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Autore: Lisbeth Salander    20/11/2020    15 recensioni
[Storia vincitrice per la categoria Miglior Trailer degli Oscar della Penna 2022 indetti dal forum Ferisce più la penna]
Harry e Teddy vivono sull’orlo del baratro delle mancanze impossibili da riempire, in cui sembra sempre di scivolare prima di ritrovare inaspettatamente l’equilibrio.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Teddy Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Gli occhi degli orfani


Gli occhi degli orfani sono un abisso nero e profondo in cui la luce è destinata a sparire. 

Harry lo sa bene, perché c’è il nero persino nei suoi occhi verdi.
Non tutti sono in grado di vederlo, non tutti percepiscono l’oscurità dietro il colore. 
Qualche volta pensa che nessuno abbia mai guardato davvero attraverso quelle finestre sull’abisso, che si siano tutti fermati alla limpidità confortevole e rassicurante del verde smeraldo.
È difficile guardare dentro un abisso che non si potrà mai riempire, fa girare la testa e perdere l’equilibrio dinanzi alla consapevolezza della propria impotenza. 
È impossibile specchiarsi in un dolore che non si potrà mai capire.
Gli occhi degli orfani sono una finestra su una tempesta perenne: l’imperitura sofferenza data dalla mancanza d’amore.
Harry vede quell’abisso tutti i giorni da che ne ha memoria. 
Basta guardarsi allo specchio per intravedere il nero dietro il verde, per sentire il vuoto di abbracci ed incoraggiamenti mai ricevuti, il profumo delle torte che sua madre non gli ha mai preparato, l’eco delle risate che lui e suo padre non hanno mai potuto condividere.
Da qualche tempo, lo specchio non è più l’unico luogo in cui rintraccia l’abisso.
Gli occhi di Teddy sono un baratro dinanzi al quale Harry si sente impotente. 
Nulla gli sembra abbastanza, nulla sembra in grado di riempire quel vuoto.


 
Nulla lo sarà.


Gli occhi di Teddy gridano un bisogno che Harry non sa e non può soddisfare, nonostante gli sforzi quotidiani. 
Urlano la dilaniante necessità della stretta confortevole di Remus, il calore della risata di Tonks, le storie che suo padre non gli ha mai potuto raccontare, i travestimenti che sua madre non ha mai potuto sperimentare insieme a lui. 
Strepitano per un affetto che né lui, né Andromeda, né nessun altro potrà mai colmare.
Harry prova - è diventata la sfida della sua vita - a spezzare la maledizione degli occhi degli orfani. 
Tenta ogni giorno di riempire l’abisso e di dare pace al cuore di Teddy. 
Fa del suo meglio ma non è lo stesso.


 
Non è mai lo stesso.


Gli occhi di Teddy cambiano sempre: un giorno sono azzurri, un giorno sono verdi, un giorno sono blu, un altro ancora sono nocciola, ma il nero dietro i colori non va mai via.
È un’eco insopportabile del suo dolore, un grido muto che riesce a gelare le sue ossa, a risvegliargli sensi di colpa mai sopiti. 
Gli occhi di Teddy sono un abisso che Harry non riesce ad evitare ma in cui è destinato eternamente a specchiarsi.
La maledizione non si è spezzata e la storia si è ripetuta.


 
Non è possibile salvare tutti.


Harry e Teddy vivono sull’orlo del baratro delle mancanze impossibili da riempire, in cui sembra sempre di scivolare prima di ritrovare inaspettatamente l’equilibrio.
È nello specchiarsi l’uno negli occhi dell’altro, nel riconoscere la stessa disperazione che riescono a salvarsi. È una stretta di mano reciproca, una presa salda che consente loro di non cadere negli abissi. 
È un sorridersi silenzioso, che non copre le urla ma le acquieta nel convergere del loro dolore - di chi vorrebbe ma non può essere figlio.
Harry si presenta ogni volta sull’uscio della camera di Teddy con le tasche traboccanti di Cioccorane. Le scartano insieme per cercare Remus e Tonks. 
Teddy li conserva ogni volta, si emoziona ogni volta che ritrova mamma e papà.
Chiede storie sui suoi genitori perfetti e Harry non riesce mai a negargliene nessuna.


 
Nessuno riesce mai.


Sono storie di portaombrelli rovesciati, di lupi buoni, di Auror goffi e del miglior insegnante che abbia mai avuto.
In quei momenti l’abisso sembra diventare un po’ meno nero ma - Harry lo sa bene - è solo l’attimo in cui la curiosità batte il rimpianto.
La voce di Harry è una voce sbagliata come quella di Andromeda e racconta storie che meriterebbero la voce calma e profonda di Remus e quella allegra e squillante di Tonks.
È sbagliata proprio come per lui, prima di Teddy, è stata sbagliata la voce di Hagrid, di Sirius e di Remus.
Negli occhi di Teddy vede sempre quanto sbagliato sia il tono della sua voce, nonostante il sorriso che increspa le labbra del suo figlioccio, nonostante le domande incuriosite, nonostante la viva curiosità che si fa spazio oltre il baratro.
Nei giorni peggiori Teddy oscilla in salotto davanti all’Ordine di Merlino, Prima classe, e il baratro sembra quasi inghiottire lui e chiunque osi guardarvi dentro.
«Nonna dice che è il più grande degli onori e che devo essere fiero di essere loro figlio. È vero?».
Harry riesce solo a deglutire ed annuire, incapace di dare al bambino una risposta impossibile. 
«Ha ragione, Teddy. Sono stati degli eroi. È il più grande degli onori», ripete come una cantilena, come se quell’eroica morte potesse essere meno inutile agli occhi di Teddy, agli occhi di un altro bambino sopravvissuto.
Teddy annuisce, ricaccia indietro le lacrime, fa un passo indietro e si salva dal baratro. 
Chiede un’altra Cioccorana, per scartarla, per ritrovarli ancora e Harry ne ha sempre una di riserva per lui. 


Harry e Teddy vivono sull’orlo del baratro di mancanze impossibili da riempire, in cui sembra sempre di scivolare prima di ritrovare inaspettatamente l’equilibrio.
I loro occhi sono abissi neri e profondi in cui nessuno osa specchiarsi, in cui tutti hanno paura di cadere.
Da quegli abissi, Harry lo sa, ci si deve salvare da soli, fronteggiare ogni giorno quel vuoto e non lasciarsi andare al mostro in agguato.
Qualche volta basta una Cioccorana, altre volte serve una storia, altre ancora servono fotografie da sparpagliare sul pavimento, servono volti sbiaditi e sorridenti a trascinarli fuori dall’abisso.
È un dolore speculare, il loro, vittime di una storia che si è ripetuta, di una maledizione che Harry non è riuscito a spezzare.


Gli occhi degli orfani sono un abisso nero e profondo in cui la luce è destinata a sparire. 
Harry e Teddy guardano il mondo da quella finestra ogni giorno, vedono il proprio inferno personale negli occhi dell’altro, un eterno destino di mancanze da dover colmare.
E se è vero che ad ognuno spetta il suo abisso, quel dolore speculare è l’unica luce nel nero che avvolge tutto.


 
È così che si spezza la maledizione.
 
Note dell'autrice: Era un bel po' che volevo scrivere di Harry e Teddy, della loro condizione uguale ed opposta di orfani di guerra, del dolore unico di Teddy che soltanto Harry può comprendere e che cerca di allievare.
E se anche il dolore, la mancanza lancinante dei genitori mai conosciuti è, in fin dei conti, unico per ciascuno, quel che spezza la maledizione nel caso di Teddy è proprio il fatto che ci sia Teddy a cercare di distoglierlo da quel baratro, a capirlo.
Grazie ancora,
Fede





 
   
 
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