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Autore: Severa Crouch    12/11/2020    11 recensioni
Si dice che un Potter porti sempre scompiglio a Hogwarts. Lo sa bene Minerva McGranitt, l’anziana preside della scuola di magia e stregoneria più prestigiosa d’Inghilterra, che ha allertato Prefetti e Capiscuola in vista dell’arrivo del primogenito di quello che fu il Bambino che è Sopravvissuto.
Come se fosse una maledizione legata al nome, con l’arrivo di James Sirius, strane presenze compaiono tra i corridoi della scuola, riportando a galla gli echi di una guerra finita.
In modo del tutto speculare, con reciproche diffidenze e sospetti, i cugini Weasley-Potter e i fratelli Lestrange indagano su quelle apparizioni, cercando di fare luce su quel mistero che riapre ferite che sembravano guarite.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Nuova generazione di streghe e maghi, Teddy Lupin, Victorie Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo 1

 

 

Grimmauld Place n. 12, Londra, 31 agosto 2015

 

Teddy provava sempre uno strano effetto nell’entrare in quella casa dalla quale zia Ginny non era mai riuscita a rimuovere del tutto l’alone tetro che la permeava. Molti orrori erano scomparsi nel corso degli anni, a partire dalle teste mozzate di elfi appese sopra le scale che da piccolo lo terrorizzavano.

“Teddy!” esclamò Harry andandogli incontro in quell’atrio buio dal quale era scomparso l’odioso portaombrelli a forma di zampa di Troll. “Andromeda ti ha lasciato venire da solo?”

“Sì, la nonna ne ha approfittato per andare al cimitero. Credo che il primo settembre le metta sempre un po’ di tristezza.”

“Come a tutti noi, del resto.” Harry gli mise un braccio intorno alle spalle e lo guidò verso il soggiorno. “Sono felice che tu sia qui e non riesco a credere che questo sia il tuo ultimo anno! Il tempo è volato!” Il suo padrino non era solo la persona più vicina a un padre che Teddy avesse mai avuto, ma era anche l’unico che sembrava capire perfettamente come potesse sentirsi. Non c’era mai stato bisogno di molte parole tra loro due.

“Non so se il prossimo anno sarai felice di vedermi tutti i giorni al ministero,” ridacchiò entrando in soggiorno, mentre Harry annunciava ai figli: “Guardate chi ci ha raggiunti!”

“Teddy!” esclamò James abbandonando la copia della Gazzetta del Profeta sul divano per raggiungerlo saltellando allegro. “Allora domani faremo il viaggio insieme?”

“Ci puoi giurare!” Rispose facendogli un occhiolino. “Stavi leggendo le cronache della tua fama? Sei pronto a prendere il mio posto sotto i riflettori? A sentirti tutti gli occhi puntati addosso e le voci che mormorano: è il figlio del Prescelto!

James alzò gli occhi al cielo.

“Veramente stavo leggendo l’articolo di mamma sull’ultima partita dei Cannoni di Chudley. C’è andata giù pesante. Immaginavo il cuore di zio Ron che si spezzava!” James parlava imitando il dolore di Ron. Teddy ridacchiò al pensiero di quanto fosse bravo a cogliere alcuni tratti delle persone, aveva spirito di osservazione e una vena comica notevole. Subito dopo, si abbandonò a un sospiro: “Ho letto anche gli articoli della Gazzetta del Profeta sul mio arrivo a Hogwarts… Papà mi ha raccontato come sono stati i vostri primi anni e spero solo di trovare degli amici fantastici. Per fortuna ci sarà Louis con me e farò il viaggio anche con te, Vic e gli altri.”

“Teddy!”

Albus arrivò trafelato dalle scale e gli corse incontro per abbracciarlo. Sentì le braccia del bambino stringersi intorno alla vita mentre sprofondava la testa contro il suo stomaco con la sua solita irruenza. Teddy accusò il colpo. Ormai era abituato a parare i Bolidi, specie da quando Victoire era diventata Battitrice di Grifondoro.

“Albus! Pronto a rimanere il più grande in casa?”

Albus scosse la testa: “No, mi mancherà James. Lily è chiusa in camera a piangere. Le ho detto di scendere in salotto e di non sprecare l’ultima sera con James ma non mi ha dato retta!”

“Che ne dite se ci provo io?” domandò Teddy.

“Dille di non fare la solita guastafeste!” borbottò James.

“Vieni con me, James, credo che lo apprezzerà.”

Salirono le scale scricchiolanti fino alla stanza di Lily Luna Potter che era stata decorata con una serie di stelle e adesivi magici di animaletti che correvano lungo il legno della porta. Il disegno di un Asticello percorreva il profilo della maniglia come se fosse un trampolino, indeciso se tuffarsi o tornare indietro. Teddy bussò e dall’altra parte si sentì tirare su con il naso.

“Lily? Sono io, Teddy! Mi vieni a salutare? C’è anche James…”

La porta della stanza si aprì. L’Asticello perse l’equilibrio e cadde dalla maniglia, si salvò aggrappandosi all’adesivo di una liana e tornò ad arrampicarsi verso la maniglia mentre sulla soglia compariva una piccola Lily con gli occhi nocciola lucidi e un po’ arrossati. Sorrise imbarazzata. Teddy si abbassò alla sua altezza e le disse: “Ehi, sei la mia cuginetta preferita! Non essere triste! Natale arriverà prestissimo e io e James saremo di nuovo a casa.”

James annuì: “Ti scriverò, Lily, e racconterò a te e Albus tutto su Hogwarts, sui professori, sui compagni di Casa… Sarà come se anche tu fossi lì con me. Sarà strano essere in una scuola senza te e Albus, ma non voglio che tu sia triste, ok?”

Lily annuì e si decise a scendere al piano di sotto. Passò la serata abbracciata al papà, mentre la cucina di casa Potter si riempiva del profumo dello stufato di Ginny, che ricordava moltissimo quello di Molly, e delle chiacchiere e gli scherzi con James e Albus.

Teddy riuscì a coinvolgere Lily in una partita a Sparaschiocco prima che arrivasse l’ora di andare a letto e si lasciò battere per risollevarle l’umore. Riuscì persino a farla ridere cambiando il colore dei capelli su richiesta. Lily gli aveva chiesto il colore del vestito della sua bambola e Teddy aveva colorato i suoi capelli rosa cicca, esattamente come quel vestito. Con la coda dell’occhio, Teddy vide Ginny afferrare la spalla di Harry e scambiarsi uno sguardo e un sorriso.

Conosceva quei sorrisi velati di tristezza, aveva imparato a decifrarli fin da bambino, ogni volta che inciampava in qualcosa, quando sua nonna cercava di nascondere le lacrime per qualcosa che lui aveva detto, o per il modo ostinato in cui si rifiutava di farle sapere che qualcosa non andasse. Odiava quei sorrisi. Sapeva che erano il modo in cui i suoi genitori erano lì, accanto a lui, e gli ricordavano quanto di loro ci fosse in lui. Al tempo stesso, però, gli ricordavano quanto fosse diverso, solo. Improvvisamente non era più Teddy, era il figlio di Remus e Dora. L’orfano dei Lupin.

Harry era l’unico a capirlo, forse perché anche lui era passato per quel sentiero e, come le altre volte, gli sorrise bonario e gli allungò una bottiglia di Burrobirra.

“Ginny ha rivisto sé stessa in Lily, durante la guerra, quando Tonks cambiava il colore dei capelli e il suo aspetto per farla ridere. Ci sono cose che tornano, ed è inevitabile, come lo sguardo di Sirius quando mi vedeva duellare, ma noi non siamo loro.”

“Sei l’unico che capisce cosa si provi.”

“Siamo anche gli unici orfani,” gli disse prima di prendere un sorso di Burrobirra. Sospirò guardandosi attorno: “Sirius e tua nonna ci hanno insegnato che non sempre è la morte dei genitori a renderci orfani.”

“È solo che continua a tornare e tornare, in continuazione. A volte penso che non riuscirò mai ad andare oltre.”

“E come potresti? Imparerai a conviverci, a far pace con il passato e prepararti al futuro. Pensa che domani rivedrai Victoire. Mi sembra che lei veda solo Teddy, proprio come Ginny vede solo Harry.”

Teddy sorrise al pensiero della sua Victoire e annuì allo zio.

“Lo dico sempre ad Andromeda: le fa male passare troppo tempo da sola, con i fantasmi del passato.”

“Lo so, ma non puoi nemmeno chiederle di rimettere piede in questa casa dopo che ha passato molti anni a cercare di fuggirne. I suoi fantasmi sono tra queste mura.”

Harry mandò giù un altro sorso di Burrobirra e Teddy si domandò se suo zio avesse mai riflettuto a sufficienza su cosa significasse per Andromeda Tonks (perché il cognome da nubile lo aveva ripudiato) rimettere piede a Grimmauld Place, in quella che fu la dimora dei Black. Evidentemente no, a giudicare dalla tristezza che colorò il suo volto.

“Ti prego, Teddy, scegli un altro colore, non il grigio per i tuoi capelli,” lo implorò.

“Sì, nonna me lo dice sempre, è stato il periodo peggiore di mia madre.”

“Eravamo tutti così arrabbiati con tuo padre!” Harry scuoteva la testa amareggiato mentre ricordava. “Lo capivo, eh, perché anch’io avevo le sue stesse tendenze… Anch’io ho lasciato Ginny e volevo partire da solo alla ricerca degli Horcrux, non credere…” Mandò giù un sorso di Burrobirra e continuò, questa volta con un sorriso: “Ginny e Tonks erano forti, come Fleur con Bill, e Victoire ha preso dalla madre molto più del sangue di Veela. Persino tu hai molto di Tonks ed è per questo che non vedo l’ora di averti come Auror in ufficio.”

“Non te ne pentirai? Non pensi che parleranno di favoritismi? Insomma, già lo stanno facendo!”

“Non mi importa. Scriveranno comunque delle cattiverie, saranno sempre lì, con il dito puntato, pronti a giudicare, ma noi dobbiamo andare avanti, Teddy. Non si può piacere a tutti, ricordalo, anche se Tosca pensa che dobbiamo essere tolleranti e accoglienti.”

“In effetti è un discorso molto da Grifondoro, il tuo!”

“Tuo papà era un Grifondoro e quindi un po’ di influsso di Godric è anche dentro di te!” Si scambiarono uno sguardo di intesa.

Teddy si era sempre domandato come sarebbe stato finire in Grifondoro come suo padre, mettersi sulla linea di quelli che un tempo si erano definiti “i Malandrini” e solo il nome da un lato gli faceva simpatia, dall’altro gli dava qualche brivido, ma solo quando si ricordava di essere un Caposcuola.

“Il Cappello Parlante aveva valutato di mandarmi in Grifondoro, sai? Poi ha scelto Tassorosso, come la mamma e il nonno.”

“È un’ottima Casa. La lealtà e la pazienza sono virtù preziosissime, soprattutto per fare l’Auror. Sapessi con quante scartoffie avrai a che fare prima di trovarti sul campo!”

Scoppiarono a ridere. Gli occhi di zio Harry lo guardavano complici e Teddy capì che si stava prendendo cura di lui come suo padre si era preso cura di zio Harry. Sperò che questa assurda catena di dolore si interrompesse lì, con lui, e che in futuro i figli sarebbero stati cresciuti dai genitori, e che le cene di famiglia non sarebbero state più così intrise di tristezza. Sperò che l’attesa del primo settembre tornasse ad essere un giorno allegro.

“Harry, che ne dici di lasciar andare a dormire Teddy?”

Ginny li richiamò all’ordine e Teddy si ritrovò nella stanza degli ospiti. Vide che era stata ridecorata da poco: il verde e i mobili scuri dei Black erano scomparsi per lasciare il posto a pareti candide, letti chiari e morbide e accoglienti coperte dalle tinte calde. Si stese nel letto immaginando il tepore confortevole che l’indomani avrebbe sentito nuovamente nel suo dormitorio.

 

***

 

Castello Lestrange, Cornovaglia, 31 agosto 2015

 

“Rabastan hai preso la scopa?”

“Sì, mamma!” brontolò dal divano su cui era sdraiato, intento a leggere l’ennesimo romanzo di avventure, tutto duelli di magia, cavalieri, draghi e altre creature magiche. Era il sesto che leggeva quell’estate, tutti di Raymond Laurent, il suo autore preferito.

“Non ti lamentare se poi non puoi sostenere le selezioni di Quidditch perché l’hai dimenticata!”

“Se dimentico qualcosa chiamo Polly e me la faccio portare. Stai tranquilla,” borbottò tornando a immergersi tra le pagine del suo romanzo.

Roland sospirò rivolgendo uno sguardo desolato alla mamma: “Lo sai che poi dovrò sopportarlo io che sono il Capitano?”

“Dagli una chance, ma senza favoritismi.”

Sua madre era seduta sul divano intenta ad accarezzare la schiena di Roddie che, come al solito, era attaccato a lei. “Il posto in squadra se lo deve meritare: non possiamo rischiare che Serpeverde perda la Coppa.”

Roland si abbandonò sul divano accanto a lei. Il baule era pronto e se, da un lato, non vedeva l’ora di tornare a Hogwarts per rivedere Lucile, d’altro lato, partiva con la preoccupazione di lasciare sua mamma a casa da sola.

“Cosa farai adesso che partiremo, mamma?”

Sua mamma sospirò. “Tornerò al Ministero con Theodore. Ci sarà da combattere un po’. Guarda la Gazzetta del Profeta che campagna che ha fatto per l’arrivo del primogenito di Potter a Hogwarts! Stanno smontando il nostro mondo a suon di applausi.”

“La preside ha mandato una lettera a noi Prefetti per avvisarci dell’arrivo di Potter. Ha sottolineato che ogni Potter ha portato scompiglio a scuola. Mi domando che cosa potrà mai fare…”

“Io ho incrociato il nonno di questo ragazzino, James Potter, frequentava Hogwarts durante i miei anni ed era un terremoto. Si pavoneggiava e se la prendeva con gli studenti più deboli. Direi che come Prefetti dovrete vigilare. Pare che questo ragazzo abbia il nome di due dei peggiori studenti di Hogwarts: James Potter e Sirius Black!”

Sua mamma fissò il camino sospirando. C’erano dei nomi, legati alla sua infanzia, che avevano il potere di rattristarla. Roland le mise una mano intorno alla spalla e le domandò: “A fine mese dovrebbe tornare papà, vero?”

Lo sguardo di sua mamma cambiò improvvisamente e tornò di nuovo luminoso. Roland aveva imparato nel corso degli anni quanto i suoi genitori fossero legati e quanto il passato fosse un argomento di cui non parlavano volentieri. La guerra era stata troppo dolorosa, dicevano.

“Qual è la prima cosa che farai quando rivedrai papà?” le domandò.

“Quando diventi maggiorenne te lo dico,” gli rispose con un sorriso. Roland scoppiò a ridere, mentre Roddie esclamò scandalizzato: “Ma mamma!”

“Lo so che trovate scandaloso che alla nostra età siamo ancora così innamorati, ma succede se passi gli anni migliori tra la guerra e la prigione,” disse tranquillamente, “Credo che il Natale arriverà presto quest’anno!”

“Natale!” esclamò Rabastan sollevando lo sguardo dal libro. Lo videro abbandonarlo sul divano e uscire di corsa dal salone. Roland, Roddie e la mamma si guardarono perplessi.

“Si sarà ricordato qualcosa,” sospirò la mamma che pigramente continuava ad accarezzare la schiena di Roddie.

“Si staccherà mai da te?” le domandò alludendo al modo in cui Roddie le stava attaccato. Nessuno in famiglia aveva mai capito l’attaccamento che Roddie avesse per la mamma che finiva per essere monopolizzata da lui.

“Sento che questo è l’anno buono. Il mio quarto anno ad Hogwarts è stato meraviglioso! Persino tu e Orion siete cresciuti durante il quarto anno. Roddie la prossima estate sarà un giovane e affascinante mago, vero?”

“Sono già un giovane e affascinante mago, mamma, solo che le mie compagne di scuola sono noiose e sgraziate.”

Roland alzò gli occhi al cielo: “Praticamente sta cercando una come te…”

Roddie protestò: “Papà ha detto di non avere fretta, che lui e la mamma si passano tredici anni. Posso aspettare, magari la mia anima gemella sta nascendo in questo momento.”

“Non pensi che nel frattempo potresti divertirti?” gli domandò provocatorio. Insomma, pensare già alla fidanzata, a quattordici anni! Che poi, Roddie a breve avrebbe compiuto quindici anni, visto che era nato a settembre, nel giorno di Mabon.

“Solo se trovo qualcuna che non sia noiosa e sgraziata.”

“È un ragazzo esigente, mi sembra giusto.”

La mamma finiva sempre per prendere le difese di Roddie e, secondo Roland, questo era il motivo per cui lui non si sarebbe mai staccato da lei. Videro tornare Rabastan trafelato con un foglio di pergamena in mano. “Mamma! Il permesso per le uscite ad Hogsmeade!”

La mamma fece un respiro profondo e sollevò gli occhi al cielo. Si divertiva un mondo a tenere Rabastan sulle spine quando le chiedeva qualcosa. Si voltò e gli domandò: “Che dici, Roland, dovrei dare il permesso a tuo fratello per andare a Hogsmeade? Secondo te, è in grado di comportarsi bene e non mettere in imbarazzo il nome dei Lestrange?”

Roland rise e iniziò a grattarsi il mento, come se stesse valutando il da farsi.

“Dai, Ro!” esclamò Rabastan che si stava spazientendo. Roland fece spallucce e disse: “Se l’hai dato a Roddie l’anno scorso, puoi darlo anche a Rab!”

“Ma Roddie mi ha corrotto con una grandissima scatola di Api Frizzole,” disse la mamma pensierosa mentre guardava il figlio e si godeva il fatto di tenerlo sulle spine: “Non so, Rabastan, cosa pensi di potermi portare da Mielandia per Natale in cambio del permesso?”

“I Cioccocalderoni Fondenti!” esclamò convinto.

Roland sorrise: era troppo facile indovinare i gusti della mamma. Adesso lei si mordeva un labbro fingendo di rifletterci su, anche se tutti loro sapevano che era una messinscena. Allungò la mano verso Rabastan e siglarono il patto. “Andata! Mi aspetto una bella confezione di Cioccocalderoni Fondenti per Natale, magari quelli con le nocciole!” lo guardava mentre firmava il permesso e poi gli disse: “Guarda che se ti dimentichi, scrivo alla Preside e ti revoco il permesso!”

Rabastan scosse la testa: “Grazie, mamma! Avrai una scatola enorme!”

La mamma scoppiò a ridere e gli porse la pergamena che Rabastan corse a infilare nel baule insieme alle ultime cose. La mamma rivolse poi uno sguardo a lui e suo fratello e disse: “Sarà meglio che andiamo a dormire tutti quanti. I vostri cugini sono già a nanna e domani sarà una giornata lunga!”

Si ritrovarono a colazione, dopo una notte in cui Roland continuava a svegliarsi e interpretava il mare in tempesta come un cattivo presagio. Si ripeteva che non aveva alcun motivo di preoccuparsi, che suo padre presto sarebbe tornato a casa, che la mamma sarebbe stata impegnata con il Ministero e che c’erano sempre zio Rabastan e zia Pucine su cui fare affidamento. Si stropicciò gli occhi ed ebbe la sensazione che i presagi non riguardassero sua mamma né suo padre ad Azkaban, ma Hogwarts. Rabbrividì sotto le coperte, mentre si decideva ad alzarsi e prepararsi per la partenza.

Indugiò in bagno, nella speranza che la doccia potesse togliere le tracce della notte agitata. A sua madre sarebbe bastato un solo sguardo per cogliere tutti i segni che certe notti portavano. In fondo, aveva ereditato da lei quella specie di dono, o maledizione, fatto di piccoli indizi che il futuro svelava senza preavviso. Non c’era modo di scoprire di cosa si trattasse, se fosse evitabile. Viveva all’erta, in un perenne stato di tensione. L’attesa del pericolo l’aveva reso molto protettivo nei confronti dei fratelli, soprattutto da quando Orion era andato a vivere per conto suo e lui era diventato il maggiore.

“Bonjour Roland,” la mamma lo salutò con un bacio sulla guancia.

“Bonjour, maman,” rispose in rimando. Sentì la mano di lei sulla guancia in una carezza che sciolse le sue resistenze. Gli domandò: “Hai avuto un’altra notte tremenda, eh?”

Roland chiuse gli occhi e annuì stancamente.

“Coraggio, non puoi fermare il futuro.”

“Si tratta di Hogwarts, mamma,” gli disse con un filo di voce, aspettando che lei si preoccupasse. Sua mamma, invece, gli sorrise incoraggiante: “Pensa che ci saranno gli insegnanti ed è uno dei posti più protetti del mondo magico. Se qualcosa di terribile deve arrivare, Hogwarts è uno dei posti migliori per affrontarlo. Sei pronto, Roland, lo so che lo sei.”

“Ma quest’anno non ci sono state le lezioni di papà…”

“Vi siete allenati con zio Rabastan. State vicini, guardatevi le spalle, scrivete a casa e, in caso di necessità, avvisate i vostri professori. Il professor Pucey, il Direttore di Serpeverde, vi darà una mano volentieri. Ricorda che non sei solo.” Sentì la mano della madre accarezzargli la schiena e sussurrargli: “Ricorda, Roland, il modo migliore per avverare una profezia è cercare di impedirne la realizzazione. Abbiamo perso due guerre magiche perché abbiamo ignorato questa regola base. Per questo, anche se non vorrei staccarmi da voi, devo lasciarvi andare a Hogwarts. Non posso permettere che veniate cancellati mentre siete tra le mie braccia. Vi prometto che in qualsiasi linea temporale, io e papà vi troveremo e torneremo ad essere una famiglia.”

Le carezze e le parole della mamma riuscirono a calmare alcune delle paure di Roland. Da quando l’estate scorsa la mamma aveva fatto quella profezia sul tempo che sarà girato e sul ritorno dell’Oscuro Signore, Roland viveva nel terrore che qualcuno modificasse il tempo impedendo alla mamma e al papà di formare la loro famiglia, cancellando tutti i nati nel dopoguerra. Roland alzò lo sguardo e incrociò quello determinato e rassicurante della mamma.

“Siete dei Lestrange, non siete fatti per nascondervi e aspettare il destino senza combattere.”

L’arrivo di zio Rabastan, zia Pucine con i cugini, Philomène e Cyrille, interruppe quel momento. Zio Rabastan lo guardava divertito e gli domandò “Cos’è questa tenerezza, Roland?” mentre i cugini si sedevano intorno al tavolo. Più tardi avrebbero preso una Passaporta per Parigi. A mezzogiorno in punto, Philoméne sarebbe partita per il suo primo anno a Beauxbatons dalla Gare du Nord di Parigi con un treno speciale del tutto simile all’Hogwarts Express.

Roland sapeva che gli zii erano venuti per dare una mano alla mamma, per non lasciarla da sola tutta l’estate mentre papà era ad Azkaban. Lo aveva sentito in una conversazione tra Orion e zio Rabastan.

“Approfittavo dell’assenza di Roddie…” scherzò cercando di sdrammatizzare. Non voleva incupire il giorno della partenza con il pensiero di presagi funesti, solo sua madre era in grado di capirlo.

Nemmeno fossero stati evocati, Roddie e Rab si trascinarono nella sala della colazione, mentre discutevano di quello che sarebbe stato il programma del terzo anno di Rabastan.

Erano molto più avanti dei loro compagni nello studio degli incantesimi, e questo dava loro tempo per concentrarsi anche su altri aspetti da approfondire. Erano certi che avrebbero avuto ottimi voti con poco sforzo, perché gli incantesimi dei primi due anni li avevano già studiati con Erbert Rosier, il loro precettore, non appena la magia spontanea aveva iniziato a manifestarsi con frequenza, verso i nove anni. Avevano continuato così, e ogni anno arrivavano a Hogwarts conoscendo buona parte di quello che avrebbero studiato.

Dopo colazione si ritrovarono nell’atrio del castello con i bauli, il suo gufo Altair, la civetta di Roddie, Snowy, e Fulcran, il gatto di Rabastan. I cugini francesi non avevano apprezzato il fatto che Rabastan avesse chiamato il suo gatto come metà del loro albero genealogico, ma Rabastan aveva scrollato le spalle divertito e aveva detto che lo aveva chiamato in quel modo perché era un gatto permaloso come i cugini francesi. Cyrille non perdeva occasione per tirare la coda a quel gatto, attirandosi le ire di Rabastan.

Zio Rabastan rimpicciolì i bauli e insieme alla mamma e alla zia li inserirono nelle tasche dei mantelli da viaggio.

“I due Rabastan, insieme,” disse la mamma, “Roland, tu vai con Polly.” Roland diede la mano alla loro vecchia elfa domestica, “Roddie con me.” La zia e i cugini avrebbero finito di preparare i bagagli in attesa della Passaporta.

Roddie saltellò allegro e si attaccò al braccio della mamma mostrando una linguaccia a Rab. Roland e Polly si scambiarono un’occhiata e trattennero una risata, mentre i due Rabastan alzarono gli occhi al cielo in un modo che sottolineava tutta la loro somiglianza. Pochi istanti dopo si ritrovarono sulla banchina del binario 9 e 3/4 della stazione di King’s Cross.

Roland intercettò lo sguardo disgustato di sua madre nel vedere la troupe della Gazzetta del Profeta in attesa dell’arrivo del primogenito di Harry Potter. Rita Skeeter era in prima fila con tanto di boccoli biondi in ordine e un completo verde acido che era impossibile non riconoscere. Zio Rabastan scoppiò a ridere nel vederla e strinse la spalla alla mamma dicendo: “Andiamo a cercare uno scompartimento per i ragazzi.” Roland non riuscì a decifrare gli sguardi della mamma e si limitò a seguirli dopo che Polly con un inchino si era congedata per rientrare al castello.

“Fanno solo il loro lavoro,” disse lo zio.

“No, Rab, non la difendere dopo tutti questi anni. È vergognoso: celebrare un ragazzino che non ha mai impugnato una bacchetta come se fosse un eroe.” Roland osservò il modo in cui sua mamma scosse la testa e tornò a sorridere nella loro direzione. “Vieni, qui, Roland, fatti abbracciare.” Sentì le braccia della mamma che lo stringevano forte, seguito da un bacio sulla fronte. Poi fu il turno di Rabastan e infine quello di Roddie, che arrivò per ultimo e fu il più lungo perché lui era il cocco della mamma.

Caricarono i bauli sul treno e Roland andò alla ricerca di uno scompartimento vuoto. Lucile Dolohov gliene mostrò uno che aveva occupato e dove potevano sistemare anche i loro bauli.

“Vado a recuperare Roddie, prima che il treno parta,” le disse.

“Hai letto la lettera della preside?”

“Sì, patetica!”

Percorse con lo sguardo la banchina, alla ricerca di Roddie, lo trovò ancora attaccato alla madre. Andò loro incontro, facendosi largo tra la folla di studenti, genitori e bauli. Lungo il tragitto incontrò Victoire Weasley, prefetto di Grifondoro, che condivideva con lui l’origine francese e l’essere Capitano della squadra di Quidditch. Indossava l’uniforme con la spilla da Prefetto ben in vista.

“Bonjour, Victoire, pronta per la riunione?” le domandò. Samuel Finnigan, l’altro Prefetto di Grifondoro, aveva convocato una riunione dei prefetti e dei capiscuola per organizzare i primi turni di ronda e dividersi i vagoni da controllare sul treno. Lo scorso anno, quel simpaticone di Fred Weasley jr, aveva avuto la splendida idea di testare alcuni fuochi d’artificio sul treno seminando il panico tra i bambini del primo anno.

“Tornatene nelle fogne, Lestrange.” La voce perennemente arrabbiata di Lupin fu la sola risposta che ricevette. Roland lo guardò con un ghigno sul volto. Non aveva nessuna intenzione di farsi intimorire da quello lì. “Non scaldarti così, Lupin, è il tuo ultimo anno. Non vorrai partire con il piede sbagliato?”

“Per te sono il Caposcuola Lupin.”

“Per me resti un mostro, come la tua fidanzatina. Adesso scusami, ma ho di meglio da fare.”

“Chiedi scusa!” urlò Teddy Lupin alle sue spalle. Roland lo ignorò, proseguì il suo cammino raggiungendo la madre e i fratelli. Non sopportava Lupin e la cosa era reciproca. Detestava quell’aria da vittima che aveva perennemente sul volto. Era uno dei vincitori della guerra, i suoi genitori venivano elogiati ogni due maggio, eppure sembrava che il mondo ce l’avesse con lui. Cosa ne sapeva di cosa significava avere un padre ad Azkaban?

 

***

 

King’s Cross Station, Binario 9 ¾, 1° settembre 2015

 

“Un commento per la Gazzetta del Profeta?”

“Rita, abbi pazienza, è solo un bambino.”

“Anche tu lo eri la prima volta che hai fronteggiato Tu-Sai-Chi. Paura di un confronto inevitabile con tuo padre? Di non finire in Grifondoro?”

James fissò quella donna senza vederla veramente, distratto da quella bocca rossa che formulava domande a raffica sotto gli occhiali pieni di strass. La mano di suo padre era salda intorno alla spalla e lo spingeva via, attraversando quella selva di fotografi e cronisti.

Harry borbottò: “Tutto ciò è eccessivo e imbarazzante.”

James attraversò con lo sguardo la banchina fino a scorgere Teddy e Victoire. Lì vicino stavano arrivando Molly, Lucy, Dominique e Louis. “Papà, eccoli!” li indicò allegro.

Harry salutò zio Percy e zio Bill. Vennero raggiunti anche dalla mamma con Albus e Lily, zia Fleur e zia Audrey. A vederli riuniti lì, sul binario della stazione di King’s Cross, sembrava quasi che stessero per andare alla Tana dai nonni e James dimenticò la folla di cronisti.

Il rumore di una Trombetta Starnazzante catturò la loro attenzione. Videro sfrecciare quella specie di palletta arancione tra le persone che si spaventavano al passaggio, mentre Roxanne la inseguiva urlandole dietro: “Torna qui!”

“Accio Trombetta!” Zio George richiamò quell’affare rumoroso e colorato, l’afferrò al volo e la disattivò. Subito dopo, James lo vide infilarlo nel baule di Roxanne facendole l’occhiolino.

“Non le avrai dato quell’aggeggio?” domandò zia Angelina con un sopracciglio alzato e le mani sui fianchi che ricordava molto l’espressione di nonna Molly. George e Roxanne si scambiarono uno sguardo complice e negarono in un modo così spudorato che James e Fred scoppiarono a ridere.

Fred quell’anno avrebbe iniziato il quinto anno, gli si avvicinò e sussurrò nell’orecchio: “Papà dice che non si sa mai quando questi aggeggi possano tornare utili.”

“Metti che ti serva un diversivo,” aggiunse Roxanne.

“Per fare cosa?” Non riusciva proprio a immaginare a cosa potesse servire una Trombetta Starnazzante a scuola. Roxanne gli fece l’occhiolino: “Per sfuggire a una punizione, naturalmente!”

“Speriamo che entrambi finiate in Grifondoro,” disse Fred cingendo con le braccia le spalle di James e Louis. “Sarebbe molto divertente essere tutti insieme in sala comune.”

Louis guardò James e gli disse: “Nel dormitorio potremmo giocare alla guerra con i cuscini.”

“Non farci vergognare, Louis.” Zia Fleur ebbe il potere di gelare l’entusiasmo di Louis, ma quell’effetto venne scacciato via come se si fosse scontrato con un incantesimo Scudo da zio Bill che sussurrò: “Tutto sta nel non farsi beccare!”

Salirono sul treno ridacchiando e occuparono un intero scompartimento. James sedette vicino a Louis e Lucy, di fronte loro erano seduti Fred, Dominique e Roxanne, mentre Victoire e Molly raggiunsero gli altri Prefetti e Capiscuola per la riunione iniziale.

Salutarono i genitori e a James si strinse il cuore man mano che il treno usciva dalla stazione e le figure di Albus e Lily si facevano sempre più piccole e lontane.

“Presto arriverà anche il loro momento,” gli sussurrò Roxanne, “ricordo quando Fred è partito per Hogwarts. È stato molto triste all’inizio, ma poi ci si abitua e in men che non si dica ci si ritrova sul binario per il primo anno.”

“Speriamo,” disse James tra sé e sé mentre il treno lasciava la stazione di King’s Cross.

Teddy gli aveva annunciato un viaggio imbarazzante, pieno di persone che lo fissavano perché era il figlio di Harry Potter o che gli facevano domande strane su suo padre. Così, aveva passato una notte orribile sognando i professori che lo rimproveravano perché suo padre a undici anni aveva già sconfitto Voldemort, mentre lui non riusciva nemmeno ad evocare correttamente un incantesimo. Di tutte le paure sul non essere all’altezza delle aspettative che circondavano il suo arrivo ad Hogwarts, tuttavia, ce n’era una che James Sirius Potter sentiva di non avere e riguardava il Quidditch. Peccato che fosse precluso agli studenti del primo anno.

Il viaggio nello scompartimento con i cugini fu, invece, molto divertente e ricordò il Natale alla Tana. Giocò a Sparaschiocco con Fred e Louis, mentre Lucy raccontava a Roxanne della sua estate in Francia da Victoire e Dodò, e di quanto fosse diversa la cucina francese rispetto a quella inglese.

Comprarono panini e dolcetti dalla signora del carrello e verso il tramonto indossarono le loro uniformi perché presto sarebbero arrivati a Hogwarts. Una volta indossate le divise, l’entusiasmo di Louis aumentò ancora di più e finì per contagiare tutto lo scompartimento. I corridoi del treno si affollarono di studenti man mano che ci si avvicinava ad Hogwarts e si potevano riconoscere quelli del primo anno perché erano gli unici a non indossare i colori delle Case di appartenenza.

“Sarebbe una gran seccatura se non finiste a Grifondoro,” disse Fred guardando fuori dal finestrino, “ho un sacco di progetti per le nostre serate in sala comune!” Lo disse di nuovo e questo commento iniziò a solleticare la paura di James di finire in una casa diversa. Come sarebbe stato Hogwarts senza i suoi cugini? Se fosse finito in una casa in cui non conosceva nessuno proprio come era successo a Teddy?

“Ma tu non hai i G.U.F.O. quest’anno?” domandò Roxanne al fratello con un sopracciglio alzato.

Fred scrollò le spalle, “Sì, ma sai com’è, papà è flessibile su questo argomento. L’importante è avere dei progetti per il dopo Hogwarts e io voglio lavorare al negozio degli scherzi con papà!”

“Sì, però non sottovaluterei la reazione di mamma… Se dovessi avere un risultato come quello di papà cosa direbbe la nonna?”

James rise nel vedere il modo in cui Fred alzò gli occhi al cielo perché tutti in quello scompartimento – persino Lucy – conoscevano le ramanzine e le prediche di nonna Molly sull’importanza dello studio.

“Suppongo che tra poco ogni mistero sullo Smistamento sarà risolto: siamo arrivati,” commentò Fred facendo loro l’occhiolino. Louis si affacciò al finestrino insieme a James, i loro nasi erano pigiati contro il vetro freddo del treno e provarono il medesimo stupore nel vedere la sagoma del castello in lontananza. Quando il treno si fermò si precipitarono fuori e incontrarono Hagrid, l’amico di papà, che li accolse con un sorriso esclamando: “Per la miseria, Louis, sei il ritratto di Bill! E tu James, sei uguale a tuo nonno! Seguitemi.”

James e Louis seguirono Hagrid lungo delle ripide scalette che dalla stazione portavano a un molo al quale erano attraccate delle barchette, ciascuna con una lanterna sul davanti. Si sistemarono in una barca insieme ad altri due studenti del primo anno e si godettero il tragitto e la meravigliosa visuale del castello dal Lago Nero.

“Victoire mi ha detto che lo fanno per impressionare gli studenti appena arrivati,” sussurrò Louis senza farsi sentire dagli altri due bambini con cui dividevano la barchetta.

“Direi che ci riescono benissimo,” mormorò James che, man mano che la riva opposta si avvicinava, sentiva crescere l’impazienza dentro di sé.

Trovarono il professor Percival Chambers, Direttore di Corvonero, ad accoglierli. Si ergeva alto nella sua veste da mago scura. L’austerità dell’immagine che arrivava da lontano si sciolse non appena James si avvicinò e notò lo sguardo vivace e allegro. Li accolse con un sorriso: “Benvenuti ad Hogwarts, ragazzi! Io sono il professor Percival Chambers, sono il vicepreside e insegnante di Incantesimi. Qualcuno di voi mi conoscerà anche come il direttore di Corvonero, una delle quattro Case di Hogwarts in cui presto verrete Smistati.”

Il professor Chambers era un mago alto, dell’età di zio Bill, con una folta barba scura, capelli e occhi altrettanto scuri e vivaci. James sentiva che doveva essere un insegnante brillante ed esigente e si domandò se fosse lui quello che lo avrebbe rimproverato come negli incubi che aveva avuto nei giorni scorsi.

“Le Case di Hogwarts sono Corvonero, Grifondoro, Tassorosso e Serpeverde. Ciascuna Casa ha la sua nobile storia e i suoi studenti diventeranno la vostra famiglia finché sarete a scuola. Ogni successo che otterrete porterà dei punti alla vostra Casa, mentre ogni fallimento o infrazione delle regole determinerà la perdita di punti. Alla fine dell’anno, la Casa che otterrà il maggior punteggio vincerà la Coppa delle Case! Ora entriamo!”

La porta alle spalle del professor Chambers si spalancò e James non seppe trattenere lo stupore nel vedere la magnificenza di quella sala in cui quattro lunghe tavolate erano affollate dagli studenti e, in fondo, i professori osservavano incuriositi l’incedere impacciato dei nuovi arrivati.

“Guarda!” gli sussurrò Louis indicando in alto. James alzò lo sguardo e vide un’infinità di candele che galleggiavano sotto una volta che riproduceva il cielo serale.

“Wow!” esclamò.

Il professor Chambers prese uno sgabello e un vecchio Cappello. James lo stava osservando incuriosito, i cugini gli avevano raccontato come sarebbe avvenuto lo Smistamento, ma non era pronto ad assistere ad uno strappo che si apriva sul bordo del cappello e a sentirlo parlare.

Sono un Cappello di un tempo remoto

Godric e gli altri mi resero famoso

Affinché ognuno di voi potessi con senno smistare.

Vieni studente, dove vuoi andare?

Calzami e io ti potrò collocare.

Il passato ha creato il sentiero,

su cui voi costruirete il domani.

Imparate dagli sbagli per non ripetere gli errori,

anche se in buona fede, possono portare degli orrori.

La guerra è passata, i morti sepolti

Non indugiate su sentieri irrisolti.

Quale sarà la direzione, sarete voi a deciderlo.

Ogni Fondatore vi aiuterà a lasciare gli ormeggi

Sarà Godric il valoroso o Corinna dei saggi?

Forse l’astuto Salazar o la Tosca leale?

Non indugiate, fatevi avanti

Ché vi smisto tra lodi e canti.

La Sala Grande fece un applauso al Cappello Parlante mentre James continuava a sentire quelle parole che gli risuonavano in testa: il passato ha costruito il presente e saranno loro a costruire il futuro. Era ovvio o voleva dire qualcosa? Gli studenti sfilavano man mano verso il Cappello Parlante che esclamava il nome della Casa non appena ne decideva la collocazione.

James sussultò e si sentì un mormorio diffondersi per l’intera Sala Grande quando il professor Chambers chiamò: “Potter, James Sirius”.

La preside, un’anziana strega che era stata la professoressa di Trasfigurazione dei suoi genitori, lo scrutò attentamente e James ebbe un po’ paura. Scosse la testa e si avviò verso lo sgabello pensando che prima si sarebbe seduto, prima avrebbe saputo il suo destino. Qualsiasi scelta era meglio di quello stato di incertezza. Sedette sullo sgabello e il Cappello Parlante gli coprì la vista degli altri studenti. La schiera di occhi puntati su di lui svanì all’improvviso e sentì la voce del Cappello.

“James Sirius Potter… Con due nomi così e il temperamento di fuoco di tua mamma, Grifondoro è la tua Casa!”

James sorrise incredulo. Il Cappello Parlante non aveva fatto alcun paragone con suo papà, ma lo aveva paragonato a nonno James, proprio come Hagrid, e a sua mamma Ginny. Si avvicinò incredulo al tavolo dei Grifondoro sorridendo ai cugini che applaudivano rumorosamente. Più tardi, Louis lo raggiunse al tavolo di Grifondoro e la famiglia poté dirsi riunita.

 

***

 

Hogwarts, 1° settembre 2015

 

Victoire fece scorrere lo sguardo lungo il tavolo dei Tassorosso alla ricerca di Teddy. Si scambiarono un sorriso, entrambi sollevati dal pensiero che lo Smistamento di Louis e James fosse andato senza intoppi.

I suoi genitori le avevano riempito la testa di raccomandazioni, soprattutto la mamma, sul fatto che lei fosse la maggiore e che quest’anno tutti i fratelli erano affidati alla sua responsabilità. Victoire aveva alzato il sopracciglio indispettita da quelle raccomandazioni futili, sottolineò: “Come tutti i Grifondoro, visto che sono Prefetto!” Suo padre aveva annuito divertito e le aveva detto che con quell’espressione assomigliava moltissimo a zio Percy.

Sghignazzò al ricordo della mamma che inorridiva per quel paragone. La mamma aveva provato ad andare d’accordo con zio Percy, ci aveva provato sul serio, perché lei sapeva cosa volesse dire non essere ben vista dai Weasley, ma dopo che lui aveva preso come missione personale quella di toglierle l’accento francese e insegnarle un inglese impeccabile, la mamma le aveva raccontato di aver dovuto riconsiderare quel proposito e d’allora si limitava ad essere gentile con lui e parlare solo con Audrey.

La Preside stava facendo un discorso in cui ricordava agli studenti che la Foresta Proibita era preclusa e diede alcuni avvisi della nuova custode, Madama Augusta Magpie, mentre lo stomaco le brontolava. Dodò le lanciò un’occhiataccia e Victoire si portò la mano sulla pancia domandandole sottovoce: “Si è sentito? Sto morendo di fame!”

“Sì, dai, resisti!” Dominique non fece in tempo a finire la frase che sul tavolo comparve ogni genere di pietanze. Certo, a Hogwarts si mangiava pesante come da nonna Molly, e non c’erano le ricette francesi della mamma, ma ogni cosa era meravigliosamente deliziosa e a Victoire e Dominique non era mai pesato quel cambio di alimentazione durante gli anni della scuola.

James e Louis erano rumorosissimi e dovette riprenderli più volte e lanciare occhiatacce a Fred che alimentava la loro eccitazione con promesse di divertimenti inimmaginabili.

“Ma chi ci è finito in sala comune?” le sussurrò Molly preoccupata, osservando James e Louis che provavano a incantare una salsiccia nel piatto di Fred. “Li immagini quei tre tutto il tempo insieme?”

“Fred ha i G.U.F.O. e il primo anno è sempre traumatico,” le disse Victoire, “vedrai che ci penseranno i professori a metterli in riga. Altrimenti, dovremo punirli.”

“Io non so se ho il coraggio di farlo,” le confessò Molly. “Insomma, guardali come si divertono!”

Victoire scoppiò a ridere: “L’inflessibile Molly che si fa corrompere dagli occhioni blu di Louis o dai riccioli ribelli di James?” Guardò complice la cugina e le disse: “Al massimo mandiamo Teddy.”

“Così però diamo il pretesto a Tassorosso di togliere punti a Grifondoro!” obiettò Molly.

Victoire alzò gli occhi al cielo. A volte sua cugina diventava proprio pesante. “Allora ci penserà Samuel, non ti preoccupare!” Molly scosse la testa e indicò Samuel Finnigan, altro Prefetto di Grifondoro, “Guardalo, sembra che non veda l’ora di unirsi a James e Louis!”

Victoire lanciò uno sguardo alla cugina e si disse che ci fosse un solo modo per farla tacere con tutte quelle preoccupazioni: “Molly, io ti conosco. Dopo l’estate trascorsa insieme ti conosco molto bene, giusto? Ho la sensazione che nessuno in questa scuola, e sottolineo nessuno, nemmeno la preside, sia in grado di assegnare la giusta punizione a quei due meglio di te.”

“Mi stai trattando come mio papà, vero? Oddio, divento pesante come lui? Godric, aiutami! Scusa. Va bene, hai ragione, vedremo quando sarà.”

Victoire scoppiò a ridere, posò un bacio sulla guancia della cugina e si concentrò sulle ultime deliziose patate che le erano rimaste sul piatto. Presto sarebbero comparsi anche i dolci. Quanto le erano mancate le cucine di Hogwarts! Prese un paio di tortine di zucca e poi vide Samuel farle cenno che era arrivato il momento.

“Grifondoro, primo anno, seguitemi!” esclamò. Lei davanti a guidare gli studenti, Samuel dietro a chiudere la fila, mentre Molly continuava a sorvegliare gli studenti più grandi.

“Fate attenzione alle scale, mi raccomando. A loro piace cambiare!” disse mentre aspettava che la rampa di scala tornasse nella posizione giusta. “Buonasera, Pix!” esclamò sorridente mentre ringraziava le antenate Veela che rendevano Pix sensibile al suo fascino.

“Oh, nuove reclute!” esclamò divertito, “come sono piccoli e indifesi!”

“Lui è Pix, il nostro Poltergeist, abita da secoli il castello e si diverte a fare scherzi agli studenti. Imparerete a conoscerlo.”

“Scherzi?” domandò Louis con un sorriso sulle labbra.

“Sì, come questi!” esclamò Pix che non aspettava altro che una scusa. Victoire si portò una mano sugli occhi per non guardare quando tutto il primo anno venne inzuppato completamente.

“Grazie, Louis” commentò, mentre Pix si rotolava dalle risate volteggiando sulle loro teste per poi sparire. Insieme a Samuel asciugarono velocemente le vesti dei primini e tirarono un sospiro di sollievo quando arrivarono al ritratto della Signora Grassa. “Questo è l’ingresso della sala comune. La parola d’ordine è: Dulcis in fundo”. Il ritratto si aprì rivelando l’ingresso nella sala comune.

Victoire raccolse intorno a sé le studentesse e mostrò loro l’accesso ai dormitori di Grifondoro, i bagni e il tour che aveva fatto il primo anno e ripetuto il quinto, quando era stata nominata Prefetto. Non vedeva l’ora di finire quegli adempimenti perché lei e Teddy avevano un turno di ronda ed era moltissimo tempo che non stavano insieme.

Lasciò le studentesse del primo anno nel loro dormitorio libere di prepararsi per la notte e corse nell’atrio dove Teddy l’attendeva. Il cuore le batteva forte, dopo un’estate trascorsa a scriversi tra la Francia e l’Inghilterra. Riconobbe la sua figura alta e slanciata, il giallo della cravatta di Tassorosso che brillava al buio e i capelli castani di lui. Gettò le braccia al collo del suo ragazzo, Teddy la sollevò e si scambiarono un bacio entusiasta.

“Mi sei mancato!” gli disse prendendolo per mano.

“Anche tu, moltissimo!”

“Facciamo questa ronda?” gli disse prendendolo a braccetto. Continuarono a camminare per i corridoi deserti della scuola e non incontrarono nessuno. Era sempre così la prima sera, quando tutti gli studenti erano chiusi nelle sale comune a raccontarsi le vacanze.

“Ti ho visto nervoso,” gli disse, “durante la riunione per poco non puntavi la bacchetta contro Mulciber e Lestrange.”

“Sono due idioti. Non li sopporto. Lestrange, Mulciber, la Dolohov, tutti figli di Mangiamorte, tutti spensierati come se nulla fosse successo. A cosa è servita la guerra? Per cosa sono morti i miei genitori?”

“Beh Lestrange ha il padre ad Azkaban, però.”

“Per favore… è finito dentro per un’accusa ridicola e solo per un anno. La vita dei miei valeva così poco?”

Victoire gli strinse il braccio e prese il viso tra le sue mani: “È grazie al sacrificio dei tuoi che oggi siamo in questa scuola, tu e io, figli di persone morse un Lupo Mannaro, io ho pure sangue di Veela. Se fosse dipeso dai genitori di quelli noi saremmo morti o senza bacchetta.”

“E ti sembra giusto? Ti sembra corretto che loro abbiano il potere di punire gli studenti? Che loro siano come me e te?”

“No, non è giusto, ma c’è stata un’amnistia. Ricordi quanto zio Harry, zia Hermione e i nonni ne hanno discusso alla Tana? C’era anche nonna Andromeda, ricordi? Se vogliamo che la pace duri, dobbiamo tirare una linea, lo sai. Ignorali. Non stanno facendo niente, è solo il loro cognome.”

“Hai detto niente. Secondo te, dovrei scherzare con Roland Lestrange sapendo che Bellatrix Lestrange ha ucciso mia madre?”

“Senti, non voglio difenderlo, ma lui non è nemmeno parente con Bellatrix, lo sai. Era solo la prima moglie di suo padre ed è morta, uccisa da nonna Molly.”

“A te sta simpatico perché è francese come te.”

“Preferirei un Bolide in testa piuttosto che dover trascorrere un minuto con lui. È inquietante e non mi fido affatto di lui. Sa sempre tutto, studia in continuazione e quando abbiamo litigato mi ha rivolto parole orribili. Mi ha anche fatto cadere dalla scopa durante l’ultima partita contro Serpeverde. Ho una marea di motivi per odiare Roland Lestrange, ma non è un Mangiamorte, è solo uno stronzo.”

Teddy sorrise a quelle parole, rassicurato. “Quando ti dice Bonjour Victoire, vorrei spaccargli il naso.”

Victoire scoppiò a ridere: “Ma sei geloso? Di Roland Lestrange? Lo fa solo per irritarmi, sa che odio che mi parlino in francese, me l’ha sentito dire una volta in biblioteca e lo fa apposta. Te l’ho detto è uno stronzo.”

“Voglio proprio sperare. Ad ogni modo, il naso glielo spaccherei lo stesso. Sono tutti motivi più che sufficienti.”

“Ehi! Ma i Tassorosso non parlano così! Non siete leali, pazienti, teneri e coccolosi?”

“Sì, finché qualcuno non ci rompe le scatole e minaccia la nostra tana!” le disse stringendola a sé. Si scambiarono un altro bacio, più intenso. Victoire infilò le dita tra i capelli di Teddy e lo strinse ancora di più a lui. Le mani di Teddy le arpionarono i fianchi e lui si allontanò: “Vic, se fai così è un disastro però. Almeno la prima sera, rispettiamo le regole.”

“Ma non ti vedo da un mese intero!” protestò. Gli sorrise maliziosa “Dai, mostrami quell’aula abbandonata vicino la tua sala comune.”

“Credo che al momento sarà piuttosto affollata,” le sussurrò Teddy, “se vuoi, c’è la Torre di Astronomia.”

“Uh, sotto le stelle! Mi piace!”

“Che ne pensi del bagno dei Prefetti, invece?” le disse mentre erano al quinto piano.

“Mi sa che è più calda della Torre di Astronomia. Andiamo!” esclamò allegra, prendendolo per mano. Fu bello tornare ad amarsi, a sentire i loro corpi l’uno contro l’altro dopo un intero mese di assenza. Victoire amava Teddy, lo amava da quando erano bambini di quell’amore puro e assoluto che negli anni era solo cresciuto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

Innanzitutto, benvenuti a questo nuovo progetto sulla New Generation. È la prima storia che scrivo su questa generazione e devo dire che sono piuttosto emozionata e un po’ in ansia perché esco dalla mia confort zone che è la Old Generation.

Questa storia si pone come uno spin-off della long Kintsugi che, appunto, attraversa le due guerre magiche dal punto di vista della mamma dei fratelli Lestrange, Alexandra Turner. Non serve aver letto la long, ma vi do qualche dettaglio.

L’estate precedente al tempo della narrazione (quindi l’estate del 2014) Alexandra ha una visione e realizza una Profezia che è quella di The Cursed Child. Ve la riporto che so che molti schifano... ehm... non amano TCC.

“Quando gli altri saranno risparmiati, quando il tempo sarà girato, quando figli non visti uccideranno i padri: allora tornerà il Signore Oscuro.”

Questa profezia getta nel panico i Lestrange perché temono di vedere cancellati i loro figli: se qualcuno torna indietro nel tempo e l’Oscuro Signore non muore, allora Alexandra sarà ancora sposata con Barty e Rodolphus con Bellatrix. Per questo motivo, Rodolphus, Theodore Nott (preoccupato dalla possibile scomparsa dei suoi figli) e Orion, il figlio di Alex e Barty, lavorano a una Giratempo per impedire l’alterazione della linea temporale. Verranno scoperti e Rodolphus si prenderà la colpa e finirà ad Azkaban per un anno per detenzione di materiale proibito (questo darà modo a Orion e Theodore di continuare a lavorare sulla copia della Giratempo che non è stata sequestrata).

In questo capitolo, quindi, Rodolphus è ad Azkaban e sta finendo di scontare la sua pena, uscirà il 30 settembre 2015. Se vi interessa conoscere i dettagli di questa vicenda, trovate tutto nei capitoli 74 e 75 di Kintsugi (li potete seguire senza aver letto la long), anche se ai fini della trama rilevano solo due cose: i fratelli Lestrange sono in ansia perché lasciano la mamma a casa da sola in attesa della scarcerazione del papà e sentono questa profezia incombere sulle loro teste.

I personaggi li scopriremo man mano nel corso dei capitoli. Se avete dubbi, domande, curiosità, come sempre, sono a disposizione. I commenti sono sempre graditi, soprattutto perché sono fuori confort zone e quindi mi fa piacere conoscere le vostre impressioni.

Ci vediamo giovedì prossimo con il prossimo capitolo! Sappiate che la long sarà composta da otto capitoli e io sto scrivendo il capitolo sette, quindi direi che la vedrete completa.

Un abbraccio,

Sev

   
 
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