maleodorante: ogni centimetro della sua pelle era stato pulito, rivelando una pelle chiara come l’alabastro, i capelli biondi erano raccolti in una coda alta e gli occhi blu che splendevano come due zaffiri. Tuttavia, era di gran lunga l’odore del suo sangue la cosa più deliziosa di tutte, tanto da attirare l’attenzione anche dei miei fratelli.
“E quella sarebbe la tua nuova cameriera?” chiese Ayato, guardandola dal piano superiore, mentre Reiji all’ingresso stava dando il benvenuto a Hilde e chiedeva al resto del personale che venisse istruita a dovere “Spero che tu la condivida con i tuoi fratelli” disse Ayato, facendomi l’occhiolino.
“Ayato ha ragione! Voglio assaggiare anche io!” aggiunse Kanato.
“Non ora” risposi serio, mentre fissavo ogni singola azione della nuova arrivata “Non vorrete mica rovinarmi il divertimento spero” dissi, mentre Ayato sogghignò.
Kanato invece sbuffò e disse:
“Vedi di non metterci troppo”.
“Dipende tutto da lei” risposi “Ma non penso cederà tanto facilmente… o almeno spero” dissi.
In effetti, non deluse le mie aspettative: come domestica era abbastanza brava, il minimo accettabile anche da Reiji (sebbene di tanto in tanto si lamentasse dei modi con cui gli avesse risposto il primo giorno, ma fortunatamente non essendo la sua domestica, fondalmentalmente ignorò la cosa) e svolgeva il suo lavoro in modo meccanico e preciso. Al tempo stesso però, non si faceva tanti problemi a rispondere alle mie provocazioni:
“Quando ieri hai pulito c’era un angolo ancora sporco” le dissi uno di quei giorni nei primi tempi.
“Provvederò a pulirlo” mi rispose.
“Mhh ma voglio che tu lo pulisca indossando questa divisa” gli dissi indicandole il completino sexy che avevo poggiato sopra il letto.
Normalmente, qualunque altra cameriera sarebbe inorridita davanti una simile richiesta o avrebbe tentato di farmi cambiare idea, mentre Hilde, in tutta risposta, si limitò ad annuire ubbidiente.
Ero quasi deluso all’inizio da una tale reazione, perciò le ordinai di farlo subito e di cambiarsi di fronte ai miei occhi e di nuovo lei annuì.
Allora, lei prese l’indumento sopra il letto e, invece che spogliarsi come mi aspettavo, lo indossò sopra la divisa da domestica e con molta nonchalance pulì l’angolino di stanza.
“Fatto” disse, rimettendo al suo posto il completino.
“Sei davvero un’ingenua se pensi che si indossi così”.
“Mi dispiace, ma in questa stanza il mio ruolo è quello di una domestica e non di certo di una vostra prostituta” si difese.
“Potresti essere entrambe le cose se volessi”.
“Non lo voglio, ma la ringrazio per la proposta”.
“...Anche se questo contravvenisse a un mio ordine?”.
“Sono la vostra serva, non di certo la vostra schiava sessuale”.
“Però nell’antica Roma, talvolta una serva poteva anche essere una schiava sessuale del suo padrone”.
“Mentre nel nostro secolo, come insegna “Jane Eyre”, diventare di più di ciò che si è può portare a diversi guai, come per esempio sposare un uomo già sposato”.
“Conosci quel libro? Sono sorpreso che una come te possa anche solo leggere”.
“C’è un motivo per cui sono riuscita a far innamorare una certa persona di me”.
“Hai molte cose in comune con Jane allora… e lei, dopo essersi innamorata, riesce a superare tutte le difficoltà e si sposa con l’uomo dei suoi sogni”.
“Sì, dopo che Mr. Rochester diventa cieco… volete per caso fare la stessa fine?”.
“Ah, quindi vorresti dire che io sono l’uomo dei tuoi sogni?”.
“Beh, siete un uomo affascinante e credo che lo stuolo di amanti che vi portate ogni notte possa confermarlo”.
“Questa è gelosia per caso?”.
“No, dico solo che avete tutti i requisiti per esserlo” disse e, dopo un attimo, aggiunse “Ma per il resto...”.
“Per il resto?”.
“Sapete non vi conosco ancora bene, ma...” disse esistante, per poi guardarmi dritta in faccia “credo che voi siate solo un pervertito”.
Sogghignai divertito alla sua risposta:
“E se anche fosse? Forse è qualcosa di sbagliato godersi la vita in questo modo?”.
“Non credo ma...” rispose, ma si interruppe “Devo concludere alcuni incarichi” disse e uscì, prima ancora che io potessi richiamarla.
Inutili erano poi tutti i miei tentativi per mostrarmi desiderabile ai suoi occhi: sembrava che lì dove le altre donne vedevano un giovane affascinante, lei vedesse soltanto un uomo disgustoso. Facevo in modo che fosse lei a svegliarmi ogni mattina e mi assicuravo che lei mi vedesse dormire a petto nudo, mentre fingevo di dormire. Avevo persino smesso di andare a “dormire” ogni notte con una diversa dama, dato che comunque ormai le mie uniche fantasie vertevano su di lei, ma con me si comportava come se fossi… soltanto uno sconosciuto. Inoltre, come se non bastasse, aveva anche iniziato ad avere dei presentimenti su chi fossi in realtà:
“Potrei chiederle una cosa Raito-sama?”
“Soltanto se poi esaurirete una mia richiesta”
“Se non è perversa con piacere”
“Beh, tu mi hai accusato di essere solo un pervertito, quindi, perché mai dovresti presumere che non lo sia la mia richiesta?”
“Vedo che ricordate bene ciò che vi dissi il mese scorso… é forse per questo che il traffico di donne in questa stanza è diminuito?”.
“Per la verità, il motivo è che mio padre non approva ciò che sto facendo, quindi ha minacciato di togliermi la mia parte di eredità se continuo” mentii.
“Ah per soldi capisco… in fondo ricchi e poveri non sono poi tanto diversi...” sorrise Hilde.
“Cosa vorresti insinuare?”.
“Non sto insinuando nulla, vorrei solo farle una domanda senza che per forza questo significhi diventare la vostra schiava sessuale” mi rispose tagliando il discorso.
“Nfu, sei la prima che rifiuta un simile onore”.
“Grandioso” rispose atona.
“...Sai cosa ti perdi?”
“Non lo voglio sapere grazie!”
“Beh se non lo vuoi sapere, allora io non voglio sapere la tua domanda!”.
Hilde allora sospirò e rispose:
“Va bene, fa niente chiederò a vostro fratello… ah e per la cronaca, Ayato è molto ben messo di voi là sotto!”.
Era una provocazione bella e buona quella. Come poter resistere a un tale dolce richiamo?
Mi alzai dal letto e prendendola per le spalle, la gettai sul letto, sussurrandole:
“Non eri tu quella che era contro il godersi la vita?”.
“Beh, si può sempre cambiare idea...” mi rispose, con una voce altrettanto sexy, anche se sia io che lei sapevamo perfettamente che quello era un bluff.
“Allora perché non puoi cambiare idea insieme a me?”.
“Con un uomo che non risponde nemmeno alle mie domande?”.
Era astuta, questo glielo potevo concedere. Decisi di stare al gioco:
“Quale sarebbe questa domanda?”.
Hilde sorrise soddisfatta per aver ottenuto ciò che voleva, ma poi tornando seria mi guardò negli occhi e mi chiese:
“Che cosa siete voi Sakamaki in realtà?”.
“Dei nobili come tanti altri” risposi con nonchalance, fingendo di non star nascondendo nulla.
“Non mi riferisco a quello, voi siete… come dire, diversi? Vi muovete solo ed esclusivamente di notte, a volte non dormite per più giorni nel letto, senza contare poi che uno dei vostri fratelli dorme in una bara… Come se non bastasse, a volte vi muovete con una velocità diversa dal normale e i vostri canini sono appuntiti...”
“E quindi?”
“Beh, sembrate come il conte Dracula”.
A quanto pare, non avrei potuto mantenere il segreto per molto tempo: aveva già iniziato a intuire la nostra vera natura e come darle torto? Sicuramente i miei fratelli non si erano fatti tanto problemi per tentare di nasconderle la cosa.
Però, non era ancora nei miei programmi dirle la verità. Sarebbe stato troppo presto e non volevo che lei avesse paura di me: certo, di norma sarebbe anche stato divertente, perché lei era legata a me da un vincolo di fedeltà, dal momento che se fosse scappata avrei detto tutto alla polizia e lei sarebbe stata costretta o a fuggire per sempre, abbandonando la madre, o a restare e venire arrestata, ma questo avrebbe significato che avrebbe lasciato comunque la madre. Era completamente inerme, nelle mie mani, avrei potuto dirle la verità e succhiarle il sangue ogni giorno, senza che lei opponesse resistenza, ma, stranamente, non volevo.
“Ahahhaha, hai decisamente molta fantasia per paragonarci a dei vampiri! Comunque, la spiegazione a tutti questi dettagli misteriosi è che la mia famiglia soffre da decenni di una malattia ereditaria che non ci consente di essere esposti alla luce solare, quindi sbrighiamo i nostri affari di notte e a volte non dormiamo qua… per quanto riguarda i canini, sono i denti che non sono del tutto dritti e la velocità penso che te la sia immaginata” spiegai con tono volutamente annoiato, come se fosse qualcosa che ero abituato a sentirmi dire.
“Allora perché così spesso vedo le altre serve lavare delle lenzuola bianche sporche di sangue?”.
“Mhh sai ho certi passatempi...” dissi iniziando ad accarezzarla lascivamente “… che se vuoi avrò il piacere di farti vedere nello scantinato...” continuai, giocando la carta del lurido pervertito, che fondalmentalmente non era poi molto lontana dalla mia natura.
Come previsto, Hilde si allontanò di scatto, bofonchiando qualcosa come:
“Non cambiate proprio mai” e fece per andarsene.
“Sarò anche solo un pervertito, ma il qui presente ragazzo è riuscito ad ottenere un biglietto per andare a una delle feste private del barone Hartfield” dissi e non appena sentì il nome di quell’uomo che tanto detestava, si fermò.
“Beh, era anche ora… sono cinque mesi ormai che lavoro qui, pensavo vi foste dimenticato ormai”.
“Un gentiluomo come me non dimentica mai le sue promesse, soprattutto quelle fatte a una graziosa donzella”.
“Pertanto… quando si terrà questo ballo?”.
“Tra esattamente due settimane”.
“Bene”.
“Già, ma c’è un piccolo problema” continuai.
“E quale sarebbe?”.
“L’accesso non è consentito alla servitù se non quella del barone Hartfield, quindi in altre parole...”
“Dovrò licenziarmi e chiedere lavoro là” completò la ragazza.
Ed era qui che si sbagliava: non le avrei mai permesso di fare una cosa del genere, fosse pure stata la mia unica alternativa.
“Al momento non stanno cercando personale, quindi l’unica soluzione possibile è...”
“...Inflitarci di nascosto”.
La guardai facendo una smorfia, che quasi sembrò divertirla, perché accennò un sorriso sulle labbra:
“Ti diverti proprio a non lasciarmi finire?”.
“Sì, c’è sempre una sorta di soddisfazione nel non lasciarvi finire, voi uomini” mi disse, facendo una chiara allusione sessuale, che feci finta di non cogliere volutamente.
“Ad ogni modo, cara la mia bitch-chan, ciò che intendevo era che dovrai essere presentata come una nobile e comportarti come tale per poter andare a quella festa, non ci sono altre alternative”.
Hilde fece una smorfia:
“Mi permetto di dissentire, prima di tutto perché non so nulla di come ballare o comportarmi da nobildonna e poi, perché l’idea di infiltrarsi è stata bocciata subito?” protestò.
“L’idea è stata bocciata perché non hai idea di quanto sia difficile farlo in un palazzo di quel genere: tutti i servitori là dentro sono in qualche modo imparentati e la sicurezza è sempre molto alta, dato che il barone possiede molte ricchezze all’interno della sua casa… per quanto riguarda invece la tua educazione, non si richiede poi tanto per una sola serata e ti insegnerò tutto ciò di cui hai bisogno personalmente” le sorrisi malizioso.
Hilde mi guardò titubante, così ricambiai con il sorriso più rassicurante che potessi tirare fuori e le dissi, con voce tranquilla:
“Non ti preoccupare, io non sono come lui e non lascerò che tu ti senta inferiore per questo”.
Per un attimo, mi rivolse uno sguardo sollevato e dovetti quasi trattenermi dal saltarle addosso per dissanguarla: amavo come riusciva ad essere così pura e, pur provocandomi, era dannatamente sensuale. Poi però il suo sgurdo tornò diffidente e disse:
“Va bene”.
“Bene” sorrisi “Domani iniziamo subito l’allenamento! Ti voglio in camera mia alle 5 di mattina”.
“Ma se ogni mattina sono sempre qui a quest’ora”.
“Beh, allora assicurati di essere ben sveglia perché sarà un allenamento estenuante! A domani nfu”.
E così, nei giorni successivi, le insegnai a ballare, suonare il pianoforte, seguire il galateo e l’etichetta, oltre che ovviamente studiare quei minimi argomenti di conversazione che avrebbero potuto tornarle utili, come la storia e le ultime scoperte scientifiche. Purtroppo però, se queste ultime cose le aveva apprese anche abbastanza facilmente, lo stesso non si poteva dire per il ballo e il pianoforte: pareva avesse una certa avversione per la musica in generale, dato che non riusciva a memorizzare due passi di danza, né tanto meno a fare una scala col piano… e in quei momenti si arrabbiava così tanto da risultare comica. Dopo l’ennesima volta che mi aveva pestato i piedi (e per fortuna che non sentivo dolore come gli esseri umani), si staccò da me e andò a sedersi, levandosi con un calcio le raffinate scarpe col tacco, che riuscii fortunatamente a schivare prima che mi colpissero.
“Non c’è nulla da fare, non ce la farò mai in meno di una settimana a imparare! Ci rinuncio!” mi disse fuori dai gangeri. Trattenni le risate, perché era davvero esilarante vedere come si arrabbiasse in questa maniera per non riuscire a fare qualcosa: aveva le gote arrossate, le sopracciglia corrucciate e qualche capello che le era scivolato dall’acconciatura che le incornicava il volto.
Mi avvicinai a lei e le dissi:
“Se ti arrendi, poi come farai a vendicarti?”
“Preferisco infiltrarmi! Sempre meglio di questo strazio! Sono completamente incapace a ballare”.
Nuovamente, per mia fortuna, sapevo esattamente come comportarmi con delle donne arrabbiate:
“Non dire così, i passi li sai anche abbastanza, il problema è che il ritmo”.
“Ahhh, il ritmo! Come odio la musica! É la cosa più inutile di tutte, una perdita di tempo per nobili che non hanno nulla di meglio da fare che strimpellare oggetti inutili come il violino o il pianoforte! Che poi, cosa ci troveranno di tanto bello in quegli illeggibili spartiti e quei suoni sgradevoli, per non parlare poi del ballare! I nobili devono essere davvero pigri, se il loro unico modo per fare movimento è muoversi qua e là al passo dei loro stupidissimi pezzi musicali!...”.
La lasciai sfogare, finché, quando finalmente ci fu silenzio, le chiesi:
“Ti va di venire a un concerto questa sera?”.
“Come?”
“Sai, io credo che tu possa farcela, ma se parti con questo atteggiamento, è logico che diventa più difficile… è impossibile apprezzare qualcosa se non si capisce la sua bellezza, ma proprio questo dovrebbe essere rassicurante perché significa che tutto ciò che esiste ha una sua bellezza e quindi, una volta che avrai imparato a vederne i lati positivi, potenzialmente potresti apprezzare ogni cosa”.
“Sì, ma se qualcosa non fa per me, posso anche apprezzarne la bellezza complessiva, ma comunque non mi piacerà perché non ci sono brava”.
“Questo è ciò che credi o ciò che vuoi sentirti dire? Non è una questione di bellezza complessiva, ma di ciò che apprezzi tu di quella cosa: una volta che avrai capito cosa c’è di bello nel ballare e nel suonare, sarai in grado di farlo meglio, perché non la vedrai come una costrizione, ma perché avrai creato il tuo contatto con quello” le sorrisi e mi parve che, per un momento, fossi riuscito per la prima volta ad entrare intimamente in contatto con lei.
“Va bene, ci sarò… Ora vediamo di riprovare” mi disse rialzandosi e quello fu l’inizio di un stancante pomeriggio di prove di ballo, che tutto sommato però, furono più proficue del resto dello settimana passata.
Quella sera stessa, andai a teatro con lei: per la verità, non era nei miei piani invitarla, visto che quel giorno a suonare ci sarei stato io e Shu Sakamaki, però, un po’ perché volevo testare le sue capacità (mancavano infatti solo quattro giorni prima della fatidica sera dal barone di Hartfield) e un po’ perché forse volevo che riuscisse ad apprezzare la musica come la amavo io, cambiai idea.
Hilde era bellissima: aveva un elegante vestito blu che si adattava perfettamente alle sue forme, facendole risaltare gli occhi azzurri e, tolta dei suoi abiti servili, era uno schianto, tanto che persino Ayato non potè esimersi dal farle i suoi apprezzamenti. Però, gli occhi verdi di Ayato non erano quelli che lei cercava e lo avevo capito da come mi fissava furtivamente, mentre andavamo in carrozza verso il teatro.
Arrivati lì, mi assicurai che lei avesse il posto in prima fila e feci in modo che si trovasse vicino a Reiji, che, tra tutti, era sicuramente il più affidabile in pubblico.
“Uffa, voglio tornare a casa!” si lamentava Kanato prima che iniziasse lo spettacolo, mentre Ayato, alla sua destra, gli dava corda e concordava con lui. A sua volta, alla destra di Ayato, Subaru sbuffava per le lamentele dei fratellastri e Reiji, a sinistra di Kanato, intimava loro di tacere e comportarsi come si deve.
“Bene, direi che è giunto il momento che io vada” dissi, dopo aver accompagnato Hilde al suo posto ed essermi assicurata che si sedesse alla sinistra di Reiji.
“Un momento” mi fermò Hilde, con lo sguardo confuso “dove dovete andare?”.
“Devo raggiungere Shu nel backstage, lui deve accordare il suo violino ed io riprendere mano con quel pianoforte”.
“Ah, non avevo capito che foste voi a suonare… Buona fortuna allora” mi disse e in tutta risposta mi esibii in uno splendido baciamano.
“La ringrazio, milady” e me ne andai, lasciando spettegolare tutte le fanciulle che avevano assistito alla scena e non potevano che chiedersi chi fosse la misteriosa ragazza oggetto delle mie attenzioni.
Quella sera, suonammo la “Sonata a Kreutzer” di Beethoven: Shu era migliorato molto dall’ultima volta che avevamo suonato insieme e per me era quasi difficile riuscire a stargli al passo. Effettivamente, negli ultimi tempi, con la storia che avevo quasi sempre insegnato a Hilde, non avevo avuto molto tempo per ripassare il brano e potevo quasi sentire la smorfia di disapprovazione di Shu, che mi lanciò più volte un paio di occhiatine omicide. Comunque, non mi importava molto di lui, ma ero interessato piuttosto alla reazione di Hilde, che tuttavia mi deluse, perché pareva non averla per nulla smossa interiormente.
Terminato il brano e ricevuti i consueti applausi, tutti iniziarono ad andarsene e notai che, mentre tornavo nel retro del palco per sistemare gli strumenti e gli spartiti, alcune signore si erano avvicinate a Hilde per sapere di più sul suo conto. Come immaginavo. Sarebbe stato strano infatti farla conoscere a tutti per la prima volta in occasione del party del barone e così, anche per quello, avevo deciso di portarla oggi con me e avevo già detto a Reiji di spacciarla per una nostra cugina di quarto grado venuta in visita dall’Italia per giustificare il fatto che parlasse poco e a volte male. Insomma, avevo già pensato a tutto e nulla andò storto, se non fosse stato per il fatto che non ero riuscito ad emozionare in alcun modo Hilde. O almeno così pensavo, perché poi lei restò lì ad attendermi che io arrivassi e io aspettai, finché il teatro non si fosse completamente svuotato, prima di andare da lei e fu in quel momento che mi disse:
“Credo di aver capito cosa intendeva questa mattina con quel discorso”.
Le sorrisi, sorpreso e compiaciuto:
“Ti è piaciuto il brano?”
“Mi sembrava uguale a tanti altri” mi disse, con una onestà quasi spiazzante “… Però sono riuscita a capire quanto piace a voi la musica, Raito-sama, e in qualche modo ho iniziato ad apprezzarla di più anche io” mi sorrise e io ricambiai il sorriso. C’era qualcosa di profondamente sbagliato nel fatto che io le sorridessi con tanta ingenuità, io che di ragazze come lei ne avevo già uccise molte, eppure in quel momento, mi sembrava così tutto perfetto, da non farmi rendere conto della follia che stavamo, anzi, stavo, per commettere, perché un vampiro non si può innamorare del suo cibo.
Eppure, è semplice dire col senno di poi i nostri errori, perché quando li viviamo ci sforziamo sempre di fare la cosa migliore, ignorando volontariamente che una decisione perfetta è impossibile da prendere se non conosciamo per filo e per segno le conseguenze delle nostre azioni.
Mi avvicinai con calma a lei e lei non oppose resistenza. La presi per i fianchi e mi sembrava ancora che lei non volesse opporsi al mio tocco, ma quando tentai di avvicinarmi per baciarla, lei subito si ritirò di scatto:
“Che cosa state facendo?” mi urlò terrorrizata.
Spalancai anche io gli occhi, sorpreso da un rifiuto di tale portata, ma poi mi ricomposi e le rivolsi un sorriso malizioso:
“Oya, non pensavo che un bacio potesse sconvolgerti così tanto… quanti ne hai baciati di uomini in quei sudici vicoli?” risposi e il mio tono di voce risultò più tagliente di ciò che volevo.
Fu sufficiente quello per allontanarla da me.
“Con voi, è diverso...” mi rispose, ferita dal mio tono di voce “La vostra presenza mi disgusta tanto quanto quella dell’uomo che voglio assassinare”.
“Se è così, puoi tornare anche a fare il lavoro che facevi, cara la mia bitch-chan… Ormai avevo promesso che ti avrei dato quella possibilità, ma una volta concluso quel lavoro, sei licenziata!”.
“Mi va benissimo così! Io non ho bisogno di voi stupidi nobili!” disse e se ne andò.
Al ritorno in carrozza, non ci parlammo nemmeno.
I giorni poi passarono velocemente e alla fine arrivò il giorno del ballo: Hilde, questa volta con un vestito rosso scarlatto, era pronta per il ballo, ma non ci eravamo minimamente rivolti la parola in quei giorni. Fu però lei a dover infrangere il silenzio e mi chiese:
“Quando sarà solo il barone di Hartfield?”.
“In teoria in torno all’una di notte si allontana per fumarsi un sigaro… quello è il momento perfetto per agire, anche perché le guardie saranno concentrate nel gestire gli ospiti che se ne stanno andando” le risposi senza tanti giri di parole.
“Perfetto” mi disse e, anche se entrammo insieme, non ci rivolgemmo più la parola, anzi notai che Hilde passava moltissimo tempo con Ayato, ridendo e scherzando con lui. O meglio, subito dopo essere entrata nella hall, si allontanò da me e andò a parlare con mio fratello e per un attimo, la sua immagine si sovrappose a quella di mia madre. Quante volte, dopo aver fatto l’amore insieme, la sentivo parlare di Ayato elogiando il suo primogenito: d’altronde, lui era quello che teoricamente avrebbe dovuto essere il successore di Karlheinz, Kanato invece era quello che sapeva cantare bene, mentre io? Io ero il “figlio di riserva”, che non veniva mai considerato, se non di notte, nel momento di svago per eccellenza: non che abbia voluto mai diventare il successore di mio padre, ma era come se non contassi mai nulla per nessuno, nemmeno per me stesso. I miei fratelli sono sempre stati migliori di me in qualcosa: io ero semplicemente, il fratello quello pervertito. Niente di più, né di meno: inutile tentare di diventare ciò che non ero, perché quello era il risultato.
Strinsi i pugni. Avevo bisogno di stare da solo, ma proprio mentre feci per allontanarmi, una donna con un ricco tailleur tempestato di diamanti mi si avvicinò chiedendomi di ballare. Massì, cosa importava? Se io venivo usato, ciò non significava che io non avessi potuto usare le persone a mia volta e godermi la vita: in fondo non era male vivere senza responsabilità, senza essere considerato qualcuno, avrei vissuto nella mia comoda quotidianità non dovendo affannarmi per qualunque cosa. Baciai galantemente la mano della dama e accettai il ballo. Quello fu in realtà soltanto il primo di tanti, perché mi divertii a ballare fino a tarda notte e non mi presi un attimo di pausa: era il massimo. Tuttavia, in un certo momento non potei fare a meno di notare che anche Hilde e Ayato stavano ballando insieme: era migliorata tantissimo negli ultimi giorni e si muoveva spendidamente avvolta dal rosso del suo abito. Mi incantai per un attimo a guardarla, sconvolto da tutta quella bellezza, ma poi un’ira cieca mi avvolse: avrei dovuto esserci io al posto di mio fratello!
Incapace di sopportare ancora quella scena, uscii dall’elegante balcone per prendere una boccata d’aria e rimasi lì per una quantità indeterminata di tempo. In seguito, le campane suonarono, indicando che era l’una di notte, e in quel momento notai che la maggior parte degli ospiti aveva iniziato ad uscire dall’ingresso principale. Era il momento.
Come avevo previsto, il barone Hartfield si allontanò da solo a fumare il suo sigaro e Hilde lo inseguì con il coltello che le avevo insegnato ad usare in quei giorni. Riuscivo a vedere tutto nitidamente al buio, essendo un vampiro, e, grazie ai miei sensi, riuscivo anche a sentire tutto: Hilde che si faceva forza, la boccata di fumo dell’uomo, i passi leggeri della ragazza sempre più veloci, l’uomo che faceva per girarsi, ma ormai troppo tardi, perché la ragazza era alle sue spalle e aveva già il coltello puntato alla sua gola…
Silenzio.
Hilde era come pietrificata in quella posa, tanto che persino il barone, a cui era caduta la sigaretta, emise un gemito strozzato e rimase immobile, stupito di essere ancora vivo.
“Chi sei?” chiese allora l’uomo con voce tremante, con il coltello di Hilde puntato alla gola. Tremava così tanto, il barone di Hartfield, che se soltanto fosse stato fermo, si sarebbe accorto che in quel momento a tremare di più era la mano del suo aggressore.
Hilde non rispose e restò ferma in quella posizione, aumentando la pressione sul suo collo con la lama, tanto che un rivolo di sangue iniziò a colare dal collo.
“Ti imploro, lasciami andare, ti darò tutto ciò che vuoi, ma non uccidermi!” iniziò a supplicare l’uomo piangnucolando, ma io sapevo come sarebbe andata a finire. Lei non ce l’avrebbe mai fatta perché un conto è dire di volere vendetta, un altro è vivere quel momento, con in mano la vita di un essere umano e sentirla pulsare nelle vene, consapevole di essere l’artefice del suo destino.
Abbiamo fatto lo stesso errore, io e lei: io ora sto giudicando passato col senno di poi, lei invece aveva avuto la presunzione di prevedere il futuro. Forse era proprio per questo che mi piaceva: eravamo così simili, contaminati a un destino miserabile per colpa d’altri, ma al tempo stesso così diversi. Anzi, lei era diversa: c’erano tante persone che si erano arrese al proprio oscuro destino come me, mentre lei continuava ad essere sempre così immacolata pure nel fango della vita. Tutte queste contraddizioni, la rendevano magnifica. In definitiva, sapevo come sarebbe andata…
“Io.. non ce la posso fare” sussurrò, mentre gettava via il coltello, lasciando libero l’uomo, che nel frattempo, ripresosi dallo shock, aveva iniziato a chiamare a squarciagola le guardie.
...Sapevo che lei di lì a poco sarebbe stata arrestata dalle guardie, pentendosi per tutta la vita per la follia che aveva tentato di fare, qualcosa di più grande di lei, finché non sarebbe morta in carcere…
La luce della luna, momentaneamente coperta da una nuvola, si fece più forte e solo in quel momento il barone si accorse dell’identità della donna, che ormai si guardava intorno spaesata senza sapere cosa fare.
… Sapevo cosa sarebbe successo, ma non potevo accettarlo.
In un attimo, mi teletrasportai da lei e la presi tra le mie braccia: il mio movimento era stato così veloce che nessuno dei due si rese conto di ciò che stava succedendo, finché non iniziai a volare, grazie al potere conferitomi dalla luna.
Il barone di Hartfield e le sue guardie della sicurezza assistettero sbalorditi alla scena, ma prima ancora che potessero reagire li ipnotizzai con lo sguardo e me ne andai: non mi andava nemmeno di uccidere quell’uomo, dal momento che sicuramente il suo sangue non sarebbe stato buono. E comunque era già un uomo morto. Ora però era rimasto il problema di capire come gestire Hilde.
La portai in un campanile e lì la appoggiai al terreno con tutta la delicatezza possibile: per tutto il breve tragitto in volo non aveva spicciato parola e tutto ciò che fu in grado di chiedermi, dimenticandosi di darmi del lei, appena ripresa dallo shock, fu:
“Che cosa sei tu?”.
“Prego, è stato un piacere salvarti” le risposi, sottolinenando la scortesia nel non avermi ringraziato. Seriamente! Quale donna avrebbe mai detto una cosa del genere al suo salvatore appena tratta in salvo da morte certa?
“Comunque sia, ammetto che avevi ragione, io sono un vampiro” mi dissi e mi avvicinai pericolosamente “Sia io che la mia famiglia… E ora scappa via da me prima che tu possa venire uccisa dal sottoscritto”. Lei però non arretrò.
“Beh, mi hai salvata tu, quindi… a rigor di logica, la mia vita è tua” disse, con una calma quasi glaciale “Non ha molto senso che io scappi ora, dal momento che dubito che possa sconfiggere un vampiro, se non sono nemmeno riuscita a uccidere il mio peggior nemico...” disse fissando il vuoto. Completamente arresa, come mi aspettavo: è dura affrontare la realtà quando va contro le nostre aspettative, tanto più se la causa della nostra delusione non sono gli altri, ma noi stessi. In fondo però non mi dispiaceva: potevo approfittarne.
“Il tuo ragionamento non fa una piega… Bene, dammi un po’ del tuo sangue e il tuo debito sarà saldato e da ora in poi sarai licenziata come promesso”.
“Prima però!” disse mordendosi il labbro inferiore “Voglio sapere il motivo per cui mi hai salvato! Insomma, penso che ci siano moltissime donne in giro a Londra come me, che senso ha fare tutto questo per una come tante altre?”.
“Ahhh voi donne vi credete tanto speciali, ma in realtà l’unica ragione per cui ho fatto tutto questo era che mi stavo annoiando” risposi sbrigativo.
“No, non è vero, perché, come avete detto voi, non siete come il barone di Hartfield e soprattutto… quel bacio era privo di ogni significato?” mi chiese, guardandomi dritto negli occhi. Non potevo mentire a quegli occhi, soprattutto conoscendone le conseguenze.
“Non lo era” risposi e la mia risposta parve suonare attraverso tutta l’angusta stanza in cui ci trovavamo “non lo era affatto” ripetei, più piano, ma non feci nemmeno in tempo ad alzare lo sguardo sulla figura di Hilde per vedere la sua reazione che sentii le sue labbra sulle mie. Il suo bacio era un po’ goffo, dettato dalla fretta e dall’imbarazzato, però al tempo stesso era buono dolce, come il suo sangue… e all’idea del sapore del suo sangue, sentii la gola secca e un certa euforia invadermi il corpo. Non mi importava più di nulla, la volevo e basta, interamente, tutta solo per me… e a lei non dispiaceva affatto, anzi fremeva per lo stesso desiderio come me, riuscivo a sentirlo dalla velocità con cui il cuore pompava quel suo delizioso sangue. La strinsi tra le mie braccia in modo possessivo, una mano sul suo fianco e una sul suo viso e la spinsi contro il muro del campanile:
“Ti amo Hilde” le dissi, non appena ci staccammo dal bacio e il mio sguardo non poteva che essere attratto dal contrasto tra la sua pelle e il vestito, che praticamente chiedeva di essere tolto.
Lei però non mi rispose e fece una cosa totalmente inaspettata: si mise a piangere. Fu proprio quello a far azzerare i non proprio casti desideri che avevo nei suoi confronti e la guardai perplesso: non era esattamente la reazione che ricevevo di solito dopo aver detto questo a una donna e proprio quando lo dicevo sul serio (o almeno così pensavo) ricevere una risposta del genere sembrava la giusta vendetta per tutti i cuori che avevo infranto.
“Hey, cosa succede?” le chiesi allora con tono comprensivo.
“Ho fatto una stupidaggine enorme! Lui ha visto il mio volto, quindi verrà a cercarmi ora… ho messo in pericolo la mia vita e quella di mia madre, senza nemmeno riuscire a ucciderlo! Onestamente, non mi sento nemmeno degna del vostro amore, Raito-sama”.
Non riuscivo davvero a comprenderla: davvero si stava preoccupando in quel momento di questo.
“Non ti preoccupare, di lui mi ero già occupato da tempo: ho messo del veleno nel sigaro che stava usando in via precauzionale, nel caso in cui la coltellata non fosse stata mortale… a quest’ora, sarà già morto” le spiegai.
“Davvero?” mi disse ringraziandomi con gli occhi imperlati di lacrime “Però, anche per questo non posso accettare il vostro amore, non dopo tutto ciò che avete fatto per me e per come vi ho trattato”.
“Sai, su questo aspetto ti stai proprio sbagliando, perché amarmi è l’unico modo che hai per redimerti dai tuoi errori”.
Hilde non mi rispose: evidentemente era ancora stanca per quello che era successo e non me la sentii di forzarla più di quanto non avessi già fatto. Paradossalmente, il sapere che fossi un vampiro era la cosa che l’aveva sconvolta di meno.
“Torniamo a casa” dissi e feci per uscire.
“Aspetta!” mi disse e io mi fermai per ascoltarla.
“Potrei continuare a lavorare per lei Raito-sama?”.
Sorrisi e annuii:
“Ma certo”.
Tornammo a casa in carrozza. Durante il tragitto, Hilde si addormentò sulle mie spalle.

Così, il giorno successivo, Hilde continuò a lavorare da me e tutto era bene quel che finiva bene: il barone, come si lesse nel giornale del giorno dopo, era morto, nessuno sapeva nulla di Hilde e mi sembrava che mi trattasse con un po’ più di dolcezza del solito. Non aveva tuttavia ancora ceduto il suo cuore a me e ogni volta che cercavo di ricordarle della mia dichiarazione, sviava il discorso su altri argomenti. All’inizio le diedi tempo per affrontare la situazione con calma, ma poi i giorni passavano uno dopo l’altro e non solo non avevo avuto una risposta, ma anzi mi sembrava che stesse fuggendo via da me: da quando infatti aveva saputo la verità, che tra l’altro non l’aveva toccata minimamente perché se lo aspettava, i miei fratelli si comportavano come se fosse una vampira e soprattutto Ayato non la lasciava un secondo, pur senza mai morderla, dato che mi aveva promesso che io sarei stato il primo ad avere il suo sangue.
Dopo due mesi che avevo resistito senza proteste, iniziai ad arrabbiarmi e decisi quindi di utilizzare il suo stesso metodo contro di lei, per vedere cosa provasse lei nei miei confronti: prima lasciai delle calze sul mio letto, poi dell’intimo femminile e arrivai persino al punto di baciare una ragazza davanti ai suoi occhi. Però, non c’era nessuna reazione da parte sua, se non una lieve smorfia di disgusto da parte sua: se anche facevo cenno alla cosa, si limitava a tacere.
Ero esasperato. Era da mesi che ormai la volevo, ma lei non mi si concedeva: avrei potuto usare la violenza, ma io volevo conquistarla completamente e poi affondare finalmente i canini sul suo collo. La mia pazienza era al limite, tanto che persino Ayato mi chiedeva quando avrebbe potuto assaggiare il suo sangue, ed ero quasi tentato di gettare la spugna e darla in pasto ai miei fratelli, tanta era la mia frustazione. E quando ero molto frustato c’era un solo modo per calmarmi: il sesso.
Capitò così che mi vedesse nel momento in cui… ero impegnato con un’amabile donzella e fu proprio quello l’istante in cui la vidi seriamente arrabbiata.
A quel punto, ero sicuro che avrei subito una ramanzina da donna gelosa il giorno dopo, invece il giorno dopo, subii uno degli affronti più grandi della mia vita plurisecolare: il collo di Hilde era macchiato dal segno di due canini e la puzza di Ayato era sotto il mio naso.
Fu quella la goccia che fece traboccare il vaso.
“Così, è questo il modo con cui vengo ripagato per tutto ciò che ho fatto per te, bitch-chan?”.
“Beh, a me pare abbastanza incoerente una persona che va a letto con un’altra donna dopo aver dichiarato l’amore a un’altra!”
“Sono due cose diverse! Non hai la minima idea di che cosa significhi per un vampiro il fatto che la sua vittima sia stata rubata da un altro vampiro!”
“E tu non hai la minima idea di che cosa significhi per una donna quando le viene rubato il proprio uomo da una sgualdrina!”
“Cioè da una come te?”
“No, cioè come quella di ieri sul tuo letto”
“Beh, ti dirò una cosa: non si può rubare un uomo a una ragazza che non lo ha mai avuto!”
“Certo, come no! Per voi si tratta di questo: una donna si ha solo nel momento in cui si finisce a letto, non quando c’è amore reciproco!”.
“Dove sarebbe l’amore reciproco quando l’altra persona non risponde alla propria dichiarazione? Cosa deve fare un uomo per farsi dare una risposta? Non hai nemmeno mostrato la minima rabbia nel vedere quella biancheria sul mio letto e ora ti scandalizzi per aver visto l’atto? Dimmi cosa avrei dovuto fare, sentiamo!”.
Finalmente, Hilde non fu più in grado di ribattere.
Quando, dopo qualche minuto di silenzio rispose, la sua voce era sinceramente pentita:
“Il fatto è che io vorrei davvero potermi fidare di voi, però non è semplice sapendo che tipo di persona siete e il vostro passato… E io non ho voglia di essere ferita, non di nuovo”.
“Non potrai mai saperlo finché non ci proverai” le risposi, con un tono di voce più morbido.
“Va bene, abbiamo sbagliato entrambi, però… ci stavo davvero male quando vedevo quelle cose… io vorrei davvero essere solo vostra, ma a patto che voi siate tutto mio” mi parlò in tutta onestà.
Allora, io ero molto ingenuo e così accettai persino una condizione limitante del genere, consapevole che per gli umani qualcosa di assoluto è così lontano dalla loro natura relativa e così vicino invece alla nostra di vampiri.
“Quindi voglio che me lo promettiate” mi disse, tornando seria “promettetemi che voi non siete solo un pervertito e che potete essere molto di più di questo”.
“Mhh, sono disposto a farlo solo a due condizioni: la prima è che tu mi dica che mi ami e la seconda è che tu mi dia il tuo sangue”.
“Va bene, promesso”.
Annuii anche io e poi finalmente sentii quelle due parole:
“Vi amo, Raito-sama” e mi porse il collo. Mi gettai sul suo sangue con voracia: da quanto desideravo assaggiarlo e sapere di avere Hilde tutta mia mi fece godere ancora di più di questa sensazione. Mentre però mi nutrivo del suo sangue, mi accorsi di qualcosa di strano e per un attimo mi staccai dal suo collo:
“Non so come dire, ma ha qualcosa di strano il tuo sangue”.
Hilde mi sorrise furbescamente:
“Comunque quelli non sono i segni dei canini di Ayato, mi sono procurata quelle due piccole ferite per ingannarvi… il mio sangue è solo vostro”.
“Certo che voi donne… ne sapete una in più del diavolo” risi. Non avrei ceduto tanto facilmente il suo sangue ai miei fratelli, con tutta la fatica che avevo fatto per guadagnarmelo.
In seguito, pronunciai le parole della mia dannazione:
“Io non sono solo un pervertito… e sono soltanto totalmente tuo” le dissi baciandola dolcemente “ti amo Hilde” le dissi e quello fu solo l’inizio di una lunga e piacevole serata passata ad amarci.
Così iniziò la nostra relazione, fatta di alta e bassi, ma fu comunque uno di momenti più belli della mia vita: Hilde era bella, davvero bella e sensuale, ma al tempo stesso non era per niente ingenua ed era intelligente. Insomma, era meravigliosa.
Però, come sempre, le cose più belle sono quelle che durano poco e quella non era da meno.
Si diffuse la voce della relazione tra me e la mia cameriera e questo non andava affatto bene a mio padre: lui voleva che fossimo soltanto di quella che sarebbe diventata la futura sposa sacrificale e che avrebbe garantito una prole forte con le stesse caratteristiche di umani e vampiri, quindi non avrebbe mai accettato la mia relazione con una comune popolana. Dapprima le minacce erano velate, semplici ammonimenti, poi divennero sempre più concrete, arrivando anche ad attentare alla sua vita, anche se di questo non le ho mai detto nulla.
Il resto della storia, credo che ormai voi lettori la sappiate bene: tradii Hilde con un’altra donna e lei se ne andò via per sempre ferita dal mio comportamento crudele.
O almeno, questo lo vuole la versione ufficiale dei fatti. Per la verità, non tradii mai Hilde quando lei era ancora in vita, se non appunto nell’episodio che vi ho appena raccontato, ma era necessario che gli altri e, mio malgrado, anche lei, credesse che fosse avvenuto questo: se non fosse stato così, mio padre probabilmente la avrebbe uccisa e non avrei potuto tollerare di essere la causa della sua morte. Al tempo stesso ancora oggi provo un senso di colpa immane per quanto l’ho fatta soffrire: le dissi che ero annoiato di lei e che ero andato a letto con un’altra donna e lei, dopo avermi schiaffeggiato e insultato se ne era andata via per sempre.
Ricorderò per sempre le parole che mi disse prima di andarsene, dopo che tutta la gelosia, la rabbia e forse anche l’amore che aveva provato per me se ne erano andate:
“Credo che, nonostante tutto, non abbiamo saputo apprezzare le nostre bellezze reciproche” mi disse, in riferimento a ciò che le avevo detto quando lei stava imparando a suonare e ballare.
Comunque, la nostra sarebbe stata ugualmente una storia impossibile: un vampiro non invecchia mai e non muore, a meno che qualcuno non lo uccida, mentre la vita umana è così breve e fragile… O forse sono io che non sono stato abbastanza forte da renderla possibile e, come Hilde nel momento in cui doveva uccidere il barone, mi sono riscoperto incapace di combattere contro ogni cosa per lei.
Dopo qualche anno seppi della morte di sua madre e, qualche mese dopo, anche della sua: andai persino al suo funerale, una sobria cerimonia organizzata dalla vicina di casa. Eppure, anche durante la cerimonia religiosa, non c’era nessuna strana presenza divina che potesse provare pietà per la sua sorte, né tanto meno per quella del nostro amore… se mai la nostra relazione abbia mai potuto chiamarsi con tale nome. In tal caso, per me l’amore è stata solo una lenta e dolorosa agonia.
Però è stato qualcosa che mi ha fortificato: non mi sono più innamorato di donne umane, né vampire e ho detto così tanti “ti amo” fasulli che ormai sono tanti quanti gli anni umani della mia lunga vita. Ho imparato dalla mia esperienza, mi sono dato al piacere più sfrenato e mi è piaciuto: non mi pento di nulla e sono felice della mia vita così com’è, nonostante questa lunga pagina di diario sia più triste di ciò che mi avevo immaginato. Ma comunque che importa? È probabile che io la bruci non appena avrò finito di scriverla, perché quando faccio qualcosa di umano, finisce sempre male: solo gli esseri umani hanno il lusso dell’incoerenza, mentre noi vampiri dobbiamo attenerci a ciò che siamo. Non sarò mai di nessuna donna, anzi io ne avrò moltissime perché io sono…
solo un pervertito.

 

 

Angolo dell’autrice:
Ciao a tutte/i!
Finalmente, dopo un anno che lo avevo anticipato, sono riuscita a scrivere finalmente qualcosa su Raito/Laito Sakamaki. Allora, premetto che farlo per me è stato un parto, però dovevo assolutamente scrivere qualcosa su di lui e soprattutto rendere giustizia a Hilde: quella che ho scritto io è chiaramente una mia interpretazione della storia ed è molto probabile che in realtà sia andata come nella versione ufficiale, però… Ho voluto cambiare qualcosina per renderla più interessante, anche se so che teoricamente Raito/Laito non si è mai innamorato, perché non sa cosa sia e per tutte le altre ragioni. Tuttavia, mi piace pensare che per un po’ abbia provato anche lui qualcosa di vagamente simile e non solo il piacere del sesso, anche se… riuscire a farli andare d’accordo come personaggi è stato molto difficile.
Comunque, spero che la one-shot vi sia piaciuta: grazie come al solito a chi legge/recensisce/mette mi piace in qualche modo e per chi mi segue prometto che continuo “That diary is mine”, non l’ho dimenticata! Diciamo che mi sono solo presa una momentanea pausa per pubblicare questa!
Buon compleanno di Subaru e alla prossima!
 

Anna3

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Diabolik Lovers / Vai alla pagina dell'autore: Anna3