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Autore: Cladzky    11/11/2020    1 recensioni
Un uomo venuto dal nulla e che parla solo in proto-sumero, profetizza la fine del mondo. Nel frattempo, la più grande statua mai vista nella storia umana, sta venendo eretta proprio in quel momento. La sua costruzione significherà la caduta dell'uomo, la sua distruzione la salvezza. Ma ovviamente non puoi fidarti delle sole parole e tutto è una menzogna.
Genere: Mistero, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Venne il giorno in cui l’uomo venne a patti con la sua morte. Non nel senso che egli sapesse come e quando la fine sarebbe arrivata, ma si convinse che la completa ignoranza di una data precisa per la sua scomparsa potesse anche significare una fine imminente, tanto quanto lontana, ma comunque inevitabile. E quell’uomo del domani, come quello d’oggi, era un uomo egocentrico e non poté concepire un universo senza anche solo una traccia indelebile dell’esistenza di un uomo di ieri. Ma quando quell’uomo del domani, che prenderà il posto dell’uomo di oggi, diventerà l’uomo del passato, ogni sua opera sarà nulla in confronto al grande marasma”

―Questo è ciò che ha scritto.

Ci fu un moto di commozione nella sala. Lasciai il foglio sul tavolo così che la folla curiosa potesse leggerlo meglio. Subito, mani avide lo raccolsero, quasi a strapparlo, dalle mani altrui ed esso stesso.

―Che razza di profezia è una che parla al passato piuttosto che al futuro?― Commentò aspro uno di loro, dal naso lungo.

―Forse― Propose in altro, di risposta ―La profezia si è già compiuta.

E tutti, nella sala, all’unisono, come un’unica mente giunta alla stessa soluzione, voltarono il viso verso la grande vetrata a mezzaluna. Là, oltre le nuvole e sopra di esse, si stagliava il busto dell’immane statua del Re del mondo. La sua fronte accigliata, ormai quasi completamente scolpita, guardava nella nostra direzione. Dietro le sue spalle di granito il sole tramontava mesto.

―Non diciamo follie― Ripeté l’uomo dal naso lungo ―Certo, la profezia si è già compiuta. Si è compiuta nelle piramidi, nei palazzi e i mausolei delle civiltà antiche. E ciononostante l’uomo è ancora qui e nessun marasma lo ha cancellato.

―La profezia― Feci notare ―Dice anche che l’uomo non sa quando giungerà la fine. Forse, se glielo chiedessi, potrebbe dircelo.

Un altro modo di commozione. Un uomo basso, stavolta, si fece avanti.

―Lei si rende conto― Esclamò, con la faccia paonazza ―Che se davvero lui è chi dice di essere, se dicesse il vero e sapesse la risposta a questa domanda, lei verrebbe a conoscenza della data, l’ora, il minuto e il secondo di morte dell’umanità tutta? Non è il destino dell’uomo sapere quando verrà il momento, è una conoscenza troppo grande. E se egli dicesse che il marasma venisse domani mattina, a cosa servirebbe venirne a conoscenza, se non disperarsi precocemente per qualcosa di ineluttabile? Meglio vivere nell’ignoranza.

―Cosa voglia il destino― Risposi ―Lei non lo può sapere. Ora entrerò in quella stanza e gli chiederò questa domanda. Se egli mi risponderà vorrà dire che era destino che l’uomo possegga questa conoscenza e ne prenderemo atto. Dove lei vede disperazione io vedo invece un sapere maggiore non c’è male nell’universo, se non l’ignoranza, specie se volontaria.

―Nessun uomo può sapere questa risposta― Affermò convinto l’uomo dal naso lungo ―Specie uno che afferma di essere risorto e parla per parabole e profezie. Se lei entrasse in quella stanza e ottenesse la sua risposta, quella risposta non sarà che la menzogna di un uomo impazzito dalle sue manie religiose. E qualora quella menzogna sulla data della fine del mondo, si rivelasse essere davvero domani mattina lei getterà il mondo intero nel panico al promulgarla e l’uomo dentro quella stanza riderà della nostra ingenuità nel credere a uno che non fornisce prove e parla per enigmi.

―Sia che egli dica il vero e che dica il falso è necessario sapere quella data― Fui inflessibile ―Poiché è nella natura dell’uomo apprendere tramite conoscenze errate. Se l’uomo non avesse concepito il mondo piatto non avrebbe concepito neppure un geoide. Se l’uomo non avesse creduto che il sole giri intorno al pianeta, non avrebbe creduto il contrario. Se l’uomo non avesse obbedito alle leggi create da dio, non avrebbe obbedito alle leggi degli uomini. Noi non abbiamo modo di sapere l’esattezza di quanto dirà quell’uomo fino a quando non lo interrogheremo in merito. Che egli dica il vero o il falso non abbiamo modo di verificarlo ora e in ogni caso ci tornerà utile come nozione in entrambi i casi, come vi ho spiegato.

―Qualunque parola uscirà da quella bocca ignorante io non la crederò― Disse rigoroso l’uomo dal naso lungo.

―E io non voglio stare qui a sentirla― Disse l’uomo basso, andandosene. Altri seguirono il suo esempio, altri rimasero. Io entrai. La statua del Re del mondo osservava da lontano, dall’alto, oltre il vetro, sull’orizzonte.
 
***

L’uomo sedeva dall’altro capo del tavolo. Non su una sedia, ma sul tavolo stesso a gambe incrociate. Appena vide la porta muoversi al mio ingresso esclamò qualcosa ad alta voce, che rimbombò nella stanza, ma, come al solito, era in proto-Sumero e non lo capì. Mi sedetti di fronte a lui, faccia a faccia con i suoi piedi e presi un foglio. Estrassi una penna e tracciai con cura i cunei poiché potesse capirli. Rozzamente, la domanda che avevo scritto si poteva tradurre in:

Quando verrà il grande marasma?

Gli passai il foglio ed egli lo lesse. Pronunciò una formula che pareva una preghiera, guardandomi con occhi fatti di stelle e vuoto. Prese una penna anche lui e si chinò sul tavolo per scrivere la risposta proprio sotto la mia questione. Ci mise un tempo ridicolmente breve a scrivere un paragrafo ben più lungo di quanto mi aspettassi. Presi il foglio e cercai di tradurre quelle forme arcaiche. Sgranai gli occhi e corsi fuori, mentre lui si esibiva in un'altra preghiera strana. Così recitava il foglio:

In verità io vi dico, anche oggi può venire la fine, se l’ultimo scalpello batterà sull’ultimo pelo dell’ego dell’uomo. Il suo ribattere sarà il suono di campana che spezzerà i cieli e sprofonderà i mari, evaporerà il sangue e inonderà la terra. L’uomo di oggi non diverrà mai l’uomo del domani, bensì l’uomo di ieri nel volgere di una sola notte.
 
***

Raccolsi tutti gli esperti e gli spiegai la situazione. Per quanto formale il messaggio era chiaro e bisognava fare qualcosa. Mi sentivo pervaso di una voglia matta d’azione, d’intervenire nel percorso della storia, perché se quello che l’uomo diceva era vero, allora io e gli altri che mi avrebbero appoggiato, avremmo potuto frapporci e sventare il cataclisma.

―Dobbiamo correre al cantiere, dobbiamo impedire che la statua venga completata, non importa a che prezzo. Useremo la forza delle parole o la forza delle armi se necessario.

Altri venivano pervasi dal mio stesso spirito eroico, violento, che scuoteva il nostro animo. Mai credetti così fermamente alle parole di qualcuno come in quel momento, mai fui reso fanatico per una causa come quel giorno. Ma l’uomo dal naso lungo intervenne.

―Voi credete alle parole di un uomo che parla a vanvera. Allora lasciate che parli ad armi pari. In verità io vi dico che nessun marasma prenderà piede oggi, che il Re del mondo vedrà la propria opera completa ed essa svetterà per i secoli a venire, irrisoria, a dispetto di ogni folle che ne voleva impedire la grandezza. Nessuna profezia audace deve mettersi contro i sogni dell’uomo. Ecco, così ho parlato. A chi volete credere ora?

Chi gli diede ascolto lo seguì, ma erano meno di quanto si aspettasse e se ne andarono, ridendo di noi. Non ci pensammo affatto e corremmo verso la statua, animati costantemente da quel fuoco inestinguibile che quell’uomo ci aveva istillati. Uscimmo dal palazzo e ognuno, per un mezzo o per un altro, arrivò ai piedi di quella montagna di granito. Essa svettava ben oltre ogni albero, ogni picco circostante. Le nuvole lo incoronavano e il disco del sole ne era oscurato, tanto che quando gli giungemmo di fronte, attorno a noi, colti nella sua ombra, pareva già mezzanotte. Lo sguardo cupo della statua era ancora più terribile visto dal nostro nanismo e ciononostante le corremmo addosso come suoi pari. Gridammo agli architetti e i capo cantiere di fermare i lavori e, quando essi ci giudicarono pazzi, gridammo lo stesso agli operai. Ma gli operai stavano in alto, molto in alto, su per quelle impalcature vertiginose e noi le risalimmo. Chi ci ascoltava si univa a noi e chi ci ignorava lo scaraventavamo di sotto, incontro alla sua fine. Lo giudicammo uno scambio equo per la sua complicità al marasma. Non v’erano grigi ai nostri occhi, solo bianchi o neri.

Presto scoppiò uno scontro lungo il torso del Re del mondo. Il corpo ciclopico fu teatro del nostro assalto, sempre più violento, che dirigeva alla cima. Sarebbe inutile ricalcolare ogni avvenimento, perché non avrebbe importanza agli occhi della grandezza delle cose. Tutto quello che posso dire fu che giungemmo sanguinanti e pesti sulla sommità della fronte pelata del grande Re del mondo. Ma non v’era operaio a vedersi, lì su quella sommità, dove l’aria era rarefatta e pochi uccelli osavano salire. Ci guardammo attorno e vedemmo un unico essere umano, pelato, accigliato, come la grande statua. Perché era lui il Re del Mondo. Come si trovasse lì non lo sapevamo e non ci interessava. Dopotutto era chiaro che possedesse di mezzi ben al di fuori della nostra comprensione e tutto era possibile per chi governava la terra. Tentammo di approcciarlo, ma quella figura alzò una mano e tanto bastò per arrestarci e mettere in ginocchio molti di noi.

―Che fate pazzi? Se non siete operai scendete subito e se lo siete tornate al lavoro.

―Non ci sarà alcun lavoro― Protestammo ―Essi avranno fine e così avrà fine la fine.

―Non sapete quello che dite― E come a scacciare una mosca agitò la mano e molti scapparono urlando, intimoriti, si accalcarono e alcuni caddero fuori dalle impalcature, giù, per molti, molti minuti.

―L’uomo risorto l’ha detto― Avanzai io e proseguì a leggere ad alta voce il foglio, in mezzo a quell’aria dove neanche il canto degli uccelli giungeva. Il Re udì disinteressato.

―Parole al vento― Commentò ―Che non hanno fondamento. Mira invece le fondamenta della mia statua, che voi avete risalito. Questa è la solidità della mia parola. Credete a me dunque e andatevene.

E molti lo fecero. Il Re del mondo prese umilmente un martello e si avvicinò alle sopracciglia larghissime del suo stesso volto. Afferrò anche uno scalpello e, posizionandolo, alzò il martello per dare l’ultimo colpo su quei peli stupendamente intagliati nella pietra. E io allora gridai. Io solo rimasi e fui tentato di colpirlo, di prenderlo e spingerlo giù, giù verso la terra lontana, come avevamo fatto con molti operai durante la salita. Ma sapevo di non poterlo uccidere, che non avevo potere su di lui. E allora dissi:

―Tanto meglio, maledetto assassino. Se proprio vuole uccidere il genere umano lasci a me l’ultimo colpo di campana. Mi dia gli strumenti e che sia io ad incidere il colpo di grazia, perché voglio togliermi la soddisfazione di essere io il suo sicario, l’uomo il cui ultimo atto è stato quello di averla uccisa, senza lasciarle il gusto di dannarsi da solo.

E il Re del mondo, imperturbabile, acconsentì. Lasciò cadere gli strumenti e io li raccolsi ai suoi piedi. Mi diressi verso quel sopracciglio di granito e mi preparai a sferrare il colpo. Sapevo che se l’avessi fatto il marasma sarebbe cascato sulla terra e l’uomo di oggi sarebbe diventato quello di ieri. Ma se non l’avessi fatto io il Re o chiunque altro, in futuro, lo avrebbe fatto, se non su quella statua, su un’opera ancora più imponente. E allora sferrai il colpo.

Al volare dell’ultimo pezzo di granito in eccesso le campane suonarono e il pandemonio si diffuse sulla terra. Il primo a morire fu proprio il Re. Mi voltai appena in tempo per vederlo nei suoi ultimi attimi di vita e il suo volto non era più imperturbabile, no, ma era una maschera deforme, irriconoscibile, disumana di terrore di fronte all’oblio. Tutti, dall’uomo dal naso lungo, all’uomo basso, ogni operaio, architetto e capo cantiere, il marasma colse tutti quanti. E io fui l’ultimo ad essere consumato da esso, ma ridevo, della risata di cui gode un pazzo, perché sapevo di aver ucciso il più grande degli assassini.
E negli ultimi istanti di lucidità, prima dell’annichilimento, mirai la statua dalle fondamenta solida e lo sguardo serio. Continuai a ridere, solo sulla terra.

―E quando vedranno questa mostruosità― Profetizzai io stavolta ―Tutti diranno “Che strana montagna”.

E queste furono le ultime parole di colui che credette di essere l’ultimo uomo sulla terra.
   
 
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