Mercy mirror
We are forever as one in what remains
You're in my blood from the cradle to the grave
I don't like to think about the pieces
Or the cracks and the breaks that still remain
If I could breathe, I'd ask you
So look in my mercy mirror
I need you more than I have known
So look in my mercy mirror
'Cause I'm not ready to let you go
Now I know, now I know
I'm not ready to let you go…
(“Mercy mirror” – Within
Temptation)
Lagertha e Torvi
avevano aiutato Hvitserk a portare a letto Aethelred, che sembrava non essere
più in grado di reggersi sulle proprie gambe. Lagertha aveva fatto bere al
Principe una tisana che lo aveva spinto a rimettere tutto ciò che aveva nello
stomaco, in modo da eliminare il veleno che aveva ingerito, seppure in piccola
dose. Così aveva sventato il pericolo, tuttavia Aethelred restava molto debole,
tremante e scosso dai conati.
“Rimarrò io con lui
per tutta la notte” dichiarò Hvitserk, molto preoccupato.
“Di questo non
dubitavo, fratello… anche se Aethelred non fosse stato avvelenato” cercò di
sdrammatizzare Ubbe, ma solo un lieve sorriso apparve sulle labbra di Hvitserk,
che aveva davvero paura. Forse Aethelred aveva ingerito una dose letale di quel
maledetto veleno? Avrebbe dovuto farlo ingoiare alla Regina, ecco quello che
avrebbe dovuto fare, quella pazza dannata che era pronta a uccidere il suo
primogenito!
“Io preparerò un’infusione
con delle erbe che purificheranno il suo sangue e che lo rinforzeranno” lo
rassicurò Lagertha. “Dovrai fargliela bere a piccoli sorsi ogni volta che sarà
cosciente. Se ne avrai bisogno potrai venire a chiedermene dell’altra. Non ti
preoccupare, svegliami pure a qualsiasi ora della notte.”
Era insolito che
Lagertha, la guerriera decisa e distaccata, si mostrasse così premurosa con
qualcuno, ma ciò che era accaduto quel giorno l’aveva particolarmente
sconvolta. Lei non si era mai fatta scrupoli nell’uccidere e nel razziare, ma
era anche una madre e non riusciva assolutamente a capire come avesse potuto
quell’invasata di Judith cercare di avvelenare suo figlio. Era veramente un
mostro e avrebbe desiderato punirla come meritava. Lagertha ricordava ancora
fin troppo bene il dolore provato quando era morta la sua bambina, Gyda, e
quando l’Indovino le aveva predetto che non avrebbe potuto avere altri figli… E
quella maledetta era pronta a uccidere il suo in un modo tanto atroce? Per
questo motivo si sentiva come se Aethelred fosse un po’ suo figlio, un figlio
più giovane che non aveva potuto concepire, ed era più che disponibile ad
aiutare Hvitserk a farlo stare meglio.
Così, quella notte,
Hvitserk si sistemò nel giaciglio di Aethelred (per controllarlo meglio, diceva
lui…) e lo strinse teneramente a sé. Il Principe era molto debole e sofferente,
ma almeno era sveglio e Hvitserk poté aiutarlo a bere un po’ dell’infuso
preparato da Lagertha.
“Questo ti farà stare
meglio” gli disse, incoraggiandolo affettuosamente. “Vedrai che presto
recupererai le forze.”
Aethelred non aveva
più parlato dopo la terribile scena nella sala da pranzo della reggia e il
tentato avvelenamento da parte di sua madre. Bevve docilmente qualche sorso di
infuso e poi si coricò nuovamente, spossato. I suoi grandi occhi chiari, però,
erano pieni di un dolore incommensurabile.
“Mia madre voleva
uccidermi” mormorò con un filo di voce. “Avevi ragione… ma forse… forse me lo
sono meritato…”
Quelle parole
spezzate raggelarono Hvitserk.
“Ma cosa stai
dicendo, Aethelred? La Regina Judith è un mostro, è lei che ha sbagliato, tu
non devi sentirti in colpa per questo!” esclamò, accarezzandogli il volto.
“Non mi ha mai amato”
continuò Aethelred, come se non lo avesse nemmeno udito. “Non è solo la
cospirazione… non mi ha mai amato nemmeno prima… Non sono stato capace di farmi
amare da mia madre!”
Il Principe era così
indebolito e stravolto da quel principio di avvelenamento da vedere attorno a
sé solo oscurità, disperazione e un vuoto di tristezza e solitudine che lo
angosciavano. Cominciò a piangere, un pianto desolato che spezzò il cuore a
Hvitserk.
“Se fossi stato un
figlio migliore… un uomo migliore… avrei meritato il suo affetto e forse anche
di diventare Re… sono io che ho fallito, io ho fallito in tutto!” ripeteva con
voce rotta.
Hvitserk lo abbracciò
forte, lo strinse tra le braccia per fargli sentire tutto il suo calore e il
suo affetto, gli accarezzò i capelli e gli parlò in tono pacato e
tranquillizzante, ma fermo e deciso.
“E’ il malessere che
ti fa parlare così, ma non devi nemmeno pensarlo. Ascoltami bene, Aethelred, tu
sei un giovane guerriero valoroso e sei sempre stato un figlio obbediente. Hai
rispettato il volere di tua madre anche se sapevi benissimo che era ingiusto e
che il tuo stesso padre non avrebbe voluto questo” disse. “Tuo padre è morto
convinto che tu saresti stato il nuovo Re perché eri il suo primogenito e
sapeva quanto fossi forte e combattivo. E avresti meritato quella corona anche
se… beh, anche se per me è andata meglio così, perché se fossi stato il Re
adesso non saremmo qui insieme.”
Le parole di Hvitserk
erano consolatorie e tenere insieme e Aethelred si sentì ancora più in colpa.
“Ma io ho davvero
cospirato contro Alfred…” singhiozzò. “Sono una persona orribile!”
Hvitserk lo abbracciò
e accarezzo con ancora maggiore dolcezza.
“E poi, quando è
stato il momento di agire, ti sei tirato indietro e anzi, durante la battaglia
hai salvato la vita a tuo fratello” gli ricordò. “Aethelred, hai subito una
grande ingiustizia ed è normale che, sulle prime, tu sia stato arrabbiato e
ferito, ma conta quello che hai fatto, non quello che avevi pensato. Tu non sapevi
neanche che i congiurati volessero uccidere Alfred, credevi che lo volessero
solo detronizzare, no?”
Aethelred annuì,
continuando a piangere.
“E ti sei tirato
indietro proprio perché hai capito che loro volevano la sua morte. Senti, se tu
sei una persona orribile, se credi di meritare ciò che quella pazza di tua
madre voleva farti, allora cosa dovrei dire io? Ho tradito Ubbe, l’ho
abbandonato per seguire Ivar e ho anche combattuto contro di lui, ho alzato la
spada contro mio fratello. Ho commesso un terribile errore, ma poi ho capito,
mi sono pentito e lui mi ha perdonato. Avrebbe forse dovuto avvelenarmi?”
“No… no, certo!”
rispose subito il Principe, angosciato.
“Se tu sei colpevole,
allora lo sono anch’io. Ma in realtà tutti noi possiamo sbagliare, quello che
conta è avere il coraggio di tornare indietro, chiedere perdono e rimediare”
riprese Hvitserk, continuando a stringere Aethelred e ad accarezzargli i
capelli e le guance piene. “E noi lo abbiamo fatto entrambi. Non meriti alcun
male, anzi, hai già sofferto fin troppo.”
Hvitserk sapeva che
quello che parlava non era il vero Aethelred, che il povero ragazzo aveva la
mente sconvolta a causa del veleno che, seppure in piccola dose, aveva agito
sul suo organismo e lo aveva reso debole e sofferente. Tuttavia non sopportava
di sentirgli dire quelle cose, era assurdo, come poteva incolparsi per qualcosa
che era stata quell’invasata della Regina Judith a fare, un’azione sconsiderata
e vergognosa che andava contro qualsiasi istinto naturale? Lo strinse più forte
tra le braccia, lo baciò dolcemente prima sulla fronte, poi su tutto il volto,
sulle guance, fino ad arrivare alle labbra morbide dove si fermò più a lungo.
Continuò a baciarlo finché non si rese conto che Aethelred aveva smesso di
piangere e si lasciava andare al suo bacio, abbandonandosi a lui.
Si staccò e lo guardò
con infinito affetto.
“Non voglio mai più
sentirti dire sciocchezze simili, ci siamo capiti?” gli disse in tono
scherzosamente severo. “Tu non hai fallito affatto e non hai commesso nessun
crimine, sei un grande guerriero che guiderà una parte dell’esercito sassone al
nostro fianco e sarà anche grazie a te se riconquisteremo Kattegat.”
Aethelred non disse
nulla, si limitò a guardare Hvitserk con i grandi occhi tristi, come se non
riuscisse veramente a credere a ciò che udiva. Era come se qualcosa in lui si
fosse spento e Hvitserk ebbe l’orribile sensazione che, forse, la folle e
malvagia Judith fosse riuscita almeno in parte nel suo intento: non aveva
ucciso il figlio, ma qualcosa dentro di lui era morto comunque.
No, non poteva essere
andata così. Non avrebbe accettato di perdere anche Aethelred!
Gli prese il viso tra
le mani, lo baciò ancora e riprese a parlare, cercando di scuoterlo e
incoraggiarlo.
“Dimentica quello che
è accaduto, non pensare più a quello che la Regina Judith ti ha fatto. Sì, la
chiamo così perché quella non se lo merita il titolo di madre! E’ solo un mostro e non deve occupare i tuoi pensieri
nemmeno per un istante” insisté, con maggior veemenza. “Tuo fratello guarirà e
la punirà come merita, ci penserà lui, tu non dovrai più preoccuparti di nulla,
dovrai pensare solo a stare bene e a venire a Kattegat con me, a combattere al
mio fianco.”
Hvitserk continuava
ad alternare baci teneri a frasi piene di incoraggiamento e di affetto.
Aethelred non diceva niente, ma lo guardava incredulo e smarrito… e si
abbandonava volentieri ai suoi baci!
“Domattina starai
meglio e non avrai più questi pensieri negativi. Dovremo pensare a tutto quello
che faremo insieme, ho grandi progetti per noi due, sai? Riconquisteremo
Kattegat, certo, ma poi sarà Bjorn a governarla e quindi io e te viaggeremo,
voglio portarti in tanti Paesi. Con Bjorn una volta sono arrivato fino ai
confini del Mediterraneo e voglio tornarci insieme a te” riprese a dirgli, tra
un bacio e l’altro. “Tu conti davvero tantissimo per me e io non ti lascerò
mai, non devi preoccuparti, io non ti tradirò, non ti abbandonerò, non ti
lascerò mai solo. Staremo sempre insieme, combatteremo fianco a fianco e
vedremo posti meravigliosi… L’unica cosa che voglio è che tu ti riprenda e
resti con me. Io per te ci sarò sempre, ti resterò vicino, cercherò di farti
felice in tutti i modi che posso.”
Era così dolce,
affettuoso e tenero Hvitserk! Era talmente disarmante che nemmeno il ricordo
dell’orribile esperienza con la madre poteva più turbare Aethelred.
“Anch’io voglio
restare con te” ammise timidamente il Principe, stringendosi al giovane
vichingo.
Hvitserk non aspettava altro! Con grande entusiasmo e
molto sollievo riprese a baciare Aethelred, ad abbracciarlo e ad accarezzarlo
su tutto il corpo morbido e liscio, dolcemente e affettuosamente come se avesse
tra le mani una fragile scultura di cristallo. Giocò con i suoi capelli scompigliati, gli coprì la fronte, le guance e
il viso di piccoli baci. Gli occhi del Principe si riempirono di lacrime e
sentì il cuore che si gonfiava di tenerezza e di amore quasi fino a scoppiare. In
quel momento si rese conto che ciò che Hvitserk aveva detto era vero: nient’altro
aveva importanza e tanto meno la sua psicopatica madre, per lui contava solo il
giovane vichingo che gli aveva cambiato la vita, così lasciò andare qualunque
tentativo di controllo e si perse totalmente nei suoi baci e nelle sue carezze,
desiderando che non finisse mai.
Quando i loro corpi si unirono, un’ondata di tenerezza
invase Aethelred, donandogli una pace e una felicità mai provate. Fu un rapporto
lungo, lento e tenerissimo che riempì entrambi di calore, estasi, e dolcezza
infinite e anche dopo l’amore, Hvitserk e Aethelred rimasero abbracciati,
stretti, senza parlare, con il desiderio che le loro nature potessero fondersi
in una sola così com’era accaduto con i loro corpi, perché non esistesse più
alcuna separazione tra loro.
Era stata una giornata intensa e drammatica e
Hvitserk si addormentò per primo, stringendo tra le braccia il suo prezioso Principe.
Aethelred lo seguì poco dopo nel dolce oblio del sonno, con la testa
abbandonata sul suo petto, ma prima ebbe il tempo di formulare un vago, confuso
pensiero.
Non c’era più niente al mondo che gli
interessasse, tanto meno quell’inutile corona…
Sua madre aveva tentato di togliergli la
vita, ma lui non era mai stato veramente vivo,
mai, prima di incontrare Hvitserk. La sua vera vita era iniziata il giorno in
cui lo aveva conosciuto e adesso avrebbe rinunciato al mondo intero pur di stare
accanto a lui. Ogni tristezza, solitudine o mancanza scompariva e si dissolveva
in nulla, non esisteva più alcun dolore perché tutto svaniva nel caldo e tenero
abbraccio protettivo di Hvitserk. Quel ragazzo aveva riempito ogni vuoto e ogni
sua malinconia, il suo calore e il suo amore avevano colmato tutta la
malinconia e l’ombrosità della sua anima e adesso Aethelred poteva sentirsi
placato, finalmente felice e completo grazie al suo raggio di sole, a quel
giovane vichingo biondo e sorridente che rappresentava tutta la sua vita.
FINE