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Autore: BabaYagaIsBack    18/11/2020    0 recensioni
Félicienne ha perso qualcosa.
Qualcuno, in realtà.
Un giorno qualunque, di qualche tempo prima, si era decisa a confessare tutto ciò che aveva tenuto segreto per quasi dieci anni. Aveva trovato il coraggio per esporsi, per assumersi le proprie responsabilità, peccato che quello che avrebbe dovuto essere il suo confessore avesse scelto di abbandonarla per sempre. Così, costretta in una vita troppo stretta, in un quartiere di Marsiglia che è diventato ogni giorno più soffocante, Fèlì cresce, lottando contro sé stessa e ciò che non ha potuto dire. Il risentimento e la rabbia non l'abbandonano mai, esattamente come i ricordi e quello che ancora è suo - solo suo.
Il destino però non ama giocare leale e quindi, in qualche modo, ciò che le aveva portato via anni prima le rimette davanti agli occhi, aggredendola con sensazioni molto più vivide e profonde di quelle che lei abbia mai potuto conoscere, emozioni capaci di scavare sia nell'anima sia nella carne di una ragazza all'apparenza fin troppo fragile.
Genere: Erotico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Maisons Vides
part un

Clèmentine ha un fidanzato. Ne ha avuti diversi, in passato. Da quando le sono spuntate le tette i ragazzi non hanno fatto altro che ronzarle attorno al pari di mosche fastidiose, ma lei si è concessa a pochi per paura che le venisse spezzato il cuore. Ed è successo, in qualche occasione, così me la sono ritrovata a piangere sotto casa dopo ogni rottura. L'ho assistita mentre componeva messaggi disperati e li inviava agli idioti più disparati, le ho ripulito la bocca quando a ogni cucchiaiata di gelato la metà le si spalmava sul viso: un po' perché piangeva troppo, un po' perché era ed è impacciata. L'ho tenuta nel mio letto quando mi supplicava di non lasciarla sola, che sennò avrebbe fatto qualche pazzia, ma da quando c'è Kareem non l'ho più vista triste. Non una telefonata nel cuore della notte o una dichiarazione di palese follia, solo foto e video della sua meravigliosa storia d'amore.

E' fortunata, non posso negarlo, e forse lo è perché più buona di me.

Lei e Kareem si sono conosciuti in segreteria durante il nostro primo semestre qui. Lui studente di Marketing un anno più grande di noi, lei matricola confusa di Mediazione. E' stato il colpo di fulmine più romanzato di cui abbia mai sentito parlare, eppure stanno insieme da quasi quattro anni. Si amano come due cuccioli che fanno amicizia: con un infinito entusiasmo, curiosi e pronti a cogliere qualsiasi opportunità la vita riservi all'uno o all'altra, finché possono viverla insieme.

Pensano al domani, ma lo fanno senza costruire chissà quali piani - mentre io, forse perché la facoltà di Architettura un po' ti ci obbliga, sono finita a mettere in piedi mille impalcature per quello che vorrei diventasse il mio futuro. Come mi è stato insegnato, non si può presentare alcun progetto senza prima aver valutato ogni singolo pro e contro, senza aver soppesato l'alternativa migliore e l'eventualità peggiore. In breve, ho aggravato una situazione già di per sé negativa - eppure avrei dovuto imparare qualcosa dal passato che tanto cerco di cancellare, avrei dovuto capire che in alcuni casi non si può programmare nulla, perché i sogni sono fragili e si distruggono con fin troppa facilità.

Ed è forse per questo che non sono più come lei: felice.

Ad ogni modo, sta di fatto che Clèmentine ha un fidanzato, un ragazzo che ora si avvicina a noi sorridendo. 
Ai miei occhi Kareem non è bello, il suo aspetto si discosta parecchio dall'ideale di bellezza che ho in mente, lascito di un'adolescenza che sarebbe meglio annegare definitivamente, però è simpatico e la sua presenza, a differenza di quella di moltissimi altri studenti, non urta la mia pazienza.

«Se te lo stai ancora chiedendo, Felì, il segreto è masticare bastoncini di liquirizia» mi dice picchiettandosi i denti e riportandomi alla realtà. Con orgoglio sfoggia due arcate tanto bianche da risultare quasi fastidiose sulla sua carnagione color cammello. In qualche modo cerca di strapparmi dalla trance in cui spesso mi ritrovo prigioniera, quell'assenza momentanea che fa convergere su di me sguardi che preferirei restassero altrove - e per riuscirci sfoggia una delle sue carte migliori. Sono certa che sia per via del suo sorriso che la mia migliore amica si è innamorata di lui, ma anche della battuta facile e del buonumore contagioso, due doti che nel nostro mondo, per troppo tempo, sono state escluse.

«Continuo a non crederti» ribatto dopo qualche secondo di ritardo, scoprendolo già perso ad amoreggiare con la sua donzella dai lunghi capelli rossi.

Così li guardo un poco. 
Lo faccio mordendomi la lingua.
Poi riporto gli occhi sulle mie dita dalle unghie viola e gli anelli con cui le adorno, per sembrare un po' più femminile. Mi dà fastidio il modo in cui Kareem e Clèmentine si strofinano i nasi, si tengono le mani, si guardano come se il resto del mondo fosse solo una scenografia vuota dietro alla loro performance - perché a me non capita mai. Quando ubriaca mi lascio andare a qualche pomiciata lasciva la mia testa pensa ai baci che non ho dato, a come le lingue che provano a infilarsi nella mia bocca siano tentacoli umidi. Quando scopo con qualche persona per cui mi illudo di provare qualcosa spero sempre che nella stanza accanto qualcuno ci ascolti, che lo senta, mi senta e ne soffra - ma dalle mie labbra non esce un gemito, dal mio ventre non si libera alcun piacere. Forse è la coscienza che oltre le pareti di quelle camere non vi sia chi mi auguro, o forse, semplicemente, mi sono inaridita così tanto da non essere in grado di provare nemmeno le sensazioni fisiche più primordiali.

Finalmente i visi dei miei amici si staccano e il presente mi strappa da questi pensieri.

«Allora, l'esame?» gli occhi nero pece di lui mi si posano addosso. La speranza insegue la gioia lungo tutta la sua espressione - ma nessuna delle due è realmente per me, sono entrambe emozioni riflesse, sensazioni che proverà quando la sua dolce metà sarà rincuorata, quando il suo sogno di laurearsi il mio stesso anno sembrerà essere sul punto di diventare realtà.

«Vuoi la verità o qualche stravagante bugia?» mentre lo dico, con una mano inizio a rovistare nella borsa alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare. Tendo un sorriso, ma di divertente c'è un gran poco.
«Felì si è nuovamente auto sabotata.»
«Non essere così drastica, ho solo...» le parole mi muoiono in gola. Forse l'ho fatto davvero, o forse ho semplicemente lasciato che questi giorni autunnali mettessero in letargo la mia voglia di compiere qualsiasi azione all'infuori del respirare, dormire, mangiare e fumare - anche al lavoro ho cercato di andare il meno possibile.
«Sì, esattamente, hai solo... dimenticato di studiare» l'eco di Kareem tramuta il mio sorriso in un ghigno infastidito, anche se mi sforzo per non controbattere. Non ho bisogno di qualcuno che sottolinei la mia incapacità di restare concentrata, men che meno che evidenzi la mia incostanza nel portare a termine gli impegni presi; so benissimo di essere un disastro. 

Finalmente trovo il sacchettino della frutta nascosto dietro il libro di Murakami che mi porto sempre appresso - la speranza di finirlo non si è ancora dissolta, eppure dubito di poterlo continuare - e nell'estrarre la mia banana annerita colgo la scusa perfetta per allontanare lo sguardo dai due che ho di fronte, specialmente da lui, perché in questo momento non mi va di affrontare alcuna discussione troppo seriosa.

Chiudo la borsa: «Per ora non conosciamo i risultati, quindi la mia naturale inclinazione all'inventiva potrebbe stupirci tutti» dico, pensando a quanto improbabile sia. Non mi sono minimamente impegnata; ho passato più tempo a fissare l'orologio sopra la cattedra e rileggere le richieste che a prestare reale attenzione a ciò che le mie mani stavano scrivendo - probabilmente non si tratta nemmeno di francese corretto.
Clèmentine allunga un braccio, poi mi accarezza il dorso della mano: «Non ti stanchi mai di dire cazzate, vero?» ed io scuoto la testa mentre lei scoppia a ridere. Nel farlo inclina la testa da un lato, lascia che la sua criniera di ricci rossi cada addosso alla spalla del fidanzato e poi, lentamente, finisce con il poggiarci la tempia. Vi si appoggia come se fosse un cuscino, delicatamente, con estremo sollievo.

Prendo a sbucciare la banana. Ci sono giorni in cui riesco a tollerare con estrema facilità le loro continue smancerie, trovandole quasi tenere, altri in cui fatico un po' di più, come oggi, e poi ci sono momenti la cui sola idea di star loro intorno mi stringe lo stomaco - sarà perché nonostante l'affetto un po' li odio, perché loro hanno qualcosa che io non ho mai nemmeno sfiorato, chissà...

In punta di dita stacco un pezzo di banana, lo infilo in bocca e mi metto a osservare le persone che ci circondano. Ogni volta mi pare di scorgere gente nuova, studenti mai visti - eppure metà di loro paiono miei coetanei, forse siamo persino compagni di corso. Si tratta per lo più di facce anonime e finti alternativi, di gente travestita da rapper, le cui rime si incastrano solo per sonorità e nessun nesso, di modelle decretate tali da qualche social network statunitense, che promuovono brand di cui conoscono solo il nome e poi... poi c'è chi fa di tutto per confondersi, un po' come me.
Continuo a mangiare, un boccone dopo l'altro finché, dal nulla, Kareem si alza: «Signorine, io vi lascio, ho appuntamento con il relatore.»
Sbatto le palpebre un paio di volte, cerco di mettere a fuoco la situazione e, poi, comprendo: «Passi dalla segreteria?» Lui annuisce, così svelta ingoio l'ultimo pezzo che mi è rimasto in mano e afferro la borsa: «Ti dispiace se ti accompagno?» E in un attimo sono in piedi, pronta a seguirlo perché già conosco la risposta alla mia domanda - quasi gli avessi dato scelta.

   
 
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