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Autore: C_Totoro    20/11/2020    3 recensioni
Bellatrix è l'amante di Lord Voldemort. E' giovane e, ancora, ha una vena romantica: vorrebbe col suo Padrone lo stesso rapporto di coppia che Rodolphus (suo marito) ha con l'amante Violetta Bulstrode e Rabastan ha con Rita Skeeter. Sarà proprio Rabastan a sfidare la cognata: convincere il Signore Oscuro a unirsi a un picnic in riva al mare a Brighton. Contro ogni aspettativa, il Signore Oscuro deciderà di presenziare a quel picnic... Ma Voldemort, ovviamente, ha in testa ben altri piani, non di certo limitarsi a bere champagne sulla riva del mare...
(La storia nasce ispirata da un pezzo del film Sweeney Todd, in particolare la canzone "By the sea" che, infatti, dà il titolo alla ff).
[Bellatrix/Voldemort]; [Rita Skeeter/Rabastan]; [Rodolphus/Violetta Bulstrode]
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rabastan Lestrange, Rita Skeeter, Rodolphus Lestrange, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'A-mors'
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BY THE SEA

 

Bellatrix continuava a vagare per i corridoi del maniero svogliata. Era una domenica mattina di fine estate e la casa che condivideva con Rodolphus era immersa nel silenzio; d’altra parte era ancora molto presto e, con ogni probabilità, tutti gli abitanti del castello stavano ancora dormendo. O, più probabilmente, facendo sesso mattutino, pensò stizzita Bellatrix tirando un calcio a un Elfo che sgambettava per il corridoio.

Lo trovava ingiusto.

Rodolphus si era fatto l’amante – quella Violetta Bulstrode che gli sbavava dietro da Hogwarts – e ora, di fatto, si era trasferita al maniero Lestrange. A Bella non importava nulla di cosa facesse il marito e, tuttavia, non poteva che guardare con un pizzico di invidia e gelosia la relazione che aveva costruito con quella donnetta.

Bella non si riteneva una persona particolarmente romantica, cionondimeno, non poteva negare a sé stessa che le sarebbe piaciuto rotolarsi tra le lenzuola la domenica mattina con il suo Padrone, indugiare a letto e poi decidere di uscire e fare… fare un’uscita come facevano tutte le coppie.

Io e lui non siamo una coppia, si ripeté per l’ennesima volta stizzita. Lo sapeva, non lo erano e non lo sarebbero mai neanche stati: il Signore Oscuro non lo desiderava e Bella stava imparando a farsene una ragione. Pensava fosse strano perché, prima di conoscere Lord Voldemort, Bellatrix aveva disprezzato tutte quelle dinamiche da coppietta: andare in giro per Hogsmeade tenendosi per mano, fare picnic romantici, andare a vedere il Quidditch… ma da quando si era innamorata del Signore Oscuro le era preso quel desiderio irrefrenabile di vivere anche quelle sciocchezze quotidiane con lui, con Lord Voldemort, l’unico uomo sulla faccia della Terra che quelle cose con lei si rifiutava di farle. Rodolphus aveva provato per anni a trascinarla in giro, a creare una relazione di coppia e Bella gli aveva riso in faccia… ora era il turno di Rod di riderle in faccia. Bella affondò le unghie nel palmo della mano e marciò decisa verso il salotto per la colazione.

Rodolphus e la Bulstrode ormai condividevano la stanza padronale; Bella era stata sfrattata e, se inizialmente si era sentita umiliata (insomma era lei la signora Lestrange, non quella sciacquetta), ora era completamente indifferente alla questione. D’altro canto, anche prima che la Bulstrode si trasferisse più o meno in pianta stabile da loro, Bella non dormiva con Rodolphus da eoni. Si era scelta un’altra ala del castello, più vicina a quella che era abitata da Rabastan. Insomma, ai più quella situazione poteva risultare bizzarra: Bellatrix conviveva col marito e l’amante del marito, con suo cognato – nonché suo migliore amico – e le sue svariate amanti, prima delle quali la giornalista Rita Skeeter.

“Buongiorno, Bella” la salutò Rodolphus come Bellatrix mise piede nel salotto. Rod era già vestito di tutto punto e, se con una mano teneva La Gazzetta del Profeta, con l’altra stringeva le dita affusolate di Violetta.

Patetici, pensò Bella. Ma allora… allora perché quella stretta al cuore nell’immaginare sé stessa e il Signore Oscuro in quell’identica situazione?

“Buongiorno, Rod” si sedette all’altro capo della tavola, il più lontana possibile da quei due. Lei e Violetta s’ignoravano sempre cordialmente sebbene, inizialmente, Bella l’avesse insultata e non aveva mai perso occasione per denigrarla. Ora, invece, era giunta alla conclusione che Violetta Bulstrode non meritasse neanche la minima considerazione; una che guardava con quell’aria infatuata Rodolphus Lestrange non era degna di nulla, né di disprezzo, né di odio, né di nient’altro. Andava solo ignorata, un essere talmente piccolo e inutile che neanche poteva rientrare vagamente nella sua sfera vitale e d’interesse.

Bella si servì del tè con un sorrisetto, magari sarebbe riuscita a rovinare la colazione a quei due.

“Cosa farete oggi?” chiese con noncuranza Bella aggiungendo del latte alla tazza.

“Pensavamo di andare a Brighton” rispose Rodolphus alzando leggermente gli occhi dal giornale “È una bella giornata, è domenica…”

“Andate in mezzo ai Sanguesporco, insomma” rispose con alterigia Bellatrix “Direi che s'addice al tipo di relazione che state portando avanti” sogghignò bevendo una sorsata di tè. Rodolphus le sorrise indulgente e alzò le spalle “Di quello che pensi tu, Bella, non potrebbe importarmene di meno” strinse più forte la mano di Violetta “Non riversare addosso a noi la tua infelicità; se non sei soddisfatta delle tue scelte non hai che andare a guardarti allo specchio e incolpare l’immagine che vedi riflessa”.

“Chi dice che non sono soddisfatta?” sibilò punta sul vivo Bellatrix. Rodolphus le sorrise di nuovo e Bella ebbe l’istinto di alzarsi in piedi e tirargli un pugno in faccia, gliel’avrebbe fatta passare lei la voglia di prenderla in giro.

“Nessuno” scrollò le spalle “Era solo un’intuizione”.

“Comunque, non dovreste farvi vedere in giro” osservò Bellatrix “Non dimenticarti che noi due siamo sposati, vuoi pettegolezzi sul Settimanale delle Streghe?”

“Non sono io a essermi dimenticato per primo del nostro matrimonio, Bella. Sei tu che hai iniziato a fartela con un altro”.

Bellatrix alzò gli occhi al cielo “A costo di essere ripetitiva, il Signore Oscuro non mi ha mai sfiorata prima che tu ti facessi l’amante”.

“Sono davvero toccato da tanto riguardo” ribatté Rodolphus faceto.

“E comunque io e lui non andiamo in giro mano nella mano!” sbottò Bella. Non che mi dispiacerebbe…

“Tranquillizzati, da quando Rabastan si sbatte la Skeeter siamo in una botte di ferro: certi pettegolezzi non li fa uscire” le sorrise indulgente ancora una volta, poi le sue labbra si curvarono in quello che invece era inequivocabilmente un ghigno sadicoCosa farai tu oggi?” sapeva perfettamente che Bella non aveva progetti, altrimenti non sarebbe stata lì a bighellonare con loro, sarebbe stata in camera sua a prepararsi a uno dei suoi torbidi incontri con il Signore Oscuro.

“Non lo so” mormorò Bellatrix.

L’idea di passare quella bella giornata da sola nel maniero in attesa di una chiamata – che con ogni probabilità non sarebbe arrivata – del suo Padrone le metteva addosso una certa malinconia. Forse era per questo che il Signore Oscuro ogni volta la riprendeva dicendole che altro non era che una bambina capricciosa e viziata? Aveva solo ventitré anni, che cosa si aspettava da lei? Cercava sempre di essere perfetta e di fare tutto ciò che desiderava lui, cercava, anzi, di provare ciò che lui voleva provasse. All’inizio, c’era anche riuscita. La gioia di essere finalmente diventata un tutt’uno con lui, di esserci andata a letto, era stata così grande che tutto il resto era passato in secondo piano. Le insegnava le Arti Oscure, la scopava… cos’altro poteva esserci più di quello? Bella, a ogni modo, aveva imparato che più si ha e più si vuole avere e quindi, quella relazione – se di relazione poi si potesse parlare – iniziava a starle stretta. Desiderava di più dal suo Signore ma desiderare di più da Lord Voldemort significava solo andare incontro a una morte dolorosa. Non si pretendeva dal Signore Oscuro, solo lui poteva pretendere qualcosa. Ma allora perché? Perché quel desiderio?

Bella si alzò all’improvviso, la tazza di tè in mano.

“Vado a vedere dov’è Rabastan, magari a lui va di fare qualcosa insieme”.

Rodolphus le sorrise sprezzante. Era soddisfatto di come ormai Bellatrix Black non avesse quasi più nessun effetto su di lui e le sue frecciatine non gli lasciavano nessuna sensazione dolorosa. Poteva fare ciò che più le pareva, a lui non lo tangeva più.

“Buona idea, magari ti fa unire a lui e a Rita…” ridacchiò e presto Bella sentì anche la voce cristallina di Violetta unirsi a quella profonda di Rod. Una parte di lei sarebbe voluta tornare indietro e cruciare quei due idioti ma doveva dimostrarsi superiore, anzi, lei era superiore. E una Black non si cura dell’opinione di nessuno, tanto meno di quella del marito fedifrago e della sua sgualdrinella da quattro soldi.

Bellatrix camminò velocemente, gli alloggi di Rab erano in tutt’altra ala perché il signorino desiderava sempre avere una certa privacy. Inutile dire che con Bella in giro, in realtà, di privacy ne aveva ben poca. Come arrivò davanti alla camera da letto del cognato, Bella sentì gemiti di piacere attraversare la porta, scosse la testa, raddrizzò le spalle, e aprì la porta senza neanche bussare. Se non avessero voluto essere disturbati avrebbero anche potuto chiudersi a chiave, no?

“Buongiorno” si annunciò Bellatrix passeggiando per la stanza come se nel letto non si stesse consumando un amplesso sfrenato. Bella gettò un’occhiata a quel groviglio di corpi sudati e una smorfia di disgusto andò a deformare le sue belle labbra. Di vedere quella parte di Rita Skeeter ne avrebbe fatto sinceramente a meno. Si sedette sulla poltrona proprio di fronte al letto, accavallò le gambe e, dopo aver gettato ancora un’occhiata a quei due (perché aveva quell’attrazione verso l’orrido? Più una cosa la disgustava più si ritrovava a volerla osservare…), si mise a guardare fuori dalla finestra, in attesa che finissero di fare le loro cose.

“Merlino, Bella” sbuffò Rabastan lasciandosi ricadere a fianco a Rita “Con te che ci fissi non è facile andare avanti”.

“Parla per te, Rab” intervenne Rita sorridendo languidamente a Bellatrix “A me fa piacere se ci guardi, Bellatrix. Anzi, volessi unirti…”

Bellatrix emise un verso sprezzante “Ho standard più alti, Rita, mi dispiace”.

“Oh-oh” esclamò la Skeeter sistemandosi meglio sul letto e allontanando all’improvviso Rabastan “E di chi stiamo parlando? È un mago purosangue? Un Mangiamorte? Anche lui vive qua come l’amante di tuo marito Rodolphus, Violetta? A proposito, questa convivenza forzata come ti ha fatto sentire? Violata? Frustrata? Umiliata?

Bellatrix roteò gli occhi e bevve un sorso di tè, poi si rivolse a Rabastan “Ma la smette mai? Rabastan questo pompino come ti ha fatto sentire? Su di giri? Eccitato? Vicino all’orgasmo? Preferisci che ti metta un dito…” l’imitazione che Bella stava facendo della Skeeter venne interrotta da un cuscino lanciato da Rabastan che Bella parò con un gesto svogliato della bacchetta.

“Bella, perché sei qua?” le chiese Rabastan “Perché se non hai qualcosa da dirci, puoi anche lasciarci a… terminare”.

Bella rimestò un po’ il tè. Aveva sempre avuto un buon rapporto con Rabastan e lo considerava il suo migliore amico.

“Cosa farete voi, oggi?” chiese senza guardare i due ancora sdraiati a letto nudi. Insomma, Rod e quell’altra stavano facendo colazione come due piccioncini, quei due si rotolavano a letto come due maiali e lei… lei non poteva stare col suo Padrone, era costretta in casa da sola a sentirsi i gemiti di altri. Perché il Signore Oscuro spesso e volentieri scompariva per giorni se non settimane? Perché non la voleva sempre con sé?

“Non lo so” Rabastan lanciò un’occhiata a Rita “Direi che ancora un altro giretto ci sta…” le ammiccò “Poi non abbiamo piani”.

“Avevi in mente qualcosa, signora Lestrange?” le chiese Rita guardando attentamente la figura di Bellatrix seduta sulla poltrona.

“No… io… Rod e quell’altra vanno a Brighton” buttò lì arricciando il naso “Sicuro è stata un’idea della Bulstrode, solo a lei poteva venire in mente di andare in quel covo di Sanguesporco…”

“Brighton è molto bella” sbadigliò Rabastan “E il quartiere magico è vivace”.

“Non mi dispiacerebbe fare un giro, sai Rab” disse Rita lentamente perché, in qualche modo, aveva intuito che la questione stesse particolarmente a cuore a Bellatrix. Sembrava estremamente infastidita dal fatto che Rodolphus e Rabastan potessero fare qualcosa di tanto banale con le proprie amanti mentre invece lei…

“A Brighton?” chiese sorpreso Rabastan, alzando un sopracciglio “Speravo in qualcosa di più intimo per questa soleggiata domenica di fine estate…”

Bellatrix scosse il capo “Avvertite Rodolphus così dirà agli Elfi di aggiungere delle tartine” rispose stizzita alzandosi in piedi. Anche quel cretino di Rabastan riusciva ad avere veri appuntamenti…

“Puoi venire anche tu, Bella” la invitò Rabastan ridacchiando “Una bella uscita a cinque… a meno che tu non riesca a invitare il tuo amato?” la sfidò. Bellatrix si bloccò sulla soglia della camera, impettita. Rabastan non credeva al fatto che lei e il Signore Oscuro avessero un rapporto particolare. Sì, credeva andassero a letto insieme… ma non riteneva possibile che ci fosse altro. A dir la verità, spesso neanche Bella credeva ci fosse altro. Il Signore Oscuro era un uomo talmente lunatico e impenetrabile che un giorno le faceva credere una cosa, il giorno dopo un’altra e, alcune volte, Bella si sentiva sull’orlo di una crisi nervosa. La metteva in difficoltà.

“Se glielo chiedo sono sicura verrebbe” rispose strafottente Bellatrix, sapendo bene di stare mentendo.

Rabastan rise sguaiatamente e si rotolò nel letto “Non ci credi nemmeno tu”.

“Certo che ci credo!” sbottò Bellatrix. Mi ucciderà, pensò invece affranta, se mi permetto di chiedergli una cosa del genere è la volta buona che mi ammazza.

“Va’ da lui a chiederglielo, allora” la sfidò Rabastan, un luccichio negli occhi. “Vai Bella, vai dal Signore Oscuro e chiedigli ‘Padrone, venite a fare un picnic con me, Rodolphus, la Bulstrode, Rabastan e Rita Skeeter…”

“Il Signore Oscuro?” esclamò Rita estasiata “Quel Signore Oscuro???” Rita non poteva credere alle sue orecchie. Non che la complicità tra Lord Voldemort e Bellatrix fosse qualcosa di segreto ma mai – mai – avrebbe pensato che potessero essere effettivamente amanti.

Rabastan e Bellatrix la ignorarono.

“Bene, sfida accettata cognatino. Vedrai che ti porto il Signore Oscuro a fare un picnic sulle spiagge di Brighton in mezzo a sudici Babbani e Sanguesporco”.

“Dovessi fallire in questa tua missione… vediamo…” Rabastan si portò un dito alla bocca e picchiettò sulle labbra meditabondo “Se perdi tu… dovrai dare una bella festa qua, nel nostro castello, e stare tutta – tutta – la serata appiccicata a Rod e trattarlo come se fosse il tuo maritino di cui sei tanto, tanto, ma proprio tanto, innamorata”.

Bellatrix finse un conato di vomito “Accettato, ma se perdi tu Rab, invece…” si passò la lingua sui denti “Alla prossima riunione di famiglia dovrai sederti vicino al caro Lucius e non solo ascoltarlo sproloquiare di politica, ma anche incalzarlo facendo commenti sagaci. Ogni genere di gossip con me e Narcissa sarà a te interdetto” Rabastan arricciò il naso “Sì, Rab, ti toccherà stare con i grandi, col tuo fratellone Rodolphus e con Lucius Malfoy...”

Rabastan strabuzzò gli occhi, gettò uno sguardo a Rita che invece sembrava particolarmente su di giri e alla fine alzò le spalle accettando.

Tanto non c’era modo lui perdesse.

 

*

 

Bellatrix si smaterializzò immediatamente dal suo Padrone. Avrebbe dimostrato a Rabastan e a quello scemo di Rod che non solo lei e il Signore Oscuro facevano del gran sesso, ma anche che avevano una relazione, qualcosa di molto più appagante dei loro rapporti da quattro soldi con quelle due viperette bionde. Entrando nella dimora del suo Signore, tuttavia, piano piano, tutta la sua baldanza prese a scemare. Cosa stava facendo? Sentì i brividi scenderle lungo la schiena mentre percorreva il lungo corridoio che portava allo studio del Signore Oscuro. Lo avrebbe indisposto. Lo avrebbe fatto innervosire e si sarebbe beccata una punizione esemplare. Non solo, avrebbe anche perso la scommessa con Rabastan…

Si fermò davanti alla porta chiusa, indugiò. Era ancora in tempo a darsela a gambe.

“Entra, Bellatrix”.

La voce del Signore Oscuro la fece sussultare. No, non poteva più tornare indietro. Con mano tremante aprì la porta della stanza. Il Signore Oscuro era inginocchiato per terra, davanti a lui fogli di appunti, mappe, disegni, libri… Voldemort era solitamente un uomo molto preciso, ordinato e meticoloso, quel disordine caotico colse quindi Bella alla sprovvista.

“Ti avevo detto di venire?” le chiese con voce fredda e dura, senza neanche alzare lo sguardo su di lei. Stava continuando a scribacchiare qualcosa. Il cuore di Bella fece un tuffo: il Signore Oscuro era estremamente riservato e di solito nascondeva a tutti i suoi esperimenti… ma non con lei, no con lei…

“Bellatrix” la richiamò lui, piano.

“No, mio Signore, non mi avevate detto di venire” rispose Bellatrix chinando il capo. La conversazione stava iniziando malissimo.

“Sei qui quindi di tua spontanea volontà? Una delle tue brillanti iniziative?”

Bellatrix arrossì.

“Mio Signore… quest’oggi mi sono svegliata pensandovi”.

Voldemort rise e, finalmente, lasciò andare la piuma alzando lo sguardo su di lei. I suoi occhi rossi scintillavano “Ma quanto sentimentalismo, Bella” ridacchiò “E cosa pensavi? Che sarei venuta a casa tua per farti fare una passeggiatina romantica?”

Bella spostò il peso da un piede all’altro a disagio, mentre sentiva le sue gote andare a fuoco. Si stava prendendo gioco di lei e per lui, il solo pensiero di passare una giornata insieme all’insegna del nulla, era un’idea assurda.

“Padrone…” fece titubante ma come rialzò lo sguardo da terra per guardare in faccia Voldemort le parole le morirono in gola. La stava guardando con un’espressione talmente furiosa che Bella non poté trattenersi dal fare qualche passo indietro.

Spiegati” sibilò.

Bellatrix deglutì perché, sebbene le avesse appena ordinato di spiegarsi, Bella aveva intuito perfettamente che l’ordine fosse tutto l’opposto: levati di torno il più velocemente possibile e potrei anche concederti la grazia di risparmiarti.

“È solo che…” si schiarì la gola “Ho fatto una scommessa con Rabastan”.

“Bellatrix, la mia pazienza ha un limite” le rispose Voldemort tornando a concentrarsi sui suoi appunti “E tu sei proprio sulla linea di arresto, quella che dice ‘torna indietro ora, altrimenti te ne pentirai’. Vuoi andare avanti? Sul serio vuoi sfidare il Signore Voldemort?”

Bellatrix si mordicchiò le labbra. Non voleva sfidarlo, è solo che…

“Rodolphus e Rabastan andranno a fare un picnic a Brighton con la Bulstrode e Rita Skeeter”.

Voldemort alzò un sopracciglio, continuando a leggere i suoi scritti.

Un picnic.

“Sei così insoddisfatta del rapporto che hai con me da volermi obbligare a interromperlo proponendomi un picnic con i due Lestrange e le loro amanti?” le chiese. Lo spregio trasudava dalla sua voce. Aveva sempre intuito che farsi una strega così tanto più giovane di lui avrebbe comportato anche stupidaggini di quel tipo… ma mai si sarebbe aspettato un picnic. Bellatrix era una strega abile e spietata, ma perché ogni tanto se ne usciva con fesserie di quel livello? Lagnanze idiote, richieste sciocche, una bambina viziata e capricciosa alla quale doveva insegnare la disciplina. E quella non gliel’avrebbe di certo potuta insegnare mentre facevano un picnic col marito e il cognato, per Salazar.

“Mio Signore, non sono insoddisfatta” lo contraddisse Bellatrix.

Voldemort emise un suono di sprezzo. Non era insoddisfatta eppure, lo percepiva chiaramente, quella sciocca ragazzina avrebbe davvero, davvero, voluto fare quel picnic con lui. Ci teneva a fare quelle porcherie romantiche di cui la sua testa era ancora piena; per quanto ancora avrebbe dovuto passare il suo tempo a estirparle ogni seme di idiozia che era stato seminato durante la sua infanzia? Poi, all’improvviso, ebbe piena visione di cosa sarebbe successo se Bellatrix avesse perso quella stupida scommessa con Rabastan: Bella avrebbe dovuto fare la perfetta mogliettina con Lestrange. Quell’idea gli fece salire l’amaro in bocca; lui passava tutto quel tempo a crearsi la perfetta strega e Lestrange avrebbe avuto l’opportunità di metterci le mani sopra? Digrignò i denti e indurì la mascella. Davvero si sarebbe ridotto ad andare a fare un picnic? Era pur vero che lui a Brighton dovesse andarci e Bella, per ciò che aveva in mente, poteva rivelarsi un aiuto abile, capace, necessario…

“Ti propongo un accordo, Bellatrix” disse Voldemort alzandosi in piedi e avvicinandosi alla ragazza che lo guardò come abbacinata, sorpresa da quel cambio repentino d’umore. “Verrò con voi a fare questo maledetto picnic, così tu vincerai la tua scommessa da quattro soldi e avrai questa porcheria romantica che ti ostini a desiderare”.

“Oh Padrone!” esclamò Bellatrix, estasiata. La stava accontentando? La stava seriamente accontentando?

“Calma, Bella, calma” la riprese Voldemort posandole una mano sul collo e stringendo leggermente, un sorriso perverso gli incurvava le labbra “Dopo il picnic, verrai con me e ti mostrerò la mia idea di pomeriggio romantico” ridacchiò divertito e le lasciò andare il collo; Bella pensò che sicuramente le sarebbe rimasto il segno delle sue dita sul collo candido. Quale poteva essere l’idea di pomeriggio romantico del suo Signore?

“Accetti?”

“Certamente, Padrone!”

“Poi mi dovrai dire cosa preferisci. Se un picnic o… quello che ho in mente io”.

Bellatrix socchiuse gli occhi, che cosa poteva avere in mente? Lo guardò mentre trasfigurava la sua veste da mago in ordinari e squallidi vestiti babbani.

“Se dovessi preferire quello che ho in mente io, Bella, sappi che poi riceverai una bella punizione”.

Bellatrix sentì montare in sé un’eccitazione sfrenata, incontenibile…

 

*

 

“Quindi hai ben pensato di invitare Bellatrix con l’Oscuro Signore?” sibilò Rodolphus al fratello mentre passeggiavano lungo la spiaggia con i gabbiani che volteggiavano sul mare.

“Non li ho invitati” lo corresse prontamente Rabastan le mani in tasca e un sogghigno sulle labbra “Ho scommesso con Bella, è ben diverso”.

“E non ti è passato per l’anticamera del cervello che vederli insieme mentre… insomma, avrebbe potuto darmi fastidio?”

Rabastan alzò un sopracciglio “Credevo fossi innamorato di Violetta?” domandò, osservando la schiena delle due donne che passeggiavano di fronte a loro. Rita e Violetta avevano frequentato Hogwarts insieme, nello stesso anno, e non potevano esistere due donne più diverse tra loro. Rita era esplosiva, kitsch, esuberante… mentre Violetta… be’, Violetta era una donna purosangue, quella che loro madre avrebbe definito “la perfetta moglie”, peccato solo che fosse invece l’amante.

“Certo che sono innamorato di Violetta ma…” Rodolphus scosse la testa “L’idea di quei due insieme è raccapricciante e disgustosa. E mi mette di malumore, Rab”.

Rabastan ridacchiò “Sul serio credi che quei due verranno? Credi che il Signore Oscuro voglia fare un picnic a Brighton in mezzo ai Babbani con noi?”

Rodolphus scosse la testa. No, non lo pensava. Eppure qualcosa dentro di lui gli diceva che quel pomeriggio sarebbe stato drammatico.

“E Rita?” borbottò tirando un calcio nella ghiaia.

Rabastan si strinse nelle spalle “Lo sai, si diverte a stare in mezzo a tutto questo gossip e drama purosangue. Non ne farà parola con nessuno ma dice che appena tutto questo verrà a galla e non sarà più un segreto, vuole essere in prima linea con tutte le informazioni possibili”.

“Che ne dite, vi piace qua?” chiese Violetta sorridendo a Rodolphus e indicando uno spiazzo leggermente appartato, lontano da tutti i Babbani che invece affollavano il Pier.

“Direi che va benissimo” rispose Rodolphus aiutandola a stendere la coperta per terra.

Si sedettero tutti e quattro ed evocarono i cestini con il pranzo. Era una bellissima giornata di sole e, nonostante fossero circondati da Babbani chiassosi, si percepiva una certa tranquillità. Rodolphus pensò a come avrebbe dovuto passare più giornate così, con suo fratello e con le loro compagne a godersi una domenica all’aperto… e invece, nella sua vita c’era Bellatrix che certe cose le aveva sempre disprezzate. Ora però sembra desiderarle? Con quell’altro che pure non mi sembra proprio…

“Ma dite che verranno?” chiese Violetta, tirando fuori svariati pacchetti dai cestini “Oppure possiamo iniziare?”

“Verranno” rispose Rita, convinta. Rabastan fece scioccare la lingua sui denti “Cosa ne sai tu che nemmeno hai mai incontrato il Signore Oscuro?”

“Credo sia difficile dire di no a una donna come Bellatrix”.

“Fidati, Rita” intervenne Rod “è difficile anche parlare con l’Oscuro Signore”.

Magari non hanno parlato” bisbigliò allusiva la Skeeter con un sorrisetto provocante.

“Potremmo iniziare a stappare una bottiglia e fare un brindisi” s’intromise Violetta tirando fuori dello champagne e iniziando a stappare la bottiglia; sapeva bene quanto l’argomento “Bellatrix e Signore Oscuro” indisponesse il suo Roddie. “Così posso fare un brindisi al mio perfetto fidanzato…”

Amante” sibilò tra i denti Rita “La parola che stai cercando è amante, cara”.

Violetta arrossì un po’, era pronta a ribattere quando una voce fredda e sibilante li raggiunse.

“Per una giornalista suppongo le parole siano fondamentali, ma non sia così pedante con la povera Violetta, signorina Skeeter”.

Rita alzò di scatto lo sguardo, il cuore che batteva all’impazzata. Aveva presenziato a qualche comizio di Lord Voldemort in quanto inviata de La Gazzetta del Profeta e tuttavia non ci aveva mai davvero parlato, non era ancora una giornalista affermata e quindi le interviste con gli esponenti più importanti della Comunità Magica non spettavano a lei. Ancora.

“Avete ragione, Signore” rispose Rita chinando il capo leggermente “Deformazione professionale”.

Voldemort le sorrise e Rita si sentì sciogliere. Era diverso. Incredibilmente diverso da come lo ricordava. I suoi occhi erano neri, penetranti, e solo leggermente screziati di rosso, aveva i capelli scuri pettinati all’indietro e i suoi lineamenti erano… umani. Indossava un elegante completo babbano di colore scuro e aveva invece una camicia bianca, due bottoni aperti in alto facevano intravedere un petto glabro, pallido e particolarmente tonico…

Non posso di certo dare torto a Bellatrix, pensò mentre Voldemort si sedeva proprio di fronte a lei e Bellatrix si accomodava accanto a lui con un sorriso radioso, vittorioso.

“Mio Signore” lo salutarono i due fratelli Lestrange e Rita quasi sentì Rabastan sibilare a Bellatrix un “Stronza”.

“Signore” lo salutò anche Violetta con un sorriso di circostanza.

Oh, se solo avesse potuto scrivere un articolo su quel pranzo Rita sarebbe stata la donna più felice del mondo!

“Grazie per esservi unito a noi, Padrone” lo ringraziò Rodolphus chinando il capo e contemporaneamente domandandosi di cosa diamine avrebbero potuto parlare durante un picnic. Non di certo di uccidere Babbani? Di cosa parlavano lui e Bella quando erano soli? Magari non parlano affatto, gli disse una vocina – pericolosamente simile a quella della Skeeter – nella sua testa.

Voldemort gli sorrise freddamente “Non ho avuto altra scelta. Devo impartire una lezione alla mia Bella” mise particolare enfasi su quel “mia”. Non gliene importava nulla che Bellatrix fosse la moglie di Rodolphus, che si tenesse la Bulstrode, una donna decisamente più alla sua portata…

“Volete un po’ di champagne, Signore?” chiese Violetta allungandogli un flute. Voldemort lo afferrò svogliatamente: non amava bere, ancor meno amava mangiare, non gli piaceva il mare, odiava stare seduto per terra col sole sulla testa e i Babbani che urlavano gli stavano già facendo venire mal di testa.

Cadde uno spiacevole silenzio imbarazzato e gli angoli della bocca di Voldemort si alzarono leggermente. Adorava il modo in cui metteva tutti in soggezione, il modo in cui davanti a lui si sentivano inetti e capivano che le loro insulse conversazioni non erano degne di lui, Lord Voldemort. Ma d’altro canto, si reputava un Signore misericordioso. Si portò il bicchiere alle labbra e sorseggiò lo champagne.

“Allora signorina Skeeter” disse voltandosi a guardare la ragazza bionda seduta accanto a Rabastan “Le piace il suo lavoro di giornalista?”

La vide arrossire e Voldemort si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo. Detestava quell’aspetto belloccio, ora che non ne aveva più bisogno. In passato essere di aspetto piacente si era rivelato particolarmente utile, cionondimeno, ora che aveva una certa influenza, non voleva che le streghe lo guardassero pensando a come sarebbe stato averlo sopra di loro. E quello era esattamente il pensiero che Rita Skeeter stava facendo in quel momento. Se solo Bella avesse potuto avere pieno accesso alla mente della Skeeter come lui, ci sarebbe stato da divertirsi…

“Molto, e devo ammettere che, questo picnic, sul Settimanale delle Streghe, riscuoterebbe un certo successo”.

“E cosa scriverebbe?”

“Il titolo suonerebbe più o meno così: Lord Voldemort, Signore Oscuro o Master del sesso?

Voldemort stiracchiò le labbra in un sorriso freddo “È questa l’idea che lei ha di me? Un uomo dedito a certe pratiche?”

Rita Skeeter rise sotto i baffi coprendosi la bocca con una mano “Be’, guardando i segni sul collo di Bellatrix non c’è davvero molto altro a cui pensare…”

Voldemort rifilò un’occhiata adirata a Bellatrix per non essersi coperta, poi però si rese conto di quanto gli facesse piacere che tutti notassero i suoi segni sul corpo di Bella. Bevve ancora un sorso di champagne.

“Hai uno sguardo molto attento, Rita” le disse Voldemort passando agevolmente al tu. “Ma credo sia il caso di cambiare argomento” aggiunse accennando con il capo a Rodolphus e Violetta “Li stiamo proprio mettendo in imbarazzo”.

Bellatrix si allungò per prendere una tartina e l’addentò con fare voluttuoso. Che cazzo voleva la Skeeter dal suo Padrone? Perché lo guardava a quel modo? Lanciò un’occhiata a Rabastan che invece sembrava in soggezione a causa del Signore Oscuro.

“Lo fate spesso?” sentì la voce dell’Oscuro Signore domandare con indolenza “Queste… uscite di gruppo, intendo”.

“No, Padrone” rispose prontamente Bellatrix. Non gli stava piacendo per nulla quell’uscita. Non le piaceva condividerlo con nessuno e la Skeeter che faceva domande allusive…

“Diciamo che la nostra è una convivenza… complessa, come potete immaginare” aggiunse Rodolphus stringendo la mano di Violetta e servendosi anche lui da mangiare “Insomma, il castello dei Lestrange è piuttosto ampio, tuttavia incontrarsi per fare colazione alle volte è… grottesco”.

“Io mi diverto sempre molto” intervenne Rabastan bevendo lo champagne “I vostri litigi sono sempre uno spasso”.

Taci Rabastan!” sibilarono contemporaneamente Rodolphus e Bellatrix.

Voldemort inclinò il capo di lato e si lasciò andare sulla coperta, appoggiandosi a un gomito e sfiorando con la testa la spalla di Bella. La sentì trattenere il respiro e farsi più vicina a lui. La sentiva fremere, vogliosa. Voldemort poteva scommetterci qualsiasi cosa: Bella si stava pentendo di quell’inutile picnic; avrebbe voluto stare da sola con lui per fare quello che erano abituati a fare senza doversi trattenere. Non che Voldemort avesse qualche sorta di pudicizia ma, per quanto l’idea di mettere in imbarazzo quegli aristocratici purosangue viziati lo divertisse sempre molto, sapeva bene che certi atteggiamenti gli avrebbero solo procurato dell’astio gratuito. Tuttavia, come adocchiò il ghiacciò dello champagne abbandonato nel refrigeratore, non riuscì a trattenersi dall’allungare una mano e prendere un cubetto. Se lo rigirò tra le dita mentre gli altri iniziavano a chiacchierare del più e del meno, quasi dimentichi della sua ingombrante presenza: succedeva sempre così quando riprendeva l’aspetto prima degli Horcrux; ritornava a essere una persona ordinaria, si comportava da persona ordinaria, e gli altri tendevano dimenticarsi chi fosse realmente, cosa ci fosse sotto a quelle fattezze perfette…

Il cubetto scivolava tra le sue dita e l’unica cosa alla quale riusciva a pensare era a come ci avrebbe giocato volentieri se solo fosse stato solo con Bellatrix. Alzò il viso e i suoi occhi incontrarono lo sguardo della Skeeter che gli sorrise provocante e lasciva, lui le sorrise di rimando. Quella strega si stava dimostrando particolarmente interessante, era come se fossero sintonizzati sulla stessa stazione.

“Bella” chiamò Voldemort piano, sempre guardando dritta negli occhi Rita “Prendilo” ordinò allungando il braccio indietro e porgendo il cubetto a Bellatrix. Come al solito, lei obbedì ai suoi ordini senza porre domande e quello era un aspetto che lo faceva sempre eccitare ogni oltre immaginazione. Bellatrix era sua e poteva disporne come più desiderava. Anche lì, davanti a suo marito e a suo cognato.

“Mettilo nelle mutande” le disse ancora, senza distogliere lo sguardo dalla giornalista. La vide mordicchiarsi il labbro inferiore e spostare gli occhi per osservare la reazione di Bellatrix e di Rodolphus.

Rita non poteva credere esistesse un uomo di quel tipo, era un’ispirazione. Era carismatico anche solo sdraiato su un fianco... e la sua stronzaggine? Fosse stata in Bellatrix anche lei avrebbe mandato al diavolo Rodolphus Lestrange per un dominatore di quel calibro che le ordinava di mettere un cubetto di ghiaccio di fronte ad altre quattro persone come se nulla fosse…

“Adesso, mio Signore?” chiese per conferma Bellatrix arrossendo imbarazzata. Avrebbe dovuto aspettarselo, davvero credeva che il Signore Oscuro sarebbe andato a un picnic con lei e poi si sarebbe comportato da fidanzatino premuroso? Neanche le sarebbe piaciuto l’avesse fatto. Sentì montare in lei l’eccitazione e, senza aspettare una risposta dal suo Padrone, fece scivolare una mano sotto la sottana. Era bollente tra le gambe e, come il cubetto di ghiacciò la toccò nella sua parte più sensibile, si sentì come andare a fuoco. Si lasciò andare a un basso gemito fremente di eccitazione e chiuse gli occhi. Non poteva sopportare lo sguardo divertito di Rabastan, quello sprezzante di Rodolphus… per non parlare di quello scandalizzato di Violetta… e Rita? Aprì un occhio e la vide con quel sorrisetto…

“Rita, se vuoi puoi scrivere un articolo su questo” disse Voldemort alzandosi leggermente e incrociando le gambe “Dillo che Lord Voldemort ordina e Bellatrix ubbidisce…”

“Trovo questa situazione effettivamente molto interessante” commentò la Skeeter, agguantò la sua borsetta di coccodrillo e tirò fuori una pergamena e una piuma “Anzi, sarei interessata a qualche consiglio di dominazione, per così dire” lanciò un’occhiatina a Rabastan con fare allusivo.

“Di nuovo, non credo siano certi discorsi da affrontare davanti a donne purosangue perbene, Rita. Ma chissà, magari in futuro potremmo anche approfondire…

Non aveva alcuna intenzione di approfondire ma sentire Bellatrix dentro di lui trattenere il respiro e dibattersi leggermente non aveva prezzo. Se lo meritava, si meritava di soffrire per aver deciso di trascinarlo in quell’assurdità. Un picnic…

Voldemort sentì la Bulstrode cercare di colmare quel silenzio imbarazzato e, ancora una volta, si distrasse. Lasciò vagare lo sguardo intorno. Il garrito dei gabbiani si perdeva tra le voci dei bambini che giocavano a pallone sulla battigia, un paio di piccioni becchettavano a qualche metro di distanza… odiava quel posto.

Una volta al mare e una volta in campagna.

Le sue estati al mare con l’orfanotrofio erano sempre state lì a Brighton. Sentiva ancora le urla della signora Cole e, come il suo sguardo si soffermò sull’acqua blu scuro del mare, sulla risacca delle onde, il bianco della schiuma, si ricordò del modo in cui la signora Cole gli teneva la testa sott’acqua. All’improvviso si sentì invadere le narici dall’acqua salmastra, si sentì bruciare la gola, soffocare. Prese a respirare con più fatica mentre serrava gli occhi e posava i polpastrelli forte sulle palpebre nel tentativo di bloccare la visione del mare, i ricordi, le sensazioni…

“Padrone?”

Bellatrix.

“Padrone?”

Voldemort si morse le labbra. C’era Bellatrix lì con lui e, di conseguenza, non poteva esserci la signora Cole che cercava di affogarlo. Bella non gliel’avrebbe mai permesso…

“Mio Signore…”

La sua voce preoccupata lo stava riportando al presente.

“Vi sentite bene, mio Signore?” la sua voce gli suonava sempre più vicina e poi sentì la sua mano sulla spalla premere delicatamente. Voldemort emise un sospiro profondo, come se stesse riemergendo dall’acqua dopo minuti interminabili passati sotto.

“Sto benissimo, Bellatrix” ringhiò tra i denti, premendo ancora più forte le dita sulle palpebre “Ho solo un mal di testa incipiente. Tu e le tue insulse, stupide…”

“Tom?”

Voldemort tolse la mano dalla faccia e spalancò gli occhi. Il sole accecante gli ferì la pupilla, si schermò il viso con una mano mentre la faccia di una donna di mezz’età dai capelli neri iniziava a diventare via via più a fuoco.

“Tom Riddle, sei proprio tu, vero?”

Porca puttana, fu il suo primo agghiacciante pensiero. Tirò un colpetto di tosse mentre il suo cervello lavorava febbrilmente. Chiaramente non poteva negare di essere Tom Riddle, sarebbe solo risultato ridicolo. Contestualmente, non poteva neanche smaterializzarsi, che figura ci avrebbe fatto? Lord Voldemort che fugge di fronte a una Babbana? Poteva ucciderla? La tentazione era forte, ma anche quella non sembrava un’opzione realizzabile: non poteva mettersi a uccidere Babbani alla luce del sole, in mezzo ad altri maghi e in mezzo ad altri Babbani. Non gli rimaneva altro che… comportarsi da Tom Riddle.

“Sono proprio io, sì, Amy” rispose Tom sorridendole freddamente mentre la Babbana, sua ex compagna di orfanotrofio, si accucciava di fronte a lui. Come si fece più vicina, Tom percepì chiaramente una zaffata di alcol che gli fece salire la nausea.

“Non sei cambiato di una virgola, com’è possibile?”

“Magia” rispose Tom con tono scherzoso stringendosi nelle spalle. Percepiva inequivocabilmente il disagio delle altre cinque persone che erano con lui. Bellatrix gli alitava sul collo come se dovesse scattare in avanti e trucidare Amy da un momento all’altro, i due fratelli Lestrange guardavano la Babbana come se fosse un topo di fogna che stava inquinando il loro ambiente, un topo di fogna da eliminare e non capivano per quale motivo il loro Padrone e Signore ci stesse invece amabilmente parlando; Rita Skeeter faceva scattare ritmicamente la chiusura della borsetta come se non stesse più nella pelle e si stesse trattenendo a stento dal mettersi a scrivere…

“Vuole un bicchiere di champagne?” chiese invece Violetta Bulstrode gentile, cercando di mantenere un’apparenza di educazione e gentilezza anche con la feccia.

“Oh grazie, non si dice mai di no a un po’ d’alcol” rispose Amy su di giri. Violetta riempì un flute, poi però iniziò a temporeggiare: non voleva di certo toccare una sudicia Babbana… Voldemort sbuffò, le prese di mala grazia il bicchiere dalle mani e lo allungò ad Amy che ne bevve subito una lunga sorsata. Al contrario di lui, lei era invecchiata tanto e male. La sua voce era gracidante come quella di una rana, sicuramente a causa del fumo; la pelle avvizzita, gli occhi iniettati di sangue, i capelli stopposi…

“Sei a Brighton per rivivere i vecchi tempi, Tom?” domandò Amy, come se fosse ignara degli sguardi astiosi di tutti i presenti.

“Non proprio, sono qui con…” lanciò uno sguardo alle sue spalle “Amici”.

“Non saranno un po’ giovani per te?”

“In che senso?”

“Per farci sesso, non saranno un po’ giovani?”

Tom aggrottò le sopracciglia e le lanciò mentalmente talmente tante maledizioni da metterci un po’ a risponderle ad alta voce.

“Non stiamo organizzando un’orgia, se questo era il sotto-testo della tua domanda”.

Era peggio di quanto avesse potuto pensare inizialmente. Con i Babbani dell’orfanotrofio non aveva mai potuto mostrare completamente il suo lato peggiore. Prima di andare a Hogwarts aveva passato il suo tempo a bullizzarli attraverso la magia; d’altra parte non c’era altro metodo per sopravvivere in quel palazzo degli orrori: chi non mangiava veniva mangiato. Dopo Hogwarts, tuttavia, aveva dovuto cercare di mantenere un contegno irreprensibile: aveva sempre avuto la sensazione che quel dannato Silente sarebbe venuto sapere se avesse continuato a maltrattare i suoi compagni di orfanotrofio e, a ogni modo, non gli era concesso utilizzare la magia fuori da Hogwarts… senza contare che, prima di decidersi a divertirsi con le Purosangue, aveva ben pensato di fare esercizio con la feccia.

“Peccato, mi sarei unita volentieri, come ai vecchi tempi”.

Salazar ce ne scampi.

“Be’, guarda, al contrario di me tu sei invecchiata malissimo” le sibilò cattivo. Bellatrix dietro di lui gli stava affondando le dita nella spalla. Più la Babbana parlava più Tom sentiva le unghie di Bella penetrargli nella pelle… In altre circostanze le avrebbe tirato uno schiaffo su quella mano, in quel momento però trovava quasi confortante quella stretta decisa e dolorosa sulla sua spalla…

Al contrario di quanto si sarebbe aspettato, Amy si mise a ridacchiare. Possibile non capisse che si doveva levare? Pur non vedendola in faccia, Voldemort intuiva che lo sguardo di Bellatrix potesse essere in quel momento letale come quello di un Basilisco. Possibile che quell’idiota Babbana non ne avesse paura?

“Considera che mi sono sposata con Dennis Bishop… e abbiamo anche un figlio”.

“Che coraggio” commentò a bassa voce Tom. Come poteva liberarsi di quella presenza fastidiosa senza ucciderla?

“Siamo tutti diventati come lei, sai… io, Billy Stubbs, Eric Whalley e anche Dennis…”

“Lei chi?” finse di non capire Tom.

La signora Cole” rispose con ovvietà Amy mettendosi una ciocca stopposa di capelli dietro all’orecchio e bevendo ancora un sorso di champagne. “Anche tu sei come lei, è per questo che ti ho riconosciuto. Quello che ci ha fatto… ci sono cose che lasciano un marchio, un segno. Qualcosa che rimane sotto la pelle per sempre e… non se ne va via, mai”.

“Non capisco proprio a cosa tu ti stia riferendo” mentì spudoratamente Tom, si sentiva sempre più a disagio perché non sapeva come uscire da quella situazione.

“Ti ho riconosciuto proprio per quello, sai” proseguì Amy, quasi senza ascoltarlo, bevendo di nuovo “Abbiamo tutti lo stesso sguardo, uno sguardo morto, spento…

Tom rimase in silenzio e Amy proseguì “Ti ho riconosciuto dal modo in cui guardavi il mare, ti sei ricordato di come la signora Cole ci teneva la testa sott’acqua, vero? Ti sei sentito come affogare e per questo poi hai chiuso gli occhi. E quando mi sono avvicinata, hai sentito il mio odore di alcol, ti sei ricordato di lei, dell’odore che emetteva quando ci torturava e picchiava. Sei mancino, eppure continui a utilizzare più spesso la mano destra, proprio perché lei ti ha sempre obbligato a farlo e, quando non lo facevi, ti sferzava il polso con quella verga che si portava sempre appresso. E quando le avevi detto di saper parlare con i serpenti? Ti aveva minacciato di tagliarti la lingua…” fece una pausa, sovrappensiero “La cosa peggiore, però, è che siamo diventati tutti come lei…”

Tom digrignò i denti mentre un senso di nausea gli attanagliava lo stomaco. Era nauseato dai ricordi, dal dolore, dalla sofferenza, dall’ingiustizia; lui che era l’Erede di Serpeverde, che si era innalzato al di sopra dei comuni mortali trasformandosi in Lord Voldemort…

“Sento di doverti ringraziare, comunque, Tom. Quello che hai fatto a me e a Dennis in quella caverna… be’, sappi che ci ha uniti. È solo grazie a quell’unione che siamo riusciti ad andare avanti, a non lasciarci trascinare giù dalla disperazione…”

“Lieto di essere stato ‘galeotto’ di questa deliziosa unione” fece una pausa poi aggiunse con un ghigno “Ti sbagli, comunque. Il mio sguardo non è affatto morto, io sono più vivo che mai”.

“Puoi mentire ai tuoi amichetti, Tom ma…”

“Avvicinati” le ordinò all’improvviso “Fatti più vicina e ti faccio vedere il mio vero sguardo, i miei veri occhi…”

Amy rimase interdetta per qualche istante, poi si avvicinò a Tom, titubante. Come fu a un palmo dal suo viso Tom iniziò a trasfigurare i suoi occhi, a mostrarsi per ciò che realmente era. La pupilla si strinse, diventando sottile e verticale come quella di un serpente, l’iride invece s’ingrossava diventando di un rosso acceso, brillante. Amy spalancò la bocca in un muto urlo di orrore. Quello non era lo sguardo di un morto, non era uno sguardo vuoto… e tuttavia era qualcosa di più raccapricciante ancora, era mostruoso, orribile, terrificante. Amy fece un balzo all’indietro serrando gli occhi e versandosi addosso lo champagne rimanente. Continuava tremare, terrificata da quegli occhi rossi, spietati, arrabbiati…

“Io… io devo andare” borbottò senza guardare Tom in viso. Quegli occhi le avevano promesso una sola cosa: morte. Anzi, quegli occhi erano la morte e, mentre Amy caracollava sulla spiaggia nella speranza di lasciarsi nel passato Tom Riddle, la presenza della morte, quella presenza continuava a vibrarle intorno…

Voldemort rise. Si divertiva sempre a incutere timore negli altri, ma quella lurida Babbana non se la sarebbe di certo cavata con così poco o no, nossignore… aveva già in testa tutto…

“Bellatrix se continui a stringermi così forte la spalla le tue unghie presto toccheranno le mie ossa” la riprese voltandosi leggermente verso di lei. Come gli occhi di Bella incrociarono lo sguardo infuocato di Voldemort lasciò andare la presa dalla sua spalla.

“Perdonatemi, Padrone” mormorò Bellatrix “Ma… quella Babbana…” represse un singulto. Non sapeva da cosa essere più sconvolta. Dal fatto che il suo Padrone si fosse intrattenuto con dei luridi Babbani facendo orgie? Oppure dal fatto che… che avesse subito tutte quelle violenze inaudite quando era solo un bambino? Chi era quella signora Cole? Come si era permessa? L’avrebbe trovata e torturata così a lungo… per giorni, settimane, mesi, anni… fino a quando non sarebbe morta di stenti, agonizzante…

“Rilassati, Bellatrix” mormorò Voldemort sorridendole appena “È già morta, o meglio, l’ho già uccisa”. Si volse verso Rita Skeeter che invece continuava a giocare con la borsetta “Puoi scrivere un articolo su questo, se vuoi, Rita”.

Gli occhi di Rita luccicarono, aprì la borsetta di scatto e tirò fuori la piuma Prendiappunti.

“Vedo già il titolo: Lord Voldemort, vittima o carnefice? L’infanzia atroce dei maghi che vivono tra i Babbani”.

Rita… mormorò Rabastan tirandole una gomitata “Non credo davvero sia…” si rivolse verso Voldemort “Padrone, perdonatela, la signorina Skeeter tende a essere…”

“A essere molto perspicace” completò Voldemort sorridendo bonario verso Rabastan “Farmi passare come vittima dei Babbani sarebbe un bel sovvertimento dell’opinione pubblica”.

Rita rise di gusto e prese a scrivere “Posso usare tutte le informazioni?”

“Eviterei giusto riferimenti… sessuali, ecco”.

Rita fece scioccare la lingua sul palato gioiosa “Posso andare a intervistarla?”

Voldemort sogghignò reclinando la testa leggermente all’indietro “È difficile intervistare una persona morta” le rispose sempre più divertito. Rita corrugò le sopracciglia e si volse; quella Amy le sembrava stare ancora respirando. Certo, era una Babbana della peggior specie e il marito sembrava essere peggio di lei ma erano, inequivocabilmente, entrambi vivi e vegeti.

“L’ha uccisa Bella” proseguì Voldemort come se nulla fosse. Bella sussultò, mise mano sulla bacchetta e fece per alzarsi, pensando che fosse un ordine implicito di andare lì a ucciderli in quel preciso momento.

“Calma” le sibilò Voldemort bloccandole il polso per farla stare giù “Non puoi di certo andare lì e ucciderla su due piedi, altrimenti lo avrei fatto io quando era qua, ti pare?”

Bellatrix lo guardò interdetta, senza capire. Il suo Padrone sapeva essere contraddittorio e la confondeva.

“Comunque è viva” fece Rita.

“Una morta che respira e cammina, ma pur sempre morta” la corresse Voldemort. “Cosa faremo, Bella?”

“Cosa faremo, mio Signore?” chiese lei, di rimando, senza capire. Il Signore Oscuro non le rispose e Bella lanciò un’occhiata a Rabastan che, tuttavia, sembrava sconcertato quanto lei. A sua volta Rab gettò un’occhiata a Rodolphus che si strinse nelle spalle smarrito.

Tutti i Mangiamorte erano a conoscenza delle origini di Voldemort; anzi, il Signore Oscuro sottolineava sempre di essere un Mezzosangue come se quello fosse quasi un motivo in più per adorarlo, come se la sua condizione di Mezzosangue lo rendesse speciale. Insisteva sul fatto che il Destino aveva voluto renderlo Mezzosangue e lo aveva fatto crescere in mezzo ai Babbani proprio per fargli meglio comprendere quanto la Magia fosse potere e come i Babbani fossero esseri inferiori da sterminare. Quel breve dialogo tra Voldemort e la Babbana non aveva colto quindi di sorpresa nessuno sebbene, effettivamente, tra essere a conoscenza di una cosa e vederla con i propri occhi ci fosse una differenza abissale. L’idea che Lord Voldemort avesse fatto sesso con dei Babbani era qualcosa di nauseante, l’idea che Lord Voldemort fosse stato torturato da dei Babbani da bambino era qualcosa di folle… Rodolphus scosse la testa e guardò sottecchi Bellatrix. Possibile che su di lei quelle informazioni non avessero sortito effetto alcuno? Per lui, che Voldemort avesse fatto festini sessuali con dei Babbani, non cambiava poi molto: non doveva mica andarci a letto! Ma possibile che Bella, invece, non trovasse vomitevole l’idea di baciare labbra che in precedenza avevano toccato un corpo Babbano? Se Rod avesse saputo che Violetta si era fatta fottere da un Babbano l’avrebbe piantata su due piedi…

“La ucciderai – li ucciderai – nel momento in cui non saremo più circondati da persone” disse Voldemort a Bellatrix, con fare ovvio “E questo significa?”

“Che devo spiarli” rispose prontamente Bellatrix, “Così quando si alzeranno per andarsene sarò pronta ad agire e a pedinarli”.

“Che brava la mia Bella…” si lasciò andare all’indietro e poggiò la testa sulle ginocchia di Bellatrix chiudendo poi gli occhi “Chiamami quando decideranno di andarsene. Li seguiamo e poi… ti mostrerò la mia idea di pomeriggio romantico, intesi?”

“Certo, Padrone” annuì Bellatrix.

Voldemort stiracchiò le labbra in un sorrisetto, poi finse di dormire. Non dormiva mai e di certo non l’avrebbe fatto circondato da altre persone, ma sentiva di doversi ritirare un attimo nei meandri della sua mente, ricaricare la propria psiche. Sentì la mano di Bella posarsi sul suo petto, al livello del cuore e, di nuovo, il tocco di Bellatrix gli procurò un estremo e divorante senso di tranquillità.

Per quanto Voldemort tenesse gli occhi chiuse e mantenesse il respiro regolare per far credere di stare dormendo profondamente, le sue orecchie erano ritte per cogliere ogni minima parola da quei cinque. Tutti i suoi altri sensi erano allerta e, anzi, si sentiva particolarmente attento. Non gli sarebbe sfuggito nulla: quegli idioti, come lui aveva posato il capo sulle gambe di Bella, avevano abbassato le loro difese.

“Tu hai mai fatto un’orgia, Rod?” chiese dopo un po’ Rabastan tra una tartina al formaggio e un bicchiere di vino.

“Ti sembra una domanda da farmi, fratellino? Una domanda da fare in presenza di mia moglie e della mia amante?”

“Della moglie che ha messo nelle mutande un cubetto di ghiaccio offertogli da un altro uomo?” Rabastan ridacchiò e scosse la testa “Comunque credo proprio la tua risposta sia no” sbuffò e si rivolse a Rita “E tu? L’hai mai fatto?”

“Il massimo è stato un menage a trois, caro”.

“Rita, tu non deludi mai…”

“Ma…” intervenne Violetta arrossendo, avrebbe voluto riportare la conversazione su argomenti meno espliciti. Non era una donna che si reprimeva nel sesso, Violetta e, tuttavia, aveva un senso di pudicizia che non l’abbandonava mai: certe cose non dovevano essere messe in pubblica piazza e parlare di sesso davanti ad altri, per lei, era qualcosa che rasentava la maleducazione più estrema. Un atteggiamento che da uomini Purosangue non si sarebbe mai aspettata. “Voi lo sapevate?”

“Che cosa?” domandò Rodolphus.

“Che il… Signore Oscuro… insomma, quella donna era terribile. Al di là del suo essere una sudicia Babbana…”

“Io credo che un’orgia vada fatta solo con donnette di quel tipo, sudice cagne che si possano umiliare” rispose Rabastan “Credo abbia senso”.

“Ti sporcheresti con delle Babbane?” chiese Rodolphus guardando il fratello come se fosse impazzito.

“Merlino, Rod, una scopata è una scopata… poi le si uccide e si ripulisce il mondo, senza rischiare di infangare il sangue” fece una pausa “E tu, Bella, cosa ne pensi?”

“Non andrei con dei Babbani, se è questo che mi stai chiedendo” rispose prontamente Bellatrix. Quegli sciocchi credevano davvero che il Signore Oscuro stesse dormendo? Lei sapeva bene quanto detestasse riposare, poteva aver chiuso gli occhi, poteva avere un respiro regolare… ma ci avrebbe scommesso che era vigile, vigile più che mai…

“No, intendevo, non ti infastidisce l’idea che… quella è stata con lui?”

Bellatrix sbuffò. Non ci aveva pensato. O meglio, aveva evitato accuratamente d’indugiare su quel pensiero; era come se, ogni volta che aveva iniziato a prendere forma quell’immagine, Bella l’avesse scacciata senza darle tempo di concretizzarsi. Ora che però Rabastan le aveva fatto quella domanda, l’idea del Signore Oscuro e quella donna prese il sopravvento nella sua testa. Se li immaginò insieme e poi insieme ad altri… possibile che avesse fatto tutto quello che faceva con lei con quella lurida Babbana? Non poteva sopportarlo, non riusciva… contrasse la mano che teneva appoggiata sul petto di Voldemort e strinse il tessuto della sua camicia. Non poteva credere che… non poteva essere…

“Tanto la ucciderò” rispose, fingendo indifferenza perché, lo sapeva bene, se avesse mostrato a Rab che la faccenda la faceva uscire fuori dai gangheri se ne sarebbe approfittato e l’avrebbe torturata imperituramente.

“E di quelle o quegli altri che hanno partecipato all’orgia?” incalzò impietoso Rabastan. Davvero Bellatrix credeva che non avesse capito quanto si stesse consumando dalla gelosia?

“Ucciderò anche loro” sbottò Bellatrix “Tutti, uccido tutti!”

“Forse dovremmo cambiare argomento” intervenne ancora una volta Violetta “Dicono che, se si mangia nervosi, il cibo rimanga poi sullo stomaco e…”

Bellatrix sbuffò “Potevi sceglierti un’amante un po’ meno pedante”.

“Dopo la moglie puttana, si fa quel che si può”.

Come osi?

“Come osi, tu, Bella! Sei la sua puttana, lo neghi?”

“Te l’ho già detto e te lo ripeto, meglio la sua puttana che tua moglie”.

Oh-oh” esclamò Rita “È per questo che mi tieni sempre lontana dalla colazione tutti insieme? È questo che mi fai perdere, Rabastan?”

“Fidati, Rita, dopo un po’ diventa tutto ripetitivo e noioso…”

Bellatrix rimpiangeva amaramente di aver convinto il suo Padrone a presenziare a quello stupido picnic. Quanto dolore e quanto nervoso si sarebbe potuta risparmiare se solo gli avesse dato retta? Si maledisse e pensò che, come fosse stata sola con lui, gli avrebbe chiesto perdono e gli avrebbe detto che lui era il suo Signore e Padrone e aveva sempre ragione, la conosceva meglio di chiunque altro, meglio di quanto lei conoscesse sé stessa… e certo che lei preferiva qualsiasi cosa lui avesse avuto in serbo per lei…

“Padrone” lo chiamò piano, in un mormorio basso e timoroso. Voldemort spalancò immediatamente gli occhi e si tirò su utilizzando solo la forza degli addominali “Se ne stanno andando” aggiunse Bellatrix indicando con un cenno del capo la famiglia Babbana che raccattava le sue cose e lasciava la spiaggia.

“Bene” rispose Voldemort alzandosi in piedi e sistemandosi il completo “È arrivato il momento di congedarci, allora” aggiunse stendendo una mano verso Bellatrix per aiutarla ad alzarsi. Bellatrix l’afferrò arrossendo, pensava che il Signore Oscuro avrebbe mollato la presa non appena si fosse alzata, invece intrecciò le dita con le sue.

È impazzito? Si domandò Bella senza capire.

Voldemort sogghignò e si congedò dagli altri quattro.

“Mi raccomando, Rita, conto su di te per quell’articolo…”

“Oh, ma certo, Signore!”

Voldemort tirò leggermente Bellatrix e le strinse più forte la mano mentre seguivano a distanza i Babbani. Sapeva bene che Bella era rimasta scombussolata dalle parole di Amy e sapeva bene che quella sciocca sentimentale di Bellatrix avrebbe perso la testa se solo avesse realizzato una delle sue tante immelensite fantasie. Era così facile manipolare quella ragazza che quasi gli dispiaceva… ma, sotto le sue attente cure, sarebbe diventata la creatura oscura più splendida che il mondo avesse mai visto…

Camminarono in silenzio a qualche metro di distanza dalla famiglia Babbana. Voldemort continuava a sentirsi agitato e inquieto. Faceva difficoltà ad ammetterlo a sé stesso ma le parole di Amy lo avevano scosso. Quanto, effettivamente, c’era della signora Cole in lui? Possibile che quella vecchia gatta continuasse a tormentarlo anche a tutti quegli anni di distanza? Era possibile che una sudicia Babbana avesse tutto quel potere su di lui, Lord Voldemort? Hai lo sguardo morto, vuoto… lui, che la morte l’aveva sconfitta? Arpionò con più tenacia la mano di Bellatrix, incredibilmente, aveva scoperto che il contatto fisico con quella strega era per lui sempre un toccasana, qualcosa che lo manteneva ancorato alla realtà… I Babbani svoltarono verso l’interno del paese, e dopo poco entrarono in uno degli hotel lontani dal lungomare, uno di quelli logori e decadenti, meno costosi. Voldemort e Bellatrix si fermarono fuori dall’ingresso e, dopo un attimo di esitazione, il Signore Oscuro lasciò andare la mano di Bella.

“Allora, ascoltami bene Bella, perché non te lo ripeterò” le sibilò chinandosi leggermente su di lei “Entriamo e tu li uccidi, vai dritta al sodo, non iniziare a giocare con loro… ci servono in buone condizioni fisiche per quello che ho in mente”.

Bellatrix corrugò la fronte “Come fanno a essere in buone condizioni fisiche se sono morti?”

Voldemort scosse la testa “Hai mai ucciso qualcuno con un Anatema che Uccide senza prima aver giochicchiato con loro?”

Bellatrix alzò gli occhi, meditabonda “Forse no, Padrone”.

“Bene” ridacchiò Voldemort “Oggi allora scoprirai cosa significa morire in buone condizioni fisiche” la sospinse all’interno della hall dell’hotel e, dopo aver confuso il concierge ed essersi fatti dire la camera dei Bishop, salirono le scale.

Fu fin troppo facile entrare nella loro camera e ucciderli. Voldemort percepì la paura dei tre Babbani, l’emozione di Bella di ucciderli smorzata lievemente dall’idea di non poterli cruciare e far soffrire. Si sbarazzò prima dell’uomo, Dennis che, sebbene Babbano, rappresentava la minaccia più grande. Neanche si accorse di cosa stava succedendo, Bella lo prese alle spalle e il lampo di luce verde lo colpì alla schiena. Cadde con un tonfo sordo sul pavimento. Amy si volse e anche lei, prima che potesse urlare tutto il suo dolore, tutta la sua paura, si ritrovò colpita in pieno petto dall’Anatema che Uccide. Loro figlio era rimasto fermo e immobile per tutto il tempo, gli occhioni sgranati dal terrore. Poteva avere al massimo 10 anni e Bella si accorse di come si fosse bagnato i pantaloncini dalla paura. Gettò un’occhiata a Voldemort che le fece cenno di proseguire; tutto sommato, il loro non era altro che un gesto di misericordia: lo stavano privando di una vita senza magia, una vita che sarebbe invece stata ricca di normalità, sconforto, nullità.

Avada Kedavra!” urlò Bellatrix puntando la bacchetta contro il bambino senza esitazione alcuna. Il bambino cadde a terra come i genitori, un tonfo sordo e poi più il nulla. Bella arricciò il naso delusa, dov’era il divertimento? Le urla di dolore?

“Devi imparare a contenere le tue voglie, Bella” gli disse Voldemort facendosi avanti e superandola “Alle volte è necessario fare un lavoro veloce e pulito. Non essere schiava dei tuoi desideri, devi domarli. Sei tu la padrona di te stessa, non le tue emozioni” fece una pausa “A voler essere precisi, sono io il Padrone di te, ma insomma, hai capito il concetto, mi auguro?”

“Sì, Padrone. Mi sforzerò di seguire i vostri insegnamenti” si fece più vicina a lui. Non scorgeva nessun segno di rimpianto nel suo viso. Aveva visto morire due persone – be’, due Babbani, non proprio persone – cresciute insieme a lui e non sembrava esserne particolarmente turbato. Quel fatto la fece tranquillizzare un poco – quindi quegli incontri sessuali non dovevano essere stati proprio questo granché – poi, un pensiero improvviso, le fece stringere il cuore in una morsa di dolore. E se lei fosse morta? Cosa avrebbe fatto il Signore Oscuro? Il suo viso sarebbe rimasto una maschera di cera, fredda e immutabile? Anche lei…

“Bellatrix” la richiamò lui, a bassa voce “Davvero ti stai paragonando a dei Babbani? Davvero?

“Io… no…”

Era il suo modo per dirle che per lei avrebbe sofferto?

“Trai le tue conclusioni da sola” le sibilò, irato, facendo poi cenno di chinarsi su uno dei cadaveri. “Vedi cosa intendevo? Sono morti ma sono in perfette condizioni fisiche, no? Guardali, a parte gli occhi sbarrati, a parte lo spiacevole inconveniente del loro cuore che ha smesso di battere… sono in perfetta salute. Be’, per quanto dei Babbani possano essere perfetti”.

“Sì, mio Signore, ora capisco” rispose Bellatrix, prontamente, analizzando con dovizia di particolari quei cadaveri. Il loro sguardo vuoto, morto, l’angustiava un poco. Distolse la sua attenzione sul suo Padrone che, invece, le infondeva sempre tranquillità.

“Hai capito cosa dobbiamo fare con questi cadaveri?”

Bella scosse il capo. No, a dir la verità, non ci stava capendo nulla.

“Pensa, Bella. Metti in moto la tua adorabile testolina” fece una pausa, poi decise di aiutarla “Che cosa fanno i Maghi Oscuri con dei cadaveri?”

Inferius?” chiese emozionata Bellatrix con gli occhi che luccicavano. Le avrebbe mostrato come creare gli Inferi?

Voldemort le sorrise radioso, gli piaceva sempre vedere Bellatrix esaltarsi per le Arti Oscure. Più passava il tempo e più si rendeva conto di come fossero… complementari, non c’era davvero altro modo per descrivere il loro rapporto. Bellatrix sembrava essere stata messa al mondo appositamente per lui, affinché lui la trovasse e la plasmasse…

“Hai proprio indovinato” si alzò in piedi “Non lo faremo qui, chiaramente. Ho in mente un altro posto” fece una pausa e fissò Bellatrix con talmente tanta intensità che lei si sentì arrossire, eccitata. Poteva fidarsi di Bella? Non le avrebbe detto nulla, ovviamente. Ma mostrarle quel luogo… si sarebbe smaterializzato lì con lei, Bella non aveva modo di sapere come raggiungerlo. E non avrebbe neanche saputo a cosa serviva…

Le hai già dato la Coppa, vuoi davvero… zittì la sua coscienza facendo un commento faceto alla strega di fronte a lui che continuava a guardarlo adorante, eccitata all’inverosimile “I cadaveri ti eccitano, Bella?”

Bellatrix scosse la testa “Non sono i cadaveri a eccitarmi Padrone…”

“Falli sparire ma rendili evocabili…”

Bellatrix eseguì immediatamente l’ordine e, come i cadaveri scomparvero, si sentì afferrare con prepotenza i fianchi e la consueta sensazione della smaterializzazione congiunta l’avvolse. Ci mise qualche attimo a riacquistare sensibilità, a riacquistare un senso di orientamento che le facesse intuire dove fosse. Era circondata dal buio e si sentiva lo sciabordio delle onde, ma era un rumore ovattato, come se ci fosse una parete a proteggerli dal mare… sentì i brividi scenderle lungo la schiena e si strinse un po’ di più al corpo di Voldemort, la sua presenza era per lei sempre confortante.

“Dove siamo, Bella?”

“Non lo so, mio Signore”.

“Benissimo” le sue parole trasudavano soddisfazione “Non voglio tu sappia le coordinate precise di questo luogo…”

Bella mise su il broncio, non si fidava di lei…?

Voldemort fece un passo indietro e Bellatrix immediatamente si sentì abbandonata, privata di ogni ancora di salvezza, fino a quando una luce tenue non rischiarò il luogo in cui si trovavano.

Una caverna.

Una caverna con al centro un immenso lago dall’acqua nera, scura.

Bellatrix batté le palpebre cercando di fare abituare gli occhi a quella improvvisa fonte di luce. Si guardò intorno avida. Possibile fosse la caverna di cui aveva parlato quella sudicia Babbana? La esaltava sempre venire messa a parte del passato e dei segreti del suo Padrone…

“La senti?” le sibilò Voldemort avvicinandosi di nuovo a lei.

“La Magia, Padrone?” annuì “Questo luogo trasuda Magia, la sento” socchiuse gli occhi per concentrarsi. C’erano diversi tipi di Magia. Magia antica che trasudava dalla roccia; quella caverna doveva essere stata luogo di impressionanti rituali magici, in passato. Ma invece, dal centro della caverna, dove c’era il lago, sentiva provenire una magia completamente diversa- Quelle erano Arti Oscure, era la magia del suo Padrone. Senza pensarci, d’istinto, fece per avvicinarsi all’acqua ma Voldemort la bloccò prendendola per un gomito.

“Devi imparare anche a domare il tuo istinto, Bellatrix. Prima pensa e poi fai” la redarguì, prontamente.

“In acqua c’è qualcosa” notò dopo qualche istante Bella, alzò un sopracciglio mentre, all’improvviso, iniziava a capire “Inferi?”

“Brava, ti meriti un bacetto” la prese in giro lui, afferrandole il mento con una mano per poi morderle con forza le labbra fino a farle uscire il sangue. Bellatrix gemette forte contro la bocca del suo Padrone e, quando quest’ultimo fece scivolare la propria lingua tra le sue labbra, si sentì quasi svenire. Si scambiarono un bacio lungo e appassionato. Bellatrix non avrebbe mai voluto separarsi da lui e infatti, ogni volta che Voldemort iniziava a scostarsi, lei approfondiva il bacio nel tentativo di trattenerlo a sé.

“Ti avevo detto di imparare a domare i desideri o sbaglio?”

Non era arrabbiato, solo divertito, e Bella si beò di quella complicità che, ancora una volta, le stava dimostrando avessero.

“Perdonatemi, Padrone, non accadrà più”.

“Sarà meglio…” fece un passo indietro “Evoca i corpi, Bella”.

Non appena Bellatrix agitò la bacchetta i corpi dei tre Babbani comparvero ai loro piedi.

“Ovviamente, gli Inferi più potenti sono quelli che vengono creati da dei cadaveri di maghi – o streghe – ma… ogni tanto bisogna sapersi accontentare, suppongo”.

Bellatrix lo ascoltava affascinata, il suo Signore in versione Maestro di Arti Oscure era forse il più eccitante per lei.

“Avvicinati al lago ma non toccare l’acqua” le ordinò “Non ti accadrebbe nulla, dato che gli Inferi sono controllati da me, ma cerchiamo di evitare spiacevoli inconvenienti”.

Bellatrix si avvicinò all’acqua, attenta a non toccarla, proprio come le aveva ordinato Voldemort. Sotto la superficie giacevano centinaia… ma no, cosa diceva, migliaia, di Inferi… Bellatrix sussultò spaventata e fece un balzo all’indietro, scontrando Voldemort.

“Hai paura, Bella?” le sussurrò all’orecchio accarezzandole il collo e premendo col bacino sul suo di dietro. Bellatrix percepì chiaramente la sua eccitazione.

“Non me ne aspettavo così tanti” mormorò sorpresa Bellatrix.

“Sto preparando questo luogo per ospitare un oggetto a me molto caro” le spiegò lui, paziente “Gli Inferi sono solo uno dei molti ostacoli da superare che ci saranno a protezione dell’oggetto”.

“Un oggetto tipo la Coppa di Tassorosso, Padrone?”

Voldemort esitò.

“Tipo” rispose vago “Ma non è questo l’argomento di oggi, torniamo agli Inferi” cambiò prontamente argomento “Li creerai tu, Bella e, di conseguenza, saranno legati a te” le sorrise freddo “Poi tu li metterai al mio servizio, gli dirai che dovranno stare qua e uscire fuori dal lago ogni volta che qualcuno tocca l’acqua. Gli dirai di servire me, chiaro?”

“Certo, mio Signore, tutto ciò che desiderate”.

“Brava la mia Bella”.

Bellatrix scoprì presto che l’incantesimo per creare un Inferius era particolarmente intenso e prosciugante di energia. Di fatto, si doveva richiamare dell’energia vitale, energia vitale che avrebbe animato quei corpi come se fossero burattini. Era un incantesimo complesso e debilitante e Bellatrix non capiva davvero come Voldemort avesse potuto uccidere tutte quelle persone e poi creare degli Inferi ed essere ancora lì, di fronte a lei…

“Non li ho uccisi tutti io” le spiegò Voldemort mentre Dennis Bishop in versione Inferius si trascinava nel lago “Ho profanato delle tombe. Ci ho impiegato anni a raccogliere abbastanza cadaveri e non ho mai creato più di venti Inferi per volta. Dopo un po’ ci si prende la mano, Bella. Le prime volte possono essere sfiancanti, poi nemmeno ce ne si accorge più”.

Bellatrix lo guardò ammirata. Lo amava così tanto… se solo avesse potuto dirglielo, se lo avesse potuto dimostrarglielo…

Riprese a lavorare sui cadaveri e, quando anche gli altri due Babbani si ritrovarono sul fondo del lago al servizio del suo Padrone, si lasciò andare all’indietro appoggiando la schiena alla dura e umida roccia della caverna. Il petto le si alzava e abbassava ritmicamente, aveva la fronte imperlata di sudore. Si sentiva privata di energie, avrebbe avuto bisogno di riposo… chiuse gli occhi per qualche secondo.

“Questa è la mia idea di pomeriggio romantico” le bisbigliò Voldemort sedendosi accanto a lei e iniziando a baciarle il collo languidamente “Arti Oscure e sesso” insinuò una mano nella scollatura di Bellatrix e le afferrò con prepotenza un seno “Non ti sembra decisamente più appagante di un picnic?”

“Oh Padrone!” esalò Bellatrix con un tono intriso di richiesta di pietà. Voldemort le morse con foga il collo e le strizzò con sempre più forza un seno.

Non è più appagante?” sibilò di nuovo.

“Sì, mio Signore” concordò Bellatrix “Decisamente più appagante. Avete ragione voi, sempre ragione voi…” si sentiva priva di forza e, nonostante ciò, lo voleva. Lo desiderava con ogni fibra del suo essere.

“Ma forse in questo momento non ce la faresti…” proseguì Voldemort spietato, ritirando la mano e scostandosi da Bella “Mi sembri… spompata”.

“Mio Signore, vi scongiuro…” Bellatrix sapeva dove voleva andare a parare Voldemort. Voleva sentirsi pregare. Era ciò che più lo eccitava, sentirsi pregare, scongiurare, invocare. “Vi imploro di farmi vostra, non esiste cosa che io desideri di più…”

“E credi di meritarlo?” le domandò Voldemort riprendendo a toccarla distrattamente “Dopo avermi costretto ad abbassarmi a unirmi a voi, ai vostri insulsi pomeriggi da esseri abietti?”

“Mi merito solo ciò che credete voi, mio Signore. Io, da umile serva, mi rimetto al vostro volere”.

Voldemort insinuò la mano tra le cosce di Bella e la trovò pronta, bagnata all’inverosimile. L’idea di prendersi Bella in quella caverna lo esaltava più di quanto fosse umanamente possibile. In quella caverna, da bambino, aveva mostrato tutto il suo potere torturando due insulsi Babbani che, ora, erano costretti a dimorarvi per l’eternità insieme al loro inutile figlio: guardiani morti di un suo frammento di anima. Erano lì, morti, due gusci vuoti; mentre lui era lì, vivo, il suo cuore pompava sangue e tra le sue braccia teneva la strega più pura che potesse esistere nel Mondo Magico. Non gli importava di nulla, entrò in Bella con foga e urgenza, la schiena di lei che sfregava contro la dura roccia, ferendola. Ma che importanza aveva? Il suo sguardo – il loro sguardo – non era morto, non era vuoto.

Erano vivi.

Lui era vivo.

E solo lui poteva vivere per sempre.

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Dedico questa storia a Severa Crouch, questa storia è stata ispirata dalla sua "Famiglia Allargata" e da "Deatheaters gonna rule" che, ovviamente, vi consiglio di leggere!
Dopo aver scritto questa storia credo di dovermi nascondere per il resto della vita XD Sono riuscita a mantere un minimo IC i personaggi? Spero davvero di sì. Mi diverto a mettere Voldemort nelle situazioni più disparate e, questa ff, è stata particolarmente divertente da scrivere. Spero vi siate divertiti anche voi a leggere!
A presto, 
Clo

 

 

  
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