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Autore: Fiamminga    23/11/2020    3 recensioni
Sesshomaru ha lasciato Rin al villaggio, con l'intenzione di farla crescere tra gli umani, al sicuro. Rin è ormai una donna quando, troppo tardi, si rende conto di cosa voleva dire quando pensava di voler stare con lui per sempre.
[Sessh/Rin] [Inu/Kag]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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  1. Arrivederci, Sesshomaru-sama





Il piccolo villaggio nelle terre di Musashi si dispiegava davanti a loro. I passi lenti di Sesshomaru-sama si interruppero bruscamente e per poco la piccola Rin non andò a sbattere contro il suo hakama bianco immacolato.

-Oh!- disse la bambina, guardando davanti a sé. -Quello è il villaggio della vecchia Kaede e di Inuyasha-sama- 

-Andiamo, Rin- disse con la sua solita voce bassa il demone.

La bambina lo seguì annuendo, insieme a Jaken che continuava a lamentarsi e Ah-Un che scandiva il tempo con i suoi passi pesanti.

C’erano dei contadini nelle risaie, i quali si voltarono ad osservare l’insolita processione. Rin si chiese cosa pensassero del suo signore: appariva fulgido e bianchissimo in pieno giorno, più divino che youkai. Il suo signor Sesshomaru era sempre una visione.

Si erano avvicinati alla capanna della vecchia sacerdotessa orba che li aspettava sulla strada, appoggiata al suo lungo arco cerimoniale. 

-Va’ a giocare, Rin. Devo parlare con la vecchia sacerdotessa- disse il demone e Rin ubbidì prontamente senza fare troppe storie.

Camminò accompagnata da Jaken. 

-Oh, qui c’è il puzzo di quel mezzo demone dappertutto!- disse il vecchio kappa.

-Allora perché sei qui, ranocchio?!- si sentì dietro di loro.

-Inuyasha-sama!- lo riconobbe Rin.

Il mezzo demone stava prendendo a calci il piccolo corpo verdastro di Jaken che si ostinava a non chiedergli scusa.

-Cosa vorresti insinuare, inutile rospo?- 

Sulla testa di Jaken erano cresciuti due bei bernoccoli ma Inuyasha non si fermava. Rin non commentò ma si accorse che i due fratelli inuyoukai avevano lo stesso modo violento di discutere con il povero Jacken.

-Rin-chan. Sei qui!- 

La bambina si voltò a salutare la voce femminile in lontananza e squittì di gioia. -Sango-chan! Che belle! Che belle!-

Rin le corse incontro. Dietro la sterminatrice veniva suo marito monaco che portava il bastone in una mano e un sacco di riso nell’altra.

Sango, invece, aveva legate al petto, con due salde bende, due piccoli fagottini. Erano due bambine nate da pochissimi giorni, piccole come fagiolini e dalle facce rosse e i capelli marroni ancora radi sulla testolina.

-Sango-chan, le hai fatte tu? Come sono belle!-

-Tsk! Sono fastidiose scimmie urlatrici se lo chiedi a me. Le si sente piangere fin dentro al bosco quando hanno fame- Inuyasha si era disinteressato a Jaken che giaceva a terra disturbato solo da una della due teste di Ah-Un che cercava di smuoverlo delicatamente. L’altra testa sembrava completamente disinteressata.

-Come mai sei qui, Rin?- chiese il monaco.

-Mio fratello sarà nei paraggi- commentò il mezzodemone.

-Sì, è andato a parlare con la vecchia Kaede-

-Eh? E perché?- chiese Inuyasha -Chi vuole mai stare con quella vecchia strega. Ah! Immagino che le persone fastidiose stiano sempre insieme-

-Inuyasha non essere antipatico- lo rimproverò piano Miroku.

-Se devi stare qui ancora un poco, ti farebbe piacere accompagnarmi al fiume a prendere dell’acqua, Rin?- chiese Sango - Devo fare il bagno alle piccole-

-Certo! Rin ti aiuta subito!- disse entusiasta la bambina di otto anni.

Dimentica di tutto il resto come solo i bambini di quell’età sanno essere, accompagnò la donna fino al ruscello dove raccolsero delle tinozze d’acqua che per fortuna non era troppo fredda, vista l’aria calda estiva. 

Il bagnetto ristorò le piccole gemelle che non si lamentarono quando vennero immerse nell’acqua. Sango mostrò a Rin il modo corretto di tenerle e la bambina la aiutò prima con una piccola e poi con l’altra.

Stavano sull’erba verde e fresca sul pendio del villaggio, quando Sango, sempre all’erta come ogni buona sterminatrice, si voltò dietro di loro… ma la sua agitazione scemò velocemente. 

-Nobile Sesshomaru- lo riconobbe rispettosamente, stringendo a sé la piccola figlia in un innato gesto di protezione.

Rin aveva in braccio l’altro neonato e stava giocando con la sua piccola mano stretta intorno al sui indice quando vide il suo signore.

Sesshomaru aveva lo stesso sguardo impenetrabile di sempre, eppure Rin notò qualcosa di diverso nei suoi occhi, qualcosa che non riuscì a capire a pieno.

Senza che il demone dovesse dire nulla Rin lasciò la bambina a sua madre e le salutò tutte e tre prima di ritornare dal suo signore.

Sesshomaru si voltò e risalì il pendio. -Vieni con me - le disse. 

Non era necessario che lo dicesse, del resto Rin lo seguiva sempre e ovunque. Si era ripromessa di farlo per sempre.

Erano da soli. 

Jaken non era con loro mentre si avvicinavano al limitare del bosco di Inuyasha, dove tra gli alberi torreggiava più alto il poderoso Goshinboku, l’albero secolare. 

-Rin- davanti a lei Sesshomaru si fermò e poi abbassò leggermente la testa per guardarla in viso. I suoi capelli argentei gli ricadevano sulle spalle e come sempre, quando la guardava, mettevano in ombra il suo viso.

Non era mai minaccioso quando parlava con lei, anche se la sua voce era sempre monotona e i suoi occhi sempre fissi e la sua espressione sempre marmorea: solo Rin si accorgeva che tuttavia c’era quel calore in più quando abbassava lo sguardo su di lei. 

-Sì, Sesshomaru-sama-

- Ti sei divertita con quella donna e le sue bambine?-

-Sì certo, Sesshomaru-sama-

-Vorresti passare più tempo con loro?-

Rin si accigliò. Aveva otto anni ma non era stupida. 

Era morta due volte ma era sopravvissuta a tanto altro. Aveva seguito il suo signore in lungo e in largo, aveva visto tanti orribili demoni, aveva camminato nel corpo mostruoso del grande Naraku ed era stata rapita più di una volta. 

-Perché?- Chiese lei, incerta. 

-Mi è stato riferito che il villaggio di Musashi è popolato da umani civili e che oltretutto rispettano altri umani che hanno avuto a che fare con i demoni. La sterminatrice è la sorella di Kohaku, ti tratterà bene. Inoltre, la sacerdotessa mi ha assicurato che si prenderà cura di te-

Il corpicino esile e magro della bambina umana tremò - Io … io non voglio lasciare Sesshomaru-sama!- disse, stringendo i pugni al petto - Non voglio!-

-Rin- il tono del demone era leggermente più assertivo - Sei un cucciolo umano. Il tuo posto è con gli altri umani-

I grandi occhi di Rin divennero lucidi.

Poco poteva saperne lei di cosa pensava il potente Sesshomaru, signore dell’Ovest e grande demone cane, in quel momento. Il suo proposito era saldo come solo il suo spirito poteva esserlo.

Rin, ignara, abbassò gli occhi e mugugnò, mentre pesanti lacrime le cadevano sulle guancie - Il signor Sesshomaru mi sta abbandonando, non è vero? - tirò sù col naso e strinse il suo kimono giallo tra le dita.

Se il nobile demone voleva lasciarla lì lei non avrebbe potuto opporsi. Rin era una brava bambina e non disubbidiva mai, ma questo non toglieva che il pensiero di venire abbandonata da sola le mettesse una gran paura per prima cosa, e per seconda la condannasse a non stare più con Sesshomaru-sama.

Che ne sapeva lei, che il più potente demone dell’Ovest, che non si fermava davanti a niente e nessuno, che considerava i mortali così come gli altri demoni indegni di lui, non sopportava l’odore delle lacrime di una singola e piccola bambina umana.

-Rin- la rimproverò -Non dire sciocchezze-

Rin tirò su col naso e tornò a guardarlo. -Eh?-

-Quando sarai più grande verrò a riprenderti- disse, con il suo solito tono.

Il demone si meravigliò della velocità incredibile con cui le espressioni umane mutavano: Rin dall’immagine dell’afflizione che era, divenne raggiante -Davvero!?- chiese.

-Verrò a trovarti di tanto in tanto - disse - Quando e se ne avrò il tempo. Controllerò che la sacerdotessa ti tratti bene. Quando poi sarai più grande e qui ti avranno insegnato le cose degli umani, mi dirai se vorrai di nuovo venire con me-

-Ma io lo so già!- disse la bambina con grande convinzione -Voglio stare con il signor Sesshomaru! Lo dico già adesso-

-Quando sarai più grande potrai aver deciso diversamente-

-No!Non è vero!- Rin era sicurissima - Sceglierò di rimanere con il signor Sesshomaru per sempre-

Il demone non rispose. Alzò lo sguardo verso il villaggio e si avviò per tornare indietro. 

Rin lo seguì, rincuorata. Le bastava sapere che non era abbandonata. 

Mentre camminavano in silenzio e il giorno diventava sempre più maturo e il sole più aranciato nel cielo, Rin dovette ammettere a sè stessa che forse stare per un po’ con gli umani non sarebbe stata una cosa brutta.

Avrebbe imparato a cucinare, tanto per dirne una. In viaggio con Sesshomaru mangiava tutto quasi crudo, a meno che non fossero pesci acchiappati a mani nude nei fiumi. 

E forse era il caso di di imparare a rammendare i vestiti, perché il suo yukata da ché si era strappato non era stato più ricucito.

Mentre considerava che in effetti il signor Sesshomaru era più saggio di lei, tornarono al villaggio davanti alla casupola di Kaede. 

-Vecchia- la chiamò il demone e la donna uscì di nuovo.

-Oh, eccola qui- disse, facendo un sorriso a Rin -Non vi dovete preoccupare, Sesshomaru-sama. Avete fatto la scelta giusta-

-Padrone!- Jaken accorse -Padrone, mi avevate lasciato indietro?!- chiese, allibito.

Sesshomaru non lo degnò d'uno sguardo.

-Rin- disse allora, guardando la bambina.

-Sì?-

-Fa la brava-

-Certo signor Sesshomaru!- La bambina sorrise. 

Il grande demone si voltò senza aggiungere altro e si incamminò di nuovo.

-Eh? Ma come? Rin non viene?-

-Ciao, Signor Jaken! Non far arrabbiare Sesshomaru-sama-

-Rin …- il vecchio demone kappa guardò prima Rin da un lato e poi il suo padrone dall’altro che continuava ad allontanarsi. -Oh! Mio signore!-




Jaken lo seguiva a breve distanza, mugugnando.

-Mio signore … sarà saggio, insomma, lasciare Rin con questa gentaglia? Non li conosciamo poi molto. E poi … per quanto tempo? Quando torniamo a prenderla? Staremo via a lungo? -

-Jaken- lo interruppe il demon - Sta’ zitto- gli intimò e lo calpestò come faceva spesso. Il vecchio kappa non aggiunse altro ma rimase indietro a lamentarsi.

Nel frattempo Sesshomaru si era inoltrato nel bosco. 

Il grande Goshinboku faceva ombra con le sue fronde tutto intorno a lui. Una macchia rossa e bianca era seduta sulle sue possenti radici.

Inuyasha lo guardava silenziosamente. 

Il grande demone sentiva su di lui il distinto odore del lutto. Non c’era niente che lo dimostrasse, e persino la voce che aveva udito risuonare nel villaggio sembrava il solito strillo fastidioso.

Chiunque lo avrebbe giudicano normale. Forse i membri del suo branco, anche se umani, potevano capire indirettamente cosa gli stava succedendo, ma c’era una nota aspra e fastidiosa nell’odore di chi era sull’orlo della disperazione che raramente sfuggiva agli altri demoni.

Jaken gli aveva detto che suo fratello aveva perso la sua femmina. 

Quella umana che veniva da un’altra epoca era tornata nel suo tempo e aveva lasciato dietro suo fratello senza una compagna. 

Quell’odore per poco non gli faceva arricciare il naso. 

-Ho sentito quello che hai fatto- disse il mezzodemone - Non credevo avessi tanto sale in zucca, Sesshomaru-

- Taci- il demone completo era infastidito da due cose: dalla solita presunzione di Inuyasha e dalla inconsueta compassione che lui stesso provava per suo fratello in quel momento. -Confido nel fatto che tu non ti sia rammollito in questi mesi-

-Cosa vuoi dire?- 

Inuyasha lo aveva capito benissimo ma voleva davvero sentirglielo dire, allora.

-L’unico posto più sicuro per Rin dove non ci sono io, è il posto in cui ci sei tu- 

Suo fratello ci mise un poco a decostruire la sua frase -Tsk, ora ti metti a fare i complimenti?-

-Basta. Sei tedioso- si voltò per andarsene ma suo fratello lo chiamò.

-Sesshomaru- disse - Non lasciare indietro le persone che sono importanti. Potresti scoprire un giorno di non averle più-

Il demone non si voltò verso di lui. Rimase in silenzio e camminò via a passo leggero e lento, elegante e nobile come lo era sempre.

Mentre spariva nel fitto degli alberi ricordò vivamente la sensazione del corpo freddo, inerme e molle di Rin nel suo abbraccio. A quel tempo aveva solo una mano e si era ostinato a volerla usare solo per la spada, solo per il potere.

Ricordò le sensazione dell’elsa che gli sfuggiva dalle dita, quando si era accorto di aver pagato tutto con la vita di Rin. 

Non c’era nessun potete che valesse la sua vita.

Cosa avrebbero detto di lui tutte le schiere di demoni che si apprestava a governare, se avessero saputo che era stato pronto ad abbandonare tutto il suo eccelso potere solo per il respiro di una fragile umana? 

Lui stesso non sapeva cosa pensare.

Sapeva solo che c’era solo questa vita per Rin. Non c’era Tenseiga o Meido che potessero riportare in vita Rin per lui, se avesse sbagliato di nuovo.

Si fermò, prima di prendere il volo, ad osservare le case degli umani.

Com’erano piccoli e insignificanti davanti a lui: un essere quasi millenario di incredibile potenza. 

Eppure rinunciare a Rin era la cosa più difficile che avesse fatto: non c’erano più lunghi viaggi accompagnati dalle sue risate o dalle sue canzoni o occhi grandi che lo guardavano come se fosse …

Buono.

Che idiozia. 

L’unica persona sull’intero globo che lo credeva buono. 

Lui era un demone.

Eppure, mentre volava fluttuando leggero nel tramonto, doveva ammettere che non riusciva ad abbandonare il calore di quella cosapevolezza che portava nel petto. 

C’era qualcuno di vivo, caldo e innocente, che per qualche assurdo motivo gli voleva bene.

   
 
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