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Autore: Gaia Bessie    26/11/2020    4 recensioni
Avevate detto che mi avreste protetto.
Che mi avreste permesso d’addormentarmi sul velluto blu e, allora, nessuno avrebbe mai desiderato prendermi con la violenza, con la forza bruta.
Amore e riflessione, avevate detto, sebbene a volte i pensieri feriscano più delle azioni.
Pensieri e silenzio, le nostre armi: eppure, gli unici feriti siamo stati io e voi.
O, forse, solamente io.
[Diadema di Corvonero | Flashfic | Terza classificata al contest "Animali fantastici e come trovare l'ispirazione" indetto da Lita_EFP sul forum di Efp]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
- Questa storia fa parte della serie 'Il racconto della regina'
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Necessarie note d'autore:
Buongiorno a tutti. Non ho molto da dire di questa fanfiction, se non che è stata difficile da scrivere e che c'è un motivo valido se non uso mai la prima persona.
Non è la prima volta che leggo di oggetti personificati (anzi vi lascio il link di una storia che apprezzo molto, sul medaglione di Serpeverde) e spero di essere riuscita a scrivere una storia valida.
Il titolo coincide con la citazione, tradotta, sotto di esso.
E bon, questo è tutto, spero che la storia vi piaccia.
Gaia




Det ille veniam facile, cui venia est opus
 
Colui che ha bisogno di perdono, dovrebbe prontamente concederlo
(Seneca)

 
Avevate detto che mi avreste protetto.
Che mi avreste permesso d’addormentarmi sul velluto blu e, allora, nessuno avrebbe mai desiderato prendermi con la violenza, con la forza bruta.
Amore e riflessione, avevate detto, sebbene a volte i pensieri feriscano più delle azioni.
Pensieri e silenzio, le nostre armi: eppure, gli unici feriti siamo stati io e voi.
O, forse, solamente io.
 
 
M’avevate confessato di non riuscire più a reggere il mio peso sul vostro regale capo: la conoscenza, da arma, per voi era divenuta amara sofferenza e quando mi posavate tra i vostri capelli neri, striati di grigia accettazione della realtà, dovevate nascondermi una smorfia piena di dolore.
Così, mi avevate chiesto di dirvi addio, mia signora, e io ho taciuto e mi sono lasciato scivolare sopra quel velluto blu notte.
In ogni mia gemma, v’avevo già perdonata.
 
M’avevate rassicurato, quando vi esprimevo i miei dubbi su quella vostra strana figlia, che tanto v’aveva fatta crucciare: bisogna perdonare Helena, avevate detto, è ancora molto giovane.
Ma sono state le sue mani sgraziate, con le nocche squarciate e ferite dal gelo che provava dentro di sé, a prendermi dal mio palazzo di velluto e portarmi via in un sudicio sacco del tessuto più infimo.
Non ho mai potuto chiedervelo, mia signora, ma sono certo che voi l’abbiate perdonata – è l’unica cosa che mi è rimasta di voi: quella bontà contraria all’intelletto che voi, nonostante i miei consigli, avete sempre voluto preservare.
 
M’avevate insegnato che forse perdonare è la cosa più difficile al mondo, ma è anche l’unica arma che ci rimane contro l’insensatezza nel mondo. E io, Corinna, mia unica padrona, vi giuro che ho tentato.
Ma sento ancora il peso di quelle unghia rosicchiate che mi sfiorano l’ametista che m’adorna, la vostra pietra preferita, e allora non mi sento libero come voi avevate predetto: sono ancora incatenato a un albero, che è solamente l’ennesimo in una foresta infinita, e vi sono incatenato come lo sono alla vostra assenza.
Io libero, di voi e per voi, non lo sarò mai.
 
 
M’ha preso.
Con mani delicate m’ha riscattato dalla mia infelice esistenza, e m’ha ripromesso vendetta e la protezione che Helena m’ha tolto.
Io ho accettato.
Corinna, mia signora e padrona, da voi non tornerò mai più: ma perseguiterò vostra figlia finché qualcuno non sarà abbastanza intelligente da distruggermi.
L’anima di Tom Orvoloson Riddle è un peso che posso sopportare; il perdono, invece, non m’apparterrà mai.
Ma le ferite la vendetta le rimargina e, allora, quella ferita dalla vita rimarrete solamente voi.
 
[420 parole]
   
 
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