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Autore: Erule    02/12/2020    2 recensioni
SPOILER 15X20!
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Gli avvenimenti accadono dopo la 15x19. Castiel si trova nel Vuoto. I Winchester hanno sconfitto Chuck. Jack è il nuovo Dio. Oh, Cas sta diventando di nuovo umano.
Genere: Angst, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Jack Kline, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Heaven Can Wait (15x20 rewrite)

Coppie: Dean/Castiel, Sam/Eileen.
Nota: ho voluto riscrivere la 15x20, perché il finale non mi è piaciuto PER NIENTE. Non ho scritto molto nel sommario apposta, perché volevo che vi godeste la storia come se fosse un episodio a tutti gli effetti. Spero che vi piaccia, i commenti sono sempre graditi! Potete trovare la storia in inglese su AO3 e Wattpad con lo stesso titolo. Buona lettura!
 
C’era troppo rumore. 
Tutto quello che voleva il Vuoto era dormire. Da quando Jack era esploso nel suo regno, i demoni e gli angeli avevano preso a parlare troppo. Tutto questo sarebbe dovuto finire, in un modo o nell’altro. Ecco perché il Vuoto si era alzato così velocemente dal trono.
«Questo deve finire.»
C’erano alcuni angeli e alcuni demoni in piedi, che circondavano un qualcosa. Stavano mormorando delle parole, che suonavano così: “Com’è possibile?” o “Non può essere…”, ma il Vuoto non riusciva a sentirli bene. Ruby lo notò e fece segno agli altri di stare zitti.
«Non parlate.»
«Che succede?» chiese il Vuoto. Uriel cercò di coprire quel qualcosa, ma il Vuoto era arrabbiato, molto arrabbiato. Dovevano fare silenzio di nuovo, in qualche modo.
«Niente» rispose Uriel, ma era una dannata bugia. Il Vuoto li spostò lentamente per cercare di vedere cosa stessero nascondendo.
Ma ciò che il Vuoto trovò per poco non rovinò tutta la sua conoscenza, l’esperienza, gli anni del suo regno. Era qualcosa che non aveva mai visto prima, mai. Quel qualcosa in realtà era un qualcuno. Quel qualcuno non era aveva la Grazia angelica come avrebbe dovuto avere.
«Castiel… cosa ti sta succedendo?» chiese il Vuoto, incredulo. Castiel guardò Meg, o meglio, il suo volto, cercando un po’ di empatia, ma senza trovarne alcuna. Era lì da solo, senza Jack, Sam e soprattutto, Dean. Non sapeva cosa fare ed era terrorizzato. Guardò il Vuoto con paura, gli occhi blu così scuri, che il Vuoto si chiese come riuscisse a vedere. Sembrava così perso. Le sue mani tremavano, coperte a malapena dal suo impermeabile. Era come se non avesse più luce dentro di sé. «I miei poteri… li sto perdendo.»
Fu allora che il Vuoto pensò: “Se sta perdendo i suoi poteri, significa… Oh no, no, non può essere! Nessuno dovrà venire a saperlo! Voglio solo tornare a dormire”. Ma stava succedendo nel regno, quindi era di sua responsabilità.
Tutto quello che il Vuoto disse fu: «Ti aggiusteremo.»
Le sue parole fecero sentire Castiel una macchina, il soldatino di papà, di nuovo. Un burattino.
«Cosa gli sta succedendo?» chiese Uriel, sinceramente preoccupato riguardo a Castiel.
«È malato.»
«Credevo che fossimo già morti.»
«Siete angeli, gli angeli sono soggetti a cambiamenti costanti.»
«Stai mentendo.»
Il Vuoto prese Castiel per un braccio, con il fine di portarlo via da lì.
«Sono malato?»
«Se essere stupidi è una malattia, allora sì, lo sei.»
Castiel non aveva ancora capito cosa gli stesse succedendo, ma il Vuoto lo sapeva bene. Doveva nasconderlo o Dio avrebbe capito che c’era qualcosa che non andava. Qualcuno che non sarebbe dovuto essere lì. Quello non era più il suo posto. Castiel cercò di divincolarsi dalla stretta del Vuoto, ma era stanco, come se non avesse più energie.
«Cosa mi sta succedendo? Dimmelo! Posso sopportare la verità, tanto non può accadermi niente di peggio di ciò che sto passando ora, ormai» disse, con la tristezza riflessa nel tono della voce. Pensò a Dean, a tutto quello che non gli aveva detto. Il suo peggior rimpianto. Ruby aveva ragione: quello era un posto tremendo dove passare l’eternità.
«Vuoi saperlo davvero? Allora te lo dirò: non appartieni più a questo luogo» disse il Vuoto.
Castiel era sorpreso.
«P-perché?» chiese, il cuore che gli batteva più veloce nel petto. A quanto pare, ce l’aveva ancora.
«Perché...» cominciò il Vuoto, godendosi il momento, «ti stai trasformando in un umano». Castiel lo guardò senza vederlo veramente. 
«No...» 
Stava diventando di nuovo umano.
 
 
Nel frattempo, Dean stava fissando il computer. Aveva deciso insieme a Sam che avrebbero lasciato la caccia. Non era stato facile come Sam aveva fatto sembrare, perché la vita senza cacciare era abbastanza noiosa, ma la preferiva di gran lunga a quella piena di rischi che aveva prima. Accarezzò Miracle, che si stava strusciando contro la sua gamba, mentre cercava qualcosa da fare. Sarebbero potuti andare al Pie Fest, ma poi qualcos’altro attirò la sua attenzione. E no, non era un caso.
«Cosa stai facendo?» gli chiese Sam, spuntando fuori dal nulla.
Dean tirò subito giù lo schermo del computer portatile, scuotendo la testa.
«Niente» si affrettò a rispondere.
Sam gli lanciò un’occhiata eloquente.
«Dean, ti ho beccato altre volte a guardare i porno, non mi scandalizzo più ormai.»
«Non stavo… Non stavo guardando un porno!» esclamò Dean, le guance leggermente rosse e Sam ridacchiò.
«Sì, certo» lo motteggiò. «Senti, devo parlarti di una cosa importante» disse Sam, sedendosi al tavolo di fronte a lui. Dean annuì. «Dean, io ed Eileen…»
«Aspettate un bambino! Lo sapevo. Sam, ti ho sempre detto di usare un preserv…»
«No, no!» ribatté Sam, come scandalizzato. «Non è incinta. Non è questo ciò di cui voglio parlarti.»
«D’accordo, allora spara.»
«Senti… noi… noi pensavamo di andare a vivere insieme.»
Dean gli sorrise, felice. 
«Ma certo, qui c’è tutto lo spazio che vi serve! Scegli tu la stanza per lei e poi…»
Sam deglutì.
«No Dean, noi pensavamo di andare… di andare a vivere insieme» lo interruppe Sam. 
Dean sembrò bloccarsi, come se fosse diventato di ghiaccio. Era paralizzato. Riuscì solo a socchiudere le labbra in un Oh, mentre Sam si sentiva sempre più in colpa.
«Dean, ti prego…»
«No Sam, hai ragione. Fate bene. Presto metterete su famiglia, mi pare giusto che andiate a vivere insieme. Da soli. Ve lo meritate» disse Dean, con quel suo solito sguardo fuggevole. Ecco perché Sam capì che c’era rimasto male. 
«Dean…» provò a dire Sam, ma Dean alzò una mano come a dirgli che andava tutto bene. La conversazione era finita. Prese il computer e si diresse nella sua stanza con Miracle alle calcagna.
Si sedette sul letto, esausto. Non aveva più energie ultimamente. Anzi, da un mese a quella parte. Il tempo sembrava passare molto più lentamente. Da quando lui non c’era più.
Scosse la testa. Aprì il computer e guardò di nuovo lo schermo, dove campeggiava la lista dei lavori per cui avrebbe potuto fare domanda. Forse sarebbe rimasto da solo in quel bunker, magari per tutta la vita, ma perlomeno avrebbe avuto di che passare il tempo.
Miracle gli ricordò della sua presenza leccandogli la guancia. Dean ridacchiò con voce gutturale, accarezzandogli un orecchio.
«Be’, forse non sarò del tutto solo, alla fine.»
 
Castiel sentiva tutto amplificato ora. Faceva tutto molto più male. I ricordi, anzi i rimpianti, erano come spilli che gli pungevano la carne. Il Vuoto sembrava più un luogo di tortura che di riposo. Non era poi così diverso dall’Inferno, dopotutto. 
Aprì gli occhi, che non ricordava neanche di aver chiuso, ma vedeva sempre tutto nero attorno a lui. Era un incubo. Si sentiva come in trappola e gli mancava il respiro. Era come annegare nei propri pensieri, cadendo sempre di più verso l’abisso più profondo di un oceano infinito. Ecco come si sarebbe sentito Dean se si fosse fatto seppellire con Michael nella sua testa lungo il fondo del mare.
Dean.
Gli bastò quel nome per ricordarsi di tutto. Di chi era. Della sua natura umana. In effetti, non sentiva più il potere scorrergli nelle vene, né tantomeno la Grazia. Si sentiva come vuoto. Esattamente come quando era diventato umano qualche anno prima. Si guardò i polpastrelli, da cui usciva piano del vapore dorato. Stava perdendo pezzi. Quella situazione era una delle peggiori in cui si fosse mai ritrovato, peggio di quella volta in cui aveva tentato di fermare Jack quando aveva svegliato Dean. Quell’uomo era come un orso.
Gli spuntò un sorriso sul volto al ricordo. Gli mancava da morire. Se ci pensava intensamente, la sua mancanza si faceva sentire come una morsa allo stomaco. Gli faceva male in punti che non credeva nemmeno di avere, come le giunture o l’epidermide nel retro delle ginocchia. Era un dolore sordo che gli impediva di camminare. 
Ho sentito la tua preghiera.
Un altro rimpianto gli rimbombò nella testa come una cannonata. Perché non l’aveva fatto parlare, nel Purgatorio? Forse avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma lui non gli aveva lasciato il tempo di farlo. E ora non l’avrebbe mai saputo. Aveva speso anni provando dei sentimenti per Dean, si era persino ribellato a causa sua, usando il suo libero arbitrio, come aveva detto Chuck, per niente. Non biasimava di certo Dean, ma se stesso, quello sì. Avrebbe dovuto farlo parlare o lui avrebbe dovuto confessargli i propri sentimenti molto prima, anche solo pervedere l’espressione che ciò che avrebbe suscitato sul volto di Dean. Avrebbe visto la sua anima cambiare come un dipinto che piano piano viene fuori direttamente dalla tela, mentre il pittore riempie gli spazi bianchi con i colori. 
La prima volta in cui aveva visto l’anima di Dean, era rimasto incredulo dal suo colore: era completamente bianca. Di solito, quello era il colore delle anime dei bambini, innocenti, ecco perché a Castiel era sembrato così strano. Ma poi, dopo aver conosciuto meglio Dean, giorno dopo giorno, era stato come se si fosse aperto di più a lui, mostrandogli le parti che gli aveva nascosto per tutto quel tempo. Era stato come vedere le onde del mare accarezzare la pelle nuda dei piedi sulla battigia. Il bianco e il blu si erano fusi insieme. La sua anima aveva rivelato le parti blu, le più oscure, quelle in cui aveva paura di suo padre o di se stesso. Quando aveva preso il Marchio di Caino, la sua anima era diventata tutta nera. Ma di solito, le parti bianchi avevano la maggiore. Erano i ricordi con Sam, sua madre, l’amore per il mondo, la fede, le sue debolezze. A volte, Castiel riusciva anche a vedere dei ricordi di loro due insieme e gli facevano sentire un senso di calore all’altezza del petto. Era come se la sua anima immaginaria, grigia, potesse fondersi con quella di Dean e a quel punto, i loro colori potessero farne nascere uno solo. Un enorme, infinito, oceano. 
Ecco perché ora si sentiva così solo, senza Dean. La solitudine l’avrebbe mangiato vivo. Meg l’aveva nascosto molto bene, perché non vedeva più nessuno intorno, né sveglio né addormentato. Forse era tornato tutto normale e lui era sveglio solo perché in parte umano. Quello non era luogo per lui, ma immaginava che Meg non volesse farlo uscire, ecco perché doveva tenerlo nascosto a Chuck, anche se dubitava che gli importasse qualcosa di lui. Ma lui doveva andarsene. Doveva tornare da Dean. Prima le cose erano diverse, era in pace col fatto d’averlo potuto salvare sacrificandosi, ma ora che poteva effettivamente rivederlo e vivere una vita normale con lui, voleva tornare sulla Terra a tutti i costi.
“Vivere una vita normale”. Prima non ci aveva mai pensato seriamente. Forse perché il tempo i cui era stato umano era durato troppo poco o perché aveva sempre pensato che sarebbe rimasto un angelo per sempre, ma ora non riusciva più a pensare di vivere senza Dean. Gli sarebbe andato bene anche solo potergli essere amico per sempre, solo stargli accanto, anche se lui non ricambiava i suoi sentimenti. D’altronde amare un’altra persona significa desiderare che sia felice, giusto? Gliel’aveva insegnato proprio Dean. 
Si alzò da terra, pensando ad un piano, prima che l’ennesimo rimpianto lo colpisse di nuovo e non riuscisse più a pensare lucidamente. In passato avrebbe pregato Chuck, ma ora gli sembrava inutile. 
Poi, un’improvvisa rivelazione lo colpì. E se Sam e Dean fossero già morti? Forse Chuck aveva vinto. Forse i Winchester e Jack erano stati già cancellati dall’esistenza. Gli salì un nodo alla gola. No, non poteva essere. Non potevano essere morti. Meg gliel’avrebbe detto, per farlo soffrire. 
Si guardò intorno. Anche se non poteva sentire la presenza di Dean, era come se ci fosse. Il suo pensiero gli diede forza. Decise di camminare. Fece come gli Ebrei nel deserto. Avrebbe camminato, finché non avrebbe visto qualcuno. O magari avrebbe fatto un po’ di rumore, giusto per infastidire Meg. In fondo, era un umano e se fosse rimasto lì, sarebbe morto. Meg non avrebbe apprezzato di averlo fra i piedi, né vivo né morto. Ecco perché cominciò a chiamare Uriel e Ruby, nel frattempo. Prima o poi, qualcuno gli avrebbe risposto. 
Avrebbe camminato anche più di quaranta giorni e quaranta notti, pur di ritornare da Dean. 
 
Dean spedì la domanda con dita tremanti. Sperava davvero di riuscire a diventare un meccanico. Poi magari in futuro, dopo aver messo da parte un po’ di soldi, avrebbe aperto un bar tutto suo. C’era tempo dopotutto. Finalmente ce l’aveva. E aveva anche la libertà di poterlo fare. Sorrise mesto al computer, mentre sentiva Sam ed Eileen parlare nella cucina. Uscì dalla sua stanza e si affacciò alla porta. Li vide ridere mentre Eileen sporcava il naso di Sam con la farina, mentre lui aveva le braccia attorno ai suoi fianchi. Era una scena molto dolce, ma anche intima, quindi li lasciò da soli a cucinare. 
La mancanza di Castiel lo colpì in pieno petto come un macigno. Non aveva raccontato a Sam della sua confessione, ma continuava a rivivere ogni notte quella dichiarazione. Vedeva il suo viso, i suoi occhi inondati di lacrime, il suo sorriso mentre se ne andava pacificamente. E gli faceva male come una coltellata. Non aveva avuto il tempo nemmeno di processare quello che gli aveva detto. Non era riuscito a rispondergli, perché troppo paralizzato dalle sue parole. Quello era il suo più grande rimpianto. Avrebbe dovuto dirgli cosa provava per lui molto tempo prima, ma non era ancora pronto. Non aveva ancora capito cosa volesse dalla vita, mentre ora gli era chiaro. Voleva lui, lui e basta. Ma adesso avrebbe avuto solo il suo ricordo per sempre.
 
Castiel aveva la gola arsa. Gli facevano male le gambe, ma continuava a camminare. Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma gli era sembrata un’eternità. Le dita non emanavano nemmeno più una scintilla dorata. Forse era diventato completamente umano o quasi. Ad ogni modo, si sentiva prigioniero. Un prigioniero racchiuso nel buio. Era orribile. Non c’era nemmeno una goccia di luce lì dentro, eccetto il ricordo di Dean. Quello era l’unico faro di speranza che gli era rimasto. 
Andò avanti, un passo alla volta, finché non incespicò nei propri piedi e cadde per terra. Si sentiva sconfitto fin nelle ossa. Era disperato. Aveva paura e non sapeva a chi rivolgersi per chiedere aiuto. Sarebbe rimasto lì dentro e poi sarebbe morto. Cosa succede agli umani che muoiono nel Vuoto? Era possibile una fine del genere? Sembrava una conclusione peggiore della morte. Un guerriero che moriva senza ricordarsi nemmeno il suo nome, chi fosse. Era solo.
«Castiel?»
Cas alzò lo sguardo e vide di fronte a lui qualcuno che non sarebbe dovuto esserci. Qualcuno che era ancora vivo sulla Terra, per quando ne sapesse lui. Un momento: se lui era lì, allora cosa diavolo era successo a Sam e Dean?
«Michael?»
 
Dean sparecchiò la tavola. Sam notò questo suo strano comportamento, dato che di solito si rintanava in camera come un adolescente, ma non disse niente, più che altro perché Eileen gli fece segno di rimanere lì mentre lei lo seguiva. Andò con lui in cucina, piazzandosi sulla porta, dietro di lui. Quando Dean si voltò e la vide, per poco non gli scivolò un piatto dalle mani.
«Eileen, ehi… Non ti preoccupare, sparecchio io stasera, dato che voi avete cucinato. La torta era davvero buona, comunque.»
«Grazie. Dean, so che Sam…»
«Sì, me l’ha detto. E credimi, sono felice per voi» le disse, sorridendole. Ma Eileen aveva imparato a conoscerlo, a decifrare il suo linguaggio non verbale soprattutto. E dalle sue fossetto, date da un sorriso forzato, capì che non era sincero. 
«Cosa c’è che non va?»
«Niente» rispose Dean, ma Eileen gli lanciò un’occhiataccia. «D’accordo, senti, sono solo preoccupato, tutto qua. Sono felice per voi, ma io rimarrò qui da solo con Miracle e sai… se Cas fosse stato qui, tutto questo non mi sarebbe pesato poi così tanto.»
Eileen gli sorrise, comprendendo finalmente la radice del problema.
«Ti manca Cas.»
Dean serrò la mascella. Non riuscì a risponderle a voce, così si limitò ad alzare le spalle, mentre un nodo alla gola gli impedica di parlare. Avrebbe voluto dirle “A volte”, ma sapeva che era una bugia. Gli mancava continuamente, ma cercava di non darlo a vedere. Insomma, per non far preoccupare Sam. O così si raccontava, almeno.
«Non dirlo a Sam» fu tutto quello che uscì fuori dalla sua bocca, come una preghiera. Oh, se avesse saputo che Castiel lo sentiva, l’avrebbe pregato ogni giorno.
«Non dirmi cosa?» chiese Sam, entrando nella cucina.
«Che ho inviato un curriculum!» esclamò Dean.
«Cosa?» chiese Sam, stupito. «Dean, ma è fantastico!»
Dean gli sorrise.
«Sì, be’, ho mandato qualche domanda. Spero che mi prendano in un’officina. Dopotutto, lo studente di Stanford qui sei tu e non io» disse, riferendosi al fatto che Sam era tornato a studiare.
«Sai che sei molto più di quello che pensi, Dean» gli disse Sam, prima di abbracciarlo. «Sono davvero felice per te, fratello.» 
Sì, Dean lo sapeva adesso, perché Castiel gliel’aveva detto. E lui avrebbe speso ogni giorno della sua vita a dimostrargli che l’aveva sentito.
 
«Che ci fai qui?» gli chiese Castiel, profondamente spaventato. «Cos’è successo sulla Terra? Cos’è successo a Sam e Dean?»
«Calmati, d’accordo? Sam e Dean avevano un piano per sconfiggere Dio e ci sono riusciti. L’hanno battuto. E ora Jack è diventato il nuovo Dio.»
Un’ondata di calore riempì il petto di Castiel. Era fiero di Jack. Non poteva credere d’aver allevato quello che un giorno sarebbe diventato il nuovo Dio. Un Dio più buono, forse anche più ingenuo, ma più valido del precedente. 
Poi però si chiese che fine avessero fatto Sam e Dean e la paura torno ad impossessarsi del suo corpo.
«Perché sei qui?»
«Oh, papà mi ha ucciso perché ho cercato di aiutare loro all’inizio. Ecco perché sono felice che l’abbiano battuto, alla fine. Ho sentito tutto da Meg» spiegò.
«Oh.»
«Potrei anche aver origliato che stai diventando un umano. È vero?» gli chiese con strano interesse, come se stesse tramando qualcosa, ma non poteva certo nasconderglielo.
«Sì.»
«Allora lascia che ti aiuti.»
«No, non…»
«Fidati di me. Ormai non ho più niente da perdere» gli disse Michele. Castiel sospirò, indeciso, poi annuì. Aveva bisogno di qualcuno dalla sua parte.
«Cosa vuoi che faccia?»
«C’è un solo modo in cui puoi sperare di uscire di qui, visto che Meg ti tiene nascosto. Devi pregare Jack. Io e gli altri faremo rumore come diversivo, così Meg non se ne accorgerà. Lei sa tutto qui dentro.»
Castiel deglutì. Temeva che il piano non si sarebbe avverato, ma se quella era l’unica possibilità per tornare da Dean, allora ci avrebbe provato. Magari Jack l’avrebbe sentito.
«Sbrigati, però. Devi farlo mentre sei ancora un angelo e hai un collegamento con lui. Altrimenti, da umano, non ti sentirà» disse Michele, mentre Castiel non sentiva più le dita prudergli per la Grazia che gli attraversava le vene.
E Castiel sentì anche l’ultimo briciolo di speranza sparire insieme alle sue parole.
 
Dean andò nella sua stanza dopo aver dato la buonanotte a Sam ed Eileen. Si girò e rigirò nel letto, senza riuscire a prendere sonno. Guardò più volte l’orologio, ma sembrava segnare sempre la stessa ora. Si guardò intorno e vide tutto buio. Si chiese se condividesse la stessa visione di Castiel. Una magra consolazione in quell’incubo. Dio, quanto gli mancava. Strinse di più a sé la giacca con sopra l’impronta insanguinata di Castiel, come se fosse il suo migliore amico e chiuse gli occhi. Una lacrima calda gli scivolò sulla guancia.
Dio, quanto mi manchi.
 
Michele l’aveva già lasciato da solo. Era corso verso Uriel, Ruby e gli altri per spiegare loro il piano. Avrebbe dovuto farli uscire come aveva promesso a Ruby per ripagarli forse, ma non aveva il tempo di pensarci, perché avevano già cominciato a fare casino. Il rumore svegliò Meg – che forse non stava nemmeno dormendo –, che corse a controllare la situazione. Aveva gli occhi iniettati di sangue. Non si accorse di lui, mentre diceva agli altri di fare silenzio. Castiel aveva poco tempo, così si fece forza ed usò ogni briciolo di energia rimastagli per chiamare Jack. Lo pregò intensamente, ma non riusciva a capire se l’avesse sentito o meno, così lo fece ad alta voce.
«Jack, sono Castiel. Sono nel Vuoto, sto diventando umano. Ti prego, tirami fuori da qui. Jack, per favore…»
«TU!» gridò Meg, prima di raggiungerlo con rabbia. Michele cercò di fermarla, ma non ci riuscì.
Castiel fece un passo indietro, ma inciampò e cade a terra. Il panico s’impossessò di lui. Era spaventato a morte. Provo ad usare i propri poteri per proteggersi, ma dalle sue dita non uscì una scintilla. Era finita. Sarebbe morto lì dentro.
«Tu non vedrai mai più la luce del sole!» urlò Meg. «Figurati il tuo stupido fidanzato!»
Un lampo di comprensione passò negli occhi di Michele, che era sorpreso. Castiel si sentì tradito, tradito dai suoi stessi sentimenti. Vulnerabile. Emozioni talmente umane, da fargli capire che la trasformazione era avvenuta del tutto. Era di nuovo umano. Meg aveva ragione: non avrebbe più rivisto la luce del sole. Tanto valeva arrendersi.
Poi, sentì un battito d’ali. Il battito di un cuore, il suo. E la voce che aveva dimenticato di una persona che prima aveva contato molto per lui.
«Castiel?»
Cas si voltò, le lacrime che gli bruciavano agli angoli degli occhi.
«Jack.»
Jack gli sorrise.
«Vieni, ti porto via di qua.»
 
Dean si svegliò di soprassalto, il sudore che gli scendeva lungo la spina dorsale. C’era troppo buio in quella stanza. Provò ad accendere la luce, ma non c’era. Poi, il bunker andò in allarme. Sembrava ci fosse qualcuno dentro. Si alzò velocemente, prese la pistola dal cassetto e si preparò ad ogni evenienza. Le luci rosse danzavano sulle pareti come fiammelle.
«Dean! Che sta succedendo?» urlò Sam, raggiungendolo nel corridoio a piedi nudi.
«Non lo so. Non c’è luce. Forse qualche demone sta cercando di entrare, io non…»
«Sam! Dean!» gridò Eileen.
I Winchester si precipitarono subito nel salone. Dean caricò la pistola, pronto a sparare, ma davanti a lui non c’era nessun demone. Il braccio gli scivolò lungo il fianco, mentre guardava stupito le due persone di fronte a lui. Un angelo e un Nephilim.
«Hello, Dean.»
 
Dean era completamente attonito. Rimase lì fermo con i piedi ancorati al pavimento freddo a guardare Sam che abbracciava Jack, mentre i suoi occhi rimanevano fissi su Castiel. Aveva lo stesso impermeabile, gli stessi occhi incredibilmente blu, la solita cravatta addosso, eppure sembrava completamente diverso. Si chiese se il fatto di essere rimasto per tutto quel tempo nel Vuoto non l’avesse cambiato. Si chiese quanto durassero i giorni lì dentro, se fosse torturato come lui all’Inferno. Si chiese se si ricordasse del suo sguardo, quello di Dean, la notte in cui era morto, lui si ricordava perfettamente di avere avuto gli occhi brucianti per via delle lacrime.
«Cas…» gli sfuggì finalmente il suo nome dalle labbra, ogni lettera che scivolava sulla lingua come una valanga.
Castiel fece un passo in avanti per avvicinarsi a lui. Sembrava che il tempo si fosse fermato intorno a loro. Aveva camminato tanto per tornare da Dean e ora che lo vedeva di fronte a sé, non poteva crederci.
«Dean, sono io. Sono qui.»
Dean allungò una mano verso di lui e Castiel si avvicinò per farsi toccare. Dean gli accarezzò una guancia e Castiel sentì una sensazione strana alla bocca dello stomaco, come se fossero delle farfalle che volavano da tutte le parti. Si ritrovò a chiudere gli occhi per un secondo infinitamente lungo in cui esisteva solo la consistenza dei polpastrelli di Dean lungo la sua mascella.
«Sei reale?»
La risata che risalì per la gola di Castiel, Dean poté sentirla lungo l’epidermide. Che bel rumore che faceva.
«Sì, lo sono.»
Fu tutto troppo veloce. Fu veloce il modo in cui Dean lo attirò a sé e lo abbracciò, fu veloce il modo in cui Jack gli diede una pacca sulla spalla e sparì, fu veloce l’occhiata che si scambiarono Sam ed Eileen che se ne stavano a guardarli in disparte. Ma sentì distintamente il calore del respiro di Dean addosso, lungo l’orecchio sinistro e le sue mani che gli stringevano l’impermeabile. 
Ogni parte di sé gridò, come se Dean gli avesse toccato i nervi scoperti, ad uno ad uno, ogni singola fibra del suo corpo, ogni cellula della sua pelle. Scottava come se avesse avuto la febbre. Come se l’Inferno l’avesse trascinato nella sua bocca più profonda. E pensò che avrebbe scelto l’Inferno altre mille volte, se avesse significato salvare Dean. Ogni singola volta.
 
Quella notte durò a lungo. I festeggiamenti durarono per ore, finché Sam ed Eileen non decisero, all’alba delle sette del mattino, che forse era ora di andare a dormire. Castiel e Dean rimasero a tavola, una bottiglia di birra vuota fra le mani di Dean e Castiel con le mani in grembo, l’uno di fronte all’altro. 
«Allora, com’è sentire di nuovo i sapori?» gli chiese Dean, alludendo al fatto che Castiel fosse tornato ad essere un umano come qualche anno prima.
«Strano» rispose e Dean sorrise, gli occhi bassi, fissi sulla bottiglia vuota.
«Sai, quando Lucifero è tornato qui… mi ha tratto in inganno per farsi aprire la porta del bunker» cominciò Dean, alzando lo sguardo verso di lui. Castiel avvertì mille scariche elettriche corrergli lungo le braccia. «Mi ha telefonato e sullo schermo del mio telefono è apparso… è apparso il tuo nome.»
«Cosa?» chiese Cas, confuso.
«Sì e poi ha finto di essere te. Mi ha parlato con la tua voce e mi ha fatto credere che tu fossi qui fuori, ferito. Sono corso di sopra e l’ho fatto entrare.»
«Dean, non devi sentirti in colpa per…»
«No, Cas, lasciami finire. Per favore» ribatté Dean. Cas rimase in silenzio. Dean prese un bel respiro, poi continuò: «Non ti sto dicendo questo perché mi sento in colpa. Se c’era anche la benché minima possibilità che tu fossi stato lì fuori, avrei aperto lo stesso quella porta» disse. Ogni parola gli usciva dalla bocca a forza. Quanto gli costava dire ad alta voce i propri sentimenti… era qualcosa che non era riuscito a confessare neanche a Sam, anche se il peso stava diventando così importante, che prima o poi l’avrebbe sicuramente fatto. «Cas, avrei voluto dirti tutto nel Purgatorio. Dannazione, avrei voluto dirti qualcosa anche prima che Billie aprisse quella porta, ma mi è sempre mancato il tempo. O forse è quello che ho continuato a ripetermi per sopprimere ogni mio sentimento sempre più in basso, come se quello potesse servire a farli sparire. Ma poi tu mi hai detto quelle parole e io… non potevo più fingere, capisci?»
Castiel corrucciò la fronte.
«Temo di non capirti, Dean.»
«Ti ricordi cosa mi hai detto quando il Vuoto ti ha portato via?»
«Ogni parola?»
«No, Cas» disse Dean, alzando gli occhi al cielo. «L’ultima cosa che mi hai detto.»
«Addio? Credi di averti detto addio, ne sono abbastanza sicuro.»
«Mi hai detto “Ti amo”, d’accordo? Mi hai detto che mi amavi.»
«Oh. Be’ certo ed è ancora così» disse Castiel e Dean sentì il cuore cominciare a battergli più forte nel petto.
«Ne sei sicuro? Perché sai, forse gli angeli sentono le cose in maniera diversa dalle persone…»
«Dean, sei stato tu ad insegnarmi cosa sia l’amore. Non sono certo di sapere cosa si debba provare in questi casi, ma è qualcosa di abbastanza profondo.»
Dean deglutì, guardandolo dritto negli occhi.
«Sei umano per sempre adesso, Cas. Te ne rendi conto? Invecchierai, ti ammalerai, morirai… come me.»
«Me ne rendo conto, Dean. Ma sai, gli esseri umani mi affascinano. E ho sempre pensato che tu fossi il migliore fra di loro.»
Dean avvertì gli occhi diventare lucidi. Non era sicuro di dove stesse andando a parare, ma aveva deciso che stavolta si sarebbe giocato il tutto per tutto. Non aveva più tempo per fingere di non provare nulla per Castiel.
«Ti andrebbe di fare tutto questo con me?»
Castiel gli sorrise, un sorriso dolce e luminoso allo stesso tempo. Gli scaldò il cuore.
«Sì, mi piacerebbe, Dean.»
  
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