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Autore: Sophie Ondine    18/11/2020    4 recensioni
Dal testo:
-Un giorno, non ti è dato sapere come, non ti è dato sapere quando, tu e il tuo amore vi incontrerete nuovamente. Non avrete ricordi della vostra vita precedente, ma verrete attratti l’una all’altro senza neanche accorgervene, non potrete fare niente per impedirlo. Quello che è accaduto in questa vita, si ripeterà nuovamente e ancora e ancora, fino a quando il vostro amore non troverà realizzazione. È questo il destino delle anime gemelle.-
***
Cosa succederebbe se due anime, separate nella vita precedente, si reincarnassero? Che cosa attira una semplice ragazzina con la passione per il teatro verso un gelido demone? Nonostante la Vita si diverta a metterli sempre l'uno contro l'altra, cosa farà il Destino?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 15- Verità cartacea

 

La truccatrice continuava a picchiettare la spugnetta piena di cipria sul viso di Rin, ma lei voleva solo sottrarsi a quel supplizio: aveva scoperto quanto fosse difficile rimanere ferma quando qualcuno te lo imponeva. Così era successo a lei dal primo giorno che aveva messo piede negli studios.

Sì, alla fine era stata presa per quel film.
Ancora non riusciva a crederci.

Seduta sulla sedia, ripensò al giorno in cui le avevano comunicato l’assegnazione del ruolo.
All’inizio pensò che si doveva trattare di uno scherzo, poi però la gioia e l’euforia avevano preso il sopravvento e si era ritrovata a saltare sul divano in preda ad un moto travolgente del corpo.
Midoriko, Kagome e Kikyo erano accorse per vedere cosa fosse successo, e se le prima due si erano unite a lei nei festeggiamenti, Kikyo aveva semplicemente alzato un sopracciglio per poi girare i tacchi e tornare in camera sua.

Kagome invece era salita sul divano con lei per saltare insieme, mentre Midoriko, con le dita dentro le orecchie per evitare di rompersi i timpani a causa dei decibel alti, le guardava divertita e felice. Da quando aveva saputo che Rin avrebbe partecipato al provino, non aveva avuto il minimo dubbio sul fatto che l’avrebbero presa.

 -Bene, abbiamo finito- le comunicò piatta la truccatrice, continuando a masticare la bubble gum di colore rosa. Rin si chiese come facesse a parlare e masticare insieme.
Si alzò e si diresse verso il set, il copione arrotolato in una mano.

-Buongiorno Rin- esclamò una voce dietro di lei.

La ragazza si voltò e vide il volto del suo collega, Hajime, il ragazzo protagonista del film insieme a lei.

-Buongiorno- rispose lei sorridendo e agitando il copione per salutarlo.

-Studiato le battute?- chiese lui affiancandola con un sorriso cordiale.

-Diciamo di sì… altrimenti improvviserò!-

-Non ci provare! L’ultima volta non riuscivo a starti dietro e ho fatto una fatica immensa!- protestò Hajime.

Rin rise. Non era la prima volta che improvvisava qualche battuta. Capitava spesso di non riuscire a studiare a menadito tutte le battute, questo perché lei non aveva nessuna intenzione di tralasciare lo studio. Aveva sempre ottenuto dei buoni voti e poi anche il suo ammiratore si era raccomandato con lei, in uno dei suoi ultimi biglietti, di continuare a prendere seriamente la scuola, perché una buona attrice la si riconosce dalla cultura che ha.
Il mazzo di fiori le era stato recapitato a casa di Midoriko, il giorno dopo che sul giornale era apparsa la notizia del suo debutto come attrice sul grande schermo sotto contratto con la No Taisho.
Era intenta a masticare senza troppa convinzione i cereali che Kagome le aveva passato, quando Jinenji fece il suo ingresso allegro e canticchiando un motivetto della sua infanzia.
-Per Rin!- aveva annunciato depositando di fianco a lei il grande mazzo di garofani bianchi splendenti.

Come sempre aveva provato un’emozione di calore all’altezza del petto e silenziosamente lo aveva ringraziato.

-Chi è di scena!- chiamò poi una voce che ridestò la ragazza dai suoi pensieri.

Rin scosse la testa, poi si diresse verso il piccolo angolo illuminato dove avrebbero girato la prossima scena.

***

-Bene così, per oggi. Ricordatevi che la prossima settimana inizieremo a girare in esterna- urlò il regista prima di lasciar andare tutti gli attori.

Rin, all’idea di girare fuori, si sentì entusiasta.
Salutò i suoi compagni e si diresse verso i corridoi degli studios per raggiungere Jinenji che, ne era sicura, l’attendeva all’ingresso con la macchina pronto a riportarla a casa.
Quel giorno aveva particolarmente fretta: quella settimana era in programma un test d’inglese e doveva assolutamente ripassare qualcosa. Sicuramente lo avrebbe fatto dopo cena.
Con la tracolla che gravava sulla spalla destra, allungò il passo per arrivare il prima possibile, solo che non si accorse di una figura piuttosto piccola che si era piazzata davanti a lei.

Senza rendersene conto, Rin si ritrovò a terra con un gran tonfo.

-Ahia- mugugnò portandosi le mani all’altezza della pancia. Non sapeva bene cosa, ma qualcosa l’aveva colpita all’altezza del ventre, talmente forte da mancarle quasi l’aria.
Non ebbe molto tempo per rendersi conto del suo dolore, perché subito una voce infantile le fece distogliere l’attenzione da sé stessa. Aprì gli occhi e vide davanti a lei una bambina, di circa sei o sette anni, riversa a terra, con le mani premute contro il viso.
Rin fu attraversata da un lampo di terrore: sebbene non fosse particolarmente corpulenta, un’adolescente come lei avrebbe potuto fare benissimo del male ad una bambina.
Si avvicinò portandosi vicino alla piccola a gattoni.

-Hey, come ti senti?-
-Mmmm, mi fa un po’ male il naso- si lamentò la piccola, con gli occhi chiusi.
Rin le afferrò le mani, poi disse:- Fammi vedere-
E con suo sollievo vide che non usciva sangue ma la zona era solamente un po’ arrossata per l’impatto.
La bimba aprì gli occhi e la guardò quasi supplichevole.

-Non esce sangue, vero?-
-Assolutamente no, è solo un po’ rosso- la rincuorò.
-Però mi fa molto male-

Rin si guardò intorno in cerca di una soluzione: voleva assolutamente rimediare in qualche modo. Fortunatamente venne in suo aiuto un distributore di merendine, posizionato nel corridoio. Vide che vendevano anche cartoni di latte al sapore di frutta.
Prese le mani della bambina e l’aiutò ad alzarsi da terra, poi si diresse verso la macchinetta.

-Che cosa ti piace?- chiese, con una moneta in mano.

La piccola ci pensò su, poi disse, puntando il dito contro il vetro:- Il latte alla fragola-
Detto fatto: Rin in pochi secondi le stava porgendo un cartone color rosa.

-Prima di berlo, mettilo un po’ sul naso. Vedrai che ti passerà prima il dolore-
-Grazie, signorina- trillò la bimba, con occhi luccicanti e afferrando subito il piccolo omaggio che le era stato offerto.
-Mi chiamo Rin-
-Ed io sono Mayu!-
-Che ci fai qui da sola, Mayu?-
-Stavo aspettando il mio papà, ma lui ci sta mettendo tanto-
-Lavora qui il tuo papà?-
-Non proprio-

La risposta vaga non fece altro che gettare Rin ancora di più nella confusione: chi diavolo poteva mai essere?

-Tu sei un’attrice?- chiese subito curiosa la bambina, cambiando argomento.
-Sì-
-E stai girando un film?-

Rin era sul punto di rispondere, quando qualcuno la bloccò.

-Mayu! Quante volte ti ho detto di non allontanarti?- tuonò una voce alle spalle della ragazza.

La bimba assunse subito un’espressione colpevole. Rin si voltò, vedendo comparire davanti a lei il volto di un uomo adulto, vestito in maniera piuttosto elegante. Ad occhio e croce dimostrava poco più di quarant’anni.
Dall’espressione sul volto, capì che la piccola doveva essersi allontanata senza il suo permesso.
Si diresse verso Mayu e si inginocchiò per parlarle occhi negli occhi.

-Quante volte ti ho detto che è pericoloso?-

L’uomo subito si rese conto della presenza di una terza persona e, gentilmente, si voltò verso Rin e le disse:- La ringrazio per aver trovato mia figlia-
Fu una frase che la mandò un po’ in confusione: non sapeva nemmeno che lui la stesse cercando, quindi non capiva il perché di quel ringraziamento.
Tentò di spiegarglielo.

-Ma no, non mi deve ringraziare…-
-Papà, lei è Rin. Mi ha comprato anche il latte alla fragola!- urlò subito Mayu allegra.

-È tutto a posto qui?-

Questa volta fu una quarta voce a parlare. Voce che Rin avrebbe riconosciuto a chilometri di distanza, tanto era inconfondibile: glaciale, dura, monocorde. Non avrebbe avuto nemmeno bisogno di voltarsi per rispondere, ma lo fece.
E si ritrovò a fronteggiare ancora una volta l’espressione di Sesshomaru, in piedi di fronte a lei.

-Sesshomaru-sama…-

Lui dal canto suo, sembrava leggermente stupito di vederla, anche se difficilmente lo avrebbe dato a vedere. Si limitò ad alzare un sopracciglio, che la diretta interessata interpretò come un segno altezzoso.

-Mi scusi per questa interruzione- si scusò l’uomo rialzandosi e avvicinandosi con la figlia agli altri due.
-Nessun problema. Vedo che ha conosciuto una delle nostre nuove promesse- disse Sesshomaru, spostando l’attenzione su Rin.
-Papà, è un’attrice!- saltellò Mayu in preda all’euforia.

La diretta interessata, di tutta risposta, avvampò. Nonostante il teatro non le piaceva stare al centro dell’attenzione.

-Rin, ti presento il signor Kosuke Matsumoto, proprietario della casa editrice “kuroi kitsune”- continuò il demone, presentandoli.
-Conosco bene la sua casa editrice. Molti dei miei libri sono i vostri- disse lei allungando una mano- Molto lieta, mi chiamo Rin Damashita-
-Damashita? Conoscevo una ragazza all’università con questo cognome- disse l’uomo, stringendole la mano.
-Davver0? Forse è un caso di omonimia…-

Ma non fece in tempo a finire la frase perché il telefono iniziò a squillare: era Jinenji che, preoccupato, voleva assicurarsi che stesse bene e che il ritardo non fosse dovuto a qualche malore. Rin, sentendo la voce del mezzo demone, sbiancò e spalancò gli occhi: si era completamente scordata di lui.
Chiuse la conversazione e si rivolse verso i presenti.

-Vogliate scusarmi, ma devo proprio andare. È stato un piacere fare la sua conoscenza-
-Rin, ci sarai anche domani?- domandò speranzosa Mayu.
Lei sorrise.
-Certo!-
E corse verso l’uscita.
Due occhi ambrati la seguirono fino alla fine.

***

Kagome guardò l’orologio per l’ennesima volta e poi sbuffò rumorosamente. Lasciò cadere la testa sulla mano destra e rimase a guardare il panorama scuro dalla sua finestra.
Non aveva nessuna voglia di scendere giù in salotto: sapeva che avrebbe trovato Kikyo e Inu-Yasha, intenti a fare i piccioncini. E questo spettacolo avrebbe voluto risparmiarselo. In più Rin, da quando aveva iniziato a girare il film, raramente rientrava a casa nel pomeriggio.
Inutile era anche il fare affidamento su sua zia Midoriko, la quale cercava di non alimentare la rivalità tra le due sorelle.
Kagome alla fine non aveva fatto altro che adattarsi a quella situazione, rintanandosi nella sua camera e decisa a svolgere i compiti alla perfezione, pur di non doversi recare giù. Aveva persino fatto scorta di bottiglie di acqua nel caso le fosse venuta sete.
Si stropicciò gli occhi, un po’ indolenziti dalla vicinanza con le luci del computer.

Inevitabilmente si trovò a rimurginare sugli avvenimenti di tre settimane prima: il provino di Rin, la festa e quel bacio, l’inevitabile allontanamento di Inu-Yasha dal gruppo e Kikyo che sembrava insopportabilmente felice e fastidiosamente plateale nel volerlo dimostrare.

Quando li aveva visti in cucina, aveva prontamente fatto dietrofront per evitare di farsi beccare lì impalata davanti alla porta.
Si era portata una mano alla bocca per scongiurare un conato di vomito.

-Kagome, che hai?- aveva chiesto la voce di Rin. Di fianco a lei la figura di Jakotsu.
La ragazza aveva ringraziato gli dei dell’arrivo dei suoi amici, altrimenti sarebbe stata vittima di un attacco di pianto quasi isterico.
Ma per quanto potesse essere riconoscente e sollevata, gli occhi lucidi la tradirono. I volti dei suoi amici assunsero un’espressione decisamente preoccupata. Rin le si accostò subito, mettendole una mano sulla schiena per cercare di rassicurarla, anche se non sapeva precisamente cosa le stesse succedendo.
Jakotsu, sempre sveglio e dotato quasi di un sesto senso, si avvicinò silenziosamente verso la porta della cucina e sbirciò. Si allontanò quasi subito e rivolse a Kagome uno sguardo carico di affetto e comprensione.

-Su, andiamo in bagno. Non è il caso di rimanere qui- aveva poi detto dolcemente, guidandole con sicurezza.

Una volta in bagno, Kagome sentì improvvisamente le lacrime scenderle senza alcun freno lungo le guance. Appoggiata alla parete, si lasciò scivolare giù in preda ai singulti, coprendosi la faccia con i pugni chiusi, le nocche bianche per la rabbia e il nervoso.
Rin, che era rimasta in silenzio, guardò Jakotsu, interrogandolo con gli occhi.

-Kikyo e Inu-Yasha- bisbigliò lui.

Kagome non ricordava quanto fossero rimasti chiusi in bagno, perché lei si straniò completamente, decisa a far sfogare il sentimento che sentiva dentro.
Quando poi le lacrime finirono, i due amici la tirarono su insieme.
Jakotsu le carezzò le guance.

-Su, pensiamo a dare di nuovo splendore a questo viso- aveva detto, senza accennare minimamente ai responsabile della sua tristezza.
Rin invece la portò vicina al lavandino e gentilmente le lavò il viso con acqua fredda, allievandole il rossore.
Kagome dopo quella sera aveva evitato in tutti i modi Inu-Yasha, il quale era più confuso che mai: non capiva cosa fosse successo.

Più difficile fu evitare la sorella, la quale si comportava come se niente fosse.

Ogni volta che la salutava, Kagome sentiva montarle una rabbia travolgente. Avrebbe spesso voluto afferrarla per i capelli. Ma subito dopo si pentiva di certi comportamenti e guardava in faccia la realtà: sua sorella l’aveva sempre messa in ombra. Era la più bella, la più talentuosa, la ragazza prodigio.
Per una volta lei aveva trovato qualcosa di suo, forse anche di più: il Giappone, la zia, i suoi amici, Inu-Yasha.
E come sempre Kikyo faceva il suo ingresso trionfale, lasciandole solo le briciole.
Quasi tutti nel gruppo sapevano, ma non era ancora stato detto niente di ufficiale.
Kagome fu distratta dalla luce del suo smartphone, che brillava senza emettere alcun suono. Preferiva non guardare troppo il cellulare per paura di vedere comparire un messaggio.

Allungò lo sguardo e notò il nome che troneggiava sul display e sospirò abbattuta: Inu-Yasha.
Da giorni la chiamava e lei ogni volta non rispondeva.
Sentì crescerle dentro un peso enorme e decise che ne aveva decisamente abbastanza.
Afferrò il telefono e rispose.

-Pronto?-
-Kagome…- bisbigliò il mezzo demone dall’altro capo del telefono.
-Sembri quasi sorpreso di sentirmi- disse lei, sarcastica.
-Sono giorni che ti chiamo e non hai mai risposto. Non credevo avresti risposto nemmeno questa volta…- cercò di giustificarsi lui.
Improvvisamente Kagome si rese conto che la rabbia che aveva in corpo non era riuscita ad indirizzarla tutta verso la sorella, ma ne era rimasta un briciolo per poter odiare anche Inu-Yasha. Quella voce da povera vittima, il suo farfugliare le davano davvero sui nervi.
Avrebbe concluso il prima possibile quella chiamata.
E si sorprese della sua risolutezza e freddezza.

-Che cosa vuoi, Inu-Yasha?- chiese brusca.
Il mezzo demone rimase qualche secondo in silenzio, come se quelle parole pesassero come un macigno.
-Puoi scendere? Sono di fronte al tuo cancello. Vorrei parlarti-
-Dammi cinque minuti- rispose secca e attaccò.

Come se fosse una sorta di automa, si infilò una felpa addosso e scese. Per sua fortuna non incrociò nessuno lungo la sua traiettoria.
Il vento gelido le sferzò il viso. Si strinse nelle braccia e si diresse verso il cancello.
Inu-Yasha l’aspettava, le orecchie canine abbassate in segno di tristezza.
Kagome aprì il cancello e uscì in strada. Si ritrovarono di fronte, immobili e muti.
Lei con le braccia incrociate, un po’ per il freddo e un po’ perché non aveva la minima intenzione di sembrare amichevole, tutt’altro; lui con la faccia affranta e l’atteggiamento colpevole, si guardava la punta delle scarpe.

 -Sto aspettando- esordì lei.

Inu-Yasha alzò lo sguardo e disse:- Sembri Sesshomaru quando parli così-
E nella parole c’era una sfumatura di amarezza. Essere trattato così malamente da una persona che fino a poco prima era l’unica ad essere riuscita ad avvicinarsi a lui, era un dolore pari ad una tortura.
Kagome ignorò la frecciatina.

-Senti, sono giorni che cerco di parlarti e tu ti neghi. A scuola ti barrichi in classe con Rin, Sango e Ayame… io davvero non sapevo come parlarti…-

Inu-Yasha continuava ad interrompersi per cercare le parole migliori, ma più andava avanti e più era difficile. A livello razionale lo considerava sciocco, dopotutto perché sentiva l’esigenza di giustificarsi con Kagome? Erano solo amici, non amanti. Eppure era questo quello che sentiva.

-Kagome, non so perché mi sto giustificando ma vedi, io e Kikyo… ci stiamo conoscendo e…-
-Va bene così. Non serve aggiungere altro. Dopotutto lo hai detto tu stesso: non mi devi spiegazioni- lo fermò Kagome.

-Allora… a posto così? Siamo di nuovo amici?-
-Sì…-

Entrambi ebbero la consapevolezza che in realtà quelle parole nascondeva la fine della loro amicizia… o qualsiasi altra cosa fosse stata. Eppure Inu-Yasha voleva ancora aggrapparsi a qualcosa per non affrontare la realtà dei fatti, e cioè che non avrebbe più potuto contare sulla presenza della ragazza che aveva di fronte, che in quel momento le sembrava un’altra.

-Ora scusami, fa freddo e devo finire di studiare. Ci vediamo domani a scuola- lo salutò lei, senza dargli la possibilità di risponderle.

Kagome rientrò in casa, ignorando la domanda di Kikyo che le chiedeva cosa ci facesse fuori e si barricò nuovamente in camera.
Si chiuse la porta alle spalle.
Il sospiro che emise sembrò portarsi via il macigno che aveva sentito nel cuore quando Inu-Yasha l’aveva chiamata.
Non le venne da piangere, le lacrime erano finite per davvero.

Dentro di sé presa la sua decisione.
Si avviò verso la scrivania e aprì l’ultimo cassetto, estraendo una cartellina di colore rosso. Al suo interno erano contenuti dei fogli, scritti due anni prima. Le dita lunghe di Kagome li presero.

Li guardò.
Le parole che aveva scritto dopo il primo incontro con Inu-Yasha, come se fossero ricordi appartenuti ad una vita passata.
Li posò.

Poi il suo sguardo fu catturato da un manuale dalla copertina rossa, consunta dal tempo, che spiccava ora come non dal fondo del cassetto.
Distinse chiaramente le lettere in oro che riportavano il titolo “Sengoku monogatari”. Aveva quasi scordato di averlo sepolto lì.
Lo prese in mano e lo sfogliò.

E, come la prima volta quando aveva incontrato Inu-Yasha, fu come essere attraversata da un fulmine.
Il corpo le si irrigidì e lo sguardo puntò qualcosa di indefinito davanti a lei.

Con il libro ancora in mano, Kagome vide scorrere davanti a lei immagini di una vita antica, arcaica, che non aveva vissuto ma allo stesso tempo con la consapevolezza che quei ricordi le appartenessero.

Estraneità e familiarità.

Due sentimenti contrastanti.

Quando quella raffica di immagini davanti a lei svanì, Kagome sentì come le mancasse il fiato.
Boccheggiando, abbassò lo sguardo verso quel rettangolo cartaceo e vide la verità.

Quel libro era la verità stessa.

 

Dopo tanto tempo torno ad aggiornare! Chiedo perdono, ma la mancanza d'ispirazione e il periodo incasinato hanno formato una coppia micidiale. Allora, abbiamo visto che Kagome si è "risvegliata", mentre Rin ha incrociato qualcuno che ritroveremo più in là nel corso dei capitoli.

Spero che vi sia piaciuto il nuovo capitolo.

Commentate e fatemi sapere.

 

 

 

 

 

 

  
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