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Autore: Bibliotecaria    25/11/2020    1 recensioni
In un mondo circondato da gas velenosi che impediscono la vita, c’è una landa risparmiata, in cui vivono diciassette razze sovrannaturali. Ma non vi è armonia, né una reale giustizia. È un mondo profondamente ingiusto e malgrado gli innumerevoli tentativi per migliorarlo a troppe persone tale situazione fa comodo perché qualcosa muti effettivamente.
Il 22 novembre 2022 della terza Era sarebbe stato un giorno privo di ogni rilevanza se non fosse stato il primo piccolo passo verso gli eventi storici più sconvolgenti del secolo e alla nascita di una delle figure chiavi per questo. Tuttavia nessuno si attenderebbe che una ragazzina irriverente, in cui l’amore e l’odio convivono, incapace di controllare la prorpia rabbia possa essere mai importante.
Tuttavia, prima di diventare quel che oggi è, ci sono degli errori fondamentali da compire, dei nuovi compagni di viaggio da conoscere, molte realtà da svelare, eventi Storici a cui assistere e conoscere il vero gusto del dolore e del odio. Poiché questa è la storia della vita di Diana Ribelle Dalla Fonte, se eroe nazionale o pericolosa ed instabile criminale sta’ a voi scegliere.
Genere: Angst, Azione, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Note dell'autrice: Attenzione questo capitolo contiene scene di violenza e abuso che potrebbero infastidire o impressionare alcuni lettori



8. Realtà velata
 
Nella nostra vita affrontiamo parecchie situazioni spiacevoli, alcune arrivano a ciel sereno e ti colpiscono inaspettatamente, alle volte in maniera molto infima, altre volte non si tratta altro dell’ennesima vangata di merda di una giornata iniziata male e conclusasi anche peggio, il 29 agosto del 2023 era uno di quei giorni.
Tutto era iniziato con un colpo per il quale serviva un numero di persone superiore alla norma, nulla di troppo strano, eravamo in otto. Stava andando tutto come previsto, stavamo svaligiando la gioielleria con metodica velocità, tutto stava andando magnificamente, fino a quando non sentimmo un pesante bussare alla porta. Ci fu un attimo di assoluto silenzio in cui scambiai un rapido sguardo con Felicitis che mi stava aiutando a tenere una cassa particolarmente pesante, malgrado il cuore a mille le feci cenno di abbassarsi così da poter appoggiare la cassa. Ci muovemmo in sincronia, lentamente, mentre una seconda serie di colpi alla porta ci fecero accapponare la pelle. “Polizia, aprite!” Ordinò un agente. Vidi Felicitis tremare in preda al terrore, le sfiorai le mani con la sinistra mentre con la destra recuperavo la pistola e toglievo la sicura conscia che avrei dovuto usarla per uccidere se volevo uscirne viva. Evidentemente non compii il gesto abbastanza velocemente poiché un istante dopo spalancarono la porta sul retro, la stessa che avevamo usato per entrare e dove c’era la nostra via di fuga. Partirono dei colpi di pistola, istintivamente balzai dietro a delle casse trascinando Felicitis con me. Alzai lo sguardo e vidi tre agenti armati, uno di loro stava chiamando i colleghi con la ricetrasmittente mentre i nostri rispondevano al fuoco. Inutile dire che ebbi un momento in cui non riuscii a reagire: ero terrorizzata, le mani stavano tremando e sudando. Però, nello stesso istante in cui agguantai la pistola, scacciai l’insicurezza, la sostituii con una volontà ferrea e feci partire tre proiettili colpendo un agente allo stomaco; in un istante mi abbassai dietro alla cassa giusto in tempo per proteggermi dal fuoco nemico. Gli spari degli agenti si focalizzarono sulla cassa per qualche istante assordandomi, il cuore mi galoppava in gola e avevo il fiatone, tuttavia tutto cessò in pochi istanti venendo accompagnato da tre lamenti. Mi sporsi e con la coda del occhio notai che Malandrino e Orion avevano ammazzato i tre agenti, riuscii solo ad appoggiare lo sguardo sui tre agenti prima che un senso di vomito mi invadesse e dovetti impormi per scacciarlo indietro, con mia grossa sorpresa stringere la pistola fu d’aiuto. “Fuori di qui! Ora!” Decretò Malandrino con una lucidità che notavo raramente in lui, il che allarmò tutti. Lasciammo perdere la refurtiva, agguantai Felicitis che era particolarmente sconvolta e la sollevai di peso con relativa facilità facendola alzare e poi correre. In meno di dieci secondi stavamo correndo lungo le minuscole stradine secondarie e labirintiche che caratterizzano Meddelhock quanto le ampie strade a tre corsie.
 
“Dov’è il nostro passaggio?” Domandò Malandrino rendendosi conto che il furgone era sparito. “Se la sarà svignata.” Rispose Orion notando i segni dei pneumatici che indicavano una curva stretta e svelta. “Merda…” Sussurrò l’altro per poi guardarsi un attimo attorno e riprendere a correre, non potemmo fare altro che seguirlo. Mi guardai attorno e solo in quel momento mi accorsi che Felicitis era stata ferita ad una gamba, non avevo idea di come fosse successo, poiché io non avevo un graffio. Mentre correvo notai anche che Nohat stava sanguinando dalla spalla destra, fortunatamente Giulio era rimasto illeso, altri due erano stati meno fortunati ed erano stati colpiti dalle pallottole della polizia, mentre Malandrino ed Orion non si erano fatti nulla.
La base non era troppo lontana, ma a piedi e con la polizia che presto ci sarebbe stata alle calcagna non avremmo avuto possibilità di scampo, ameno che non volessimo abbandonare i feriti a loro stessi avremmo dovuto agire d’astuzia per uscirne illesi.
Scattai in avanti per raggiungere la testa rossa che ci apriva la strada e tentare di farlo ragionare. “Malandrino.” Lo chiamai per attirare la sua attenzione nel istante in cui arrivai al livello del suo orecchio. “Ci dobbiamo fermare, nascondere, sai che il nostro vantaggio durerà ancora per poco con tutti questi feriti.” Sperai che mi ascoltasse poiché l’alternativa era lasciare i nostri compagni in dietro e non avrei mai potuto sopportarla. “La dovremmo mollare la zavorra.” Mi rispose seccato. “Parleranno, lo sai. Ascoltami ti prego: nascondiamoci in un vicolo cieco, anche dietro dell’immondizia se necessario. Io e Giulio faremo un diversivo.” “E come di grazia?” Mi domandò lanciandomi uno dei suoi sguardi malati e spaventosi, ma non mi lasciai intimidire e proseguii. “Se vedranno due ragazzi baciarsi, in un vicolo cieco, escluderanno che vi siate nascosti lì.” Dissi convinta, Malandrino mi fissò per un secondo strabuzzando gli occhi; ci fu un istante in cui vidi i suoi occhi scurissimi ed enormi perdersi in una miriade di pensieri e calcoli, per poi innalzarsi e farci immettere in un vicolo cieco. “Nascondetevi qui ragazzi, state zitti e riprendete fiato.” Ordinò alzando un cassonetto dell’immondizia per poi rivolgersi solo a me. “Spera che la tua idea funzioni o le conseguenze saranno particolarmente dolorose.” Mi minacciò mentre mi stavo già liberando in fretta del copricapo e del attrezzatura da ladra e della pistola che consegnai a Felicitis. “Diana, che fai?” Mi domandò lei, la ignorai. “Giulio, togliti quella roba sospetta e resta in maniche corte, farai da diversivo con me.” Decretai mentre mi toglievo la maglia a maniche lunghe e restavo in canottiera, era imbarazzante, ma in piena estate le maniche lunghe avrebbero dato troppo nel occhio. Giulio si tolse tutto in fretta e lo lanciò a Felicitis. “Che sono la guardarobiera!?!” Esclamò la ragazza seccata in un gridolino strozzato per poi nascondersi dentro ai cassettoni dell’alluminio, semivuoti fortunatamente, mentre le altre sei persone si nascondevano in quelli della plastica che erano vuoti essendo il venerdì il giorno della sua raccolta. “Ma cosa volete fare?” Mi domandò Nohat mentre lo aiutavo ad entrare nel cassonetto, abbassai lo sguardo imbarazzata ma risposi. “Bacerò Giulio, con una certa passione, mentre passeranno le guardie.” Giulio come sentì il mio piano trattenne un’esclamazione imbarazzata e mi fissò con occhi strabuzzanti mentre il resto del gruppo ci fissava divertito. “Non penserai d’avvero che funzionerà?” Mi domandò Nohat scettico. “Non lo so, ma quattro su otto sono feriti. La base è lontana. Il nostro passaggio è fuggito. Questa è la nostra unica possibilità, inoltre ci sono scarse possibilità che capiscano che siamo di razze diverse, e anche se ci chiedessero qualcosa abbiamo i documenti, ce la caveremo. Tu nasconditi, la parte pericolosa la facciamo io e Giulio.” Dissi tranquilla incoraggiando tutti con un sorriso mentre immaginavo gli agenti inseguirci per i vicoli della città. “È proprio questo che mi preoccupa.” Controbatté Nohat guardando l’amico con fare preoccupato. “Nohat.” Intervenne Giulio appoggiandomi una mano sulla spalla. “Nasconditi, io e Diana ce la faremo.” Lo tranquillizzò, mi voltai e fui sollevata di vedere che sotto aveva una maglietta bianca, e io fui contenta di essere riuscita a indossare la gonna corta che Felicitis indossava sopra ai pantaloni, così potei sostituire i neri pantaloni militari; ero conscia che due ragazzi vestiti troppo sportivi sarebbero risultati sospetti, già il fatto che indossassi scarpe sportive poteva essere una fonte di sospetto ma data la situazione questo era il meglio che potevamo ottenere. “E va bene, ma se vi succede qualcosa io vi avevo avvertiti.” Decretò Nohat chiudendo il cassonetto.
Adesso che eravamo soli, io e Giulio guardammo per qualche momento in imbarazzo che si interruppe quando lui dì gli agenti S.C.A. avvicinarsi, si avvinghiò a me e mi baciò. Subito il suo odore così intenso e il suo corpo muscoloso contro il mio mi spiazzarono e mi avvinghiai alle sue spalle. Mi ero ripromessa di restare lucida ma Giulio sapeva come farmi perdere il controllo, così mi dimenticai di controllare quando gli agenti fossero passati, ero così presa da quel bacio e dalle sue mani sul mio corpo che, dopo qualche minuto in cui stavamo limonando molto più intensamente di quanto il piano richiedesse, Giulio si separò dalle mie labbra e mi sussurrò al orecchio. “Spero che tu non faccia questi piani senza di me perché sono estremamente divertenti.” Giulio si prese la libertà di mordermi il collo e, a quanto pareva, i nostri compagni dovevano essere usciti dalle pattumiere perché qualcuno parlò. “Trovatevi una stanza voi due.” Commentò divertito. “Ma sta zitto che ci hanno salvato le chiappe.” Disse Nohat riprendendo a respirare. “Dovremmo avere circa venti minuti prima della prossima pattuglia passi per di qui.” Disse Orion riportando l’attenzione di tutti sul nostro problema. “Bene. Giulio, Diana, voi due restate qui e continuate con il vostro diversivo.” Disse Malandrino malignamente. “Orion prendi Caio e Carlo: portali alla base facendo il giro da est. Io prenderò gli altri due dopo che sarà passata una seconda ronda e faremo il giro da ovest. Giulio e Diana voi aspettate qualche minuto che io e i vostri amichetti ci allontaniamo e poi togliete le tende, non aspettate la ronda successiva e non andate alla base, meglio non correre rischi inutili. Se tutto va per il verso giusto domani pomeriggio venite alla base per il rapporto, se qualcosa va’ storto Idroel si metterà in contatto con voi e vi dirà quando e dove ritrovarci.” Decretò Malandrino. “So che è pericoloso: molta gente potrebbe avervi visti assieme e potrebbero farsi domande se vi vedono qui una seconda volta, quindi cercate di sparire da qui velocemente quando sarà il vostro turno. Non distraetevi a fare roba da piccioncini, si insospettirebbero se un agente vi vedesse troppo tranquilli. Presto arriveranno altri agenti e le sirene si sentiranno anche da qui.” Concluse Malandrino rientrando nei cassonetti.
A quel punto Orion partì con gli altri due ragazzi. La seconda ronda arrivò in anticipo così il gruppo di Malandrino e dei nostri due amici sparì poco dopo.
Mentre aspettavamo che si allontanassero sufficientemente da noi, Giulio mi strinse a sé e iniziò ad accarezzarmi la schiena, io mi accoccolai a lui e gli sfiorai il petto. “Baci bene.” Ammise ad un certo punto, forse in imbarazzo per il silenzio. “Grazie, anche tu. Da chi hai imparato a baciare così? Le mie vecchie fiamme oramai le conosci mi sembra giusto che anche io conosca le tue.” Giulio stava per rispondere imbarazzato ma sentì qualcuno arrivare. “Si stanno avvicinando.” Disse repentino. Ci guardammo in un secondo d’intesa consci che se fossimo usciti da quel vicolo cieco ci avrebbero fermati di sicuro; così riprendemmo a baciarci: lui era contro la parete mentre io ero in punta dei piedi distesa contro il suo corpo. Fu allora che arrivarono gli agenti S.C.A. “Ehi, voi due!” Io e Giulio ci staccammo subito come se fossimo stati colti in fragrante; poi mi accoccolai accanto a lui in imbarazzo, non amavo fare la parte della giovincella indifesa ma se sembravo debole forse se ne sarebbero andati prima. “Qualche problema agenti?” Domandò Giulio accondiscendente e confuso. “Identificatevi! Subito!” Disse l’agente con una stella a cinque punte sul berretto, simbolo degli ufficiali. “Sì, certo.” Balbettai mentre estraevo i documenti da una tasca della gonna e Giulio dalla tasca posteriore dei pantaloni, presi il suo e lo consegnai facendo un mezzo sorriso imbarazzato. “Ecco.” Mentre lo consegnavo Giulio stava attaccato a me, stringendomi la vita con una mano, un piede davanti al mio: voleva proteggermi ma sperai che fosse calmo perché gli agenti avrebbero potuto mal interpretare. “Capo, il ragazzo è un licantropo, ma mi sembra pulito, non ricordo foto sue in centrale, né ci sono segnalazioni nel suo documento, mentre la ragazza…” Ebbe un attimo di esitazione. “Un’umana?” Il capo dei tre mi guardò con chiaro disprezzo e disgusto ma continuò la procedura. “Avete visto qualche soggetto sospetto passare per di qua?” Alla domanda del agente io e Giulio ci guardammo per un secondo e facemmo spallucce quasi nello stesso momento. “Ho sentito un po’ di movimento in quella direzione ad un certo punto, ma non so se sia quello che state cercando agenti.” Ammise Giulio indicando dritto davanti a noi. “Poi è passato un gruppo di agenti ma non ho visto o sentito altro e sembravano di fretta, dopo è passato un piccolo gruppo ma parevano più tranquilli.” Affermò in fine con vaghezza. “Tu?” Mi domandò l’agente. “Ho visto anch’io i due gruppi di agenti, mi è sembrato di capire che il secondo fossero della S.C.A. ma non ne sono sicura, per il resto non ho notato niente di strano.” Ammisi stringendomi a Giulio, non mi piaceva il modo in cui mi stava fissando: in una condizione normale gliene avrei dette quattro ma sapevo che in quel momento era più importante che se ne andassero in fretta e di certo se erano concentrati sul mio corpo avrebbero prestato minore attenzione al resto. “C’è qualche pericolo agenti?” Domandai in seguito sinceramente preoccupata, ma non era quello il problema come potrete intuire. “La cosa non ti riguarda puttana.” Giulio istintivamente mi portò con un gesto quasi impercettibilmente dietro di sé, ma fu sufficiente ad irritare l’agente. “Qualche problema lupastro?” Domandò chiaramente irritato. “No, agente.” Affermò a sguardò basso. “Bene, perché sei in arresto.” “Come?” Domandai incredula mettendomi tra Giulio e gli agenti che avevano già estratto le manette. “Fermi, un secondo! Con quale accusa!?!” Esclamai mentre Giulio, saggiamente, si lasciava ammanettare, ma era chiaramente furioso e terrorizzato. “Aggressione ad umano.” Decretò l’agente. “Agente, Giulio non l’ha neppure sfiorata, non è aggressione fino a quando non vi è un contatto fisico. Né può accusarlo di insulto a pubblico ufficiale: non ha detto niente di vagamente minaccioso o offensivo.” Ripetei a macchinetta ma l’agente mi ignorò e fece mettere in ginocchio Giulio. “Agente! Esigo delle risposte!” Decretai uscendo definitivamente dalla parte di povera donzella in pericolo e tirando un fuori un tono più sicuro e autoritario, anche la mia postura era cambiata. “Non mi riferivo a me.” Disse guardandomi nuovamente in quel modo disgustoso. “Non mi ha aggredita! Sono stata io a baciarlo! Ero pienamente consenziente, fatemi pure i test, sono sobria e lo è anche lui.” Tuonai sperando in vano che si rendesse conto dell’insensatezza di quelle accuse e di quanto fossero infondate. “Gli Altri non si possono immischiare con le nostre donne.” Fu a quell’affermazione che persi le staffe. “La contraddico agente. In primo luogo nessuna legge proibisce rapporti consenzienti tra un umano o un’umana e un Altro o un’Altra, non c’è neppure una legge che ne vieta i matrimoni e la religione non dice nulla in contrario a tal proposito. Due, quello che sta facendo lei è chiaramente abuso di potere e falsa accusa, si rischia un’espulsione dalla S.C.A. e tre anni di carcere nei peggiore dei casi per questo e anche se non avvenisse la sua carriera sarebbe rovinata.” Dissi ponendomi davanti al agente con una fredda rabbia, non avevo alzato la voce, non avevo alzato un dito ma capii che l’agente era quanto meno intimorito ora. “Diana, lascia stare, non è nulla di così grave, domani sarò fuori, tranquilla.” Giulio cercò di farmi ragionare e di calmarmi con quel suo dolce sorriso caldo e premuroso, e ci sarebbe riuscito se non fosse successo quel che è successo. “Taci, maledetto lupastro!” Gli urlò uno dei due agenti che lo tenevano fermo colpendo Giulio prima allo stomaco facendolo piegare su se stesso e sputare saliva e sangue, poi alla testa con il manico della pistola facendolo accasciare a terra.
Persi il controllo di me: afferrai con ira i baveri della giacca del ufficiale e lo minacciai. “Ora.” Iniziai al limite della sopportazione, i miei occhi bruciavano di rabbia e potevo sentire ogni muscolo della mia faccia contorto in ira pura. “O lascia andare Giulio o giuro che comunque finisca questa notte le rovinerò la vita.” Vidi il volto del agente irrigidirsi per il terrore che gli avevo iniettato, ma fu solo un secondo: il suo sguardo si fece minaccioso, capii di aver fatto la scelta più stupida e tutto perché non riuscivo a mantenere il controllo della mia rabbia, ero conscia che la mia età non sarebbe stata una giustificazione. Mi afferrò per i polsi e mi scaraventò a terra, ricordo il sapore del asfalto sulla mia bocca, una sensazione di umido, caldo e fetore, non riuscii a reagire, la botta in testa mi aveva stordita e la notte in cui avevo ammazzato quel poliziotto mi tornò alla mente. Cercai di rialzarmi ma ogni mio intento venne bloccato. “Ragazzina muoviti e sei morta.” Non aveva ancora estratto la pistola, ma sapevo che l’avrebbe fatto. “Puttana, le donne che vanno con gli Altri dovrebbero crepare: cos’hanno quei damerini che noi non abbiamo?” Avevo la risposta a fior di labbra ma rimasi zitta, avevo già fatto abbastanza danni con la mia boccaccia. “Che ne dite, le facciamo cambiare idea ragazzi?” Sentii le loro risatine di scherno e Giulio che si agitava mentre lo legavano ad una scala antiincendio. Non so dire cosa pensai in quei pochi secondi di incertezza, so solo che bastò la mano di uno di loro che cercava di intrufolarsi sotto la gonna per farmi scattare. Il mio corpo agì istintivamente, non dovetti neppure riflettere su cosa fosse meglio fare: ruotai su me stessa colpendo in pieno volto un agente con lo scarpone. Mi alzai con un colpo di reni e raggiunsi Giulio e mi frapposi tra lui e gli agenti, era stordito, ma ancora sveglio e sufficientemente lucido. “E ora cosa pensi di fare ragazzina?” Mi misi in posizione di difesa con un’espressione omicida, l’ufficiale fece un cenno ai suoi uomini di prendermi. Dopo un paio di tentativi, in cui ottennero un naso rotto e un occhio nero, riuscirono a bloccarmi. Mi dimenai usando tutta la mia forza per non farmi mettere le manette. “Andate al Oblio, bastardi!” Urlai per poi dare un calcio al linguine di un agente, liberandomi il lato destro con un successivo strattone, nel frattempo l’altro cercò di bloccarmi ma gli diedi una craniata al naso e si ruppe definitivamente. A quel punto l’ufficiale mi afferrò da dietro e cercò di strangolarmi e abbassai il mento per impedirlo. “E sta buona…” Disse l’ufficiale esasperato bloccandomi contro la parete. “Mai!” Tuonai cercando di liberarmi mentre gli altri due mi bloccavano le braccia mettendole in leva e schiacciando il mio petto contro il muro. Sentii l’ufficiale abbassare i suoi pantaloni. Cercai di liberarmi ma venni bloccata dai due, a quel punto l’ufficiale si avvicinò e un brivido freddo mi scosse. “Fidati ragazzina ti convie…” L’ufficiale non riuscì a dire altro: Giulio lo aveva appena buttato giù di peso e aveva ingaggiato un combattimento, notai che non aveva più le manette, avrei capito dopo come si era liberato. Approfittai della distrazione dei due agenti per liberarmi colpendo con un calcio diretto al ginocchio quello alla mia destra, dal rumore che fece successivamente intuii di averglielo spezzato, l’agente mollò la presa e a quel punto usai il braccio destro per spingermi via dal muro. Afferrai il bavero della divisa del altro agente con la destra e iniziai a strattonarlo con il desiderio di cambiare i connotati a qualcuno.
Poi un colpo di pistola riempì l’aria bloccando tutti.
“Cosa succede qui!?!” Riconobbi al istante quella voce furibonda. “Tutti voi voltatevi lentamente verso di me e mani bene in vista!” Eseguii, lanciai con la coda del occhio uno sguardo a Giulio che a fatica si alzò, io non ebbi il coraggio di alzare lo sguardo. “Diana?” Esclamò. “Ciao, papà.” Sussurrai con una voce così bassa che appena si sentiva, il mio capo si fece ancora più basso sotto il peso dello sguardo di mio padre che si spostava da me a Giulio e in fine agli agenti. “Cos’è successo?” Sapevo che la domanda era rivolta a me ma a rispondere fu l’ufficiale. “Signore, questo Altro ci ha attaccati senza un motivo valido e la ragazza è intervenuta quando l’abbiamo ammanettato.” “Non l’ho chiesto a te.” Decretò mio padre con un tono così profondo da far tremare persino me che ero abituata ai suoi eccessi d’ira e al suo tono di rimprovero. “Diana, dimmi cos’è successo, ora.” Disse con lo stesso tono che usava quando stava per rimproverarmi per un brutto voto, lo odiai ma decisi di parlare. “Io e Giulio ci stavamo baciando.” Dissi con un fil di voce ma decisi di ricompormi e alzai lo sguardo per affrontare gli occhi scuri di mio padre. “L’ufficiale, dopo l’identificazione, ha voluto arrestare Giulio per aggressione nei miei confronti. Mi sono opposta dicendogli che lo avrei perseguitato penalmente se l’avesse fatto. Poi hanno picchiato Giulio e ho… alzato i toni. A quel punto l’ufficiale mi ha gettata a terra e dopo che ha cercato di abusare di me gli ho dato un calcio. A seguito hanno cercato di immobilizzarmi e Giulio è intervenuto contro l’ufficiale prima che riuscisse ad approfittarsi di me. E sei arrivato tu.”
Lo sguardo di mio padre era spaventoso: un concentrato di rabbia pura. Lo avevo visto pochissime volte in quello stato e fin ora non era mai stato rivolto a me, ne ebbi paura ma non poi tanta, sapevo che era lo stesso che avevano visto gli agenti quella sera mentre facevano del male a Giulio. “L’Altro ha aggredito fisicamente o verbalmente un agente prima che venisse arrestato.” “No. Ha anche cercato di calmarmi prima che lo colpissero e alzassi il tono.” “Certo, conosco le tue alzate di tono.” Disse mio padre con fare leggermente sarcastico. “Signore la ragazzina mente.” “Taci, ufficiale, sei già abbastanza nei guai, vedi di non peggiorare la tua situazione.” Decretò mio padre zittendolo. “Diana, tu e il tuo… amico.” Quasi sputò su quel ultima parola. “Prendete questi.” Disse consegnandoci lascia passare a forma di braccialetto in carta che la S.C.A. usava per identificare chi era già stato perquisito in circostanze come queste. “Vi voglio entrambi a casa mia. Io e te abbiamo un discorsetto da fare signorina e ho un paio di parole da scambiare anche per te giovanotto. Ora filate.” Disse quasi lanciandoci i bracciali e i documenti sotto lo sguardo perplesso del suo collega che fino a quel momento era rimasto pietrificato dalla scena. “Quanto a voi tre seguitemi in centrale.” Continuò ponendosi di fronte agli altri tre agenti che sapevo essere suoi sottoposti dato che mio padre era di un grado più alto.
 
Io e Giulio ci defilammo da quel quartiere e camminammo in silenzio verso casa mia senza mai fermarci, nel silenzio più assoluto. Dopo un po’ che eravamo uno accanto all’altra decisi di rompere il ghiaccio. “È la prima volta che sono contenta di essere figlia di agenti S.C.A.” Ammisi bloccandomi e stringendomi con forza le braccia, Giulio approfittò della strada deserta per stringermi a sé, scoppiai a piangere e lo strinsi a me. “Perdonami.” Sussurrai in lacrime come in una nenia cercando di calmarmi mentre Giulio mi accarezzava il capo e mi baciava le guance raccogliendo le lacrime. “Va tutto bene, non è stata colpa tua.” Sussurrò. “Sì, invece. Se fossi stata una licantropa, se me ne fossi stata zitta, non sarebbe successo tutto questo.” Dissi accarezzandogli il viso, mi sentivo in colpa ed ero così spaventata, avevo temuto che me lo avrebbero portato via, che avrebbero scoperto cos’eravamo in realtà e quel che avrebbero fatto a tutti noi. “Tranquilla, ci è andata bene, no?” Mi consolò Giulio con un dolce sorriso. “La prossima volta non ci sarà mio padre a salvare la situazione.” Risposi tremante. “La prossima volta saremo preparati.” Mi promise, riuscì a strapparmi un sorriso amaro e gli diedi un fuggevole bacio prima di asciugarmi le lacrime e riprendere a camminare. Restammo zitti per ancora qualche secondo e poi trovai il coraggio di chiederglielo. “Come hai fatto a liberarti delle manette?” Gli chiesi tremante, Giulio non rispose subito, controllò che la via fosse libera, prese un profondo respiro e mi fece vedere come aveva trasformato le sue braccia in zampe di lupo, che, malgrado fossero spesse, l’assenza dei pollici opponibili gli avevano facilitato la fuga. Lo guardai incredula mentre le sue braccia tornavano umane. “Non sapevo cos’altro inventarmi.” Ammise a testa china. “Non avrei sopportato che ti facessero del male Diana.” Sussurrò quasi con vergogna, lo abbracciai. “Sei una persona buona Giulio, e molto coraggiosa.” Aggiunsi mentre mi stringeva nuovamente a sé.
Dopo qualche istante ci separammo e camminammo mano nella mano fino a quando non arrivammo alla porta d’ingresso del palazzo in cui vivevo. Salimmo con l’ascensore fino al piano della mia casa e a quel punto entrammo. Mia madre era lì, chiaramente in attesa. Quando ci vide si fiondò da me e mi abbracciò con forza. “Diana, amore mio, stai bene?” Scostai lo sguardo, non volevo far preoccupare mia madre, ma non ero in grado di dire bugie in quel momento. “Sono stata meglio.” Ammisi cupa. A quel punto mia madre riempì di pomata, garze e cerotti me e Giulio, disinfettando le ferite con l’alcool, non mi lamentai mentre sentivo la pelle bruciare. Giulio si vergognò terribilmente a chiedere il permesso di usare il telefono per chiamare l’azienda in cui lavorava la sua famiglia così da informarla che stava bene ma che sarebbe tornato più tardi di quanto previsto e mentre sentivo la voce di uno dei membri del suo branco al telefono mi resi conto di non aver mai incontrato la sua famiglia.
 
Quando arrivò mio padre la fredda calma che si era instaurata nella stanza scomparve e chinai il capo conscia che avrei subito una sua sfuriata e che avrebbe anche avuto ragione ad incazzarsi. Avrei potuto gestire la situazione in mille altri modi: se avessi detto di essere sua figlia probabilmente se ne sarebbero stati zitti e non avrebbero osato fare nulla, avrei potuto esigere di venire con lui o andare alla cabina telefonica più vicina chiamare la sua famiglia e spiegare loro la situazione e una volta in centrale avrei potuto richiedere un avvocato, testimoniare e far rilasciare Giulio senza dover pagare la cauzione o fargli marchiare la carta d’identità con il primo timbro d’arresto; ma io avevo lasciato che la rabbia si impossessasse di me e avevo solo complicato le cose, urlato e minacciato come una bambina capricciosa.
Attesi lo schiaffo che mi sarei meritata ma non arrivò mai, al suo posto venni investita da un abbraccio forte e terrorizzato di mio padre. Rimasi scioccata: di norma mi sarei aspettata una lavata di capo e invece mi abbracciava così apertamente, davanti ad un estraneo poi, proprio lui che non mi dimostrava così apertamente il suo affetto da quando ero una bambina. “Papà… io…” “Shsh… ho messo sotto torchio quei tre, era tutto vero, ho fatto in modo che venissero sospesi e tolto loro il diritto di agenti, ma non posso portarli in tribunale.” Mi disse cercando di rassicurarmi, ma io mi separai lentamente. “Come? Papà posso ripetere quel che è successo davanti ad una corte, siamo dalla parte del giusto, vinceremo di sicuro.” Dissi tranquilla: non sarebbe stata una ferita nel mio orgoglio di donna a fermarmi. “Non è questo il punto Diana…” Cercò di bloccarmi mio padre. “Se è per il fatto che ho alzato i toni ci inventeremo qualcosa. Se ci riferiamo ad un buon avvocato riusciremo a risolvere la questione.” Insistetti visto che volevo vedere quei tre, soprattutto l’ufficiale, sbattuti dietro alle sbarre. “Diana, no, non ci sarà nessun processo.” Decretò mio padre. “Cosa? Ma vinceremo di sicuro. Papà, io non ho paura.” Dissi cercando di convincerlo. “Lo so Diana, lo so. Ma il problema è un altro.” Disse guardando chiaramente Giulio. Mi allontanai da mio padre con una freddezza spaventosa e mi ritirai tra le braccia del mio ragazzo. “È questo il problema per te?” Domandai mentre mi sentivo il cuore a pezzi e i miei occhi infiammarsi di collera e delusione, sapevo che i miei non avrebbero subito accettato Giulio ma non potevo credere che non avrebbero eseguito un processo per evitare che il mondo sapesse che io avevo una relazione amorosa con un licantropo. “Diana, devi capire: la gente vi giudicherebbe. Chiunque potrebbe perseguitarvi. Abbiamo raggiunto un accordo: loro non diffonderanno la notizia e noi non li porteremo in tribunale.” “Cosa? Scherziamo? Papà se è per questo io voglio il doppio fare questo processo.” Dissi facendo diventare le mie nocche bianche mentre sentivo Giulio cercare di calmarmi. “Diana, non intendiamo privarti della tua… ehm… libertà sentimentale, conoscendoti sarebbe inutile proibirti di vedere qualcuno, ma non puoi permettere che lo si sappia in giro. Hai idea di come reagirà la gente? Finireste su tutti i giornali e non ci sarebbe persona al mondo che sappia di voi due.” Continuò mio padre. “Hai idea di cosa vi potrebbe succedere? Qualche pazzo potrebbe addirittura pensare di uccidervi. Per di più come affrontereste tutto ciò, eh?” Domandò mio padre stavo per rispondere ma Giulio intervenne. “Insieme, signore.” Era così tranquillo mentre parlava che riuscì quasi a calmare anche me, mentre mio padre imprecò. “Ma avete almeno idea di che cosa comporterebbe un processo simile?” Ci domandò mio padre esasperato. “Forse è proprio per questo che è importante, signore.” Insistette Giulio. “Come? Stai insinuando che la legge si sbaglia ragazzo.” “Tutti sanno che la legge è sbagliata!” Sbraitai io riportando l’attenzione di mio padre su di me. “Comunque non si terrà nessun processo, caso chiuso.” Decretò mio padre. “Papà, no! Se sei mi vuoi davvero bene me lo lasceresti fare.” Mi stavo giocando una carta enorme ma era la cosa migliore che potevo fare. “Diana… posso accettare una relazione perversa con questo ragazzo.” In quel istante il mio corpo si irrigidì mentre Giulio chinava il capo e allentava la presa su di me. “Posso accettare i tuoi idealismi strampalati.” Dentro di me si risvegliò quel fuoco distruttore che mi divorava ogni giorno. “Ma non accetterò che tu infanghi il nome Dalla Fonte.” Decretò mio padre e a quel punto mi scaraventai su di lui e gli afferrai i baveri della divisa. “Infangare il nome della famiglia!?! Le mie azioni lo ripulirebbero dal fango che tu hai portato!!!” Gli urlai in faccia sbattendolo contro il tavolo ma non mi spinsi oltre: mia madre si era messa in mezzo. “Smettetela! Tutti e tre! Diana non ti permetterò di riempirti di vergogna in questo modo. Quel ufficiale ti avrebbe violata, questo lo so, e sono anche sicura che Giulio sia un bravo ragazzo, ma non pensi a ciò che la gente scriverà di te? Insomma… guarda come sei conciata!” Esclamò indicando la canottiera che metteva a nudo le braccia e le spalle, uno scandalo per la generazione di mia madre e un azione poco pudica nella mia, soprattutto a Meddelhock. “Direbbero che sei una poco di buono!” “Io sono una poco di buono! La mia verginità è andata a farsi fottere anni fa!” In quel istante il viso di mia madre sbiancò: mi ero dimenticata che non sapevano nulla del fatto che fossi sessualmente attiva da tempo. “Ma questo non giustifica nessuno a violentarmi!” Le urlai addosso. “E ringrazia il Sole e la Luna che so difendermi mamma, perché se non fosse così sai cosa sarebbe successo.” Continuai furiosa. “Giulio ti avrebbe protetta.” Disse mia madre. “Era in manette! E se avesse reagito gli avrebbero sparato! E io sarei stata comunque violentata, cosa credi?” Le ricordai mentre l’ira pervadeva ogni mia membra e sentivo tutto il mio corpo scaldarsi. “In quel caso avremmo risolto la questione a modo nostro.” “A modo vostro? Ma vi sentite quando parlate?” Domandai furiosa allontanandomi. “Diana è così che gira il mondo.” Disse mio padre irritato. “Non puoi di certo cambiare le cose da sola.”
Guardai Giulio e capii subito che lui avrebbe combattuto al mio fianco in questo, e poi sapevo che anche i miei amici a Meddelhock e a Lovaris sarebbero stati con noi, forse persino Malandrino e il resto dei Rivoluzionari avrebbero accolto positivamente la mia idea, ma ero ancora minorenne e i minori non potevano accusare nessuno, e anche se fosse sapevo che i Rivoluzionari o qualsiasi famiglia di mia conoscenza non avrebbe potuto gestire un azione giuridica sicuramente lunga e pagare un buon avvocato, solo la mia famiglia aveva le basi finanziarie e, se lo avessero fatto, solo adesso me ne rendo conto, quasi di sicuro mio padre e mia madre sarebbero stati scacciati dalla S.C.A., essenzialmente non potevo fare nulla. “Io da sola no, ma se mi deste una mano potremmo farcela.” Spiegai cercando di mantenere la calma. “No, Diana, non lo permetteremo.” Decretò mio padre. “Molto bene. Avete appena vinto il premi di codardi del anno.” Dissi voltandomi, afferrando la mano di Giulio e trascinandolo in camera mia.
“Diana! Dove vai?” Domandò mia madre. “A scopare!” Dissi senza mezzi termini. “E se ve lo state chiedendo: stiamo assieme da due mesi, abbiamo già scopato ed è l’unico essere di sesso maschile decente in tutta la faccia della terra vivibile e non, essenzialmente uno da sposare!” Esclamai entrando in camera mia sbattendo la porta e Giulio nel letto, chiusi a chiave la porta. “Diana!” Urlò mia madre dall’altra parte della porta, ma mi assicurai di non sentire quel che dicesse mettendo su un pezzo rock e alzai il volume al massimo per poi buttarmi tra le braccia di Giulio che rispose baciandomi. “Tu.” Iniziò per poi baciarmi le labbra. “Sei.” Continuò passando al collo. “Matta.” Concluse baciandomi il petto. Lo spinsi sotto di me e mi sfilai la canotta e slacciai il reggiseno per poi sfilarmi le scarpe calciandole via, quasi in contemporanea a lui. Mi buttai su di lui ma qualcosa mi bloccò: i muscoli si irrigidirono e improvvisamente mi bloccai. Giulio si rese conto del mio cambiamento repentino e mi sistemò una ciocca dietro l’orecchio. “Diana, stai bene? Sei tesa.” Mi chiese preoccupato. Non stavo bene: sul momento non ci avevo pensato ma ora che ero relativamente calma mi sembrava di rivedere quel che era successo e mi resi conto di quanto avevo rischiato. Tuttavia il mio orgoglio mi impose di ignorarlo e dentro di me speravo che se me ne liberavo seduta stante non avrei più avuto paura: per di più la mia parte razionale sapeva di essere al sicuro, ero con Giulio infondo. “Sì, non è nulla.” Dissi cercando di baciarlo ma lui mi fermò ponendomi un dito sulle labbra. “Non devi fare la tosta con me Diana. Puoi dirmi se c’è qualcosa che non va’.” Lo guardai di sbieco. “Sei tu quello che è stato picchiato.” Sussurrai sfiorandogli la fasciatura alla testa da cui si vedeva un po’ di sangue macchiare la benda. “Non io. E poi, non mi è successo niente. Ho solo qualche livido.” Dissi cercando di sviare il discorso e accarezzandomi l’avambraccio in cui si stavano formando due macchie nere. Giulio mi scrutò per qualche istante come se stesse soppesando i miei movimenti e mi sentii a disagio: più esposta di quanto già non fossi. Si accorse del mio disagio e mi sorrise per poi baciarmi la fronte. “Se non te la senti lo capisco Diana.” “Guarda che non sono così fragile.” Lo ripresi irritata mentre lui continuava a restare appoggiato alla mia fronte. “Non ho mai detto che tu sia fragile, dico solo che è umano essere spaventati dopo un’esperienza simile. Anche io lo sono cosa credi?” Mi spiegò e solo a quel punto notai la tristezza nei suoi caldi occhi marrone-dorati e gli sorrisi. “Preferirei passare la notte accanto a te che con te, se non ti dispiace.” A quelle parole mi allungai verso il giradischi e scostai la testina di lettura dal disco in vinile e lo chiusi. “Mi dispiace, non so che mi prende.” Ammettendo finalmente di non sentirmi a mio agio a fare l’amore quella notte, Giulio mi accarezzò il braccio e alzai lo sguardo. “Guarda che non ti lascerei mai per questo. Hai rischiato molto per difendermi e senza di te probabilmente adesso sarei in prigione e non avrei idea di cosa fare.” A quelle parole notai in leggero tremito nella sua voce e mi diedi dell’egoista per non aver capito subito quanto anche lui stesse soffrendo. Mi sedetti sulle sue gambe. “Anche io non ti lascio se ti vedo piangere.” Dissi offrendogli un abbraccio a cui rispose subito. Mi strinse con tutta la forza che aveva e sentii le sue lacrime scendere sulla mia pelle e ben presto anche io cedetti e piansi accanto a lui.
Quando tornammo in noi era notte fonda, ci stringevamo l’uno al altra e continuavo a baciarlo dolcemente mentre lui si accoccolava sul mio petto inspirando affondo il mio odore. “Grazie Diana.” Mi disse poco prima di addormentarsi. E quando fui certa che non mi poteva sentire risposi. “No, grazie a te. Stupida come sono mi sarei ferita pur di non apparire debole.” Lo seguii poco dopo nel mondo dei sogni.
 
Il mattino seguente si svegliò mentre io stavo riportando tutto nel mio diario, da quando ero a Meddelhock avevo preso l’abitudine di scrivere ogni singolo giorno quel che mi capitava nei dettagli, così da non dimenticarmelo mai, infatti senza di questi quasi tutti i dialoghi sarebbero scomparsi, per fortuna godo di una buona memoria e i luoghi in cui ho preservato quello e i successivi è sicuro. “Cosa scrivi?” Mi domandò Giulio alzatosi e baciandomi il collo. “Uhm… il resoconto di ieri. Mi piace tenere un diario, mi aiuta a razionalizzare, ma l’ho scoperto solo di recente.” Continuai finendo di scrivere due righe sulla scorsa notte. “Sei entrata nel dettaglio.” Notò Giulio sbirciando nel quaderno, in risposta gli diedi un colpo in testa con quest’ultimo, lui in risposta me lo fregò dalle mani e ci ritrovammo a giocare alla lotta fino a quando non lo recuperai dalle sue mani repentinamente. “Non li faccio leggere a nessuno se per questo, e i miei non sanno che tengo un diario e lo nascondo dove so che non guardano.” Dissi chiudendolo in una piccola scatola viola dove serrai il lucchetto a sei combinazioni e la ficcai sotto al letto, il nascondiglio che avrei usato in seguito sarebbe stato più sicuro. “A tal proposito, mi sa che ho fatto una pessima impressione sui tuoi.” Ammise Giulio sedendosi sul letto. “Uhm… a mia madre sei piaciuto, a mio padre… lascia stare mio padre è un caso umano.” Dissi conscia di quanto fosse insopportabile. “Piuttosto, Giulio.” Iniziai torturandomi le mani. “Sì?” Domandò lui curioso. “Ecco… mi chiedevo se… se sai… potessi conoscere la tua famiglia, sarebbe molto importante per me. Non per forza adesso ma prossimamente: tra un mese o due, non lo so.” Ammisi in imbarazzo continuando a torturarmi le mani, mentre Giulio guardava fuori un po’ nervoso. “Non so come la prenderanno, ma credo sia giusto che tu li conosca e loro conoscano te, abbiamo rotto le uova, tanto vale fare la frittata.” Constatò Giulio per poi tornare a guardarmi con chiara apprensione. “Solo che prima vorrei parlarne con loro, da solo, preparare il terreno per così dire. A te va bene?” Mi domandò nervoso e lo capii: la sua famiglia era molto più importante di quel che lasciasse vedere, sarebbe stato difficile per Giulio non ricevere la benedizione dei suoi cari, per di più con quello che era appena successo sarebbe stato strano se avesse accettato. “D’accordo.” Sussurrai mentre pensavo a come si faceva bella figura con i genitori del proprio fidanzato. “Se credi che sia la cosa migliore, a me va bene.” Vidi Giulio sorridermi per poi baciarmi delicatamente la guancia. “Grazie.” Mi sussurrò, gli sorrisi strafottentemente. “Prego. Ma non farci l’abitudine! Quella che comanda sono io, tesoro.” “Non chiamarmi tesoro: sembri una brava mogliettina del millennio scorso.” Gli feci la linguaccia e lui rispose allo stesso modo per poi baciarmi a fior di labbra.
I miei non videro Giulio andarsene, era uscito prima che si svegliassero usando la mia finestra che dava sulla scala antincendio.
 
I rapporti con i miei genitori da allora degenerarono, nel senso che non ci rivolgemmo la parola per praticamente un mese, cosa alquanto agghiacciante visto che normalmente a casa nostra partivano urla ogni volta che i miei erano in casa.
Con la ripresa delle lezioni incominciò la mia rutine da terrorista/ladra di notte e nei fine settimana e studentessa maturanda dalle sei del mattino alle cinque e mezza del pomeriggio. Stranamente l’inizio del anno fu tranquillo, a parte le pressioni di ogni singolo professore legato agli esami di fine anno per ottenere il diploma, ma quella era la cosa più normale che mi stesse capitando. Anche se sinceramente gli esami di maturità, che si sarebbero tenuti una volta conclusasi la scuola, erano l’ultima delle mie preoccupazioni. Tanto meno quando arrivò l’annuncio del 25 settembre del anno 2023 della terza Era.
   
 
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