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Autore: _EverAfter_    01/12/2020    6 recensioni
— Sono passato a trovarti.
Tutto qui. E sì che di scuse avrebbe potuto trovarne molte. Kenma si ritrova persino a pensarne qualcuna abbastanza credibile.
Si volta verso l’orologio. 3:15.
— Vai a casa, Kuroo. — Il ragazzo abbassa lo sguardo, incontrando quello più ambrato del compagno sotto la sua finestra. — Domani abbiamo scuola.

Piccola missing moment sulla KuroKen, spero vi possa piacere!
Questa storia partecipa alla sfida “Prompts, our Wires” indetta da Soul Dolmayan su EFP.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kozune Kenma, Tetsurou Kuroo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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[KuroKen One-shot]



La spia rossa del televisore spento. Il rumore dei passi di suo padre che si perde nelle fughe del parquet al piano di sopra – probabilmente starà cercando la porta del bagno. L’uscio di una porta che sbatte. Il tac tac altalenante di un ramo che impatta morbido sulla finestra.
Ha gli occhi chiusi, ma il sonno non arriva. Dev’essere stato il caffè consumato quel pomeriggio – non avrebbe dovuto prenderlo.
Ha le mani congiunte, premute contro il grembo. Chissà se contare le pecore possa servirgli davvero.
Sbircia con la palpebra socchiusa la sveglia sopra al comodino. Segna le 2:43, colorate di quel verde fosforescente tipico degli orologi analogici.
Si rigira nella coperta, che d’improvviso si fa più stretta. Forse ha caldo, o forse no. Non è mai stato granché perspicace con le proprie sensazioni.
Potrebbe attendere che suo padre torni a letto per accendere la console e provare il nuovo videogioco che ha comprato. Dalla trama non sembrava affatto male.
È sorprendente come si ritrovi presto combattuto: da un lato la tentazione di perdersi nel suo amato mondo digitale, dall’altro l’accidia che lo porta a stravaccarsi sopra al lenzuolo bollente, chiedendosi se sia colpa del caldo o di un’autocombustione improvvisa. Non crede di avere la febbre, eppure alzarsi gli pare uno sforzo ben più sfiancante di quelli a cui è solito concedersi.
Decide di chiudere gli occhi e attendere che l’ignavia del sonno si porti via il frivolo pensiero di passare un’altra notte in bianco – che, in realtà, non gli parrebbe poi così surreale.
Tic.
Sospira. Quel ramo è davvero fastidioso.
Tic.
Vorrebbe voltarsi verso la finestra, ma la pesantezza del busto sembra ancorarlo languidamente alla morbidezza del materasso. Strizza le palpebre, prova a costringere la stanchezza a prendere possesso del suo corpo, invano.
Tic.
Si mette seduto, premendo le spalle contro lo schienale del letto. È troppo indolente per concedersi l’impegno di alzarsi in piedi e andare a controllare cosa sia quel fastidioso rumore che si schiaccia contro lo spesso vetro della finestra.
Tic.
L’ha visto di sfuggita, ma non ha dubbi: quello era un sasso, tra l’altro neppure tanto piccolo. Forse sarebbe più corretto definirlo pietra, ma si convince che non sia quello il contesto per disquisire su quale dei due sostantivi sia il più legittimo.
I piedi nudi toccano la superficie fredda del pavimento, barcamenandosi in una bizzarra andatura oscillante, complici la bassa pressione e l’insonnia. Posa le pallide dita sul sottile tessuto della tenda, scostandola leggermente. Gli occhi dorati si soffermano su un giovane ragazzo, che dal piano terra si sbraccia per farsi notare. Come se a quell’ora della notte potesse esistere davvero qualcos’altro capace di attirare la sua attenzione.
— Che stai facendo?
Kuroo sogghigna; il suo sorriso è diverso da quello di qualsiasi altra persona. Kenma non l’ha mai considerato particolarmente bello, al contrario: è più simile ad una smorfia distorta e maliziosa, una mimica che par sempre farsi beffa del proprio interlocutore. Eppure, il ragazzo non può fare a meno di rimanerne sorpreso ogni volta che vede l’amico schiudere i denti bianchi e strizzare le palpebre.
— Sono passato a trovarti.
Tutto qui. E sì che di scuse avrebbe potuto trovarne molte. Kenma si ritrova persino a pensarne qualcuna abbastanza credibile.
Si volta verso l’orologio. 3:15.
— Vai a casa, Kuroo. — Il ragazzo abbassa lo sguardo, incontrando quello più ambrato del compagno sotto la finestra. — Domani abbiamo scuola.
Il corvino sghignazza, saltellando da un piede all’altro. — Non mi va.
Kenma corruccia le labbra, socchiude le palpebre. Non ha molta voglia di starsene lì a battibeccare col suo migliore amico, eppure non riesce a considerare valida l’opzione di sbattergli la finestra in faccia e tornarsene a letto. Non può, non con Kuroo.
Borbotta infastidito qualcosa d’incomprensibile. Lo sguardo del compagno s’illumina di uno strano luccichio. — Perché non vieni giù?
— Sai che ora è? — domanda Kenma, massaggiandosi la nuca. — Le persone normali a quest’ora dormono.
— Stai dicendo che non sono una persona normale?
— Sì.
Kuroo ride. — Uhm, immagino di sì.
Il perché stia ridendo, a Kenma è cosa del tutto sconosciuta. Kuroo è fatto così: ride, sghignazza. Non si sa bene perché lo faccia, né a qualcuno importa davvero di saperlo; è come quei commedianti che piacciono tanto alla gente, quelli che ridono alle loro battute prima ancora di pronunciarle.
A Kenma i comici non piacciono. Ma Kuroo è diverso, perché lui ride davvero.
— Però pensala così, — lo sente continuare, — sono come un gatto.
— Un gatto?
— Sì, un gatto. — Kuroo gonfia il petto, mostrando uno dei suoi sorrisi più sghembi. — I gatti si muovono di notte, giusto?
Bizzarro che chieda conferma proprio a lui, che di animali non ci ha mai capito niente. Kenma sospira, passandosi una mano tra i capelli ancora scuri. — Se lo dici tu.
Ora che ci pensa, Kenma non ricorda d’aver mai avuto con Kuroo una conversazione che avesse un minimo di senso compiuto. Forse perché il corvino è di difficile lettura, o forse perché lui non si è mai davvero sforzato di comprendere cosa si celasse dietro a quel ghigno sardonico ed enigmatico. Si convince che vada bene così: d’altronde non ha bisogno di capirlo per essere suo amico.
Un gioco è tanto più divertente quanto più è difficile salire di livello.
Che strano che quelle parole gli giungano alla mente proprio adesso, mentre osserva rapito gli occhi luccicanti di Kuroo e quel sorriso, che ancora una volta si fa spazio nel suo apatico cuore.
— Ho un’idea —, lo sente dire infine. — Posso dormire con te?
— Ma scherzi? Che dirai ai tuoi?
— Tornerò a casa prima che se ne accorgano. — Kuroo assottiglia le labbra, mostrando la smorfia più maliziosa. — Allora, sei d’accordo?
Kenma trattiene il respiro; sul riflesso del vetro osserva le guance tingersi d’un rossore bizzarro e inadatto alla sua natura accidiosa, per regia poco incline a lasciare che le proprie emozioni trapelino sul suo volto.
— Va bene —, dice. — Sali.
Kuroo ride, prima di arrampicarsi su per il rampicante. In poche agili mosse è sul cornicione della finestra, a pochi centimetri dal volto del compagno. — Hai visto? Non era difficile.
Kenma storce il naso, allontanandosi di qualche passo. È strano come la presenza dell’amico riesca sempre a soffocarlo. — Potevi entrare dalla porta, sai?
— Sì, ma questo è quello che avrebbe fatto una persona normale.
Kenma si volta a fissarlo; Kuroo è a pochi passi da lui e ha smesso di ridere. Se ne sta in silenzio ad osservarlo, proprio come farebbe un gatto che veda d’improvviso un uccellino posarsi sul fascio d’erba accanto a lui.
Il corvino porta una mano ad accarezzare il ciuffo di capelli che gli ricopre gli occhi lucidi, poi con naturalezza preme le labbra contro un angolo della sua bocca, sudaticcia per il caldo – o forse per il panico, non saprebbe dirlo. Quel misero tocco basta per tranquillizzarlo, e sebbene il cuore batta un po’ più forte del normale, la sua voce muta presto in un sussurro più mellifluo, quasi liquefatto. — Andiamo a letto?
Kuroo sorride. E quel sorriso è bello, perché è solo per lui. — Sì, ma io dormo a destra.
— Io a sinistra.
Le braccia del compagno si serrano intorno al suo piccolo corpo, mentre Kenma non può fare a meno di pensare a ciò che ormai gli appare come una certezza inossidabile.
In quel gioco chiamato vita, Kuroo è molto più bravo di lui.




✿◉●•◦
Cantuccio di Ever
Eccomi tornata, questa volta con una storia che non avrei mai pensato di scrivere! xD
Diciamo che questo è un po' il periodo degli esperimenti e - credetemi sulla parola - trovare il tempo per avere la possibilità di scrivere è davvero diventata difficile.
Chi mi segue sa quanto ami le mie storie, in primis per me stessa e poi per il piacere di poterverle anche far leggere, ma questo è proprio un momento in cui non connetto una cippa.
Per cui, questa storia siete liberissime/i di bypassarla, anche perché è inerente ad una coppia su cui non avrei mai nella vita pensato di scrivere.
Kuroo e Kenma fanno parte di quella limit zone in cui non mi sono mai addentrata. Non perché mi stiano antipatici, ben inteso. Ma non mi sono neanche simpatici. Insomma si trovano in una zona di frontiera che non avrei mai pensato di affrontare, ed invece eccoci qui.
Mi è piaciuta l'idea di riprendere l'ossessione che Kenma ha per i videogiochi e trasporla sulla figura di Kuroo, anche se avrei dovuto sicuramente soffermarmi molto di più su questo parametro - ma la storia l'ho pensata di getto, quindi va benissimo così.
Cosa dire, io devo ringraziare in primis Soul Dolmayan per aver indetto una sfida così accattivante come quella di "Prompt, our Wires". E' un'idea che mi ha aiutata molto nel concedermi l'ispirazione per cui, carissima Soul, grazie davvero moltissimo.
Un grazie va anche a SamHetfield, che mi ha suggerito il prompt per questa sfida: A si sveglia nel cuore della notte perché B lancia dei sassi contro la sua finestra.
E dunque niente, una frase simile e mi sbucano subito alla mente 'sti due, non posso farci niente! xD
Insomma, cos'altro dire, mi sono molto divertita e spero che questa storia possa piacervi comunque, nonostante le fluff non siano la mia safe zone - e chi mi conosce lo sa perfettamente.
A presto!

Ever
  
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