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Autore: inzaghina    10/11/2020    5 recensioni
A pochi giorni dal fatidico 2 maggio 1998 Harry, Ron, Hermione e Ginny s'interrogano su quale sia il modo giusto per ricominciare a vivere, lasciandosi alle spalle i brutti ricordi, ma senza dimenticare le persone che si sono sacrificate per un mondo migliore. Al contempo, George dovrà affrontare per la prima volta un mondo senza il suo gemello, ritrovando la capacità di ridere; Percy dimostrerà che ha sbagliato e, con l’aiuto di una ragazza che lo capisce davvero, ricucirà il rapporto con i suoi familiari; Bill e Fleur cementeranno la loro unione e un ritorno inaspettato ridarà speranza al gruppo.
Uno sguardo sul periodo post-bellico e sulle difficoltà affrontate da tutti loro, e dai loro cari, per ritornare veramente a vivere, preoccupandosi solo del proprio futuro, dell'amicizia che li lega e degli amori che potranno finalmente godersi con serenità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, George Weasley, Il Secondo Trio (Neville, Ginny, Luna), Il trio protagonista | Coppie: Angelina/George, Audrey/Percy, Bill/Fleur, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is bigger than anything in its way'
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Capitolo 16 – Learning to be brave
 
 
 
 
“If you don’t know learn how to be scared,
you'll never really learn how to be brave.”
Simon Holt, The Devouring
 


 
Sotto al cielo estivo trapuntato di stelle, tutti i presenti stavano gravitando attorno al falò come falene attirate da una fiamma, nonostante fosse ormai notte fonda la festa non dava l’impressione di voler terminare; le risate permeavano l’aria calda, profumata di salsedine e dei marshmallow che venivano arrostiti sulle fiamme, e in lontananza si percepiva il rumore della risacca. L’alcol aveva contribuito ad abbassare le difese dei presenti e, guardandosi intorno, George intravide più di una coppia con le membra che si sfioravano, le dita intrecciate e le labbra separate da una manciata di millimetri. Portò il bicchiere contenente il rhum caraibico, contributo di Lee alla festa, alle labbra e assaporò la dolcezza della melassa e della vaniglia, mischiata al gusto speziato della cannella; poi inspirò profondamente, tentando di tenere a bada il senso di colpa che germogliava in lui ogni volta che s’arrischiava a lasciarsi andare. Contrasse le dita attorno al bicchiere, stringendolo con forza, e faticando a evitare che una lacrima sfuggisse al suo controllo — in momenti come questo, la mancanza di Fred era così vivida, che gli sembrava che avessero strappato una parte di lui. Sapeva bene che tutti i presenti avevano perso una persona cara; era consapevole di come tutti loro sentissero la mancanza di qualcuno; eppure lui era l’unico a provare un dolore inspiegabile, il solo a passare notti insonni rivivendo i momenti insieme, il sopravvissuto che stava cercando di tornare alla normalità in una vita che gli ricordava ogni giorno che nulla sarebbe più stato come prima.
“Hey,” il tocco caldo delle dita di Angelina sulla sua spalla lo riscosse dall’abisso di negatività in cui stava precipitando.
“Hey,” la sua voce era poco meno di un sussurro, ma la ragazza non ebbe problemi a sentirlo.
“Sto per farti una domanda stupida,” lo avverti, prendendo posto al suo fianco.
“Sono tutto orecchie… beh, orecchio, in realtà,” ribattè, lasciando che i loro sguardi s’incrociassero e perdendosi a osservare il riflesso delle fiamme nelle iridi scure di Angelina.
La Cacciatrice sollevò gli angoli in un lieve sorriso, ricambiando quello sghembo di George. “È tutto a posto? Sembravi lontano mille miglia…”
George la ringraziò dentro di sé, per aver evitato la domanda più stupida di tutte. Come stai? Odiava sentirselo chiedere — ancora e ancora. Ma soprattutto odiava dover mentire, piazzandosi un finto sorriso sul volto e cercando di rassicurare gli altri sul proprio benessere.
“Riflettevo e forse ero davvero lontano mille miglia, con il cuore per lo meno…”
“Fred avrebbe adorato questa serata,” mormorò Angelina, trangugiando un sorso del proprio cocktail.
“Vero,” annuì George, facendo tintinnare il proprio bicchiere con quello della ragazza, “tu sei una delle poche persone che non ha paura di nominarlo.”
“È una parte così fondamentale della tua vita e non avrebbe alcun senso provare a ignorarla.”
Il gemello sopravvissuto abbassò gli occhi, lasciando che il silenzio si dilatasse tra loro. “Ho paura di dimenticarmi, a poco a poco, di lui e non voglio che accada…” rivelò poi in un soffio, percependo una nuova lacrima solcargli il viso.
“Non potrebbe mai succedere,” lo rassicurò Angelina, “Fred è parte di te.”
“Eppure mi sembra che stia già accadendo,” mormorò George, mordicchiandosi il labbro inferiore, “e voglio impedirlo a ogni costo…”
“Sono sicura che ce la farai, George, ma sono ancor più certa che non potrai mai dimenticarti di Fred e quindi non dovresti nemmeno preoccupartene,” promise Angelina, stringendo la mano del ragazzo nella propria.
“Potrei anche crederti, sai? Anche se sono più che convinto che ci saranno altri giorni bui nel mio futuro prossimo…”
“L’importante è che tu non ti chiuda in te stesso e che ti confidi in qualcuno, quando questi momenti sopraggiungeranno.”
“Ti stai per caso candidando a essere la spalla su cui io possa piangere?” chiese, con una punta d’ironia nella voce incerta.
“Farò qualsiasi cosa possa aiutarti, George,” dichiarò la ragazza.
“Grazie davvero, Angie,” la stuzzicò con voce appena udibile.
“Credevo avessimo chiarito che non dovevi chiamarmi in quel modo, George!”  
“In effetti mi pare che l’avessi menzionato, ma non mi risulta di essermi mai mostrato d’accordo…”
Il tono di George era intriso di una sfumatura divertita, che rassicurò Angelina su quanto avesse fatto bene ad avvicinarsi a lui; i loro sguardi s’incrociarono di nuovo nel buio e la Cacciatrice ricambiò il sorriso esitante di George.
“Quindi per farmi perdonare devo invitarti fuori a cena?”
“Beh, sarebbe un bel modo di farti perdonare,” ribattè svelta Angelina.
“Allora devi solo farmi sapere quando sei libera la prossima settimana…”
 “La settimana prossima sarò in ritiro con la squadra fino alla prima di campionato,” gli ricordò Angelina.
“Allora ti porterò a festeggiare la vittoria dopo l’esordio, che ne pensi?”
“E chi ti dice che vinceremo?”
“Tu sei una della Cacciatrici titolari, come potrei avere dubbi?” celiò, mentre le labbra si piegavano nel sorriso sghembo che era solito adornare il suo viso ai tempi della scuola — quando tutto sembrava infinitamente più semplice.
“La tua estrema fiducia mi rassicura…”
“Poi, se dall’anno prossimo doveste ingaggiare anche mia sorella avrete un attacco decisamente stellare, diventereste una macchina da guerra,” aggiunse Fred con naturalezza.
“Mi stai dicendo che sta davvero considerando il professionismo?”
George annuì. “Del resto abbiamo già visto troppe battaglie, vissuto troppe tragedie, creato troppi orfani e pianto troppi feriti e troppi morti, non credi?”
“Già… e durante l’ultimo anno per molti mesi ho pensato che non saremmo riusciti a vincere, che fossimo destinati a un futuro di sofferenze, a meno di adeguarci a un modo di vivere estremamente lontano dall’idea di libertà che ci è tanto cara…”
“Noi abbiamo solamente fatto del nostro meglio per cercare di rimanere sempre positivi,” George si strinse nelle spalle.
“Credo che molta gente sia riuscita a sorridere nei momenti più bui anche grazie a voi,” gli rammentò Angelina.
“Vivere la vita senza sorridere sarebbe decisamente uno spreco,” dichiarò George, nonostante tutto, Fred era stato strappato alla vita, ma doveva fare del suo meglio e scegliere di sorridere ogni giorno — anche se faceva dannatamente male.
“Sono d’accordo con te,” sussurrò Angelina, stringendogli nuovamente la mano.
“Hey, guarda…” mormorò improvvisamente George, indicando un punto del cielo.
“Cosa?”
“Un’infinità di stelle cadenti! Esprimi un desiderio, Angie…”
La ragazza sorrise, evitando di rimarcare il fastidio legato all’utilizzo del soprannome che mal sopportava; lanciò uno sguardo in tralice all’amico e sorrise nel vederlo così intento a osservare la pioggia di stelle cadenti che stavano attraversando il cielo estivo. Attorno a loro, il resto dei presenti si era reso conto del meraviglioso spettacolo che stava prendendo vita sopra alle loro teste e le esclamazioni di sorpresa serpeggiavano nel gruppo di amici. Inondato dalla fugace luminosità delle stelle, George pareva finalmente aver ritrovato un pizzico della serenità smarrita nelle ultime settimane e Angelina desiderò con tutta se stessa che George potesse tornare a essere almeno in parte il ragazzo spensierato con cui aveva stretto amicizia a scuola. 
“Esprimilo anche tu, George,” gli rammentò, strizzandogli l’occhio complice, osservandolo concentrarsi prima di chiudere gli occhi e farle un cenno affermativo.
“Non mi chiederai cosa ho appena desiderato?”
“Se lo facessi poi non si avvererebbe…”
“Giusto, quasi mi dimenticavo,” mormorò lui sforzandosi di sorriderle.
“So che in questo momento sembra impossibile, ma tornerai davvero a sorridere e non parlo di quell’espressione che ti ostini a propinare al resto del mondo, ma che non riesce a convincere i tuoi amici più cari… parlo della gioia che abbiamo condiviso alla vittoria della Coppa del Quidditch, o durante il Ballo del Ceppo, parlo del diciassettesimo compleanno di Lee e del weekend a casa di Katie, su in Scozia. Torneranno quei momenti e, sì, Fred di mancherà sempre, ma non per questo smetterai di provare felicità, George. Scusami se sono così diretta, ma so che me ne pentirei se non ti dicessi quello che penso, quello che vorrei che dicessero anche a me se stessi vivendo la stessa situazione, ” dichiarò Angelina, stringendogli nuovamente la mano nella propria.
George spalancò la bocca sbalordito, rispondendo alla stretta dell’amica e rimanendo in silenzio per qualche attimo — alla ricerca della cosa giusta da dire.
“Sai, credo proprio che avessi bisogno di sentire queste parole,” confessò infine. “L’idea di tornare ad avere una vita normale e provare la felicità mi spaventa un po’, anzi tantissimo, ma al tempo stesso non varrebbe nemmeno la pena di continuare a viverla se non facessi del mio meglio, non credi?”
“In effetti no…”
“Grazie, Angie,” mormorò dispettosamente.
“Non sono stata esageratamente brusca, quindi?”
Il ragazzo scosse la testa. “Sei stata solo una buonissima amica e ti ringrazio,” sussurrò, prima di abbracciarla.
Angelina sorrise nell’incavo della spalla di George, ritrovandosi a pensare che forse, dopotutto, il suo desiderio si sarebbe avverato prima di quanto pensasse.
 
Le prime luci dell’alba avevano iniziato a colorare il cielo, colmando di riflessi multicolori le acque placide della spiaggia in cui il gruppo aveva scelto di passare la notte; svariati capannelli si erano formati attorno alle braci ormai spente e Ron strinse più vicino a sé il corpo di Hermione, riflettendo su quanto fosse meraviglioso il semplice atto di osservarla dormire. Sarebbe partita di lì a pochi giorni, mentre lui e Harry avrebbero iniziato l’Accademia, e il ragazzo si domandava quanto sarebbe stata difficile la lontananza — impaurito che il non vedersi ogni giorno avrebbe potuto influire sul loro rapporto. Se qualcuno gli avesse detto, all’inizio del primo anno a Hogwarts, che la ragazzina saccente con cui aveva passato tutto il suo tempo a battibeccare sarebbe diventata una delle persone più importanti della sua vita, probabilmente Ron avrebbe consigliato a questa persona di farsi vedere da un bravo Medimago. Eppure, Ron non riusciva a immaginare la sua vita senza Hermione, o meglio, ricordava con senso di colpa e inadeguatezza le settimane in cui aveva abbandonato lei — e Harry — rischiando di perdere entrambi per sempre. Harry lo aveva perdonato immediatamente, non faceva che ricordargli come il suo aiuto fosse stato provvidenziale e gli avesse salvato la vita, oltre che fargli notare di come il medaglione avesse un influsso particolarmente forte su di lui. Hermione stessa, nonostante ci avesse messo un po’, lo aveva rassicurato dicendo che aveva capito le ragioni della sua ira e che, in fondo, era colpa dei suoi ottimi incantesimi se non era riuscito a ritrovare velocemente la strada per la tenda. Chi invece non riusciva ancora a perdonarsi era proprio lui, anche se l’epilogo era stato quello sperato, anche se avevano vinto la guerra, anche se era riuscito a dichiararsi a Hermione. Chi poteva assicurargli che non avrebbe avuto un altro futile scoppio d’ira? Come poteva essere certo che avrebbe reagito diversamente, se messo nuovamente alla prova? Ronald non aveva le risposte a queste domande e rimaneva, anzi, sveglio per gran parte della notte ad arrovellarsi su di essi, sperando di dimostrarsi all’altezza una volta arrivato in Accademia.
“Hey, che ci fai già sveglio?”
Abbassò lo sguardo su Hermione, che lo fissava con lo sguardo a metà tra l’incuriosito e l’assonnato, e pensò che fosse ancora più bello osservarla quando era sveglia.
“Nulla, solo che non riuscivo a dormire… ma tu continua pure, è presto,” bisbigliò in risposta, baciandola sul naso.
“Non voglio sprecare le poche ore che restano in questo weekend dormendo,” dichiarò risoluta.
“Ah, no? E cos’avevi in mente di fare?”
“Beh, visto che siamo in spiaggia la cosa più ovvia sarebbe un bel bagno per cominciare al meglio la giornata…”
“L’acqua probabilmente sarà fredda a quest’ora,” la mise in guardia Ron.
“Vorrà dire che staremo moto vicini per riscaldarci,” ridacchiò Hermione, togliendosi la felpa dei Cannoni che il ragazzo le aveva prestato la sera prima.
Ron batté velocemente le palpebre, prima di imitare i gesti di Hermione e seguirla sul bagnasciuga, allontana dosi dal resto del gruppo.
“Questo weekend ci voleva proprio,” commentò Hermione, afferrando le mani di Ron tra le proprie.
“Già,” annuì lui, stringendo il corpo minuto della ragazza contro il proprio.
“So bene che continui a domandarti se hai fatto la scelta giusta ad accettare la proposta di Kingsley,” mormorò Hermione, così piano che Ron fece fatica a sentirla.
“Come fai a saperlo?”
Gli occhi castani della ragazza si assottigliarono, prima di aprirsi in un sorriso sincero. “Perché ti conosco, Ronald Weasley, e purtroppo conosco bene anche la tua dannata insicurezza.”
Ron sospirò. “Forse avrei dovuto tornare a scuola con te…”
“Lo dici solo perché sentirai la mia mancanza, proprio come io sentirò la tua.”
“Ti mancherò?” le domandò in tono stupito.
“Ma certo che sì,” dichiarò Hermione, scuotendo la testa, “abbiamo, finalmente. ammesso quello che proviamo l’uno per l’altra e, invece di poter vivere con calma la quotidianità, siamo nuovamente costretti a separarci.”
“Avevo il timore di essere egoista a pensarla in questo modo,” confessò Ron, sfiorando la guancia d Hermione con la punta delle dita.
“Ti assicuro che conterò i giorni tra una gita a Hogsmeade e l’altra, visto che mi hai promesso che ci sarai, e ora è troppo tardi per rimangiartelo, inoltre ti inonderò di lettere, quindi spero che mi risponderai…”
“Lo farò,” annuì Ron, prima di stringerla ancora a sé, elettrizzato dalla miriade di sensazioni che il corpo di Hermione premuto contro il suo gli provocava.
“Adesso che ne dici di quel bagno?” propose Hermione, prima di mettersi in punta di piedi e baciarlo con trasporto.
Ron, per tutta risposta, la prese in braccio e corse in acqua trascinandola con sé — le preoccupazioni per l’imminente separazione potevano attendere.
 
Quando George si svegliò, fu felice di trovare Angelina ancora accanto a lui; un’occhiata veloce gli permise di individuare suo fratello e Hermione che si spruzzavano nell’acqua poco lontano da lì e un sorriso timido gli increspò le labbra screpolate. Stava per decidersi a raggiungerli, quando l’amica si stiracchiò al suo fianco e gli diede il buongiorno.
“Che ne dici di una passeggiata sulla battigia?”
“Basta che non mi costringi correre come quando eri il mio capitano…”
“Non ti prometto nulla,” dichiarò Angelina, afferrando la sua mano e trascinandolo vicino all’acqua.
George la seguì, decidendo che avrebbe sempre potuto scappare tra le onde per evitare la corsa.
 

 
*
 
 
Alistair si passò nervosamente la mano tra i capelli scompigliandoli irrimediabilmente, prima di sbuffare e prendere un lungo respiro, stringendo il mazzo di tulipani gialli come se ne andasse della sua stessa vita.
“Godric, sono diventato talmente patetico da aver paura di bussare a una banale porta…” borbottò tra sé, fissando di sbieco la porta di mogano a cui si trovava davanti già da qualche minuto.
“Posso aiutarla?” domandò una voce alle sue spalle, spaventandolo ben più del dovuto.
“Io, ehm, veramente…” si passò ancora una volta la mano tra i capelli, ritrovandosi a fissare la sorella più piccola di Hestia e quella che aveva compreso essere la sua migliore amica.
“Cosa porta il grande Alistair Ashworth presso la nostra umile dimora?” domando l’ex Tassorosso, con un ghigno divertito sulle labbra — specchio di quello della Jones maggiore.
“Se non fossi così nervoso potrei anche ridere, sai? Però al momento sto cercando di non finire preda dei conati di vomito…”
“Mia sorella ti fa questo effetto?” ribattè Megan dubbiosa.
“Non essere così dura con lui, Meg,” la rimbeccò Morag, colpendola con leggerezza sulla spalla.
“È più forte di me,” ribattè l’altra, facendo spallucce, prima di rivolgersi all’ospite, “Hestia non è in casa?”
“Non lo so,” bofonchiò il giocatore.
“In che senso?”
“Nel senso che non ho ancora bussato…” ammise, passandosi nuovamente la mano tra i capelli.
“Ma non eri un Grifondoro?” s’informò Morag.
L’altro annuì.
“Credevo che voi foste tutti dotati di coraggio e che tu fossi molto più spigliato in questo campo…” commentò Megan.
“Solitamente sì, ma con tua sorella è diverso.”
“Già mi piaci,” lo rassicurò Megan, strizzandogli l’occhio, “che ne dici se entriamo? Hestia dovrebbe essere già tornata dal suo turno.”
Alistair annuì, inspirando profondamente.
“C’è nessuno?” sbraitò la piccola di casa Jones aprendo la porta.
“In salotto,” ribattè in tono altrettanto alto la sorella maggiore.
I tre s’incamminarono verso la stanza, con Alistair alle calcagna delle due ragazze.
“Hey, sorellona! Guarda un po’ chi abbiamo trovato io e Morag!” esclamò Megan, prima di dare un rapido abbraccio all’Auror.
“Alistair?” mormorò stupita Hestia.
“Ho pensato di passare a salutarti, visto che non sei riuscita ad assistere alla partita a cui ti avevo invitato e…” l’uomo le porse il mazzo di fiori, piegando le labbra in un sorriso.
“Sì, purtroppo Aiden è stato male e non me la sentivo di lasciarlo,” rispose Hestia, accettando il dono e appellando un vaso.
“Me l’ha detto Lexie, spero che stia meglio.”
“Sì, ora si è rimesso, infatti è fuori per il pomeriggio con i nostri genitori.”
“Quindi significa che sei libera?”
L’Auror strabuzzò gli occhi. “Intendi ora?”
“Beh, sì, a meno che tu e tua sorella non…”
“Io e Morag abbiamo da fare qui, perché voi non andate a prendervi un caffè?” s’intromise l’ex Tassorosso, dando una spintarella alla sorella.
“Ma ho detto a mamma che avrei pensato alla cena…”
“Non preoccuparti, possiamo farlo noi,” la rassicuro Morag.
Hestia fulminò con lo sguardo le due ragazze, che le sorrisero angeliche. “Vado a prendere il soprabito, visto la pioggia,” mormorò quindi, prima di salire al piano superiore.
“Forse non avrei dovuto tenderle una simile imboscata,” disse tra sé e sé il Cacciatore.
“Sciocchezze! Mia sorella deve ricominciare a uscire e smetterla di trincerarsi dietro ad Aidan.”
Alistair le lanciò un’occhiata incerta, prima di osservare la pioggia picchiettare contro il vetro.
“Mi sembra che ti piaccia molto,” azzardò a commentare Morag.
“In effetti sì… anche se non ci incontravamo da anni, dopo quel giorno nel suo ufficio è stato come se non ci fossimo mai persi di vista…”
“E allora non lasciarti scoraggiare dalle sue titubanze,” commentò Megan.
Alistair fece un sorrisetto. “Ve l’ha mai detto nessuno che vi somigliate molto?”
“Forse una persona o due…” ghignò Megan, prima che i tre fossero raggiunti da Hestia.
“Conosci qualche posto qui nei dintorni, Ashworth?”
“Questa sarebbe la tua zona, Jones…”
“Uomini, come fareste senza di noi?!” borbottò, prendendolo a braccetto e conducendolo fuori di casa.
 
Due ore, quattro cappuccini e due fette di torte dopo, Alistair stava riaccompagnando Hestia a casa sotto la pioggia ormai battente.
“Sai, mi sarei potuta semplicemente smaterializzare sotto al portico di casa.”
“Forse, ma così ti saresti persa altri quindici preziosi minuti in mia compagnia,” la rimbeccò l’uomo.
“Preziosi?” ribattè Hestia, inarcando un sopracciglio.
“Beh, non avremmo avuto l’occasione di parlare dei nostri libri preferiti…” Alistair si strinse nelle spalle, “per me è stato un argomento interessante, visto che non ti immaginavo proprio avida lettrice di libri babbani.”
“È una passione che ho riscoperto durante il periodo con gli zii di Harry e che ho coltivato nelle notti insonni dopo la nascita di Aidan.”
“Dovresti vedere la biblioteca di mia madre, rivaleggia con le più fornite di Londra…”
“Mi stai forse invitando a un altro appuntamento, Ashworth?”
“Solo se hai intenzione di accettare, Jones…”
Hestia gli sorrise enigmatica, prima di alzarsi sulle punte dei piedi e baciargli la guancia coperta da un lieve accenno di barba, inspirando il suo profumo di pulito e di muschio. “Credo di potertelo concedere, ma solo se dopo mi porterai fuori a cena…”
“Fammi sapere quando sei libera e ti porterò a mangiare ovunque tu voglia,” dichiarò Alistair, indugiando sul viso bagnato di pioggia di Hestia.
“Che ne dici di domenica prossima? Credo di poter convincere qualcuno a occuparsi di Aidan.”
“Perfetto, questa settimana giochiamo di sabato.”
“E per quale ragione credi che ti abbia proposto proprio la domenica?” domandò Hestia, con le iridi cerulee illuminate da una luce divertita.
Al ricambiò il suo sorriso, annuendo lentamente. “Per un attimo avevo scordato di avere a che fare con un Auror.”
“Cerca di non scordartelo più, Ashworth,” mormorò Hestia, strizzandogli l’occhio e varcando la porta di casa.
Rimasto solo sotto al portico, Al scoppiò a ridere — consapevole che Hestia non avesse nulla a che fare con le donne che era abituato a frequentare.

 
*
 
 
Hermione aveva sempre passato nervosamente le sue vigilie più importanti — e quella dalla separazione da Ron, e da Harry, non stava facendo eccezione. Si stava rigirando inquieta nel letto, quando un movimento fuori dalla finestra la fece saltare giù dal letto per trovarsi faccia a faccia con Ron a cavallo della sua scopa.
“Che ci fai qui? Sono le due del mattino!” esclamò, lasciandolo entrare.
“Avevo la sensazione che non stessi dormendo e ho pensato di passare a trovarti,” mormorò in risposta il ragazzo, posando la scopa sul pavimento e cercando di non fare troppo rumore.
Hermione insonorizzò rapidamente la stanza e chiuse a chiave la porta, prima di incrociare lo sguardo incerto di Ron.
“Se credi che abbia sbagliato posso sempre tornare a casa, tanto ci vedremo domattina alla stazione e…”
Hermione gli posò l’indice sulle labbra, prima di zittirlo con un bacio impetuoso che fece perdere l’equilibrio a Ron, spedendolo lungo disteso sul letto nel quale la ragazza si era rigirata fino a pochi attimi prima.
“Wow, se avessi saputo che questa sarebbe stata la tua reazione sarei volato qui a mezzanotte…” sussurrò Ron contro le labbra di Hermione, dopo che i due si furono separati.
Lei arrossì, mordicchiandosi il labbro inferiore. “È solo che stavo proprio pensando quanto mi saresti mancato e sei apparso fuori dalla finestra, come se avessi saputo quello che mi stava passando per la testa…”
“Forse è proprio così, non credi? Del resto, ci conosciamo da sette anni, ormai direi che è assodato che ci conosciamo piuttosto bene.”
“Mhmm, potresti avere ragione…”
Ron sorrise, giocherellando con i ciuffi ribelli dei capelli di Hermione, ancora sdraiata sopra di lui.
“E a cosa starei pensando, quindi?”
“Sicuramente rimugini su quanto hai messo nel baule, chiedendoti se hai dimenticato qualcosa, nonostante sai che i tuoi genitori, o io, potremmo spedirtelo in caso; ti chiedi anche come sarà la tua esperienza scolastica senza la necessità di star dietro a Harry e me e, non ultimo, sei agitata all’idea del ruolo di Caposcuola che ti aspetta, anche se non ne hai davvero alcuna ragione…”
Hermione rimase in un silenzio attonito, scrutando il ragazzo e continuando a tormentarsi il labbro inferiore.
“Allora? Non mi fai sapere se ho azzeccato?”
“In realtà sì, su tutti i fronti…”
“Sempre quel tono sorpreso,” celiò Ron, prima di catturare le labbra di Hermione tra le proprie per un rapido bacio e posare la fronte contro quella di lei, “andrà tutto alla grande, sarà l’ultimo anno che hai sempre desiderato…”
“Ma tu non ci sarai e nemmeno Harry…”
“Faremo il tifo per te dall’Accademia e ci racconterai tutto nei weekend di Hogsmeade.”
“Non voglio separarmi da te…”
“Se non lo fai non potrai ottenere i tuoi 10 M.A.G.O.”
“Da quando ti sei trasformato nella metà ragionevole della nostra coppia?”
“Da quando mi sono reso conto che non sarei mai diventato la persona che sono oggi senza te al mio fianco… non posso prometterti che non sbaglierò ancora, perché accadrà, ma ti giuro che farò tutto quello che è in mio potere per essere la versione migliore di me stesso, un uomo degno di te.”
“Devi smetterla di sottostimarti, perché sei già degno di me, Ronald Weasley.”
“Ti amo,” sussurrò contro il suo sorriso bagnato di lacrime.
“E io amo te,” ribattè lei, prima che le parole diventassero assolutamente superflue.




 
Nota dell’autrice:
Eccoci nuovamente qui, da questi ragazzi che mi sono mancati immensamente, ma che ho messo in pausa viste le numerose OS scritte recentemente.
Visto il caos che ci circonda, ho deciso che era tempo di tornare a concentrarmi su questa storia e sulla volontà di continuare a tracciare il futuro post-bellico degli eroi del mondo magico e dei loro amici.
Questa volta mi sono concentrata su Goerge e Angelina, Ron e Hermione e Alistair e Hestia: tre coppie alle prese con momenti fondamentali nelle loro vite — anche se l’unica vera coppia sono Ron e Hermione, ma possiamo intuire che le cose stiano procedendo nel verso giusto anche per gli altri.
Nel prossimo capitolo torneremo alla vita vera: Hogwarts, l’Accademia Auror, il negozio che si prepara alla riapertura, l’assenza di chi non ci è più accanto… spero che questo viaggio continui a piacervi. ♥︎♥︎

 
   
 
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