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Autore: Miryel    08/11/2020    3 recensioni
«Tony, non c'è amore, non c'è traccia di sentimento. Non c'è chimica, non c'è attrazione fisica, non c'è niente di tutto questo ma…», esordì Peter, poi la sua voce si fece microscopica. «Dimmi che lo senti anche tu.» Si morse le labbra e gli occhi gli si illuminarono di speranza.
Cosa? Quell'irrefrenabile desiderio di non smettere un solo istante di parlare con lui? Sì, lo sentiva.
«No. Non lo sento. Non sento niente di niente.» Mentì.
[Soulmate!AU / Young!Tony x Peter / Introspettivo]
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Howard Stark, Jarvis, Peter Parker/Spider-Man
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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  [Soulmate!AU / Young!Tony x Peter / Introspettivo]

«Non pensavo che mi sarei innamorato di qualcuno nel modo in cui mi sono innamorato di lui. 
E certamente mai avrei immaginato per un momento che due persone potessero innamorarsi a vicenda e che non potessero stare insieme.  
Onestamente, mi distruggo ancora per questo concetto.»
- Ranata Suzuki
 


Rewrite
  The
  Stars


«You claim it's not in the cards Fate is pulling you miles away
And out of reach from me But you're here in my heart
So who can stop me if I decide That you're my destiny?»


Graphic by @Fuuma ♥



 
 
| Capitolo VII - Epilogo
 

   

                   

       

             «Qualunque cosa deciderai di fare, non badare a me. Fai ciò che ritieni più giusto per te.» Gli aveva detto Peter, prima che lasciasse casa sua, per raggiungere suo padre a villa Stark e confrontarsi con lui. Stavolta in maniera definitiva. 

Non badare a te? Come se fosse semplice! Aveva pensato, leggermente divertito,  sbuffando via una risata che, paradossalmente, un po’ di timore glielo aveva strappato dal petto. Poi gli aveva rubato un bacio e si era dileguato; non perché non vedesse l’ora di cominciare la battaglia, ma perché fremeva per concluderla. E Peter? Non voleva deluderlo, perché quel ragazzo lo avrebbe aspettato e lui non sapeva nemmeno se sarebbe tornato da lui oppure no. Pure se erano destinati a stare insieme per tutta la vita.

Il tragitto verso casa fu silenzioso e pesante; lungo, ma non abbastanza, pensò, quando infine Jarvis imboccò la lunga via privata che saliva, tra le curve, su una collina verde e avvolta dalla pace di una natura imponente. Un posto incantevole, se lo si guardava al di fuori; invece austera e quasi distaccata, anche se ci si spendeva una vita intera come abitante. Era sempre stato difficile chiamare quel luogo casa e se lo aveva fatto, era sempre stato non grazie a suo padre. Ripensò alla rivelazione di sua madre, mentre il cancello d’entrata si avvicinava sempre di più e a quanto fosse assurda quella storia. Gli avevano mentito per diciassette anni, senza mai battere ciglio, senza mai accennare nemmeno lontanamente al fatto che l’amore, a casa sua, poteva quasi considerarsi una mezza menzogna. Che il destino non aveva scelto di unirli, come era accaduto a lui e Peter, ma in qualche modo ci aveva messo comunque il suo diabolico zampino. 

Si chiese quante altre cose non sapesse. Si chiese se ci fossero altre cose sulle quali era stato tenuto all’oscuro ma, quei quesiti, gli morirono appena sotto al palato quando l’auto si fermò di fronte casa e Jarvis aprì la portiera posteriore per farli scendere. 

Howard era già lì, in attesa, probabilmente già avvisato del loro arrivo; ansioso di elargirgli, per l’ennesima volta, la lezione fondamentale di una vita: quella che Tony non aveva alcun diritto di scelta. Quando incontrò il suo sguardo, non riuscì a sostenerlo per molto e la cosa gli fece una rabbia inumana. Lui, che non aveva mai abbassato lo sguardo di fronte alle sfide di suo padre – ai suoi rimproveri, ora era inerme e incapace di difendersi, perché l’unica via era la comprensione; un concetto così lontano, nella mente dell’uomo che aveva di fronte, che seppe di star combattendo una guerra già persa in partenza.

«Vieni nel mio studio», disse solo Howard e si voltò, rientrando in casa.

Tony lanciò un’occhiata a sua madre che, con un sorriso che sapeva di dolcezza e, allo stesso tempo, di ignoto, lo spronò con un gesto delle mani a non tirarsi indietro. Vai e riappropriati di ciò che è tuo, diceva quel gesto e Tony, sebbene fosse più che determinato a riuscirci, sentì la paura incastrata nelle ginocchia. Si incamminò lungo le scale e, aggrappandosi al corrimano di legno lucido, combatté contro l’impulso di scappare via e non tornare mai più, ma aveva già varcato la linea di non ritorno. Deglutì.

Quando raggiunse lo studio, trovò l’uomo seduto alla sua scrivania. Le mani incrociate tra loro, lo sguardo duro che mai lo aveva abbandonato nel corso di quegli anni. Un muro che non era mai riuscito a scalfire. Nemmeno una volta. 

«Dunque?» 

«Ci sono molte cose di cui dobbiamo discutere, Tony.» 

Lui incrociò le braccia al petto e, sospirando, non accolse il suo invito a sedersi di fronte a lui. Decise di combattere in piedi, in una posizione più alta, come se solo questo potesse cambiare le cose. 

«In verità penso che dovremmo discutere di un unico argomento e mi piacerebbe che stavolta tu mi lasciassi parlare, invece di confiscarmi oggetti materiali e privarmi del dialogo che ti chiedo da anni.»

«Sei di nuovo scappato via, nel bel mezzo di una punizione», puntualizzò suo padre, e la calma con cui lo disse quasi lo terrorizzò più del suo solito tono iroso e ostico. 

Ci mise tutto se stesso per non indietreggiare. «E tu mi hai di nuovo imposto di non avere un’opinione e degli obiettivi futuri diversi da quelli che tu mi hai inculcato. Io non sono te, e ho il diritto di scegliere, per lo meno, le persone di cui mi voglio circondare.» 

«Proletari nullatenenti?», sbuffò via suo padre, in una risata che lo irritò oltremodo.

«Brava gente, e questo dovrebbe bastare a chiudere qui l’argomento, ma so che non sarà così. Solo che io ho scelto e, qualunque cosa mi imporrai di fare, io non la farò.»

«Sei così convinto che io voglia rovinarti la vita che, alla fine, te la stai boicottando da solo pur di fare il contrario di ciò che ti dico», ribatté Howard, stizzito e fu il turno di Tony, quello di ridere senza alcun entusiasmo. 

«Tu non vuoi rovinarmi la vita. Tu vuoi assicurarmi una stabilità economica e vuoi morire senza il rimpianto di aver lavorato invano una vita, lasciando che io rovini quello che sei riuscito a creare. Sei talmente preso dalle tue manie di grandezza che ti sei dimenticato che ad un figlio si assicura la felicità prima di ogni altra cosa. E quello che hai fatto fino ad ora è stato schiacciarmi sotto a un cumulo di aspettative senza mai chiederti cosa voglio io davvero!» Strinse i pugni, e sentì il cuore battergli sotto al petto quando scese il silenzio e lo sguardo di suo padre gli trapassò la carne, gelido, fermo, immobile nelle sue convinzioni. Aveva già perso e lo sapeva, ma perire senza combattere non aveva alcun senso. Ci avrebbe provato fino a sfiancare entrambi, e poi avrebbe preso la sua decisione di fuggire. Non come un codardo, ma come un essere umano libero.

«Ti ho dato la possibilità di avere ogni cosa. Hai un futuro già spianato, una casa accogliente, un lavoro che ti aspetta e l’istruzione migliore che potessi desiderare.»

«Tu non mi hai dato la possibilità di essere felice; passi tutto il resto, l’avermi privato di vivere al di fuori di questa maledettissima campana di vetro, ma impormi persino chi avere accanto…»

«Lo faccio per il tuo bene. Lo faccio perché in futuro te ne pentirai amaramente!»  

«Tu non sei me e non puoi saperlo. Maria mi ha detto la verità sui simboli. Ho passato una vita pensando che non significassero niente, che anche io sarei finito a passare una vita infelice con chiunque mi sarebbe capitato, e invece erano tutte menzogne tenute a galla perché, come sempre, ti facevano comodo così. Hai sfruttato questo fatto per ingannarmi ma, a quanto pare, ti è andata male. Ho scoperto la verità e sono ancora più determinato ad assecondare il mio volere. Pentirmene o no sarà solo affar mio. Tu non hai voce in capitolo, e lo sai benissimo.» 

Howard non parve scomporsi, di fronte a quella rivelazione – al fatto che lo avesse appena smascherato e Tony si sentì come se, tutto quel discorso, in realtà non fosse servito a niente di niente. Suo padre sospirò e dovette ammettere che la sconfitta la immaginava molto più amara di così, ma era certo che, a comandare i suoi sentimenti, in quel momento, fosse la paura. Avrebbe dovuto lasciare tutto, uscire da quella porta, infilare il cancello e non tornare mai più. 

Howard si alzò in piedi, fece il giro della scrivania e lo fronteggiò, posandogli una mano sulla spalla e riservandogli un’occhiata indefinibile, che Tony ricambiò con una certa riluttanza. Non c’era mai stato contatto fisico prima di allora; non gli aveva mai concesso un abbraccio, o una pacca sulla spalla. Non da quando era un uomo anche lui. Mai un sorriso rivolto a una sua vittoria, come i suoi voti sempre altissimi, al quale rispondeva, come sempre, «Hai fatto il tuo dovere.» Si sentì preso in giro e, allo stesso tempo, confuso. 

«L’amore non è quello che pensi.» 

«Non è per l’amore che sto combattendo», replicò e, sebbene sentisse qualcosa per Peter, sapeva che non era quello il motivo per il quale era lì, ora, a scegliere una vita diversa. Peter era parte degli obiettivi futuri ma, prima di lui, c’era bisogno di risolvere altro. Le sue necessità da sempre accantonate, messe da parte, sottovalutate, rese fragili e futili, sotto ad un cumulo di responsabilità e aspettative che non lo rispecchiavano. 

«E allora cosa, Tony? Se non è per assecondare il destino, per cosa brami così tanto questa indipendenza?» 

«Perché ho il diritto di scegliere per me, che sia assecondarti o voltarti le spalle e fare di testa mia. E tu? Cos’è che vuoi da me? Un figlio che ti rende felice ma che da parte sua non lo è, o un figlio soddisfatto delle proprie scelte e che non ti odia?»

«Un figlio con un futuro.» 

«Sciogli questo benedetto ghiaccio, una volta tanto! Perché è così difficile per te capire che, pur scegliendo per me ciò che ritengo giusto, posso comunque portare avanti il tuo nome senza infangarlo? Che posso sempre dimostrarmi all’altezza?» 

«Perché hai scelto di mischiarti con chi non è come noi», rispose suo padre, per nulla brusco. Il tono calmo di chi, forse, ha capito che urlare porta solo a ingigantire le incomprensioni. Che vomitarsi addosso ogni risentimento incrina i rapporti e li rovina per sempre. 

Strinse i denti e fece un passo avanti. «Non l’ho scelto io! È la vita che va così. Hai montato un teatrino ridicolo per trovare la mia Anima Gemella e, ora che l’ho trovata, decidi tu che non è quella giusta. Come se fossi tu il mio destino, e avessi il diritto di scriverlo. È troppo chiederti di mettere da parte l’onore e di sforzarti di capire cosa voglio io, per una sola, maledetta volta?» 

«Tony, l’amore non è ciò che pensi tu. I legami non sono ciò che pensi tu. So di non aver mai dimostrato l’affetto che avrei dovuto nei tuoi riguardi, ma non significa che non mi interessi del tuo futuro. Tutto ciò che ho fatto e che sto facendo ha il solo fine di realizzarti e tenerti da parte da scelte di cui potresti pentirti. Anime Gemella o no, i legami non sono eterni. Ad un certo punto della vita subentrerà la routine, l’abitudine e quello che hai trovato non sarà più lo stesso. Ti guarderai indietro e cosa vedrai?»

«La libertà di aver scelto per me», rispose solo, e trovò di nuovo il coraggio di guardarlo fisso negli occhi e affrontarlo, senza abbassare lo sguardo, annichilito dalla sua severità e le sue imposizioni. «Non puoi pretendere che io viva senza sbagliare o, in questo caso, di rimpianti. Come te», disse, infine, e sebbene buttargli addosso quella verità quasi gli fece male, non ebbe paura delle conseguenze date dalla sua sfacciataggine; dal suo rispetto inesistente, che comunque sapeva suo padre non meritasse affatto. 

Calò di nuovo il silenzio tra loro, fatto dalle solite incomprensioni che sempre orbitavano intorno ai loro caratteri così contrastanti, eppure così uguali; determinati e cocciuti, sempre convinti di stare dalla parte della ragione, così tanto che questo restava e sarebbe sempre rimasto il loro muro infrangibile che li avrebbe divisi per sempre.

Eppure, una crepa su quella roccia indistruttibile, Tony la vide formarsi quando gli occhi di suo padre si illuminarono, per un secondo, di qualcosa. Malinconia, forse. O rabbia? O forse tristezza? Non seppe definirlo ma, quando parlò, fu esageratamente inaspettato. 

«D’accordo. Va bene, hai la mia parola che potrai scegliere cosa fare del tuo futuro e con chi spenderlo ma sai cosa significa, vero?»

«Che se torno indietro sui miei passi tu sarai qui a dirmi che avevi ragione?», disse, sbuffando via una risata senza entusiasmo, sebbene si sentiva disorientato da quella improvvisa accondiscendenza. Un qualcosa che, in diciassette anni di vita, non era mai accaduta. 

Howard gli posò anche l’altra mano sulla spalla e, sospirando amareggiato, mosse la testa in un diniego. «No. Che da oggi in poi dovrai dimostrarmi che puoi cavartela da solo, che le tue libere scelte sono universali. Ogni errore sarà una tua responsabilità e io non ne risponderò. Ti sto dando la possibilità di comportarti come un adulto indipendente. Ne sei in grado?» 

Farò del mio meglio, avrebbe voluto rispondere ma, l’orgoglio rigonfio nel petto lo rese solo più risoluto e, alzando il mento, annuì.

«Lo sono sempre stato.»  

Fu quasi spiazzante, in parte forse rassicurante, vedere suo padre sorridere leggermente di fronte a quella determinazione, decisamente figlia sua e, tornando poi alla sua scrivania e sedendosi di nuovo come se quella conversazione non fosse mai avvenuta, prese in mano la sua stilografica e ricominciò a firmare le sue carte.

Col viso rivolto verso quei fogli, non lo alzò mai, nemmeno quando gli rivolse un’ultima, spiazzante frase. «Sai cosa fare, allora.» 

 

Tony, così, uscì dall’ufficio di suo padre, frastornato. Non appena chiuse la porta vi si appoggiò sopra, scaricando tutta la sua tensione in un sospiro frustrato e stanco, irrigidendosi poi, non appena si rese conto che Jarvis e sua madre erano lì, ad aspettare sue notizie e, speranzosa, quest’ultima gli rivolse un sorriso che, a modo suo, gli scaldò il cuore. Dopotutto, se le cose erano andate come erano andate, lo doveva a lei. Una donna che, per una vita intera, aveva vissuto alle spalle di suo padre e che, nel momento del bisogno, aveva infilato l’armatura e aveva combattuto per la sua libertà. Era troppo orgoglioso per ringraziarla ma era certo che lei lo sapesse, quanto le fosse grato. 

«Devo fare una cosa», asserì, con un sorriso furbastro e, ben sapendo che entrambi avessero compreso cosa fosse accaduto in quella stanza, corse giù per le scale e si precipitò al cancello. 

Piccole crepe si ramificarono intorno a quella campana di vetro che da sempre lo aveva coperto e, quando varcò la soglia abbandonato villa Stark, la sentì disintegrarsi.

Fu la sensazione più bella di sempre.

 

Avrebbe potuto chiedere a Jarvis di accompagnarlo con un mezzo di trasporto meno caotico, ma l’idea di prendere l’autobus e raggiungere Peter nella stessa maniera utilizzata il giorno precedente, lo allettava. Non tanto perché questo lo faceva sentire più vicino al suo mondo, ma perché passare del tempo ad aspettare alla fermata e poi godere del viaggio in mezzo al caos cittadino, era un modo per perdersi a pensare e, non meno importante, ad assimilare tutta quella vicenda. Non avrebbe mai creduto che la questione potesse prendere una piega simile; era entrato nello studio di suo padre con l’assoluto certezza che avrebbe dovuto fare una scelta drastica: quella di andarsene e chiudere i ponti con la sua famiglia: il prezzo da pagare quando si ha la volontà di non avere vincoli. Eppure ci aveva sperato, forse da sempre, che potesse convivere con entrambe le cose: Peter e la famiglia, l’autonomia e il rapporto conflittuale con Howard; e ancora la frizzante allegria di May Parker e la dolcezza malinconica di sua madre. Steve e Bruce nel suo mondo, Ned e MJ in quello di Peter. 

Era euforico all’idea che i due universi potessero coesistere e che, uniti, non avessero motivo di sfaldarsi. Sapeva che Peter desiderava lo stesso ma che, tra i due, era quello disposto a farsi da parte per non creare crepe nei rapporti familiari. L’importanza che gli dava, pur conoscendolo ancora così poco – guidato dal cuore e dal destino che, Tony doveva ammetterlo, aveva creato un percorso dove era incontemplabile non affrontarlo insieme. Solo che era successo tutto dannatamente all’improvviso e, per quanto sentisse qualcosa che fioriva nel cuore, era certo che ci volesse ancora del tempo per arrivare a condividere una vita con lui, basandola su presupposti più saldi. Avevano agito di impulso, avevano bruciato le tappe con quei baci scambiati e quelle premure, ma si rese conto del fatto che, finché era stato chiuso in quella bolla, ne aveva avuto terribilmente bisogno. Ora, però, avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo e, sebbene non fosse esattamente nel suo stile tornare indietro sui suoi passi, sapeva che per Peter ne valeva decisamente la pena.

L’autobus si fermò, infine, di fronte all’appartamento della sua Anima Gemella e, quando Tony posò i piedi sull’asfalto, ebbe la sensazione che il cuore avesse appena fatto una capriola su se stesso; gli fece un male indescrivibile. Si approcciò al citofono e, esattamente come era successo la notte prima, non fece nemmeno in tempo a premere il pulsante, che il portone si aprì e Peter comparve sulla soglia, con un sorriso così caldo che avrebbe potuto sciogliere la neve. Si guardarono così a lungo che a Tony parve un’eternità, poi rise.

«Pensavi che non sarei tornato, eh?»   

Peter rispose con un diniego della testa, poi allargò il suo sorriso e alzò le spalle. «No, ero certo saresti tornato. Qualcosa mi diceva che sarei dovuto scendere ad aspettarti», ammise, e si posò una mano sul cuore. «Devo dedurre che sia andato tutto meglio del previsto. Ti va di raccontarmi cosa vi siete detti?», disse.

«È una storia noiosa», sbuffò, fintamente scocciato e Peter, già abituato a quel suo modo di fare, scoppiò a ridere.

«E a me va di ascoltarla», asserì e, indicandogli la strada, lo affiancò. «Facciamo una passeggiata, c’è qualcosa di cui vorrei parlarti dopo che mi avrai raccontato tutto.»

«Oh, sì. Anch’io vorrei dirti una cosa e be’», si bloccò e, passandosi una mano tra i capelli, la fece scorrere fino alla base della nuca, massaggiandosi il collo, con un sorrisetto. «Intanto è andata bene, siamo scesi a una conclusione e, per quanto la cosa mi sia costata cara, è andata meglio di quanto potessi credere. Chi l’avrebbe detto che il mio vecchio avrebbe capito?» 

«Magari non sarà stato del tutto sincero con te e nemmeno così affettuoso ma… ci sono padri peggiori, Tony. Non è così male, dopotutto», sorrise Peter, infine, riassumendo in una sola frase tutti quei pensieri che avevano albergato la sua mente da quella mattina. Tony rilassò le spalle, infine e capì. Capì che, malgrado tutto, era lì e aveva vinto quella battaglia per cui non aveva nutrito alcuna speranza. «Cosa volevi dirmi, comunque?» 

«Prima tu. Hai detto o no che dovevi parlarmi di una cosa?», gli disse, sospirando e passandosi le mani sul viso, stanco morto. Tutto quel pensare gli avrebbe presto fatto scoppiare un gran mal di testa.

«Oh», sbottò Peter, e si chiuse nelle spalle, prima di mordersi un labbro, quasi a disagio. «Nulla di che; insomma, in verità è un mio pensiero, sul quale ho riflettuto mentre non c’eri e… ho pensato che forse stiamo vivendo questa cosa un po’ di fretta e per quanto io sia convinto che stare insieme non potrebbe mai essere una scelta sbagliata penso che dovremmo prenderci del tempo per… ecco… per conoscerci un po’, prima di buttarci a capofitto in questa cosa per cui siamo destinati, no?»  

«Be’... be’, sì. Pensavo esattamente lo stesso e in sostanza era quello di cui volevo parlarti. Mi piaci, non lo nascondo ma, per quanto ci sia già stato qualcosa tra noi, penso che dovremmo tipo ricominciare da capo e porre delle basi su questa cosa. Dopotutto non ci conosciamo poi così bene, ancora», asserì Tony e, quando Peter annuì lentamente ma visibilmente sollevato che la pensasse come lui, sorrise sfrontato. «Anche se abbiamo pomiciato già come due tredicenni assatanati, sono dell’opinione che dovremmo prima instaurare una sorta di amicizia di base, non credi?» 

Peter prese letteralmente fuoco, di fronte a quell’affermazione e Tony ci poteva giurare che avrebbe voluto sprofondare nel terreno, per quanto era in imbarazzo. Questo lo fece ridere di gusto. Così tanto che, l’idea di dargli un altro bacio solo per complicare le cose, gli attraversò la mente per un attimo.

«Sì, be’... eravamo un po’ presi, tu avevi bisogno di trovare un posto dove stare. Ci siamo un attimo lasciati trasportare e per quanto io sia più che convinto che alla fine finiremo comunque per stare insieme, penso che dovrebbe succedere per gradi. Sarebbe… sarebbe la cosa più giusta da fare», annuì di nuovo, e Tony ebbe l’impressione che lo stesse facendo più per se stesso, che per lui. 

Gli mostrò la mano e, invitandolo a stringerla con un colpo di mento nella sua direzione, inclinò la testa di lato quando lui capì e ricambiò il gesto. 

«Dunque… siamo amici. Solo amici, per ora.»

«Sì», fu la flebile risposta di Peter e, per un istante che parve un’eternità, si guardarono intensamente. Tony non poté fare a meno di perdersi in quella costellazione infinita di insicurezza e purezza. Sapeva già che, quell’intento, sarebbe durato il tempo di un battito di ciglia.

Poi Peter ruppe il silenzio. «Allora, che cosa ti va di fare nel tuo primo giorno di libertà?»

Tony non ci pensò due volte e, alzando le spalle, gli fece cenno di camminare e Peter lo affiancò. «A farmi dare la rivincita a Metal Slug, ovvio!»

Peter lo guardò alzando un sopracciglio e, subito dopo, reclinò la testa all’indietro e scoppiò a ridere. Annuì e, insieme, si incamminarono verso la sala giochi. 

«Vuoi che chiami anche MJ e Ned?»

«Oh, perché no! A patto che Ned non vada in iperventilazione non appena mi vede!» 

«Gli dirò di respirare in un sacchetto, prima di venire!»

Risero. Risero di gusto e, nascondendo dietro agli occhi il desiderio che quel tempo per conoscersi passasse più velocemente, infine iniziarono a parlare  e a condividere ancora e ancora parti di loro che non erano state svelate.

Fu il primo passo. Il primo tassello posato su una nuova vita, che Tony non vedeva l’ora di vivere e di scoprire. 

Quello che sarebbe venuto dopo, comunque, aveva già dell’incredibile e, sfiorandosi il collo – e quindi il segno che aveva dato inizio a tutto, sorrise contro il cielo blu di quel pomeriggio, aspirando aria fresca nei polmoni e del tutto certo che nulla sarebbe stato più come prima.

E, quello, fu solo l’inizio. 


FINE
 


 

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Salve salvino lettori lettorini!
Ma come la va? Lo so, lo so, avevo detto che questo sarebbe stato il penultimo ma, in corso di revisione, ho capito che questo capitolo non poteva essere spezzato in due parti, dovevano esserci entrambe le risoluzioni, sia quella con Howard che quella con Peter. 
Ho scelto di rimettere in equilibrio ogni cosa e la cosa più giusta, a mio parere – e più naturale, era quella di lasciare che i due piccioncini trovassero prima di tutto il tempo di conoscersi davvero per quanto, per citare Tony, anche se hanno pomiciato come due tredicenni assatanati, le cose non sono ancora maturate abbastanza da lasciare che intraprendano una relazione ma...

Ehi, dai, lo sapete già che il giorno dopo saranno già avvinghiati come due abbracci Mulino Bianco l'uno all'altro, no? Ma anche loro avevano bisogno di capirsi, di compredersi, perché anche se il simbolo li ha segnati, l'amore deve comunque nascere, prima di poter affermare di provarlo davvero.
In più, lo sapete, non sono una fan dell'amore ch sboccia immediatamente, è un controsenso e soprattutto prima c'è sempre bisogno di farli soffrire un pochino ♥
Ringrazio chiunque abbia seguito questa storia, chi l'ha recensita, listata, seguita e, perché no, amata! Io non sono totalmente soddisfatta, ma è anche complice il fatto che l'ho scritta per un evento a tempo dove dovevo scrivere tot parole in un tot di tempo. E questo un po' penso abbia gravato sulla mia performance...
MA NON TEMETE! Tornerò prestissimo con un nuovo lavoro super angst, ma veramente molto angst, sul canone e che riprenderà il filone di un'altra certa fic a cui sono particolarmente affezionata e... beh, spero che possa piacervi.
A presto, dunque e buon proseguimento a tutti **
Grazie ancora per tutto l'affetto ♥

 
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La vostra amichevole Miryel di quartiere.

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