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Autore: Cladzky    05/11/2020    0 recensioni
Berlino, Neue Reichskanzlei, 1945, ultime fasi del conflitto. Nelle strade insanguinate si combatte metro per metro. Frattanto, dietro le linee, due ufficiali discutono il da farsi.
Genere: Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Guerre mondiali
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-Vede signora, si tiene così. Lasci che l'aiuti.

Il soldato nell' uniforme ormai unta corresse la posa alla vecchia signora. La poveretta tentava di sorreggere quel Panzerfaust, che ai suoi occhi non pareva altro che un pesante tubo con un mirino. Tremava sotto il peso di quell'arnese, mentre l'SS accanto a lei la teneva per i fianchi, dandogli dei colpetti alle braccia per farle tenere alta la canna.

-Lo so, è pesante signora, e fa anche un rumore tremendo quando spara, ma se vedete uno di quei carri russi dovete essere pronta. Ricordate, ogni carro distrutto indebolisce l'accerchiamento dei comunisti. Ecco, se potete cercate di usarlo appoggiandovi a qualcosa, magari alla ringhiera del balcone di casa vostra. Voi abitate in Mauerstraße, giusto? È a pochi passi da qui, voi siete in un punto cruciale per la difesa del Reich, lo sapete?

La vecchia guardava dritta davanti a sé, utilizzando il mirino per inquadrare un bersaglio immaginario davanti a lei. Ascoltava le istruzioni con uno sguardo perso nel vuoto. Lei di politica non ci capiva nulla, dopotutto era una povera sarta, non la riguardava. Sapeva solo che all'improvviso comparve questo omino dai buffi baffetti, che aveva preso il governo della Germania. Le cose andavano meglio, almeno così sentiva dire, visto che lei rimaneva la povera sarta che era sempre stata. Sembrava che alla fine il problema erano solo alcuni gruppi di strane persone che abitavano nel paese. Pian piano intorno a lei notò che qualcuno cominciava a sparire. Farmacisti, negozianti, librai, edicolanti. Qualcuno gli aveva detto che erano ebrei, comunisti, zingari, omosessuali, che andavano cacciati, arrestati, non era importante che fine facessero, dopotutto a lei di mettersi a discutere su questi argomenti non le interessava.

Poi scoppiò la guerra, come fosse la cosa più normale del mondo. Tutti apparivano tranquilli, qualcuno anche contento. Poi passarono gli anni e la guerra non sembrava finire, soprattutto non sembrava andasse poi così bene.

E ora si era giunti al punto che lei avrebbe dovuto armeggiare uno di quegli arnesi per ammazzare i bolscevichi dal suo balcone.

Avrebbe voluto ribattere che lei non aveva più un balcone, da quando un colpo d'artiglieria l'aveva disintegrato, trapassandolo e scoppiando in strada, ma non gli sembrava corretto disturbare quei ragazzi tanto occupati. Scosse il capo, sebbene con uno sguardo incerto e caricatasi in spalla l'arma, uscì fuori dalla Neue Reichskanzlei, lasciando quei gruppi di giovanotti delle Schutz Staffel a sbrigare le proprie faccende per salvare il Reich, la Germania, il Fuhrer e tutto il resto.

In mezzo a quel disordine di Francesi della divisione SS-Charlemagne e i Danesi della SS-Nordland, i civili della Volkssturm equipaggiati alla bell'e meglio, figuravano in angolo un trio di ufficiali in uniforme. La Cancelleria era senza corrente e fuori il cielo era coperto da polvere di cemento e mattoni, senza contare i numerosi incendi provocati dai bombardamenti che alzavano nuvole di fumo asfissiante da ogni angolo della città. Proprio per questo uno dei tre, un attendente di mezza età, teneva una torcia elettrica alta sopra le loro teste, per studiare una cartina che un altro stava agitando furiosamente sotto i loro occhi.

-Come dovremmo fare a portarli fuori? L'avessero chiesto quando le strade di Berlino erano ancora 
libere sarebbe stato possibile ma ora...

-Osate discutere gli ordini del Fuhrer?

L'ufficiale che aveva parlato si morse la lingua e si guardò i piedi, grattandosi con le unghie rovinate il distintivo da Hauptmann, sudando in mezzo a quell'aria carica del fumo degli incendi. L'altro che teneva la torcia pareva sul punto di addormentarsi, aveva gli occhi socchiusi, la bocca traballante semiaperta e delle occhiaie da paura. Il terzo che aveva zittito l'altro si smosse un po' i baffi impolverati dal calcestruzzo che vagava nell'aria, si levò poi gli occhiali sbuffando pesantemente, se li pulì con un fazzoletto e poi, con fare solenne, gonfiò il petto nella sua uniforme nera e riprese.

-La Volkssturm è stata creata con uno e un solo scopo. Dovete proteggere il futuro della Germania.

-Con tutta franchezza Herr Reichsmarschall... - riprese l'altro, sempre guardando a terra.

-Che cosa?

-Il futuro della Germania non dipenderà dalla sopravvivenza del governo.

L'uomo con gli occhiali non rispose. L'ufficiale rialzò gli occhi da terra per osservare il volto di Himmler. Lo guardava con disappunto da sotto le lenti con il viso inclinato, ma continuava a rimanere in silenzio. Altra reazione ebbe l'attendente con la torcia. Pareva essersi destato di colpo. Non disse nulla neppure lui, ma aveva sgranato gli occhi arrossati dal fumo e dal sonno e lo guardava con sguardo teso e bocca spalancata.

-Si guardi attorno - Proseguì -Anche se il Fuhrer, Goebells, Goering e tutti i più alti membri del partito si salvassero che cosa rimarrà qui? Berlino è stata tagliata fuori dai Russi e gli Americani spingono dalle Alpi e le Ardenne. Proseguire ancora la guerra significherebbe sacrificare anche quel poco che è rimasto del popolo tedesco. Io credo che il prezzo sia troppo da alto per poter continuare simili operazioni.

Himmler lo squadrò. L'uomo con la torcia tremava e così anche la sua luce. Attorno a loro la gente continuava a borbottare, discutere e bestemmiare nella sala febbrilmente in un riverbero continuo contro i muri anneriti. Qualcuno ordinava di portare altre munizioni, un altro sbraitava invece di portare il vino rimasto nelle cantine delle locande saccheggiate. Riecheggiavano in lontananza i rumori degli spari. I russi dovevano aver raggiunto la stazione di Alexanderplatz. Su un divanetto lì vicino un uomo aveva cominciato a urlare disperato, accoltellando con la baionetta l'arredo. Altri due uomini con le divise sgualcite entrarono trascinandosi dietro una donna che gridava con gli abiti strappati e piena di lividi. In un angolo, incurante di tutto, un giovane della Hitlerjugend con lo sguardo spento insegnava a dei bambini di entrambi i sessi come si maneggiava un Kar98k. Il palazzo vibrò ancora e dell'intonaco si staccò dal soffitto precipitando in una curiosa nevicata sopra l'elmetto di un soldato semplice di fanteria della Wehrmacht che trasportava sulla schiena un mortaio, che s'imbiancó senza neppure trasalire. Una piccola squadra della SS-Waffen Grenaider Division scese le scale e percorse la sala cantando "Weit laßt die Fahnen wehen" a squarciagola, mentre seguivano un sergente che aveva attaccata allo zaino un'asta con una stoffa rosso sangue su cui era stata dipinta una svastica. Proseguirono, sgomitando nella folla e quasi investendo chi si trovassero davanti e uscirono, urlando tutti insieme "Jüngsten Tag" terminando la canzone. Una volta fuori li si poté udire ricominciare, mentre si allontanavano fra il fumo, le macerie e le carcasse di veicoli e uomini.

Himmler si inforcò gli occhiali e infine rispose.

-Voi consigliate di arrenderci dunque.

-Io non...

-"Terminare le operazioni" non è una frase con molte interpretazioni, non trova? Perciò mi dica, lei ritiene che sarebbe meglio arrendersi?

L'ufficiale della Volkssturm si ammutolì. Aprì la bocca un momento per dire qualcosa, ma la rinchiuse titubante, respirò pesantemente, strinse i pugni e guardò dritto nelle lenti del Reichsmarschall. Poi mosse le labbra lentamente.

-Sì, è la cosa giusta da fare.

Calò il silenzio fra i due, ma non nella sala. Quel coacervo di suoni sconnessi continuava a due passi da loro, in un tumulto che rimbalzava di muro in muro.

-Molto bene - Himmler alzò il capo al soffitto che vibrava di nuovo. Si schiarì la gola, si portò le mani a pugno sul cinturone e poi squadrò di nuovo l'ufficiale -La Germania non ha bisogno di deboli come voi.

Prima che potesse controbattere l'ufficiale della Volkssturm si ritrovò una pallottola da 9 millimetri 
nella bocca dello stomaco. Indietreggiò piegandosi su sé stesso digrignando i denti tanto da scheggiarseli. Perse l'equilibrio e cadde di schiena emettendo un grido strozzato, tenendosi il buco all'addome con entrambe le mani quasi volesse strapparsi di dosso il proiettile. Il sangue usciva copioso, macchiando come olio la sua camicia e la giacca marrone dai bottoni dorati.

Himmler avanzò verso di lui, con ancora la P08 in mano. L'attendente che reggeva la torcia l'aveva lasciata cadere e quando essa toccò terra era già scappato nella direzione opposta strappandosi i capelli.

-Un debole non ha alcuna utilità nei nostri ranghi - continuava Himmler.

L'ufficiale della Volksstrum alzò un braccio dal palmo insanguinato.

-Aspetti, la prego, io non...

Un altro colpo gli esplose nelle vertebre lombari dopo aver attraversato l'intestino. L'ufficiale trasalì ancora. Poi gridò come un pazzo mentre tremava dolorante, sdraiato sul fianco fra i calcinacci.

Il sangue stavolta era schizzato fuori dalla ferita macchiando gli stivali del Reichsmarschall. Poi un altro colpo e un altro ancora. Himmler gli scaricò il caricatore addosso. Quando ebbe finito dell'ufficiale della Volkssturm rimaneva solo un sacco di carne avvolto in begli abiti e mostrine. Himmler cercò di sparare ancora, ma la P08 non suonava più, il percussore continuava a colpire a vuoto nella camera di scoppio. Infine, tutto sudato e impolverato, alzò la pistola e con tutte le sue forze la lanciò contro il cadavere crivellato per terra. Questa gli rimbalzò addosso, finendo a fargli compagnia sul pavimento sporco di polvere e sangue.

-La Germania non ha alcun bisogno di gente come lei.

Detto questo scosse la testa con un respiro affannato, si strofinò nervosamente le insegne sul colletto dell'uniforme e cominciò a picchiettare per terra con la punta dello stivale. Si guardò attorno. La cacofonia generale non si era arrestata, i vizi umani continuavano a manifestarsi sotto i suoi occhi. L'uomo che accoltellava il divanetto si era fermato e aveva iniziato a piangere disperato abbracciato al mobile. Un gruppo di soldati e civili aveva strappato di dosso gli ultimi vestiti alla donna che era stata trascinata lì dentro poco prima e avevano iniziato a stuprarla sul pavimento, fra chi la teneva ferma e chi faceva a gara a sfilarsi prima i pantaloni, mentre lei gli urlava addosso di ogni. Un paio di soldati appostati a un finestrone avevano preso a sparare all'impazzata con un Maschinengewehr 42 verso il cielo plumbeo, contro un aereo che urlavano di vedere in mezzo al fumo. Un gruppetto della SS-Charlemagne, composto da ragazzini, fece irruzione dal portone principale strillando di gioia, con in mano le teste di alcuni soldati Russi che avevano preso come trofeo, mostrandole in giro e facendole sgocciolare ovunque. Fuori intanto un proiettile di artiglieria piovve sul già disastrato manto stradale, scoppiando in un immensa polvere di rocce, pezzi di asfalto e tubature. Sdraiato al centro del bel tappeto ormai rovinato del salone, nel bel mezzo del flusso di uomini che correvano da tutte le parti, un ragazzo sulla ventina aveva preso a tagliarsi le vene furiosamente, mentre gli passava accanto un altro della stessa età che spiegava ad un gruppo di anziani come adoperare 
una baionetta.

-Non è questo il futuro della Germania - borbottò Himmler, con gli occhi sbarrati -Non c'è alcun futuro qui, maledetto idiota.

Detto questo si tolse il cappello, gli diede delle vigorose manate per spolverarlo e se lo rimise sui capelli pettinati con cura. Grattandosi poi il teschietto di metallo scintillante che svettava come effige, si mosse verso la folla, immergendosi in quella bolgia di uomini sudati, insanguinati e sporchi

Avrebbe chiesto a qualcun'altro di portare avanti l'offensiva verso la testa di ponte che si era stabilità oltre la Sprea. Dopotutto bisognava pur generare una distrazione per permettere la fuga del futuro della Germania.

 

   
 
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