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Autore: Tenar80    11/11/2020    3 recensioni
Victoria non dovrebbe essere una ragazza. Ha superato le selezioni per entrare nelle Ali Nere, il corpo militare d'élite che combatte contro gli angeli. Nell'Impero, un mondo steampunk dal sapore vittoriano, quella non è proprio un'occupazione adatta a una ragazza, per di più una trovatella. Ma Victoria è e rimane una ragazza...
Questo è il primo racconto della saga "L'assedio degli angeli – Preludi"
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'assedio degli angeli – preludi'
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Quando infine si apprestò ad aprire la porta della camera per entrarci per la notte, Victoria scoprì che la sua mano tremava.

    Aveva ballato. Per la serata finale aveva indossato un abito blu notte dal taglio più adulto, con le maniche che terminavano ai gomiti e un accenno di scollatura. Una delle cameriere dalle corna ritorte l’aveva aiutata a truccarsi. Il risultato finale non l’aveva resa uguale alle altre ragazze e alle loro bellezze rassicuranti. Lei era stata resa una creatura del gelo, vestita del colore del mistero. Era proprio, in tutto e per tutto, come quelle fanciulle delle fiabe, destinata a dissolversi al mattino. Bene, si disse, anche quelle fiabe da qualche parte erano nate. E non raccontavano sempre che un principe se ne innamorasse alla follia? 

    Aprì la porta.

    

    Robert arrivò attraverso la finestra aperta che era già passata la mezzanotte, anche se Victoria lo aveva atteso senza togliersi neppure un nastro dai capelli.

    Aveva portato una rosa blu che posò accanto alla lampada del comodino, che questa volta era accesa.

    – Per te – disse. – A quanto pare ho azzeccato il colore.

    Lei fece un giro su se stessa, per pavoneggiarsi e riempire l’imbarazzo.

    Al contrario della sera prima, questa volta non sapeva cosa dire.

    – Sei bellissima – mormorò Robert. – E pensare che sembravi un maschio, con quei capelli corti.

    Questo strappò una mezza risata a Victoria.

    – Sono i capelli che fanno la differenza. Senza dubbio – disse.

    – Vieni qui – la chiamò Robert.

    Aveva pensato quasi tutto il giorno a quello che sarebbe accaduto. A quello che lei voleva che accadesse. Adesso, di nuovo, non lo sapeva. Era diverso pensare di avere una sera soltanto da passare col ragazzo di cui forse era innamorata da sempre e trovarsi davvero, con i suoi quasi quattordici anni, un vestito che non sapeva portare e il buio tutto intorno.

    Lui, invece, sapeva esattamente cosa voleva.

    La prese con sicurezza, una mano dietro la sua schiena e l’altra a stringere la sua, e se la portò vicino. Prima ancora di essere baciata, Victoria sentì l’odore di vino che il ragazzo si portava addosso, che le lasciò una zaffata di inquietudine. Ne sentì il sapore quando le loro labbra si unirono e di nuovo Robert reclamò uno spazio per sé. Il bacio, in sé, però, fu migliore. Victoria aveva avuto tutto il giorno per prepararsi, lasciò semplicemente che avvenisse, accettando di essere baciata, più che baciare. Ma non era male. Poteva abbandonarsi contro di lui, sentire il calore nuovo che pian piano l’avvolgeva e quella sensazione di terreno che mancava sotto i piedi, come la prima volta che era tornata dalla dimensione angelica e si era resa conto di cadere dal cielo.

    Si trovarono seduti sul letto e poi Robert le mise una mano sulla nuca e l’accompagnò a scendere sui cuscini, mentre continuava a baciarla. Victoria aveva stabilito che i baci andavano bene. Le piacevano, anche se forse avrebbe preferito ribaltare la situazione, ma non osò. A Robert piaceva condurre il gioco. Poi lui iniziò ad accarezzarla, come aveva fatto la sera prima, cercandone i seni attraverso il tessuto. La sua bocca si spostò dalle labbra al collo e poi verso la scollatura, mentre le mani cercavano di allentare i lacci del corpetto.

    – Aspetta… – mormorò Victoria.

    – Te ne andrai domani – rispose Robert.

    – E preferirei non giustificare a Delia Morozov un vestito rotto – scherzò Victoria.

    Non era spiacevole, quello che stava succedendo. Non del tutto. Ma rimaneva quella sensazione che avrebbe potuto anche diventarlo.

    Lui le diede un leggero morso alla base del collo e poi si fermò per guardarla.

    – Hai paura? – chiese.

    – Dipende da quello che vuoi fare – rispose Victoria, obbligandosi all’onestà.

    – L’ho già fatto, sai? So come… Non ti lascio nei guai… Come Tara.

    Victoria si sforzò di prendere un respiro per regolarizzare i battiti del cuore. Ci doveva riuscire in battaglia. Doveva riuscirci anche adesso.

    – Non possiamo limitarci… A questo? Non è male… – provò.

    Lui scosse il capo, sorridendo. Alla luce della lampada, vide il riflesso giallastro dei suoi denti.

    – Troppo tardi. Non devi preoccuparti. Sarà bello.

    Come se quello chiudesse la questione, le chiuse la bocca con un bacio, mentre una mano si era infilata sotto i suoi vestiti e dalla schiena cercava di scendere verso la coscia.

    Victoria chiuse gli occhi, cercando di sentire il proprio respiro.

    Più che accarezzarla, ora Robert la stringeva e la palpava. Non era spiacevole o doloroso. Ma neppure piacevole com’erano stati i semplici baci. Non aveva un’altra sera con lui. Non aveva il tempo per capire cosa volesse davvero. In compenso, lui aveva ben chiari i propri desideri. Lei lo aveva fatto entrare, si era lasciata baciare. Ovvio che lui non pensasse che si volesse tirare indietro. Voleva farlo? Le mani di Robert adesso erano frenetiche, le stringevano le cosce fino a farle male.

    Lui si scostò di colpo e iniziò ad armeggiare con i propri vestiti.

    Rapida, Victoria si mise a sedere e gli posò una mano sulla sua.

    – Fermiamoci qui.

    Fu lui adesso a prendere un respiro.

    – È la prima volta? – chiese.

    Le si concesse un sorriso storto.

    – Non ho neanche quattordici anni e sono la pupilla dei Morozov.

    – Hai paura, ma non ti faccio male, forse un po’ all’inizio, ma poi ti piace. Lo so.

    Non aveva dubbi che le avrebbe fatto male, con la delicatezza di cui aveva dato prova. Cazzo. Non era come se l’era immaginato nel pomeriggio. E non voleva che la sua prima volta, la sua unica volta con ogni probabilità, fosse una cosa dolorosa e affrettata.

    – Te lo aspettavi. Mi spiace. È colpa mia. Non mi va – disse, in fretta.

    Non voleva ferirlo.

    Lo fece lo stesso.

    – Non puoi dirmi di no adesso. Poi ti piace.

    Come se questo chiedesse la questione, le fu subito di nuovo addosso, sbilanciandola col proprio peso. Ormai le aveva slacciato il corpetto e la sue mani arrivavano ovunque. Forse, pensò Victoria, aveva ragione. A un certo punto avrebbe ripreso a essere piacevole. Robert trovò il suo seno e lo strinse fino a strizzarlo, mentre un gorgoglio di piacere gli saliva dalla gola. No, pensò Victoria, non migliorava. 

    Approfittò di un nuovo armeggiare di Robert con i propri vestiti per scivolare di lato.

    – No, mi spiace. Non questa sera – disse, cercando di risistemarsi il vestito.

    Di colpo si sentiva sgualcita, fuori posto. Non le andava di essere vista da nessuno, neppure da Robert.

    Lui di certo non era più ordinato, con le bretelle che reggevano i pantaloni mezze slacciate. La guardò con la fronte aggrottata, come se davvero non riuscisse a capire.

    – Certo, tu sei Victoria, per te le regole sono sempre differenti – sibilò. – Pensi che le altre ragazze abbiano potuto fare tutti questi capricci? Il padrone, il capo turno, un ragazzo più grande. Mica hanno potuto scegliere. Nessuno ha portalo loro una rosa.

    Victoria si sentì all’improvviso le lacrime agli occhi.

    – Mi hai comprato con una rosa? – mormorò, desolata.

    Lui sospirò, frustrato da una situazione che non capiva fino in fondo.

    – Non puoi invitarmi nella tua camera, lasciarti baciare e rinunciare adesso – riprese. – Poi ti piace. Non costringermi a farti male.

    – Vuoi costringermi? – non poteva davvero essere arrivata a quel punto con Robert. – Devo urlare?

    Lui fece un mezzo ghigno.

    – La finestra l’hai aperta tu, dall’interno. Io rischio il posto, tu rischi tutto – poi sospirò. – Non voglio essere cattivo, succede a tutte, la prima volta, hai solo paura.

    Robert si mise in piedi e, con un movimento deciso, le afferrò il polso per a tirarla verso di sé.

    Sbilanciato com’era per l’eccitazione e per l’alcol, fare leva e torcergli il braccio fu fin troppo semplice. Mentre Robert ricadeva sul letto, con la mano libera Victoria afferrò il cuscino e glielo premette sulla bocca per impedirgli di urlare.

    – Hai ragione, le mie regole sono differenti – disse, con un ginocchio sul petto di lui per bloccarlo. – Non costringermi a farti del male, vattene.

    Chissà se se n’era accorto che adesso le lacrime le scorrevano dagli occhi fino al mento?

    – Non urlare – gli sussurrò, mentre lo liberava.

    Robert si prese il braccio con la mano sana. Se non altro, ora lo sguardo era molto più lucido. Aprì la bocca per parlare, ma poi scosse il capo.

    – Mi spiace – mormorò ancora Victoria, a voce così bassa che il ragazzo probabilmente non sentì.

    Arretrò verso la finestra, senza darle le spalle, con ancora lo sguardo spaesato.

    Era stato il suo migliore amico.

    Ne ascoltò la discesa lungo l’albero e solo quando fu certa che fosse arrivato a terra abbracciò il cuscino per soffocare i singhiozzi.

 

    L’alba sul lago era bellissima. 

    La brezza del mattino ne increspava appena le onde. Sulle acque scure si specchiavano ancora le  tre lune, la più grande quasi piena e due piccoli falci, destinate a svanire con l’avanzare del giorno. 

    Victoria osservava il paesaggio da uno dei rami più alti del noce, all’incirca altezza della sommità del tetto. A un punto indefinito della notte insonne, la stanza piena di fiocchi era diventata intollerabile. La ragazza si era infilata le scarpe più comode che avesse portato e l’abito meno pretenzioso ed era andata a cercare un posto che sentisse più suo.

    Il movimento delle fronde l’avvisò che qualcun altro stava salendo. Un istante dopo la testa ricciuta di Chris emerse tra le foglie.

    – Cosa ci fai qui? – chiese Victoria, ostile.

    – Dovrei farti io questa domanda. Mi arrampico su quest’albero da quando avevo cinque anni.

    Chris era alloggiato proprio sopra di lei. Chissà, con il suo udito da Ali Nere, cosa aveva sentito dei fatti della notte? Di certo, Victoria non aveva intenzione di dargli spiegazioni.

    – Ho pensato che poteva essere l’ultima occasione per farlo – continuò il ragazzo, sedendosi accanto a lei con fare casuale.

    Il mondo era molto più in basso. Chiunque, vedendoli dal prato, si sarebbe allarmato. Se il ramo si fosse spezzato, Victoria aveva almeno tre piani d’azione per arrivare a terra senza danni. Chris era più bravo di lei in quelle cose e probabilmente ne aveva cinque o sei.

    – Che cos’ha che non va la tua famiglia? – chiese Victoria, quando il silenzio iniziò a pesarle.

    – Mio padre deve controllare tutto, come mi vesto, come parlo, chi frequento, cosa leggo – rispose Chris, senza guardando i propri piedi che ondeggiavano nel vuoto. – Nulla di che, ma è snervante… Forse, però, scampo Marina.

    – Le spezzerai il cuore – commentò Victoria, con una smorfia.

    Anche lei era molto interessata ai propri piedi.

    – Al contrario. Romperà lei il fidanzamento. Morozov non vuole che i suoi uomini si sposino mentre sono in servizio attivo. Non ha intenzione di aspettarmi per altri quindici anni. Pericolo scampato.

    Victoria si chiese se ci si doveva nascere o se era un’attitudine che si poteva imparare, il prendere tutto con quella leggerezza.

    – Quindi via libera alla cameriera – buttò lì, spiandolo con la coda dell’occhio.

    – Naa… Non so più come liberarmi di lei. All’inizio era divertente. Ma vuole ogni volta un regalo nuovo. Per pagare, tanto vale andare alla Rosa Bianca, appena ne avrò l’età. Lì c’è molta più scelta.

    In posizione strategica entro in chilometro di reperibilità dal quartier generale, il bordello faceva buoni affari con i generosi stipendi delle Ali Nere.

    Qualcosa fece ridere Chris.

    – Non avrei mai immaginato di raccontare queste cose a una ragazza! – esclamò, voltandosi a guardarla. Poi tornò serio. – Il tuo garzone?

    – Che ne sai del garzone?

    Lui gli fece una perfetta imitazione dello sguardo di Vadez, quando rispondevano male a una domanda elementare sulle manovre con le ali.

    – Lo conoscevo quando ero un’altra persona. Ma adesso siamo cambiati.

    – Lo hai baciato e non ti è piaciuto – riassunse Chris.

    Victoria valutò se valesse la pena di sbilanciarsi per schiaffeggiarlo. Avrebbero fatto cadere foglie e rametti. Forse qualcuno se ne sarebbe accorto.

    – Può essere – si limitò a dire, guardando il cielo.

    Le lune non si vedevano più.

    – Volevo essere io il primo a baciarti – se ne uscì Chris, ostentando serietà.

    Victoria si concesse un sorriso.

    – Neanche ti eri accorto che ero una ragazza!

    Azzardò una spinta amichevole alla sua spalla.

    – E allora? Volevo baciarti comunque – fece Chris, sornione.

    Victoria scoppiò a ridere.

    – Mentre eri impegnato a slinguazzarti la cameriera?

    Lui si strinse nelle spalle.

    – A volte si sceglie quello che è più accessibile.

    – Invece che lottare per ciò che è degno? – lo punzecchiò Victoria.

    – Se avessi lottato, sarei diventato il primo a baciarti?

    – Chissà… – rispose Victoria, portandosi un dito alle labbra, in una posa fintamente pensierosa.

    – Posso baciarti ora? Ho scalato l’albero per venire da te.

    Non era facile capire se Chris parlava sul serio oppure no.

    – Non voglio essere baciata da uno che si è accorto dopo due anni che sono una ragazza – decise.

    – Non mi importava. Mi piaci ancora di più vestita normalmente. 

    – Slinguazzare la cameriera era un modo per corteggiarmi? – lo provocò.

    – Era un modo per passare il tempo nel tentativo di capire come corteggiarti.

    – Le fai così le strategie tattiche per le battaglie?

    Risero entrambi. Chris poi tornò serio.

    – Non sto scherzando. Sei il migliore amico che abbia tra i cadetti e mi piaci, anche se non penso a te come una ragazza. Siamo Ali Nere. Le nostre regole le facciamo noi. Solo che non sapevo come fare… Posso baciarti ora?

    Lei scosse la testa, per cercare di non ridergli in faccia.

    – No, ma puoi ritentarci, in futuro, a corteggiarmi.

    Chris sbuffò.

    Poi si buttò all’indietro, reggendosi al ramo solo con le gambe.

    – Se lo fai tu, ti si vedono le mutande – la canzonò.

    – Le nostre regole le facciamo noi – replicò Victoria. – E non c’è nessuno a guardarci.

    Ma non si buttò all’indietro. 

    Rimase a guardare Chris che si dondolava a testa in giù.

    Doveva imparare a fare come lui, godersi gli attimi di libertà che la vita regalava. Farsi le proprie regole. Ma almeno lì, in cima all’albero, indecisa se buttarsi anche lei all’indietro, mostrando le mutande al cielo, si sentiva se stessa, qualsiasi cosa fosse. Tutta intera e non frammentata in diverse identità fatte tutte in parte di menzogne. Si chiese se ci fossero altri posti al mondo, altri momenti in cui si sarebbe sentita di nuovo integra. Per il momento, si disse, poteva almeno cercarne un riflesso negli occhi ridenti di Chris. Considerando quello che era accaduto a Tara, già quello era un privilegio.    

Eccoci arrivato in fondo a questo primo assaggio con il mondo de "L'assedio degli angeli".
Spero che vi abbia incuriosito e che vi siate affezionati almeno un po' a Victoria.
La ritroveremo presto (pandemia permettendo) nel prossimo racconto, ambientato una decina di anni dopo, in cui inizieremo a scoprire qualcosa (poco) sugli angeli.
Grazie a tutti coloro che sono arrivati fin qui.
Tenar
   
 
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