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Autore: AlessiaDettaAlex    01/12/2020    2 recensioni
[LLS!! Post-canon | KanaMari | presenza di OCs | è la storia di due amiche che si ritrovano dopo essersi perse di vista (di nuovo) | ed era una scusa per scrivere una fanfiction in cui Kanan e Mari flirtano incessantemente, ma a Los Angeles | uso intensivo di cliché e fluff, una spolverata di melodramma | 10 capitoli totali]
City of stars / Are you shining just for me? / City of stars / Never shined so brightly.
[“City of stars”, from La La Land]
«Fino a quando resti qui?» […]
«Settembre, probabilmente. Non sarà una toccata e fuga»
Un sorriso nuovo fiorì sul volto di Kanan, non previsto.
«Quindi rimani»
«Rimango»

[dal cap. 2]
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Kanan Matsuura, Mari Ohara, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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9. Rallentare
 
Love is just a tool
To remind us who we are
And that we are not alone
When we’re walking in the dark
[...]
We'll wish we could come back to
These days, these days
 
“These Days”, Rudimental ft. Jess Glynne
 
Il tuffo a bomba di Nicole dal gommone per poco non investì in pieno Mari sotto di sé, che era sgusciata via con mezzo secondo d’anticipo. Kanan entrò in acqua con decisamente più grazia di lei, scivolando sotto la superficie quasi senza creare alcun disturbo, con un unico movimento sinuoso dal bordo del gommone: s’immerse di un paio di metri, giusto il tempo di far perdere le sue tracce, poi identificò Nicole e risalì, assalendola dalle profondità come uno squalo. Tra gli schizzi furiosi, ingaggiarono una battaglia in cui si tiravano sotto la superficie a vicenda, azzuffandosi come se avessero dieci anni; Mari allora prese a gridare per aizzarle, sicura di non essere coinvolta: finché l’inevitabile tregua tra le due contendenti non ebbe il risultato di immobilizzarla, riportarla di peso sul gommone e lanciarla tra le braccia dell’oceano per zittirla. Nell’aria dominata dal gorgoglio dell’oceano si levava il suono ovattato delle loro risate, inframezzato dallo scroscio dei tuffi scomposti e le schermaglie amichevoli: mettersi a giocare sulla superficie in muta da sub non rientrava nei loro piani, ma si era rivelata una gradita improvvisazione.
Quando ritennero di aver lottato abbastanza, invocarono una pausa; poi finalmente, risalite sul gommone, si aiutarono a vicenda a issarsi la bombola dell’ossigeno sulle spalle; imboccarono l’erogatore e sparirono sott’acqua. Kanan e Nicole guidavano la piccola spedizione con la stessa professionalità che avevano sul lavoro; Mari, serrato il contatto con le due istruttrici, si perdeva a ricercare con gli occhi tutto quello che l’oceano aveva da offrirle. Curiosavano da vicino i movimenti dei banchi di pesci luccicanti ed esploravano piccole scogliere tappezzate di molluschi; se una scovava qualcosa di interessante picchiettava le spalle delle altre e lo indicava, con la lentezza imposta dalla viscosità del mare. Kanan era, come sempre, la più a suo agio delle tre: un tutt’uno con l’acqua, pareva muoversi meglio in immersione che sulla terraferma.
Riemersero solo quando cominciavano a sentire la pelle raggrinzirsi e una certa stanchezza chiamare.
«Ok amiche, pausa... che ne dite se torniamo a riva? Io ho fame»
«Sì, certo… si va verso i trentacinque, eh Nicole?»
Non mostrando alcun segno d’essersi offesa, Nicole attese che Kanan la raggiungesse sul gommone, si togliesse la muta per rimanere in bikini, e poi con pollice e indice tese il laccio del reggiseno della collega, in modo da farglielo scoccare fastidiosamente sulla schiena una volta rilasciato: ignorò gli improperi bilingui che aveva preso a lanciarle addosso, supponendo che tra i vari «fuck» ci fossero semplicemente antiche maledizioni orientali contro la sua discendenza fino alla terza generazione. Non che Kanan fosse capace di dir male contro qualcuno, ma il suo livello di comprensione del giapponese si fermava alla parola «sayōnara», sentita in chissà quale film di quando era piccola. E visto che Mari rideva, non poteva andare così male. Quindi si mise al motore del gommone e ripartirono verso la riva.
«Questo gioiellino dobbiamo riportarlo senza alcun problema al negozio del Centro Immersioni, altrimenti lo ripagheremo coi nostri stipendi, sappilo»
Kanan appoggiò gomiti e schiena al bordo, la punta della coda penzolava sfiorando la superficie dell’acqua.
«Il mio stipendio è nelle tue mani, allora»
«Visto, Kanan, che non sono l’unica che ruba le cose dal proprio posto di lavoro?»
«Si dice “prendere in prestito”, grazie Mari» la corresse Nicole alzando un dito gocciolante in aria.
«Sarà, ma nessuna di voi due me la racconta giusta»
Un ghigno si allargò sul volto di Mari.
«Intanto sei quella che si è divertita più di tutte»
Kanan allungò il piede verso di lei, dandole un colpetto col calcagno.
«Mi sarei divertita di più se tu non avessi finto di affogare solo per farti ripescare»
«Oh, my sweet knight! Sei corsa subito a salvarmi!» cantilenò calcando di proposito l’accento giapponese.
«Non credere di essere chissà chi, Mari» intervenne Nicole, con gesto eloquente della mano libera, «Kanan a lavoro è circondata di gente che finge di affogare per essere salvata»
Lo sguardo inceneritore di Kanan fu intercettato da quello ingelosito di Mari, e Nicole si abbassò gli occhiali da sole sul naso con un sogghigno vittorioso.
 
Una volta rimesso piede a Santa Monica Beach, si presero un attimo per stendersi sugli asciugamani, sotto il sole ormai alto. La spiaggia era ampia, puntellata qua e là di persone che passeggiavano sulla battigia e surfisti in costumi variopinti; alla loro sinistra troneggiavano le attrazioni colorate del molo di Santa Monica, con la grande ruota panoramica sulla punta: sembrava dipinta sull’orizzonte come in una cartolina, a pennellate caotiche e sconnesse a causa dell’umidità che si levava dall’oceano. Un chiacchiericcio leggero rallegrava l’aria; si riuscivano a sentire in lontananza le canzoni arpeggiate da un artista di strada, che spezzavano la monotonia asfissiante di una giornata di mare come tante altre. Il sole bruciava sulla pelle e si rifletteva sugli occhiali da sole delle ragazze come una lama di luce.
Nicole aprì la borsa termica riempita di bottiglie di Coca-Cola e succhi di frutta ghiacciati.
«Niente birre oggi?»
«Sono in fase relax e non ho bisogno di cavarti fuori nessuna verità»
«Ah, quindi è proprio così che fai tu» commentò Mari scegliendo una bottiglia di Coca-Cola dal lotto.
Kanan stappò la sua e aggrottò le sopracciglia, offesa dalle insinuazioni di entrambe.
«Senti chi parla!»
Mari si stese sul suo telo con un respiro profondo; si accostò la coca ghiacciata alla pancia e alle braccia, emettendo ogni tanto dei gemiti di sollievo. La sua ragazza le si sedette accanto e iniziò a sorseggiare piano.
«Vuoi del ghiaccio addosso anche tu?»
«No, grazie»
Pigramente, Nicole si lasciò cadere sul suo asciugamano davanti a loro, mettendo via gli occhiali da sole. La giornata si prospettava caldissima, si faceva fatica a respirare; il peso della canicola di fine agosto le fece rimpiangere di essere uscite dall’acqua così presto.
«Ma Samuel dov’è?» chiese Mari a un certo punto.
«Quello scemo si è ammalato ieri, è tipo l’unico che riesce ad ammalarsi d’estate»
Kanan rise.
«Poveretto, non è mica colpa sua»
«Usa l’aria condizionata in casa con la stessa leggerezza del forno a microonde… a me dispiace solo per te, Mari, perché avevo davvero piacere a fartelo conoscere… quando hai detto che torni in Italia?»
«Metà settembre»
Kanan abbassò lo sguardo e strinse tra le mani la sua bottiglia, col cuore improvvisamente gonfio di malinconia. Sentì una sensazione di gelo sul braccio sinistro: si voltò e si accorse che Mari si era tirata su e la guardava con un sorriso rassicurante; non poté fare a meno di corrisponderle, pur senza avvertire in sé quella scintilla di spensieratezza a cui nei mesi passati si era quasi abituata. Si chiese se fosse possibile assuefarsi alla felicità.
«Siamo già a quel momento della storia, eh?» asserì comprensiva Nicole, appoggiandosi sul telo coi palmi dietro alla schiena.
Si scambiarono tutte un sorriso che aveva dei tratti insieme affettuosi e sofferti. La brezza di mare soffiava su di loro e le cullava; le bottiglie semi vuote, infilate momentaneamente in piccole buche sulla sabbia, erano impregnate di un fine strato di goccioline di condensa; la cognizione lampante in tutte loro, per la prima volta, che ogni cosa giunge al suo termine, fu un affondo doloroso e lento.
«Devi invitare anche me alla tua prossima laurea, però, mi raccomando» aggiunse dopo un po’ Nicole, per ravvivare l’atmosfera.
«Sei già sulla lista degli ospiti!» replicò Mari alzando indice e medio con un acceso sorriso.
«Peccato, se verrai anche tu non avrò più la scusa per non presentarmi!» commentò Kanan con un’alzata di spalle e un simulato disinteresse.
«Se tu stavolta non ti presenti, sappi che mi rivedrai solo nelle foto!»
La replica di Mari era arrivata diretta e raggelante come una secchiata d’acqua in faccia, tuttavia non era nulla che Kanan non avesse previsto; e anzi, forse addirittura consapevolmente provocato. Nicole rise.
«Tranquilla, mi assicurerò io che questa stupida venga, anche se dovessi obbligarla a farsi seimila miglia a piedi e a nuoto»
Il sospiro di rassegnazione di Kanan le arrivò forte e chiaro.
«Seimila miglia? Ma quando vi deciderete a usare il sistema metrico decimale come il resto del mondo?»
«Guarda, tesorino, che già lo sappiamo che sarebbe ora di cambiarlo. Ma siamo americani, ammettere di doverci adattare agli altri non è mica facile!»
Il livello di autoironia che Nicole possedeva era impressionante, e Kanan non mancava, in fondo, di andar fiera di aver trovato un’amica con queste invidiabili qualità. Risero, il velo di malinconia che si era issato su di loro sembrava essersi già diradato; Nicole, però, ritenne di dover intervenire con qualcosa che alleggerisse ancora un po’ la tensione.
«Beh, direi che abbiamo riso abbastanza, adesso pasta»
Kanan e Mari gelarono contemporaneamente, nonostante i trentaquattro gradi.
«Che ne dite di andare a mangiare qualcosa? Ho paura che il cervello di Nicole si spappoli e cominci a sparare freddure a raffica»
Nicole stessa, che aspettava il momento del cibo già da troppo, non ebbe nulla da ridire.
Passarono l’orario di pranzo al riparo dalla calura opprimente, rifugiate sotto il tendone di un take away messicano, mentre mangiavano e discutevano di surf e altri sport acquatici; Nicole teneva di nuovo banco raccontando le sue dubbie prodezze da surfista, precedenti alla scelta di dedicarsi totalmente alla scuola di sub. Poi, senza alcun collegamento apparente, attaccò a raccontare di un uomo, della sua città d’origine in Florida, che affrontò un uragano a petto nudo: con la bandiera americana in mano faceva headbanging come a un concerto metal.
Il suono delle loro risate riempiva il locale: desiderarono che quel momento fosse eterno. Nicole rideva più di tutte, Mari e Kanan alternavano commenti sarcastici a esclamazioni di incredula meraviglia. Tutt’e tre sapevano che ogni secondo che trascorrevano insieme sarebbe stato, un giorno, un prezioso ricordo da conservare.
 
Passò ancora un’ora prima che Nicole decidesse di andare a far visita a Samuel, fermo a letto: salutò entrambe con un sentito abbraccio, augurandosi di poter vivere cento altri giorni insieme, belli allo stesso modo. A quel punto, stanche del mare, Kanan e Mari trascorsero il resto pomeriggio a passeggiare, percorrendo a piedi la strada tra Santa Monica e Venice Beach. Il cammino di un’ora si snodava lungo la costa oceanica, percorsa in special modo da ciclisti; crocchietti di persone stavano ammassate intorno a musicisti e performer, ad ascoltare, a fotografare, a lasciare mance. Venice Beach emanava un clima di festa sempiterno, d’estate e d’inverno: ogni volta che Kanan ci passava la musica riempiva la passeggiata, mettendole una gran voglia di ballare, di tornare a ballare e cantare; che fosse sulle note di una canzone raggae a luglio, su un rock leggero a ottobre o su un classico natalizio a dicembre. Il potere di stupire accordato a coloro che vivevano di musica, se ne accorse presto, era universale.
«Ti ricordi quando abbiamo ballato con le Aqours a Roma? Abbiamo fatto le artiste di strada anche noi!» esordì Mari, trasportata da simili riflessioni.
«Certo! Lo rifarei anche adesso, è stato bellissimo»
«La faccia delle persone che ci guardavano era impagabile!»
«Io ricordo bene la faccia di tua madre, perché credo sia stata la prima volta che l’ho vista sorridere»
«Probabilmente è stata la prima volta che l’ho vista sorridere anche io, figurati! Sapevamo raggiungere davvero chiunque»
«È vero» Kanan sorrise, alzando un sopracciglio «e pensa che quando lo racconto nessuno ci crede… persino Nicole!»
Mari fece una giravolta mimando dei passi di una vecchia coreografia, poi si fermò a pochi metri da due ragazzi, uno con una chitarra acustica in mano, seduto sopra un amplificatore, l’altro posizionato sul suo cajon, che scandiva un ritmo lento.
«Non ci ha creduto perché è stato letteralmente incredibile, Kanan» allungò un braccio in direzione della compagna, invitandola a raggiungerla, «quello che facevamo con le Aqours, il legame tra tutte noi, era fuori dall’ordinario…  come è fuori dall’ordinario anche quello che abbiamo io e te»
La prese per mano e l’avvicinò a sé, muovendosi piano al ritmo della ballata che i due musicisti suonavano.
«Sai che non sono brava con i lenti»
Mari accompagnò le loro mani in posizione e tirò su il mento di Kanan con un gesto morbido della punta delle dita, per indurla a guardarla negli occhi.
«Non c’è bisogno che tu lo sia... seguimi»
Fronte contro fronte, Mari chiuse gli occhi e prese il comando; Kanan ne assecondava i movimenti, senza riuscire a staccare gli occhi dal suo viso. La voce melodiosa del chitarrista, l’arpeggio leggero, la cullarono in uno stato di serena pace; da quella quiete emersero immagini del passato, di mesi e persino degli anni: la sua vita in California, la vittoria al Love Live, i primi tentativi delle Aqours, le avventure vissute con le amiche d’infanzia; ricordò con gratitudine ogni passo compiuto, fino a rievocare il viso di Mari bambina, la prima volta che l’aveva vista, la prima volta che l’aveva scelta, preferita. E si stupì delle conseguenze inimmaginabili che erano scaturite da quella prima, ingenua, preferenza. Anche Kanan allora chiuse gli occhi: sparita Mari, tuttavia, di nuovo venne a farle visita l’ombra lunga della sua prossima partenza; turbata, serrò con maggior forza la presa sul corpo della sua partner.
«Che c’è?» sussurrò Mari, fermandosi.
«Non voglio che tu te ne vada» disse semplicemente, concedendo ai pensieri di sciogliersi in parole senza alcun filtro.
«Non ti ricordi? Saremo sotto lo stesso cielo» sorrise, facendo scivolare la mano dalla sua spalla al braccio, in una carezza.
Kanan si tenne stretta agli avambracci di lei, facendo scorrere le dita sui gomiti per tirarla un po’ più a sé.
«Ma tu sarai lo stesso lontana»
Mari allora avvolse tra i suoi palmi il volto scuro di Kanan, accarezzandolo: le lasciò un bacio a fior di labbra, poi, senza aggiungere nulla, la riprese per mano e la condusse con delicatezza al suo fianco, a riprendere il percorso tra i turisti di Venice. Kanan la lasciò guidare, combattendo la sensazione di colpa che l’aveva invasa per aver rabbuiato l’atmosfera. Era certa che anche Mari provasse la stessa sua malinconia, ma lei aveva cercato di combatterla tutto il giorno per potersi godere la reciproca compagnia in serenità; e a conti fatti, spiattellarle in faccia la cruda realtà era stata una mossa azzardata. Forse, per una volta, riflettere di più prima di parlare sarebbe stato d’aiuto. Era così presa dai propri crucci che non accorse che Mari si era fermata davanti ai ninnoli di un negozietto di souvenir; notò allora che lei guardava un piccolo ciondolo d’acciaio: era un oggettino a forma di stella di bassa fattura, colorato di giallo canarino e senza alcun valore; tuttavia Mari ne sembrava totalmente presa.
«Cos’hai trovato?» chiese frugando con gli occhi tra le cianfrusaglie di bigiotteria.
«Questo! Non è carinissimo? Potremmo comprarci insieme un ciondolo a testa, per avere un ricordo di questi giorni»
L’idea le parve un po’ infantile, tanto più che era certa si trattasse di robetta che, costando una miseria, sarebbe durata poco. Ma Mari non era nuova a queste uscite: pur avendo un budget cento volte più ampio del suo, non aveva problemi a godersi spese low cost come faceva la quasi totalità dei suoi amici. Nonostante l’obiezione, suo malgrado si trovò a cercare tra le varie forme qualcosa che la convincesse a prendere la proposta sul serio; e tra i tanti ciondoli il suo occhio cadde su un piccolo delfino azzurro. Lo prese tra le mani e poi guardò Mari, con una luce negli occhi che fece cadere nel vuoto ogni altra opposizione. Anche alla sua ragazza si illuminò il viso.
«Hai visto, Kanan? Aspettavano solo noi due!»
E Kanan si rese conto di quanto, più di tutto il resto, le sarebbe mancata la semplicità vissuta in quei giorni; la facilità con cui ogni piccola circostanza condivisa diventava «casa» e riempiva il cuore di un’inaspettata pienezza. Strinse tra le mani il piccolo delfino azzurro come il più prezioso dei tesori.



 
Note finali
No, sul serio, cercatevi su YouTube Florida man headbanging in hurricanes o direttamente il canale di Lane Pittman, non ve ne pentirete

Also, Kanan e Mari si comprano bigiotteria coordinata come fossero adolescenti col braccialettino dell'amicizia, di quelli con su scritto "BFF TVTBXS", 1 euro e 50 l'uno dalla bancarella dl mercatino rionale

Prossimo aggiornamento: 11 dicembre (finale!)

Grazie di aver letto
Alex
   
 
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