Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Kimly    03/12/2020    0 recensioni
La Seconda Guerra Magica è finita: i vincitori festeggiano, i vinti si ritirano per leccarsi le ferite.
Poi ci sono loro, i ragazzi di Serpeverde. Sempre in bilico fra il bene e il male, fra la luce e le tenebre.
Per Daphne e Astoria Greengrass, Blaise Zabini, Pansy Parkinson, Theodore Nott e Draco Malfoy è tempo di ricominciare, tempo di riprendere in mano le proprie vite e dimostrare di essere diversi dalle loro famiglie.
A qualunque costo.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Astoria Greengrass, Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Blaise/Pansy, Blaise/Theodore, Draco/Astoria
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 3 ~ 11 Luglio 1998 
 

 
La mattina dell’udienza, la famiglia Greengrass entrò al Ministero della Magia molto presto.
Camminavano frettolosamente, senza curarsi delle occhiatine che li seguivano avide di curiosità. Ignorarono i bisbigli concitati ed entrarono nel primo ascensore vuoto.
Lucinda teneva per mano Astoria, mentre Erebus e Daphne stavano l’uno accanto all’altra. Tutti e quattro mantenevano dignitosamente lo sguardo e il mento alti. Non dovevano dimostrarsi deboli, ma sicuri di sé, come se non avessero nulla da temere.
Daphne, però, lesse la preoccupazione negli occhi della sorella e le fece un sorriso non appena Astoria alzò lo sguardo su di lei.
Uscirono dall’ascensore frettolosamente, ad attenderli un’impiegata del Ministero che li squadrò da capo a piedi.
La luce fioca che illuminava i corridoi di legno scuro le dava un aspetto quasi inquietante, nonostante la donna fosse di bassa statura.
«La famiglia Greengrass, immagino» disse con una voce flebile, annotando qualcosa sulla sua cartelletta degli appunti.
«Sai chi sono, Mafalda» disse Erebus, alzando le sopracciglia bionde. «L’anno scorso abbiamo anche cenato con la tua famiglia».
«Signora Greengrass, lei può entrare nella prima aula» disse Mafalda Hopkirk, senza staccare gli occhi nocciola dalla cartelletta. «Così possiamo incominciare subito».
«Molto bene». Lucinda allontanò la mano di Astoria. «Ci vediamo più tardi, nell’atrio».
«Per quanto riguarda voi due, signorine… Astoria, in quanto minorenne, potrai essere accompagnata da tuo padre. Attendi il tuo turno nella seconda aula» disse Mafalda, indicando verso il corridoio alla loro sinistra. «Daphne, tu dovrai andare da sola. Da quella parte».
Daphne abbracciò la sorella e lanciò uno sguardo al padre che annuì. Poi si incamminò verso destra, lungo il corridoio, senza alcun pensiero in testa. Lei e i suoi amici si erano preparati per settimane. Avevano studiato tutto alla perfezione e non c’era possibilità che fallissero. O, almeno, lei lo sperava intensamente.
Blaise e Pansy erano già seduti, in attesa del loro turno. Sembravano rilassati, quasi annoiati, e Daphne non poté non essere orgogliosa di loro.
Credevano di processare dei ragazzi impauriti, ma avevano dimenticato in che famiglie fossero stati cresciuti.
«Dov’è Astoria?» domandò Pansy, quando la vide sola.
«I minorenni vengono processati in un’altra aula» rispose Daphne, sedendosi accanto all’amica. «Chi c’è dentro?»
«Millicent» disse qualcuno e Daphne non ebbe bisogno di alzare gli occhi per capire chi le avesse risposto.
Avrebbe riconosciuto quella voce ovunque.
Theodore Nott era appoggiato vicino alla porta, quasi totalmente all’ombra. Si fece avanti e le fece un sorriso a mo’ di saluto.
Daphne ci mise pochi secondi per notare quanto fosse cambiato in quei mesi: i capelli erano un po’ più lunghi e la sua espressione tranquilla non nascondeva a sufficienza le occhiaie sotto i suoi occhi. Fingeva che niente fosse accaduto, ma era chiaro che non se la fosse passata affatto bene.
Suo padre, Tobias Nott, era stato condannato per i crimini commessi in quanto sostenitore del Signore Oscuro e dichiarato Mangiamorte.
Theodore, che era orfano di madre, si era ritrovato solo, a dover affrontare una situazione che non aveva creato lui.
«Io sono la prossima» disse Tracey Davis, seduta di fronte a loro. «Poi dovrebbe essere il tuo turno, Greengrass».
Daphne notò più fastidio del solito nel modo in cui Tracey le rivolgeva la parola. 
Guardò la ragazza, che aveva acconciato i capelli rossi in un’elegante treccia, e vide negli occhi scuri qualcosa che prima non c’era.
«E dopo Daphne, toccherebbe a Goyle» disse Theodore, iniziare a camminare avanti e indietro. «Che si è praticamente condannato con le sue stesse mani».
«Poi tocca a te, Theo» continuò Pansy, sbuffando. «E poi finalmente a me. Blaise per ultimo».
«Che novità» commentò Blaise, sistemandosi con cura la cravatta del completo. «Mi chiedo perché abbiano dato a tutti lo stesso orario, se poi mi tocca aspettare ore prima di essere interrogato».
«Non è stata una scelta casuale» spiegò Daphne. «L’attesa aumenta lo stress, lo stress non ti fa concentrare e…»
«Potresti lasciarti sfuggire cose che non dovresti dire». 
Daphne guardò Theodore che l’aveva interrotta ed annuì. 
Nessuno disse più nulla, Theodore cominciò a fare su e giù per il corridoio, mentre Daphne ascoltava annoiata le chiacchiere di Pansy e Blaise, che si divertivano a prendersi in giro.
Tracey Davis era visibilmente agitata, anche se non l’avrebbe mai ammesso. Tamburellava il piede a terra, scandendo quasi il tempo che scorreva senza alcuna novità.
Millicent Bulstrode uscì dopo quelle che sembrarono ore. Era scossa, tremava da capo a piedi, e non volle rispondere a nessuna delle loro domande. Se ne andò a passo svelto, senza salutare nessuno, ma tutti udirono distintamente un singhiozzo quando Millicent credeva di essere troppo lontano per essere sentita.
«Qualcosa mi dice che non è andata molto bene» ironizzò Blaise, ghignando in direzione di Pansy che scosse la testa: era rassegnata dallo spirito del ragazzo. «Meno una. Devo solo aspettare altre tre persone».
«Potresti smetterla di trovare divertente una situazione come questa?» borbottò Tracey, infastidita. Pansy le lanciò un’occhiataccia. «Non mi guardare così, tu, non è che con te che stavo parlando».
Pansy si alzò velocemente in piedi, tirando fuori la bacchetta.
«Sai, adesso mi ha decisamente stancato».
Tracey la fronteggiò senza paura.
«Devi solo provarci».
Daphne raggiunse Pansy e la tirò via per un braccio. Per quanto volesse quasi vederle duellare, non era decisamente il momento migliore per farlo.
Theodore si mise in mezzo fra Tracey e Pansy, provando ad allontanarle.
«Tracey, vedi di non agitarti troppo. Sei la prossima e se dovessero capire che hai duellato poco prima di entrare in aula, non credo che faresti una buona impressione» le disse con pacatezza Theodore, spingendola lontana da Pansy, che Daphne fece sedere dalla parte opposta.
Blaise aveva assistito alla scena con divertimento. Per lui era quasi sempre tutto un gioco.
«Tracey Davis».
Una voce squillante la chiamò da dentro l’aula. 
Tracey, ancora bloccata dalle braccia di Theodore, guardò il ragazzo che la lasciò andare e le augurò buona fortuna.
Daphne, Blaise e Pansy non le dissero nulla, ma la guardarono fino a che non varcò la porta dell’aula.
«Non si prendono neanche la briga di venirci a chiamare di persona» commentò Blaise, grattandosi un occhio.
«Sarebbe potuta andare peggio» disse Theodore, decidendo finalmente di sedersi, occupando il posto lasciato libero da Tracey. «Avrebbero potuto farci entrare incatenati».
«Non avrebbero potuto farlo». Daphne lo vide incrociare le braccia al petto con fare rilassato. Poi la fissò con uno sguardo affettuoso che la indispettì. «Non siamo prigionieri».
«A te come sta andando?» domandò all’improvviso Blaise. Sembrava che avesse posto la domanda più per noia che per preoccupazione, ma i suoi amici lo conoscevano bene e sapevano che il suo interesse era sincero.
Theodore non smise di tenere lo sguardo fisso su Daphne quando rispose.
«Così. Mi godo la casa vuota».
«Puoi anche non fingere, eh, siamo solo noi» lo rimproverò Pansy, guardando poi Daphne che, però, preferì non aggiungere altro.
«È dura. Ho dovuto praticamente prendere il posto di mio padre» spiegò Theodore, serio. «Tutti i parenti mi chiedono di prendere in mano le redini di una famiglia di cui conosco davvero poco».
«Se hai bisogno di una mano, noi ci siamo» disse Blaise e Pansy annuì.
«Grazie, ragazzi» disse Theodore. «E comunque credo che riusciremo a cavarcela tutti. Anche Astoria».
Daphne non trattenne un sorriso nel sentire il nome della sorella. Theodore aveva sempre avuto un bel rapporto con Astoria.
«Lo credo anch’io».
Tornò il silenzio, ma non durò a lungo. Il processo di Tracey durò molto poco rispetto a quello di Millicent Bulstrode. Uscì dall’aula con calma e, quando chiuse la porta, sospirò.
Theodore si alzò per andarle incontro, visibilmente preoccupato.
«Com’è andata?» le chiese e lei sorrise.
«Assolta» disse e Blaise e Pansy si scambiarono uno sguardo incredulo.
Daphne si sentì un po’ meglio, ma a breve sarebbe stato il suo turno e non poteva negare di essere agitata.
«Ora vado» disse Tracey, rivolta esclusivamente a Theodore. «I miei mi aspettano».
«Ci vediamo».
«Sì». Tracey guardò Blaise, Pansy e infine si concentrò su Daphne con un sorrisetto ironico. «Buona fortuna, Greengrass».
«Meno due» contò Blaise, una volta che Tracey li ebbe lasciati soli. «Daphne, non avrai problemi. Se ci è riuscita la Davis».
«Non avevano prove per condannarla» disse Daphne, non riuscendo più a stare seduta. «Tracey non ha mai fatto nulla di male e i suoi genitori si sono sempre tenuti lontani dalla magia oscura».
«Vero» la sostenne Theodore, rimanendo in piedi accanto a lei. «L’unica cosa che avevano contro di lei era il suo cognome. E non facendo parte delle Sacre Ventotto, non potevano trattenerla ancora».
«Far parte delle Sacre Ventotto non è poi così grandioso» disse Blaise, facendo una mezza risata.
«Te l’abbiamo sempre detto, ma tu non hai mai voluto ascoltarci» se ne uscì Pansy, infastidita. «Ti avrei dato il mio cognome, se avessi potuto».
«Mi stai di nuovo proponendo di sposarti?» ironizzò Blaise e Daphne sorrise di fronte a quella scenetta. 
Blaise e Pansy erano troppo amici per essere altro, ma agli occhi degli sconosciuti potevano sembrare davvero una coppia sposata per via dei loro continui battibecchi.
«Daphne Greengrass».
Theodore fece per avvicinarsi, ma Daphne lo fermò con una mano. Si voltò verso Blaise e Pansy che le fecero un sorriso d’incoraggiamento.
Daphne aprì la porta, lasciandosi la paura alle spalle, ed entrò nell’aula circolare.
C’era un’unica sedia al centro della stanza. Si sedette senza farsi domande e davanti a sé vide una fila di maghi e streghe. Al centro, un mago dai capelli rossi, che alzò lo sguardo non appena lei si sedette.
«Udienza dell’11 luglio. Daphne Greengrass, lei è accusata di aver sostenuto le idee di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e di non aver denunciato, ma addirittura appoggiato, il regime di Alecto e Amycus Carrow durante il suo settimo anno ad Hogwarts» lesse l’uomo, poi la guardò di nuovo. «Come si dichiara?»
«Innocente» rispose senza il minimo dubbio Daphne.
Il mago, che si rivelò essere Percy Weasley, elencò gli Inquisitori che l’avrebbero giudicata e Daphne fissò uno ad uno senza abbassare lo sguardo. Non doveva mostrare alcuna paura.
«Signorina Greengrass, oggi sua madre e sua sorella verranno giudicate».
«Lo so».
«E suo padre è stato già processato, è così?»
«È corretto».
Percy Weasley smise di leggere i fogli che aveva davanti a sé e si sistemò meglio gli occhiali di corno.
«Signorina, è vero che la sua famiglia ha appoggiato Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato nel periodo della sua ascesa?»
«No, non è vero».
«Vuole forse negare i rapporti che sono intercorsi per intere generazioni fra la sua famiglia e quelle di dichiarati Mangiamorte?»
«No, non lo nego» rispose con sicurezza Daphne. «La tradizione vuole che tutte le famiglie Purosangue mantengano rapporti stretti e…»
«Come lei ben sa, signorina Greengrass, la mia famiglia è Purosangue» la fermò Percy Weasley, come se fosse già stanco di ascoltarla. «Non ricordo una sola occasione in cui la sua famiglia e la mia si siano incontrate per creare un legame d’amicizia».
«Certo che no. Intendevo le famiglie Purosangue Serpeverde».
«Mangiamorte, quindi».
«Sono parole sue, non mie» continuò Daphne, provando a non arrabbiarsi. «Il pregiudizio che si ha sulla Casa Serpeverde è sbagliato e ne è la prova il fatto che uno dei vostri Eroi di guerra sia stato un Serpeverde e direttore dei Serpeverde per anni».
«Severus Piton ha dimostrato per anni lealtà ad Albus Silente».
«Curioso. Fino a qualche mese era considerato il suo assassino».
Percy le lanciò un’occhiata malevola. Gli Inquisitori presero a bisbigliare fra di loro.
«Cambi tono, signorina, o dovremmo ammonirla per il suo comportamento».
Daphne deglutì e non rispose.
«Parliamo di Draco Malfoy. Era sua amica ai tempi di Hogwarts?»
«Sì», rispose Daphne, provando a trattenersi. Percy Weasley era stato presente durante i suoi primi anni a scuola e non avrebbe potuto mentire.
«E la sua famiglia e quella dei Malfoy erano molto legate?»
«C’erano dei rapporti di amicizia, sì».
«E questi rapporti esistono ancora?»
«Negli ultimi anni sono un po’ cambiati, ma le nostre famiglie rimangono molto legate».
«La sua famiglia nega qualsiasi coinvolgimento con Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, ma frequenta i Mangiamorte?» chiese Percy con scetticismo.
«Non sapevamo fossero Mangiamorte».
«Lo sapete ora».
Daphne incrociò le gambe e si appoggiò allo schienale della sedia.
«È da molto che non vediamo i Malfoy, ma non so dirle se il nostro rapporto cambierebbe in caso li vedessimo in futuro. E se volessi nascondere qualcosa, sarebbe stupido dire queste parole».
Percy non replicò, ma prese ad annotare qualcosa sui suoi appunti. Gli Inquisitori la guardavano senza dire nulla. Qualcuno stava provando a leggerle la mente, ma Daphne era brava in Occlumanzia e respinse l’attacco con facilità.
«Ritornando a Draco Malfoy. Sapeva che era un Mangiamorte?»
«No, non lo sapevo».
«Ha dichiarato poco fa che eravate amici».
«Lo eravamo» assentì Daphne. «Ma ha iniziato ad allontanarsi da me e dagli altri durante il nostro sesto anno ad Hogwarts».
«E lei o i suoi amici non avete provato a capirne il motivo?»
«Sì, ci abbiamo provato, ma lui ha continuato a respingerci».
«E quindi avete preferito… lasciar perdere?» domandò Percy, provando a capire.
«Con il senno di poi, non abbiamo fatto la scelta più saggia, ma credevamo che volesse stare solo per via della carcerazione del padre ad Azkaban» spiegò Daphne, guardando tutti gli Inquisitori. «Non potevamo sapere che avesse problemi più grandi».
«Come organizzare l’omicidio ad Albus Silente?»
«È stato ricattato».
«Non siamo qui per discutere della condotta di Draco Malfoy» disse Percy, togliendosi gli occhiali di corno e posandoli di fronte a sé.
«Voi-Sapete-Chi aveva minacciato di fare del male alla sua famiglia e non era ancora maggiorenne quando gli è stato imposto il Marchio Nero. Voi cos’avreste fatto?»
Nessuno replicò e Percy passò lo sguardo prima alla sua destra e poi alla sua sinistra, guardando le reazioni degli Inquisitori.
«Signorina Greengrass, si attenga alle domande senza divagare. Non è compito suo giudicare Draco Malfoy».
«D’accordo» concesse Daphne, sapendo di aver guadagnato almeno un punto.
«Al quinto anno, Draco Malfoy ha fatto parte della Squadra d’Inquisizione creata da Dolores Umbridge, che è stata condannata e rinchiusa ad Azkaban per i suoi crimini» continuò Percy. «Vero o falso?»
«Vero» rispose Daphne con tranquillità.
«E Dolores Umbridge ha implicitamente appoggiato il regime di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato».
«Sembrerebbe di sì» disse Daphne.
«E altri suoi amici facevano parte della Squadra d’Inquisizione» aggiunse Percy, leggendo i suoi appunti. «Pansy Parkinson, Millicent Bulstrode, Vincent Tiger e Gregory Goyle. Insieme ad altri studenti, tutti Serpeverde».
«Corretto».
«È un po’ strano che siate sempre stati tutti insieme, ma l’unico di voi scelto per diventare Mangiamorte sia stato Draco Malfoy».
«Come ha appena letto, non eravamo sempre tutti insieme» replicò Daphne, tagliente. «Il mio nome e quello di mia sorella non figurano nel suo elenco. E non vedo il nesso fra la Squadra d’Inquisizione e l’essere Mangiamorte. Era stata la nuova preside a crearla e i membri non avevano alcun potere, eccetto la possibilità di sottrarre i punti delle Case».
«Dolores Umbridge stava reclutando gli studenti per creare un esercito a favore di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato?»
«Ne dubito fortemente. Gli studenti scelti stavano solo seguendo le direttive della nuova preside. Per alcuni avere l’approvazione degli insegnanti è sempre stato importante».
Percy le diede un’occhiata obliqua, ma non raccolse la frecciatina.
«E non è strano che fra questi studenti scelti ci fosse proprio un futuro Mangiamorte?»
«Non lo so, però dovrebbe chiedersi perché quello stesso studente fosse stato scelto mesi prima da Silente in persona come Prefetto».
Gli occhi azzurri di Percy si allargarono leggermente per quelle parole. Si rimise gli occhiali e prese nota.
«E passiamo a quest’anno, signorina Greengrass» disse lui, schiarendosi la voce. «Lei conosceva Alecto e Amycus Carrow prima di Hogwarts?»
«Solo di vista».
«Ed è mai stata testimone delle torture perpetrate dai Carrow ai danni degli studenti?»
«Sì», rispose Daphne, capendo che si stava avvicinando la parte più spinosa del processo.
«E non ha mai denunciato?»
«No».
«Perché?»
«Perché» disse lei, non perdendo sicurezza. «Quando qualcuno ha provato a farlo, ha subìto delle ripercussioni».
«Non voleva rischiare danni alla sua persona?» chiese Percy, facendole un sorriso beffardo. «Nonostante fosse per una giusta causa?»
«Mia sorella era ad Hogwarts. Avrebbero punito lei per colpa mia e non potevo permetterlo».
«I Carrow l’hanno mai minacciata di punire sua sorella?»
«No», disse Daphne. «Ma ho visto con i miei occhi i Carrow usare i legami familiari a loro favore».
«D’accordo. Lei ha mai accettato le regole imposte dai Carrow?» 
«Di che regole parla?»
«Del fatto che premiassero le torture con voti alti».
«Non ho mai usato la magia contro gli studenti di Hogwarts, se è quello che mi sta chiedendo».
«I suoi voti sono eccellenti, signorina Greengrass. Come ha fatto a mantenere una media così alta, senza aver accettato di prendere parte alle torture?»
«Devo ringraziare il mio cognome» rispose Daphne, cercando di non offendersi per l’insinuazione. «Far parte delle Sacre Ventotto ed essere Serpeverde mi ha dato dei privilegi di cui non vado fiera».
«Ho qui la scheda che è stata compilata da Severus Piton durante il vostro colloquio orientativo al quinto anno» disse Percy, prendendo un foglio dalla sua cartelletta. «Lei vorrebbe lavorare al Ministero della Magia, è corretto?»
«Sì, è corretto».
«Un po’ comodo, no, avere la possibilità di fare carriera qui solo perché appartenente ad una famiglia importante».
«Non ho mai detto che i miei voti non fossero meritati» specificò Daphne, guardandolo altezzosamente. «Ho solo detto che non ho dovuto prestarmi a determinate richieste per ottenerli».
«Ha mai visto qualcuno dei suoi amici prestarsi a tali richieste?»
«Non mi pare».
«No? Abbiamo la testimonianza di decine di studenti che hanno visto o addirittura subìto torture da alcuni di loro».
«Chi, per esempio?» domandò Daphne, sistemandosi meglio i capelli. Era una partita scacchi, mosse e contromosse.
«Il signor Vincent Tiger, la signorina Millicent Bulstrode e il signor Gregor Goyle».
«Loro non erano miei amici».
«Ma davvero?»
«Sì, davvero. Può facilmente verificarlo. Millicent ed io avremo parlato sì e no cinque volte in sette anni di scuola».
«E Tiger e Goyle? Non può negare che fossero amici del signor Malfoy» insistette Percy, non volendo cedere.
«Non lo nego. Se lei considera amico una persona che ti segue dappertutto e nient’altro. Erano più che altro le sue guardie del corpo».
«Guardie del corpo?»
«Li ha conosciuti. Non erano abili conversatori e a Draco servivano solo per far scena quando camminava per i corridoi di Hogwarts».
«Quindi Draco Malfoy voleva incutere timore».
«No, voleva incutere rispetto» disse Daphne, rammentando bene l’immagine dei tre che si atteggiavano nel castello.
«Perché?»
«Credo che crescere in una famiglia come quella dei Malfoy non sia facile. Draco desiderava solo farsi bello agli occhi del padre. Voler avere il consenso di un genitore non è un reato».
«Sta forse giustificando le azioni del signor Malfoy?»
«No, affatto. Dico solo che quando è diventato, per così dire, amico di Tiger e Goyle aveva solo undici anni. Dubito che sapesse che cosa sarebbero diventati in futuro».
«Quindi ammette che Tiger e Goyle abbiano manifestato comportamenti da Mangiamorte?».
«Ha già testimonianze contro di loro, non credo che le serva anche il mio parere».
«Risponda alla domanda» disse Percy con un atteggiamento così pomposo da darle ai nervi.
«Non comportamenti da Mangiamorte, solo comportamenti da bulli» disse Daphne. Era così brava a mentire, che non doveva neanche sforzarsi. «Almeno, da quello che ho potuto vedere con i miei occhi».
«E non ha mai provato a fermare questi comportamenti? O almeno a parlarci, visto il rapporto che un suo amico aveva con loro?»
«Non ho la presunzione di credere che le mie parole li avrebbero fermati. Non erano persone con cui era possibile ragionare» disse Daphne, senza scomporsi. «Anche Draco a volte ci ha provato, senza successo. Comunque, non era nostro compito insegnare che il bullismo fosse sbagliato. Eravamo in una scuola e nessuno degli insegnanti ha mai parlato veramente con Tiger e Goyle».
Percy la squadrò attentamente, capendo il gioco della ragazza, ma Daphne non cedette: «E vorrei aggiungere che la signorina Parkinson, il signor Zabini, il signor Nott, mia sorella e persino il signor Malfoy non hanno mai, e ripeto mai, preso parte alle torture ai danni degli altri studenti di Hogwarts e sfido chiunque a dire il contrario».
«Non spetta a lei garantire per gli altri processati».
«Accusarci di qualcosa che non abbiamo fatto solo perché, in passato, abbiamo avuto rapporti di amicizia con persone che hanno preso decisioni sbagliate è totalmente insensato» disse Daphne, dura. «Mi pare di ricordare, signor Weasley, che è stato Cornelius Caramell a mandare il funzionario del Ministero della Magia Dolores Umbridge ad Hogwarts. E, se non sbaglio, lei a quel tempo lavorava come Sottosegretario di Caramell, appoggiando ogni sua decisione. Compresa quella di insinuare il dubbio sulla veridicità del ritorno di Voi-Sapete- Chi. Mi dica, lei è stato mai processato per il suo errore di giudizio?»
Gli Inquisitori iniziarono a vociare all’improvviso, lanciandole occhiatine strane, come se la vedessero veramente per la prima volta.
«Silenzio!»
Le orecchie di Percy divennero di un intenso color scarlatto, gli Inquisitori continuarono a parlottare senza badare alle sue parole.
«Silenzio, silenzio, per favore!»
In aula scese nuovamente la quiete. Percy lanciò un’occhiata di fuoco a Daphne, che rimase impassabile.
«È la seconda ammonizione che lo do, signorina Greengrass, un’altra risposta del genere e lei verrà giudicata per calunnia e infamità».
Daphne inspirò ed espirò, annuendo con calma.
«Passiamo ora ai suoi rapporti con Theodore Nott».
La ragazza assottigliò gli occhi, provando a capire cosa Percy Weasley avesse in mente.
«Theodore Nott è suo amico, dico bene?»
«Sì, è mio amico».
«Solo un amico?»
Daphne fece un mezzo sorriso.
«Non capisco dove voglia arrivare».
«Abbiamo testimonianze circa i suoi rapporti con il signor Nott. Eravate ben più che amici ad Hogwarts».
«Le relazioni fra studenti non sono proibite».
«No, è vero» asserì Percy con vigore. «Ma lei è a conoscenza del fatto che Tobias Nott, il padre di Theodore, sia stato imprigionato ad Azkaban in quanto Mangiamorte?»
«Sì, l’ho letto sui giornali».
«E lei sapeva che Tobias Nott fosse un Mangiamorte?»
«No», mentì Daphne con naturalezza. «Ammetto di averlo scoperto da poco».
«Crede che Theodore Nott lo sapesse e gliel’avesse tenuto nascosto?»
«Non credo proprio».
«Per quale motivo? Il vostro rapporto era così intenso da non avere segreti?» ironizzò Percy e Daphne alzò un sopracciglio.
«No, la nostra è stata solo una storiella di breve durata, ma siamo amici da anni. Non avrebbe potuto mantenere un segreto come quello senza rivelarlo a nessuno».
«Magari l’ha rivelato a qualcun altro. Al signor Malfoy, per esempio».
Daphe scossa la testa con un sorriso.
«Theodore è sempre stato un tipo solitario e, per quanto fosse amico di Draco, si è sempre tenuto alla larga dai guai e non si è mai fatto coinvolgere veramente dal nostro gruppo. Non aveva bisogno di mettersi in mostra per farsi vedere».
«Sembrerebbe l’opposto del padre».
«Lo è» confermò Daphne. Finalmente c’era qualcosa su cui poteva non mentire. «Theodore e il padre non hanno mai avuto un vero rapporto».
«E non si è mai chiesta il perché?»
«Non penso che il signor Nott si sia mai ripreso veramente dalla morte della moglie».
«E quindi ha deciso di diventare un Mangiamorte?» domandò Percy con ironia.
Daphne fece spallucce, assecondandolo.
«Non glielo so dire, ma credevo che Tobias Nott fosse già stato condannato. Stavamo parlando di Theodore e lui non è mai stato un Mangiamorte, né ha mai recato danno a qualcuno durante i suoi anni ad Hogwarts».
«Mh» disse Percy, scorrendo ancora i suoi fogli. «Sapeva che suo padre e il signor Nott avevano buttato giù una bozza per il contratto matrimoniale fra lei e Theodore Nott?»
Daphne sussultò appena quando udì quelle parole. Suo padre non le aveva mai detto nulla al riguardo.
«L’abbiamo trovato a casa dei Nott, durante un’ispezione» chiarì Percy, vedendola dubbiosa.
«Non ne sapevo nulla».
«Credevo che la vostra fosse stata solo una storiella di breve durata» Percy si voltò verso la strega alla sua destra che annuì. «Sono le sue parole».
«E le riconfermo. I contratti matrimoniali vengono stipulati da sempre nelle nostre famiglie, non ci vedo nulla di strano».
«Suo padre prepara un contratto per darla in moglie al figlio di un noto Mangiamorte» disse Percy, guardandola. «E vorrebbe farmi credere che lei o la sua famiglia non ne avevate idea?»
«Non si finisce mai di conoscere una persona, no? Mio padre e il signor Nott andavano a scuola insieme, forse credeva che sarebbe stato bello far sposare sua figlia con il figlio di un suo amico. O semplicemente voleva fare in modo che sposassi un membro di una famiglia importante».
«Per mantenere il sangue puro».
«Sempre parole sue, non mie» disse Daphne serenamente. «Ma come ha detto lei, era solo una bozza. Theodore ed io non siamo fidanzati, né lo siamo mai stati».
Percy piegò le labbra, pensieroso. Daphne si chiese se avesse altri assi nella manica da giocarle o se avesse finalmente alzato bandiera bianca.
«Bene, molto bene» mormorò Percy e si voltò verso gli altri Inquisitori, che presero a parlottare uno sopra l’altro.
Era il momento del verdetto e Daphne incrociò le dita, mentre ripercorreva tutte le domande e le risposte del suo processo.
Era stata sufficientemente convincente? O le aspettavano anni di reclusione ad Azkaban solo perché era una Greengrass?
Le loro chiacchiere parvero infinite. Poi si voltarono in sincronia verso di lei, Percy la guardava senza tradire la decisione presa.
«Quanti sono a favore della condanna della signorina Daphne Greengrass?»
Daphne guardò attentamente tutti e solo due mani, timidamente, si alzarono in alto.
Quella di Percy Weasley, stranamente, non era fra quelle.
«Quanti a favore dell’assoluzione dell’imputata?»
Tutti gli altri alzarono la mano e Percy, riluttante, li seguì.
«Signorina Daphne Greengrass, lei è stata assolta da tutte le accuse» disse l’uomo, mettendo in ordine i suoi fogli. «Verranno fatti degli accertamenti sulla conformità dei suoi M.A.G.O, ma per il resto lei è libera di andare».
«Grazie» disse Daphne, che si sentiva improvvisamente leggera. «Buona giornata».
Uscì velocemente dall’aula e la prima ad andarle incontro fu sua sorella che la guardò, in attesa.
«Assolta» disse con un sorriso, guadando poi il padre che era dietro Astoria. «Faranno solo un controllo sui miei voti, ma nulla di che».
«Sui tuoi voti?» domandò Pansy, confusa.
«Credono che non li abbia meritati, ma che mi siano stati regalati dai Carrow solo perché Serpeverde».
«Mpf, hanno visto i risultati dei tuoi G.U.F.O?» rise Blaise, scioccato da quell’affermazione. «Le studiano tutte pur di venirci contro».
«L’importante è tu sia stata assolta» disse Theodore, facendole un bel sorriso. «Anche la nostra Tori è stata prosciolta da ogni accusa».
Daphne abbracciò stretta la sorella e lei la strinse a sé.
«Ben fatto, Astoria».
«È stata una vera Greengrass. Non ha mostrato la benché minima esitazione» disse il padre con orgoglio.
«Tu ci hai messo una vita, Daph» commentò Pansy. «Ci hai fatto preoccupare».
«Mi dispiace» disse, guardando poi Theodore, che ricambiò lo sguardo. «Non avrai problemi, vedrai».
«Lo spero proprio».
«Theodore Nott».
«Buona fortuna, Theo» disse Astoria, abbracciandolo stretto. Il ragazzo le accarezzò i capelli, continuando a guardare Daphne che provò a fargli un sorriso.
«Ti aspettiamo qui» disse Pansy, parlando anche per Blaise che annuì.
«Vostra madre avrà finito, sarà meglio andare» disse Erebus alle figlie.
«Fatemi sapere com’è andata» disse Daphne, non staccando gli occhi da Theodore che entrava in aula. «Va bene?»
«Certo».
«Se non invecchiamo prima» commentò stancamente Blaise, tornando a sedersi.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Kimly