Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Severa Crouch    03/12/2020    6 recensioni
Si dice che un Potter porti sempre scompiglio a Hogwarts. Lo sa bene Minerva McGranitt, l’anziana preside della scuola di magia e stregoneria più prestigiosa d’Inghilterra, che ha allertato Prefetti e Capiscuola in vista dell’arrivo del primogenito di quello che fu il Bambino che è Sopravvissuto.
Come se fosse una maledizione legata al nome, con l’arrivo di James Sirius, strane presenze compaiono tra i corridoi della scuola, riportando a galla gli echi di una guerra finita.
In modo del tutto speculare, con reciproche diffidenze e sospetti, i cugini Weasley-Potter e i fratelli Lestrange indagano su quelle apparizioni, cercando di fare luce su quel mistero che riapre ferite che sembravano guarite.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Nuova generazione di streghe e maghi, Teddy Lupin, Victorie Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 4

 

 

Hogwarts, 4 ottobre 2015

 

 

Rabastan era emozionato. Finalmente era giunto il suo giorno e persino la visibilità era buona. Avrebbe reso fiero suo fratello e non vedeva l’ora di dare la bella notizia a suo padre. Sempre che lo selezionassero, ovviamente. Tuttavia, era ottimista perché si era allenato duramente per tutta l’estate e persino Roland e Orion gli avevano detto che aveva fatto dei progressi.

Avrebbe fatto le selezioni per il ruolo da Cercatore, un ruolo importantissimo, e lui sapeva di volare veloce e di avere ottimi riflessi, esercitati dai duelli di magia che organizzava con i fratelli, il papà e zio Rabastan.

Roland lo accolse con un sopracciglio alzato: “Sei pronto? Sei agitato?”

“Sono pronto. Sono sempre pronto quando si tratta di giocare a Quidditch,” disse prendendo un sorso di succo di zucca. Hawk gli diede una pacca sulla spalla ed esclamò: “È questo lo spirito giusto, Rabastan! Non fare come tuo fratello che prende le cose troppo sul serio.”

“Il Quidditch è una cosa seria,” obiettò Roland, “Se non lo prendessi sul serio non sarei nemmeno il Capitano della squadra e, a tal proposito, vorrei ricordarti di mirare bene con la mazza perché i tuoi ultimi colpi lasciavano a desiderare. A fine mese abbiamo la partita contro Grifondoro. La Robins, che giocava a Quidditch con Potter, ha preso molto sul serio l’allenamento di Grifondoro e ha già prenotato il campo per un sacco di allenamenti con le date che le ha fornito la Weasley.”

Rabastan si sentiva elettrizzato all’idea di conoscere tutti i retroscena della squadra di Quidditch, come se fosse già un giocatore ufficiale. Suo fratello, poi, come Capitano sembrava molto autorevole. Roland continuò: “Sto pressando Pucey per avere altrettante date per allenarci, ma ovviamente ci sono anche gli altri Direttori che premono e per questo motivo gli allenamenti che faremo da qui a fine mese saranno molto intensi. Non voglio lamentele da parte di nessuno di voi. Vi ricordo che siamo praticamente in guerra con Grifondoro.”

“Tu non perdoni alla Weasley di averti buttato dalla scopa durante l’ultima partita.”

“Ci sono un sacco di cose che non perdono alla Weasley, e vanno ben oltre il Quidditch.”

“Sai che quel sorrisetto che fa quando colpisce il Bolide un po’ mi turba?” confessò Hawk. Rabastan trattenne una risata nel vedere la faccia schifata di Roland.

“Per Salazar, Hawk, quella lì ha uno dei sangui più impuri di Inghilterra! Non solo sono traditori del sangue da generazioni, e chissà con chi si sono mescolati, ma ha anche sangue di Veela e di Lupo Mannaro. A me fa ribrezzo.”

“Lo sai che questi argomenti sono vietati…”

“Non sto facendo proselitismo. Sto solo esponendo il mio pensiero. Sei liberissimo di sporcarti il sangue e infangare il nome della tua famiglia, Flint. Io sono il maggiore dei Lestrange e non ho intenzione di venire meno ai valori della mia famiglia.”

Roland voltò lo sguardo e Rabastan si sentì scrutato fin nel profondo. Fino a quel momento lui non si era mai posto quei problemi, si limitava a vivere nel suo mondo e sognare avventure a dorso di Draghi e Ippogrifi, duelli di magia ed esplorazione di posti lontani e sconosciuti. Le ragazze erano qualcosa che interessava i fratelli più grandi, come Orion e Roland, persino Roddie sembrava indifferente all’argomento, preso com’era dallo studio e dalla lettura compulsiva della Gazzetta del Profeta. La mamma aveva detto che tutto sarebbe cambiato durante il quarto anno, ma lui portava il nome di zio Rabastan, che si era sposato diversi anni dopo la guerra, e questo esempio lo tranquillizzava e gli faceva pensare che potesse disinteressarsi all’argomento e concentrarsi sul Quidditch e su quello che gli piaceva di più.

Gordon McNair gli si sedette accanto con la sua aria svagata: “Buongiorno, Lestrange, sei pronto?”

“Io sono sempre pronto, McNair. Sono nato pronto.” Prese al volo il tovagliolo che Gordon gli lanciò e sollevò le sopracciglia: “Che ti avevo detto? Riflessi allenatissimi, anche se con te è troppo facile, lanci come una ragazzina.”

Hawk scoppiò a ridere: “Ma senti questi due mocciosi del terzo!” Roland trattenne una risata e si alzò: “Vi aspetto al campo di Quidditch, non fate tardi.”

Rabastan si precipitò dietro il fratello. Aveva portato con sé tutta l’attrezzatura, compresa la sua scopa nuova di zecca che i suoi genitori gli avevano regalato in vista delle selezioni. Fino a quel momento aveva provato a volare a casa con la vecchia scopa di Orion perché la mamma aveva detto che la scopa l’avrebbe comprata solo a chi fosse realmente intenzionato a entrare nella squadra di Quidditch. Roddie si era defilato, mentre lui e Roland si erano subito sfregati le mani all’idea di presentarsi alle selezioni con l’ultimo modello di scopa volante.

Aveva una nuovissima Firebolt 3000, il modello che usavano persino i giocatori dei Montrose Magpies. Avrebbe stracciato qualsiasi concorrente, come quello sfigato di Corban Yaxley che voleva competere per il ruolo di Cercatore di Serpeverde. Insieme a Yaxley c’erano anche Sewlyn e Tobias Dolohov che premevano per entrare nella squadra come se il suo annuncio di partecipare alle selezioni per il Quidditch avesse scatenato l’imitazione da parte dei suoi compagni di dormitorio.

Le dita si muovevano nervosamente intorno al manico di scopa. Rabastan osservò le venature del legno per tenere a bada l’ansia. Perché gli altri non arrivavano? Dannazione, voleva salire sulla scopa.

“Vuoi fare qualche giro per riscaldarti?” gli domandò Roland, e forse aveva intuito la sua impazienza. “Io non posso volare con te, altrimenti diranno che sono di parte, ma vi conosco tutti e so che sei il migliore.” Si scambiarono un sorriso e Rabastan guardò la scopa e le ordinò: “Su!” Salì sul manico, si diede un colpo con i piedi e la scopa iniziò a sollevarsi da terra. Fece qualche giro del campo, si spinse fino al Lago Nero e osservò i suoi compagni che arrivavano.

“Alla buon’ora, Yaxley!” gli urlò dall’alto.

“Che ansia, Lestrange! Datti una calmata!” urlò Corban in rimando. Ridacchiò. Il suo amico diventava di pessimo umore quando gli mettevano fretta al mattino, e Rabastan aveva avuto cura di spargere ansia tra i suoi compagni di dormitorio. Sapeva di essere il migliore, ma se gli altri fossero stati nervosi avrebbero reso di meno e la sua bravura sarebbe risaltata di più. Voleva fare il miglior provino, non gli interessava limitarsi ad avere il posto, voleva che tutta la squadra fosse convinta che lui fosse il migliore acquisto, non solo perché era il fratello del Capitano.

Il talento nel volo scorreva nel sangue dei Lestrange, si diceva. Tornò verso il campo da Quidditch e scese sull’erba soffice guardando gli altri membri della squadra.

“Oggi non faremo solo le selezioni per i ruoli scoperti, ma ci alleneremo perché il ritardo di Pucey nella prenotazione del campo ci ha rallentato la tabella di marcia e dobbiamo recuperare.” Roland spostava lo sguardo tra i vari giocatori che annuivano.

“Abbiamo bisogno di un portiere, di un cercatore e di un cacciatore. Iniziamo dalle selezioni del portiere: abbiamo Selwyn e Dolohov. Selwyn prendi la scopa e difendi gli anelli. Dolohov, lo stesso dall’altro lato del campo. McNair, ti passerai la Pluffa con Bulstrode. Vediamo se hai la stoffa per il ruolo di Cacciatore. Yaxley, Rabastan, sorvolate il campo, dopo un po’ libererò il Boccino d’oro, vediamo chi sarà il miglior Cercatore. Io e Flint saremo i Battitori, come sempre. Ci sono domande?”

Un coro di no risuonò e i giocatori si alzarono in cielo con le loro scope.

Rabastan vide la differenza tra i giocatori di ruolo e loro che stavano partecipando alle selezioni per la prima volta. I giocatori si muovevano in modo armonico, come se ognuno di loro conoscesse i movimenti degli altri. Sarebbe stato difficile raggiungere quel livello di sincronia prima della partita contro Grifondoro, adesso capiva il nervosismo di Roland.

In modo del tutto inaspettato, Evan Selwyn sembrava in vantaggio su Dolohov. I suoi movimenti vicino gli anelli erano precisi e rapidi e i colpi parati erano migliori. Tobias si muoveva con difficoltà. Roland decise di andargli incontro: “Dolohov, Selwyn, scambiate gli anelli, voglio vedere se dipende dalla luce.”

Il risultato non cambiò, Evan era nettamente il portiere migliore.

“Grazie, Dolohov, è tutto. Devi lavorare sulla velocità, prova a passare nel ruolo di Cacciatore, vediamo se te la giochi con McNair.”

Rabastan era ammirato dal modo in cui Roland conduceva la squadra ed evitava le frizioni tra i componenti. Si concentrarono sui Cacciatori e tra poco sarebbe stato liberato il Boccino d’oro, il momento che aspettava da tutta l’estate.

Doyle Bulstrode, uno studente del quinto anno che giocava da Cacciatore da quando Rabastan era entrato a Hogwarts, lanciò la Pluffa e Dolohov sembrò volare meglio di McNair. Tuttavia, McNair era molto veloce e riuscì ad evitare un Bolide che gli lanciò Flint. Roland colpì il Bolide con la mazza e Dolohov lo evitò, aveva la Pluffa in mano, riuscì a sfuggire a un altro Bolide lanciato da Flint, sgusciò dal placcaggio di Bulstrode, si avvicinò agli anelli difesi da Selwyn e segnò. Rabastan esultò e poi chiese scusa. L’azione era stata spettacolare. Tobias era stato bravissimo, sembrava un’azione degna del campionato professionista. Si disse che quasi certamente era una vendetta contro Selwyn, colpevole di avergli soffiato il ruolo da portiere.

Tuttavia, Dolohov era decisamente migliore nel ruolo di Cacciatore e lo sguardo tra suo fratello, Flint e Bulstrode sembrava confermare le impressioni di Rabastan. Ci furono altre azioni, i tiri di McNair non andarono a segno come quelli di Dolohov e Selwyn si confermò un ottimo portiere.

Roland scese a liberare il Boccino d’oro e Rabastan lo vide schizzare su in cielo. Strizzò gli occhi alla ricerca di un bagliore dorato e lo vide svolazzare accanto a McNair. Se ne accorse anche Yaxley, entrambi scesero in picchiata, McNair si spaventò e il Boccino iniziò a schizzare via rapidissimo. Rabastan si appiattì sulla scopa, lo sguardo dritto sul Boccino. Schivò un Bolide, poi Selwyn che si era allontanato troppo dagli anelli quando proprio tra due anelli vide il Boccino. Yaxley sembrava essere rimasto indietro, alzò il manico di scopa e salì in quota, la mano tesa per afferrare il Boccino e poi sentì la sfera d’oro tra le sue dita, le ali che smettevano di svolazzare. Rabastan alzò la mano in segno di vittoria ed esultò.

Vide il sorriso sul volto di Roland e poi degli altri giocatori e persino Yaxley applaudì in segno di approvazione.

“Sei stato una scheggia, Rab!” esclamò Roland andandogli incontro. Flint gli passò la mano tra i capelli e fu circondato da pacche, abbracci, strette di mano. “Non so se è la tua scopa, o tu, ma sei stato incredibile,” gli disse Corban, “stracceremo Grifondoro.”

Yaxley era il suo migliore amico ed era felice che non se la fosse presa per non essere stato selezionato. Si abbracciarono e continuarono l’allenamento.

“Corban, continua a giocare con noi, insieme a Gordon, abbiamo bisogno di giocatori di riserva. Non siete male.” Roland alzò lo sguardo verso gli spalti e un sorriso perfido gli comparve sul volto: “Ragazzi, Grifondoro è venuto a spiarci. Hanno paura. Voglio che diate un assaggio della polvere che mangeranno il giorno della partita.”

Tornarono in cielo e ripresero l’allenamento. Più giocavano, più la squadra risultava affiatata e i passaggi erano sempre più precisi. Rabastan si sentiva al settimo cielo nell’osservare dall’alto le azioni. Catturò il Boccino altre due volte, schizzando veloce tra i suoi compagni di squadra e schivando i Bolidi che suo fratello gli lanciava.

Quando toccò terra era distrutto e felice come poche altre volte gli era capitato nella sua vita. Tornò in sala comune per la doccia e poi si cambiò per andare a cena. Raccontò per filo e per segno a Roddie tutte le sue manovre e il modo in cui aveva catturato il Boccino d’oro e tutta la squadra aveva applaudito per lui.

Finì sul materasso stanco e crollò nel sonno, indifferente ai fantasmi e a tutto quello che stava infestando quella scuola. Era il Cercatore ufficiale della squadra di Quidditch di Serpeverde e non c’era niente di più bello e importante al mondo.

 

***

 

Hogwarts, 5 ottobre 2015

Il primo mese ad Hogwarts era volato ed era stato semplicemente fantastico. Adorava tutto: la scuola, i compagni di classe, i professori, il fatto che il sabato avesse una partita di Quidditch da guardare. Tutto era meraviglioso e Louis al suo fianco era uno spasso.

C’era un solo lato negativo di Hogwarts ed era il suo compagno di dormitorio: Andrew McLaggen. Non tanto perché russava la notte (Roxanne gli aveva insegnato come insonorizzare le tende del baldacchino) quanto perché era un fan accanito delle Holyhead Arpies e teneva un poster gigante di sua mamma sopra il letto, anche se sua mamma aveva smesso da tempo di giocare a Quidditch e ora era solo un’inviata della Gazzetta del Profeta.

Aveva provato a convincere Andrew a togliere quel poster gigante, perché lui non voleva svegliarsi ogni mattina e incontrare per prima cosa sua mamma che lo fissava con quegli occhi marroni e l’espressione determinata, la stessa che aveva quando minacciava di metterlo in punizione se non avesse messo in ordine la stanza. Ogni mattina James si svegliava e aveva l’impressione che la foto di sua madre volesse scoprire se avesse fatto tutti i compiti. Il ché era impossibile, perché i professori li stavano riempiendo ed era tutto nuovo e complicato da imparare, e nemmeno Louis riusciva a stare dietro tutti i compiti.

James era arrivato a promettere ad Andrew foto autografate, biglietti per lo stadio, una foto con Ginny quando sarebbero arrivati al Binario 9 e 3/4. Aveva persino promesso che d’estate l’avrebbe invitato a casa, così avrebbe potuto incontrare la mamma e il papà, ma nessuna di quelle offerte riuscì a smuovere Andrew e convincerlo a rimuovere il poster.

Così, anche quel giorno si svegliò, guardò il poster di Ginny che lo osservava sorridente appoggiata ad una meravigliosa Firebolt, e biascicò un “Buongiorno mamma…” mentre si dirigeva verso la doccia. Cercò di sistemare al meglio i capelli, anche se suo padre gli aveva detto che era una battaglia persa, e si preparò per la colazione.

Avrebbero avuto Trasfigurazione con la Robins, Pozioni con la McMillan e poi Erbologia con Neville che era sempre paziente, gentile e comprensivo con i suoi studenti.

“Ancora non mi sono abituato a vedere zia Ginny quando apro le tende del baldacchino,” gli confessò Louis mentre beveva un po’ di succo di zucca. James prese un po’ di uova strapazzate e scrollò le spalle: “Non dirlo a me! Non so più come convincere Andrew a togliere quel poster… Quasi quasi glielo stacco quando è in sala comune!”

“Ho applicato un incantesimo di Adesione Permanente che solo io posso rimuovere. Potter, lascia in pace il mio poster.”

“Dai, Andrew, non sai che significa svegliarsi e trovarsi tua madre che sembra chiederti se hai fatto tutti i compiti.”

“Darei qualsiasi cosa perché mia mamma fosse così…” sospirò Andrew con aria trasognata.

“Ehi! Stai parlando di mia mamma!”

“E di mia zia,” intervenne Louis, “ti posso assicurare che se ti sentisse sarebbe già partita una delle sue temibili Fatture Orcovolanti.” James si sentiva sollevato al pensiero di avere al suo fianco Louis, lo faceva sentire meno solo.

“Chi lancia le Fatture Orcovolanti?” domandò Roxanne mentre prendeva posto accanto a loro.

“Parlavamo di zia Ginny!”

Roxanne si servì di salsicce e uova, prese un sorso di succo di zucca e raccontò divertita: “Una volta ne ha scagliata una contro papà ma l’ho presa per sbaglio io e ancora me la ricordo!” Roxanne guardò Andrew annuendo: “Sul serio, fossi in te, toglierei quel poster. Magari puoi metterne uno della squadra di Grifondoro. Noi siamo molto più belli di zia Ginny!”

“Nessuno è meglio di Ginny Weasley! Lei è fantastica! Volava in un modo unico! Ma perché ha smesso?”

“Perché è nato lui!” Roxanne indicò James facendogli l’occhiolino.

James sospirò prendendo del bacon per non dover guardare lo sconvolgimento di Andrew. “In realtà non è proprio a causa di James. Sarebbe tornata a giocare dopo, la squadra la voleva, solo che poi è nato anche Albus e poi Lily. Insomma, con tre figli è difficile e lei era sempre in trasferta, e zio con il lavoro che fa… insomma, è complicato! Però d’estate alla Tana batte ancora tutti noi nipoti!”

Per tutta l’estate avevano ripetuto a James che ad Hogwarts gli avrebbero fatto delle domande sul famoso Harry Potter. Tutti avrebbero voluto un racconto sul Prescelto, se era vero che avesse la cicatrice, se in casa tenevano gli horcrux, cose di questo tipo. Si era preparato psicologicamente a quel genere di domande, sapeva anche come scherzarci su, ma non era pronto a tutte le domande che Andrew gli avrebbe posto su sua mamma.

In generale, quando si presentava gli chiedevano se lui fosse il figlio del famoso Harry Potter e poi, immancabilmente, qualcuno arrivava a precisare che fosse anche il figlio di Ginny Weasley, la famosa editor della cronaca sportiva della Gazzetta del Profeta e la conversazione veniva monopolizzata dai retroscena sul Quidditch. Da un lato, era meglio così perché James non aveva nessuna voglia di parlare di Voldemort e della guerra, il Quidditch era un meraviglioso argomento di conversazione.

“Andiamo o faremo tardi a Trasfigurazione,” disse a Louis e Andrew. “Voi siete riusciti a finire il tema sulle controindicazioni del trasfigurare animali in oggetti?”

Louis annuì e Andrew si strinse nelle spalle: “Il problema non è finire il tema, il problema è il voto che ci darà la Robins. Insomma, finora ho preso solo un Accettabile. I miei genitori mi uccideranno prima di Natale se non miglioro.”

“Ho una proposta da farti, allora,” gli disse Louis appoggiando il braccio intorno alla spalla di Andrew. Lo videro irrigidirsi. Louis, però, aveva quel lato espansivo dei francesi che lo portava a toccare le persone e parlar loro senza troppi filtri, mentre altre volte riusciva ad essere antipatico (anche se lui si definiva diretto) come i francesi. James adorava quel tratto, anche se quando aveva provato a prendere esempio da lui era stato rimproverato da sua madre perché non doveva essere invasivo e senza tatto.

“La mia proposta è semplice: tu togli il poster di zia Ginny, se vuoi puoi piegarlo e conservarlo nel comodino. Noi non vogliamo alzarci con zia che ci guarda come se volesse sapere se abbiamo finito i compiti, in cambio, noi ti aiutiamo ad avere ottimi voti in tutte le materie. Potrai entrare nel nostro esclusivo gruppo di studi.”

“Pensa ai tuoi genitori, a come saranno impressionati quando a Natale gli dirai che studi con il figlio del Prescelto!” aggiunse James con quello che suo padre chiamava il sorriso da malandrino.

Andrew sembrò valutare la proposta. Si sedettero tutti e tre vicini in un banco in ultima fila. James prese il compito di Andrew e gli disse dove modificarlo e cosa aggiungere al tema.

“Allora, ci stai?” gli domandò Louis.

Andrew annuì: “Affare fatto.”

“Voi tre! Smettetela di chiacchierare. Oggi ripeteremo l’incantesimo Feraverto.”

Demelza Robins non era solo una severissima professoressa di Trasfigurazione, ma era anche la Direttrice di Grifondoro e una tifosa appassionata di Quidditch. Secondo i racconti dei genitori, aveva giocato come Cacciatrice da ragazza e pare che fosse anche piuttosto brava a schivare i Bolidi e, con la stessa abilità, era in grado di comparire alle spalle di qualsiasi studente distratto e richiamarne l’attenzione.

La professoressa Robins spiegava con grande passione, al punto che si emozionava quando un incantesimo finalmente riusciva ai suoi studenti. Certo, riusciva anche a sospirare delusa o spazientita se le volte successive dimostravano di non aver imparato nulla.

La Robins smosse il caschetto di capelli castani e l’intera classe trattenne il respiro. Ormai avevano imparato che quando la professoressa scuoteva la testa in quel modo voleva dire che stava perdendo la pazienza. “Ho letto i vostri compiti sull’importanza della Trasfigurazione e devo dire che sono proprio delusa, mi aspettavo molto di più da un compito così generico. Avreste potuto scrivere chilometri di pergamena e invece avete fatto fatica a terminare i trenta centimetri che vi ho assegnato.”

“Siamo stati sommersi di compiti!” protestò Ruth Baston dal primo banco. La professoressa alzò un sopracciglio e le disse: “Signorina Baston, non è una scusa per svolgere un lavoro mediocre. Ad Hogwarts sarete sempre sommersi di compiti. I compiti che avete iniziato a svolgere sono solo l’inizio di una scalata lunga sette anni!”

La classe piombò nel gelo. James, Louis e Andrew si scambiarono uno sguardo terrorizzato. Sicuramente Andrew stava pensando di aver fatto un ottimo accordo prima che fosse troppo tardi. Quella convinzione si consolidò quando la professoressa Robins si avvicinò al loro banco e chiese di provare ad eseguire l’incantesimo Feraverto. Diede un topo a ciascuno di loro e se James riuscì, anche se qualche pelo di topo era rimasto nel vetro del calice, Louis trasformò il topo in un perfetto calice di vetro che lasciò tutta la classe sbalordita.

“Ottimo lavoro, Weasley, cinque punti a Grifondoro!”

James diede una pacca sulla spalla al cugino, mentre Louis spiegava: “Il segreto è concentrarsi molto sul calice che vuoi vedere. Io ho pensato a quelli che la mamma mi vieta di toccare. Se pensi al topo poi finisce sempre che restano parti dell’animale.”

“Avete preso anche dei voti più che dignitosi nel tema!” esclamò Andrew.

“Te l’avevo detto McLaggen! Vedrai che con noi la tua vita migliorerà!”

La giornata continuò con Pozioni e poi Erbologia e persino Neville assegnò loro un sacco di compiti, tra cui un tema sul Tranello del Diavolo e la cura di un Arbusto Autofertilizzante, mentre la professoressa McMillan aveva assegnato un tema infinito sugli ingredienti della Bevanda della Pace. Erano talmente carichi di cose da studiare che, finite le lezioni, si trascinarono controvoglia in biblioteca per iniziare i compiti.

“Suggerisco di iniziare dal tema di Incantesimi di domani,” disse Louis con tono pratico. Andrew annuì e James disse: “Io l’ho finito ieri. Potete dargli un occhio se volete.”

Andrew disse: “Io ho finito il tema di Difesa contro le Arti Oscure!”

Louis esultò: “Benissimo! Se condividiamo i compiti possiamo finirli più velocemente! Anche se credo che dovremo studiare lo stesso, altrimenti poi le prove pratiche non ci riusciranno.”

“Sì, ma avere i temi impostati è un aiuto non da poco,” annuì Andrew. Intercettarono l’espressione burbera di Madama Quills e si zittirono immediatamente.

James era immerso nella lettura di “Le Forze Oscure: guida all’autoprotezione di Dante Tremante” quando Louis sollevò lo sguardo dal libro di Teoria della Magia e lo chiamò sottovoce. James, però, voleva finire il paragrafo. Stava cercando di memorizzare la differenza tra una fattura e una maledizione, quando un pezzetto di pergamena arrotolata finì sulle pagine che stava leggendo. Alzò lo sguardo seccato e intercettò gli occhi azzurri di Louis che gli facevano cenno di leggere il biglietto.

Guarda Molly e Roxanne.

Louis fece cenno alla sua destra e James strizzò gli occhi per riuscire a riconoscere le due cugine. Molly teneva i capelli aggrovigliati sopra la testa, tenuti fermi da due matite, proprio come li portava zia Audrey, mentre Roxanne continuava a sfogliare avidamente un libro e mostrare qualcosa alla cugina. Sembrava che stessero lavorando a qualcosa e, a giudicare dall’espressione concentrata che avevano entrambe, doveva essere qualcosa di estremamente serio.

“Hai mai visto Molly così seria?” domandò sottovoce James. La cugina aveva il carattere allegro di zia Audrey e come lei sognava di diventare un’illustratrice, al punto da essere a capo delle decorazioni a sostegno della squadra di Quidditch. Era lei a ideare gli striscioni, le frasi di incoraggiamento e animare il leone di Grifondoro. Fred gli aveva raccontato che durante l’ultima finale contro Corvonero, quando Grifondoro ha vinto, il leone disegnato da Molly si era messo in bocca l’aquila dei Corvonero ed era andato in giro per tutto lo striscione con aria fiera, mentre i tifosi esultavano. Persino la Robins le aveva fatto i complimenti per l’inventiva.

“E Roxanne?” domandò Louis. In effetti, Roxanne seria era qualcosa di ancora più insolito rispetto a Molly. Roxanne era la versione femminile di zio George e aveva preso il carattere fiero e battagliero di zia Angelina. Sembrava quasi spaventata, mentre girava nervosamente le pagine mostrando qualcosa a Molly che, ogni volta, scuoteva la testa sempre più sconsolata.

La chiusura della biblioteca ricordò loro che era arrivata l’ora di cena. James si trascinò verso la Sala Grande con Louis e Andrew che era entusiasta dall’idea di aver finalmente capito come impostare un tema di Incantesimi leggendo quelli di Louis. “Non era questione di studio, ma di metodo!” aveva esclamato stiracchiandosi allegro. “Sono distrutto! Non vedo l’ora di tornare in sala comune e andarmene a letto!”

“Sì, ma ricorda di togliere il poster!”

“Sì, tranquillo, lo tolgo! Siete molto più interessanti di Ginny Weasley!”

“Naturalmente!” esclamò James ridacchiando. “La mamma non ti aiuterebbe mai con i compiti.”

James notò che Roxanne e Molly mangiarono velocemente insieme a Victoire e poi le vide allontanarsi verso la sala comune. Domandò a Fred: “Cosa succede a Roxanne e Molly?”

Fred scrollò le spalle e continuò a chiacchierare con Lucy e altri compagni del quinto anno. Dominique era seduta al tavolo di Corvonero con Albert Goldstein e lui e Louis si sentivano quanto mai spaesati.

Andrew disse loro: “Forse le tue cugine stanno aiutando Roxanne con un compito. Insomma, avete sentito la Robins oggi? I compiti che ci stanno dando sono niente rispetto a quello che vedremo i prossimi anni!”

Louis e James annuirono pensierosi. “Non capisco perché Dominique e Fred siano così rilassati, allora.” Andrew scrollò le spalle. Era difficile trovare una ragione per quei comportamenti bizzarri, ma James era troppo curioso di scoprirlo. Così, dopo cena convinse Andrew e Louis ad andare nella sala comune di Grifondoro dove pensava che avrebbe incontrato le cugine e, soprattutto, dove Andrew doveva togliere il poster della mamma.

“Dulcis in fundo!” esclamò James davanti il ritratto della Signora Grassa. Si infilarono nel buco e rimasero colpiti dal fatto che nessuna delle tre cugine fosse in sala comune.

“Secondo te dove sono andate?” domandò James a Louis.

“Forse avevano i turni di ronda. Sai, Molly e Vic sono Caposcuola e Prefetto, mentre Roxanne sarà andata a dormire. Aveva l’aria molto stanca.”

James annuì. Sì, poteva essere una spiegazione plausibile. Si diressero verso il dormitorio dei ragazzi e finalmente Andrew rimosse il poster di Ginny. Appesero un poster della squadra di Grifondoro e uno stendardo delle Holyhead Harpies.

Fecero alcune partite a Sparaschiocco, vinte da Andrew che si era rivelato un abile giocatore, quando James disse: “Vado a cercare Molly e Victoire, sono preoccupato per loro. Non tornano!”

“Guarda che rischi solo una punizione!” esclamò Louis. Andrew alle sue spalle dava ragione a Louis.

“Non importa, io vado. Ho risposto bene a Neville oggi, ho guadagnato ben dieci punti.”

“Sì, ma non è che i punti che guadagni li puoi usare per metterti nei guai!” osservò Andrew.

“Lo so, ma sono preoccupato. Voi restate qui, faccio un giro, magari le trovo che stanno tornando.”

Louis annuì e Andrew gli propose un’altra partita a Sparaschiocco in attesa di James.

Scivolò al di fuori del ritratto della signora Grassa e scese al settimo piano. “Lumos!” sussurrò alla bacchetta. Il corridoio era immerso nell’oscurità. Avanzava lentamente sperando di sentire le voci di Molly e Victoire e scoprire a cosa stessero lavorando.

“Ti dico che il bagno dei Prefetti è al quinto piano.”

James si nascose dietro un’armatura non appena sentì una voce maschile pronunciare quelle parole.

“Al settimo cosa c’era, quindi?” domandò un’altra voce.

“La Stanza delle Necessità. Sul serio, Ramoso, non pensavo che ti saresti dimenticato di questi dettagli!”

“Non rinfacciarmeli solo perché tu sei tornato a Hogwarts più di recente, Felpato!”

James sgranò gli occhi. Quei nomi. Li aveva sentiti un milione di volte nei racconti a casa. Scosse la testa. Insomma, non era possibile. Loro erano morti.

“Abbiamo visite, suppongo,” disse Felpato mentre superava l’armatura e finiva di fronte a James.

Suo nonno James rideva e aveva un sopracciglio alzato: “Ti sembriamo due con l’aria da Prefetti?” James scosse la testa e domandò: “Tu sei mio nonno?”

“Esattamente, e lui è il mio migliore amico nonché il padrino di Harry.”

“Ma cosa ci fate qui? Non siete morti?”

“Che ci facciamo qui?” domandò Sirius a James. I due si guardarono e James scrollò le spalle: “Non lo so, un giro, suppongo che qualcuno ci abbia evocato. Tu piuttosto cosa ci fai in giro a quest’ora della notte? Tuo padre non ti ha nemmeno dato il Mantello dell’Invisibilità!”

“Papà ha un Mantello dell’Invisibilità?” domandò James sbalordito.

Sirius scosse la testa: “Vedi? Nemmeno gliel’ha dato! Inconcepibile! Harry ha preso da Lily, non ci sono altre spiegazioni…” Sirius lo guardò incrociando le braccia e gli domandò: “E la mappa?”

“Quale mappa?” James Sirius non aveva idea di cosa stesse parlando il padrino di suo padre.

“La Mappa del Malandrino! Non dirmi che Harry non ti ha dato nemmeno quella!”

“Ehm… Credo che ce l’abbia Teddy, il figlio di Remus.”

“Ha senso. Teddy è più grande,” disse James guardando Sirius che annuiva “Sì, perfettamente senso. Ah, è così logico Harry!”

“Ha preso da Lily!” esclamò Sirius come se avesse appena avuto la dimostrazione di quanto sosteneva prima.

James osservava le persone di cui portava i nomi un po’ perplesso, senza sapere bene come doversi comportare o cosa dire. A dire il vero, quei due erano così complici che si sentiva di troppo.

“Senti, Ramoso,” disse Sirius, “ma se mostrassimo a tuo nipote l’accesso alle cucine?”

“È un’ottima idea, Felpato!” Fece un occhiolino a James e gli disse: “Non si può mai sapere quando viene voglia di uno spuntino notturno! Seguici!”

Scesero le scale seguendo passaggi che James non aveva mai notato e che – in pochissimo tempo – li portarono dalle parti della sala comune dei Tassorosso. Si fermarono davanti un quadro con la frutta e suo nonno gli disse: “Fa’ il solletico alla pera.” James obbedì e si aprì l’ingresso per le cucine.

Oltre la soglia gli elfi domestici l’osservarono sorpresi e poi gli corsero incontro, desiderosi di sapere come compiacere uno degli studenti. James sentì Sirius sussurrargli di chiedere dei biscotti e così obbedì. Gli elfi furono entusiasti di riempirlo di biscotti, muffin e scone fino a riempire le braccia di James che ringraziò indietreggiando, imbarazzato come quando nonna Molly lo riempiva di torta. Non appena furono fuori dalle cucine esclamò allegro: “Ma è meraviglioso! Grazie!” Pensava al momento in cui avrebbe diviso il suo bottino con Louis e i compagni di dormitorio.

“Adesso ti accompagneremo alla Torre di Grifondoro, ma poi dovremo salutarci,” gli disse James.

“Non credo che la Signora Grassa sarà felice di rivedermi dopo il nostro ultimo… ehm… incontro.” Sirius gli fece l’occhiolino e James capì subito che si riferiva a quando si era infilato dentro la sala comune di Grifondoro nei panni di Felpato e aveva quasi distrutto il quadro della Signora Grassa. Suo papà gli aveva raccontato un sacco di volte quelle storie, anche se dopo ogni racconto diventava sempre un po’ triste.

“Ti avremmo fatto conoscere i vari passaggi segreti, ma purtroppo quei maledetti Mangiamorte li hanno chiusi,” disse Sirius.

James osservava il nonno ed era sbalorditivo quanto si assomigliassero: gli stessi capelli scompigliati e gli identici occhi marroni. Persino la forma del viso era la stessa. Aveva sempre pensato di aver ereditato gli occhi marroni dalla mamma, invece erano proprio come quelli del nonno. Sulle scale, prima di arrivare da quella pettegola della Signora Grassa, James e Sirius lo salutarono raccomandandosi di dire a suo padre che erano estremamente orgogliosi dell’uomo che era diventato e che anche James e i suoi fratelli promettevano bene. James annuì e quando i due fantasmi scomparvero corse fino al ritratto della Signora Grassa e le urlò “Dulcis in fundo!” con un impeto tale da farle esclamare: “Che modi!” ed entrò carico di biscotti e dolci nella sala comune.

Trovò Molly, Victoire e Roxanne intente a parlare fittamente. Le tre cugine si voltarono verso di lui e gli dissero: “È scattato il coprifuoco, dov’eri?”

Roxanne strizzò gli occhi andandogli incontro: “E dove hai preso tutti questi dolci?”

“In cucina!” esclamò James, “me li hanno dati gli elfi domestici. Voi non avete idea di chi ho incontrato!” esclamò entusiasta. Le cugine si guardarono preoccupate. “Chi?” James notò che la voce di Molly tremò e sembrava spaventata mentre lo guardava e attendeva la risposta.

“Ho incontrato i fantasmi del nonno e di Sirius Black! Mi hanno mostrato la strada per le cucine e suggerito di chiedere i dolcetti agli elfi domestici!” Era emozionato e avrebbe iniziato a saltellare per la sala comune tanto era felice di quell’incontro, ma lo sguardo spiazzato delle cugine lo fece calmare.

“Ti hanno detto come mai erano ad Hogwarts?” domandò Victoire.

“Non lo sapevano di preciso, mi hanno detto che qualcuno doveva averli evocati e che ne stavano approfittando per fare un giro. Li ho incontrati al settimo piano. Ero uscito per venire a cercarvi…” disse James ricordandosi che stava parlando con un Prefetto e un Caposcuola di Grifondoro e non voleva assolutamente farsi togliere dei punti. “Mi hanno anche mostrato delle scale che non conoscevo che mi hanno portato subito vicino la sala comune dei Tassorosso dove ci sono le cucine!”

“Questa volta erano due…” disse Molly guardando le cugine.

“Deve essere Magia Oscura…” mormorò Roxanne, “tutti i libri che abbiamo consultato rinviano alle Arti Oscure per l’evocazione degli spiriti dei morti.”

“Questo restringe di molto i sospettati,” concluse Victoire, “c’è una sola Casa in cui le Arti Oscure non sono viste negativamente.”

“E sono ancora meno quelli che prossimamente faranno i riti di Samhain. Il giorno in cui il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottiglia.”

James assisteva preoccupato a quella conversazione. Voleva chiedere se avessero visto qualche fantasma anche loro quando la porta della sala comune si aprì ed entrò Louis trafelato.

“James, sei qui!” esclamò spaventato. “Sono uscito a cercarti perché loro erano tornate e tu non tornavi.”

“Calmati, Louis.” Victoire gli si avvicinò preoccupata e nessuno di loro si aspettava che Louis si gettasse tra le sue braccia tremando. Non sembrava più il giovane mago undicenne che collezionava bei voti dai professori, ma solo un bambino spaventato.

“Chi hai visto?” gli domandò James, temendo la risposta. Iniziò ad avere il sospetto di essere stato molto fortunato nell’incontrare il nonno e Sirius Black.

Louis aveva il viso affondato contro Victoire che gli accarezzava la schiena per calmarlo. Louis sembrò prendere coraggio grazie al contatto con Vic. Alzò il viso verso la sorella e mormorò: “Fenrir Grayback…”

Victoire chiuse gli occhi terrorizzata mentre stringeva forte a sé il fratello. Entrambi sembravano fare una gran fatica per non scoppiare a piangere. Molly si avvicinò e abbracciò entrambi, così come fecero Roxanne e James. Volevano mostrare la loro vicinanza a Louis.

“È morto ad Azkaban dopo la guerra, Louis, non può farti niente.”

“Non potete capire! Ha detto che tornerà e che ci trasformerà in Lupi Mannari e saremo costretti a ubbidirgli! Vuole uccidere la mamma e il papà!”

“Per Godric!” esclamò Molly.

Victoire afferrò il viso del fratello e lo guardò negli occhi. In quel momento assomigliava a zia Fleur in un modo incredibile.

“Ascoltami bene, Louis, rispediremo quei fantasmi nell’inferno da cui sono arrivati. Nessuno tornerà indietro. Abbiamo sconfitto una volta Greyback e sconfiggeremo anche il suo fantasma. Hai la mia parola!” Victoire alzò lo sguardo verso Molly e le disse: “Mi serve solo un piccolo indizio per scoprire chi è stato e poi ti giuro che non riconoscerà più il suo sedere! Adesso è diventata una questione personale!”

“Gli faremo passare la voglia di giocare con le Arti Oscure!” esclamò Roxanne con lo stesso piglio determinato che aveva mentre entrava in campo. Molly annuì altrettanto determinata.

“Scommetto che c’entrano i Lestrange,” disse Louis guardando la sorella, “Hai saputo cosa hanno detto a Teddy l’altro giorno?”

Molly sembrava non essere al corrente del battibecco tra Teddy e Roland nel corridoio fuori la biblioteca, così James spiegò: “Ha detto che da figlio di Mangiamorte conosce dei modi per fargli fare la fine dei suoi genitori.”

“No!” Molly si coprì la bocca spaventata.

James annuì: “La preside ha convocato i suoi genitori e so che è stato messo in punizione.”

“Allora direi che abbiamo abbastanza elementi per avere un sospetto!”

“Non è un caso che dopo quello scontro abbiano iniziato ad apparire questi fantasmi!” esclamò Victoire. “Non ci avevo pensato finora, ma credo che sia la spiegazione più plausibile.”

“Il rasoio di Occam,” esclamò Roxanne.

“E tu che ne sai?” domandò Molly.

“Qualsiasi cosa che semplifichi la vita mi interessa, Molly, dovresti saperlo e non dovresti nemmeno stupirti più di tanto.”

“Cos’è questo rasoio?” domandò James perplesso mentre mangiava un biscotto. Sapeva che forse non era il momento adatto per sgranocchiare biscotti, ma tutto quel nervosismo l’aveva agitato e persino la paura di Louis e la presenza di fantasmi del passato che volevano tornare lo aveva terrorizzato e aperto una voragine dentro il suo stomaco.

Roxanne prese un biscotto e gli disse: “In poche parole, a parità di fattori, la spiegazione più semplice è quella preferibile.”

“Quindi, se i Lestrange sono una famiglia che intrallazza con le Arti Oscure e hanno minacciato Teddy, è probabile che siano loro ad aver evocato i fantasmi, giusto?” domandò James.

“Esatto.” Victoire prese un biscotto e un altro lo prese Louis, mentre Molly prese un muffin. Alla fine, gli sembrava che il nonno e Sirius stessero confortando e vegliando su tutti loro.

“Ma perché Lestrange dovrebbe avermi fatto incontrare il nonno e Sirius?”

“A me e Molly ha fatto incontrare zio Fred,” disse Roxanne.

“A me Cedric Diggory.”

“Quindi solo io ho incontrato Greyback?” domandò Louis tremando mentre tornava ad abbracciare la sorella. “Vic, posso dormire con te?”

“Scordatelo. I ragazzi non possono entrare nel dormitorio delle ragazze e io sono un Prefetto!” esclamò Victoire, “non fare il moccioso.”

“Puoi dormire con me, se vuoi,” gli disse James che capiva perfettamente quanto dovesse essere stato terrificante per Louis trovarsi davanti il Lupo Mannaro che aveva aggredito suo padre. Era un po’ come se lui avesse incontrato Voldemort. La sola idea gli dava i brividi.

 

***

 

Hogwarts, 5 ottobre 2015

Caro Roland,

capisco i tuoi motivi di preoccupazione e hai la mia parola che non farò menzione con la mamma di quanto mi hai confidato. Quello che mi hai descritto è qualcosa di impensabile e decisamente oscuro.

Nella biblioteca dell’Ufficio Misteri ho trovato degli incantesimi in grado di aprire il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti (non ho nessuna intenzione di scriverteli su questa lettera né di farteli conoscere), sappi solo che sono troppo complicati per essere opera di studenti di Hogwarts.

State attenti, tenete la bacchetta a portata di mano perché chiunque sappia evocare questi fantasmi è in grado di fare ben altri danni. Probabilmente sa lanciare una maledizione senza perdono con la stessa semplicità di un Alohomora.

Guardatevi attorno e non escludete nessuna pista. Sono d’accordo con Roddie, proveranno ad accusarvi se ne avranno la possibilità. State attenti e rigate dritto. Scrivetemi e aggiornatemi sull’andamento delle vostre ricerche, altrimenti starò in pensiero.

Vi voglio bene.

Orion

La risposta di Orion era arrivata rapida e non si era rivelata del tutto risolutiva. D’accordo, esistevano degli incantesimi, forse delle maledizioni, ma suo fratello non gli aveva dato alcun indizio per capire di chi fosse l’autore di quelle evocazioni. Sospirò. Era stato un buco nell’acqua e forse dovevano realmente trovare un modo per parlare con Delphi di quanto stava accadendo tra le mura di scuola. Certo, senza menzionare i suoi genitori, altrimenti avrebbe scalpitato per poterli incontrare e, Salazar, Roland aveva i brividi a pensare cosa avrebbe potuto fare Delphi sotto le indicazioni dei suoi genitori.

Era l’unica che avesse sufficiente conoscenza delle Arti Oscure e che non si facesse scrupoli a condividere le informazioni con loro. Delphi non l’aveva mai trattato come uno stupido.

“È la risposta di Orion?” domandò Roddie sedendosi accanto a lui mentre allungava il collo verso la pergamena. Roland gli passò la lettera. Non aveva voglia di parlarne. Stava andando in paranoia e temeva di essere spiato. “Non parlarne qui,” gli disse sottovoce. Roddie annuì e si limitò a passare la lettera a Rabastan dicendogli: “Tanti saluti da nostro fratello.”

Rabastan gli restituì la lettera. Si passò una mano tra i ricci castani. Persino la sua ammissione nella squadra di Quidditch sembrava essere passata in secondo piano. “Lo sai che significa, vero? Abbiamo una sola persona che ci può rispondere.”

“Lo so, Rab. Andrò in guferia a mandarle Antares. È l’unico che sappia trovarla. Fino ad allora non ne parliamo più, a meno che non ci siano novità.” Mandò giù una forchettata di uova, ma sentì lo stomaco chiudersi. Non riusciva ad abituarsi a quella dannata colazione inglese. Allungò la mano verso il pane tostato e prese un po’ di burro. Avrebbe dato qualsiasi cosa per i croissant di casa e una tazza di caffè invece dei muffin e di quei dolci troppo carichi di burro e zucchero, così diversi dai dolci che zio portava da Parigi.

Hawk, accanto a lui, sorrideva leggendo una pergamena decorata con teschi e fiori. “Mia nonna,” gli disse, “ha iniziato i preparativi per el dia de los muertos.”

“Per cosa?”

“Il giorno dei morti. Lo sai che mia nonna è messicana, no?”

Roland strizzò gli occhi e un brivido gli corse lungo la schiena.

“Che c’è? Hai paura dei morti?” gli domandò Hawk divertito. Si era accorto del suo tremore.

“Ciò che è morto non può tornare, non ha senso averne paura,” disse sprezzante. Non voleva farsi vedere debole da Flint. D’accordo, era un suo compagno di scuola, forse poteva considerarlo un amico, ma non tanto da poter condividere con lui quanto lui e i suoi fratelli stavano vivendo.

Hawk infilzò una salsiccia e Roland trattenne un moto di disgusto nel sentire l’odore della carne di prima mattina. “Non direi. Durante il giorno dei morti, che poi la festa è di notte, le anime dei defunti vengono a trovare i vivi. Occorre preparare un banchetto, alcuni addirittura lasciano il proprio letto a disposizione dei morti. Insomma, è una festa molto seria e molto importante.”

“E come vengono i morti?” domandò Roland.

“Sono le anime, il loro spirito che lascia il mondo dei morti e si avventura per quello dei vivi.”

“E quando sarebbe questo giorno?” Questa festa l’aveva incuriosito, forse c’era una ragione che non riguardasse le Arti Oscure. Forse era una dannata festa di qualche parte del mondo che lasciava aperti i due mondi.

Flint mandò giù l’ultimo boccone di salsiccia e attaccò il bacon. Masticando a bocca aperta disse: “Tra poco, intorno a Samhain.” Roland e Roddie si scambiarono uno sguardo. Notò l’espressione disgustata del fratello mentre si alzava per andare a lezione.

“Ma è possibile che un’anima decida di raggiungere il mondo dei vivi prima della festa?” continuò a domandare. Quella festa iniziava a interessarlo.

“Perché dovrebbe farlo? Non troverebbe i vivi pronti ad accoglierla.” Hawk continuava a mangiare come se niente fosse. Roland tornò a concentrarsi sul suo toast imburrato mentre si domandava se in biblioteca ci fosse qualcosa sulla magia messicana. Forse nel pomeriggio avrebbe potuto controllare.

“Come sei messo con il tema di pozioni per oggi?” Flint cambiò argomento, passando alla concretezza della giornata. Aveva passato tutto il pomeriggio a volare con la scopa e si era dimenticato del compito di Pozioni, un classico.

“L’ho finito ieri. Lo vuoi?” Roland voleva tenere buono Hawk perché gli sarebbe tornato utile. In quel momento, più che mai, aveva bisogno di alleati. Lo vide annuire e gli passò la pergamena.

“Cazzo, Lestrange, sei un genio, come fai a ricordarti tutte queste cose?” sbottò. Roland ebbe un tremito e sperò che non gli macchiasse la pergamena con l’unto del bacon.

“Lo sai che i professori mi odiano per il cognome che porto. Non voglio dare la soddisfazione di mettermi brutti voti. Hai visto Longbottom come impazzisce ogni volta che deve mettermi una O?” domandò con un sorriso obliquo. In realtà, avrebbe dovuto dirgli che quello che loro stavano studiando al sesto anno lui lo aveva studiato nell’estate tra il terzo e il quarto anno e prima dei G.U.F.O. aveva finito il programma dei M.A.G.O. Gli altri studenti passavano le estati a riposare e divertirsi, lui e i suoi fratelli le passavano tra libri, calderoni e duelli di magia. Fuori era pieno di gente che non desiderava altro che vederli scomparire e lui non aveva nessuna voglia di dar loro questa soddisfazione.

“In realtà le tue sarebbero E,” gli riconobbe Flint, “ma credo che preferirebbe tagliarsi una mano piuttosto che metterti una E.”

“Tanto il prossimo anno arriverà una commissione esterna per i M.A.G.O. e avremo risolto il problema di quel babbanofilo. Oltre ogni aspettativa è un buon voto e non mi crea problemi con la carriera.”

“Hai delle idee su cosa fare? Mio padre vuole che prenda l’accademia del San Mungo, ma io voglio giocare come professionista a Quidditch. Quest’estate ho fatto dei provini.”

“Come sono andati?”

Hawk scrollò le spalle biascicò un “mi diranno più avanti”

Roland afferrò il calice pieno di succo di zucca per eliminare il sapore di bruciato dell’ultima parte del toast. Vide Lucile Dolohov sedersi con Edith Yaxley e sospirò. Sua madre gli aveva raccomandato di invitarla ad uscire a Hogsmeade, ma era sempre tutto così dannatamente difficile e adesso si erano messi di mezzo anche i fantasmi. Non poteva certamente invitare Lucile a un appuntamento in cui avrebbe dovuto incontrare Delphi. Immaginava le cose inopportune che avrebbe detto Delphi solo per metterlo a disagio davanti Lucile. Era troppo brava a leggere dentro le persone, quella dannata strega, e sapeva sempre dove colpire per fare male. Avrebbe fatto allusione a quella volta in cui si era infilata sotto le sue coperte, che se suo padre l’avesse scoperto l’avrebbe strozzato con le sue mani.

 

Roland era così immerso nella lettura di un racconto di avventure da non essersi accorto che la porta della sua stanza era stata aperta. Mise mano alla bacchetta quando sentì qualcuno oltre le tende del baldacchino e con grande sorpresa vide la chioma argentea di Delphi comparire.

“Dovresti stare in camera tua,” le aveva detto con un sopracciglio alzato e un sorriso sbieco.

“Mi annoio. Ho chiesto ad Orion, ma è così noioso. Posso stare con te?”

Non aveva aspettato la risposta. Si era infilata sotto le coperte con la sua camicia da notte sottile che lasciava intravedere le splendide forme del suo corpo. Roland, tuttavia, non voleva cedere. Socchiuse gli occhi e le domandò: “Quindi io sono la tua seconda scelta?”

Delphi aveva alzato gli occhi al cielo sorridendo e si era morsa un labbro sospirando: “Tutti possono sbagliare. Dimmi che questa è la volta buona.” Roland aveva sospirato nel momento in cui Delphi aveva passato le sue dita sottili tra i capelli e non era riuscito ad evitare di chiudere gli occhi.

“Lo sai che potremmo finire nei guai?” le domandò mentre cercava di tenere a bada l’eccitazione che montava dentro. Delphi sembrava una creatura delle favole tanto era bella. Poteva essere contemporaneamente la principessa e la strega cattiva, a seconda di come le girava.

“Sei un Lestrange, i guai dovrebbero essere il tuo pane quotidiano,” gli aveva risposto mentre gli posava un bacio sul naso e gli sfilava il libro dalle mani. “La vuoi vivere un’avventura con me o ti vuoi limitare solo a leggerle?” Lo aveva spinto con la schiena sul cuscino ed era salita su di lui, immobilizzandolo. Roland aveva spalancato gli occhi nel vedere Delphi che si sfilava la camicia da notte e rimaneva completamente nuda sopra di lui. Era troppo. Decisamente troppo. Lei era perfetta. Malvagia e assolutamente perfetta. O almeno questo era quello che pensavano, là sotto, i pantaloni del pigiama che diventava sempre più stretto.

“Smettila di pensare, Roland,” gli aveva sussurrato nell’orecchio, chinandosi su di lui e sfilandogli i pantaloni. Era rimasto a bocca aperta mentre lei lo massaggiava e si calava su di lui.

Si muoveva sinuosa sopra di lui che stava impazzendo dal piacere. Si scambiarono un sorriso e non appena Delphi chiuse gli occhi, Roland si sentì liberato dal potere della ragazza e ribaltò le posizioni affondando in lei con impeto. La sentì gemere di piacere e abbandonarsi all’orgasmo mentre lui faceva altrettanto. Continuarono a cercarsi per tutta la notte e il mattino dopo Roland si svegliò solo nel letto, completamente nudo e di ottimo umore.

Stava andando a fare colazione quando aveva incontrato Orion che con un sopracciglio alzato e lo sguardo divertito gli aveva detto: “Qualcuno ha ricevuto visite questa notte.”

“Credo di non essere stato l’unico.”

“Siete entrambi noiosi e imbranati,” aveva detto Delphi raggiungendoli.

“Non ci farai litigare, Delphi,” aveva sghignazzato Orion. “So di essere noioso.”

“Non mi sottovalutare, Orion, so fare molto male…”

Roland e Orion si erano scambiati uno sguardo perplesso mentre entravano a colazione. Roddie e Rabastan erano già scesi in spiaggia, trovarono la mamma intenta a leggere la Gazzetta del Profeta. La mamma alzò lo sguardo e li scrutò tutti e tre. Roland si sentì a disagio perché sua madre riusciva a capire moltissime cose con un rapido sguardo e iniziò a pensare che forse non avrebbe dovuto cedere a Delphi, che era stato sciocco cadere nella sua trappola.

“Dormito bene?” domandò la mamma prendendo un sorso di tè.

Delphi scrollò le spalle e disse: “Non riuscivo a prendere sonno, ho chiesto un po’ di compagnia a Orion e Roland ma nessuno dei due si è dimostrato all’altezza. Sono così noiosi.”

Roland sospirò immaginando la punizione che si sarebbe beccato. Adesso la mamma sarebbe andata su tutte le furie perché aveva sempre detto di non dare troppa confidenza a Delphi. Sottolineava sempre che era una ragazza problematica. Lui e Orion, però, sapevano che non era problematica, era perfida e amava seminare zizzania e rovinare ogni momento bello. Persino ieri notte sarebbe stato un bel ricordo se lei non lo avesse rovinato dando fastidio a Orion e spifferando tutto alla mamma.

Roland vide sua madre scrollare le spalle, posare la tazza di tè e girare pagina della Gazzetta del Profeta con una calma incredibile. Orion sembrava che avesse smesso di respirare tanto era in attesa di una reazione. Invece, la mamma si limitò a dire: “Beh, rivedrei la mia capacità di coinvolgere il partner se entrambi ti sono sembrati noiosi, cara.”

Delphi rimase a bocca aperta e pochi minuti dopo, quando tutti loro finirono di fare colazione, la videro andare via con Euphemia, mentre la mamma la salutava amorevolmente e le raccomandava di studiare e impegnarsi a Durmstrang. Non appena Delphi ed Euphemia scomparvero con la Passaporta la mamma guardò entrambi e disse loro: “Non darò soddisfazione a Delphi con le sue cattiverie, ma voi eravate dei pulcini e siete diventati due polli per finire così nelle sue grinfie.”

“No, mamma, io ho resistito stoicamente,” disse Orion, mettendo le mani avanti. “È andata via su tutte le furie dicendo che sarebbe andata da Roland.”

“Che invece c’è cascato come un pollo…” la mamma terminò la frase con un sorrisetto sarcastico.

“Si è infilata nel mio letto completamente nuda e mi è saltata addosso!” aveva provato a difendersi. La mamma gli rivolse uno sguardo scettico e gli disse: “E immagino che quello che è successo per tutto il resto della notte lo abbia fatto da sola e che quel sorriso che hai, insieme alle occhiaie, siano dovuti alle tue letture…”

 

La mamma non aveva detto nulla al papà, ma lo aveva preso in giro per un po’ di tempo ricordandogli quanto dovesse tenere alta la guardia.

Roland aveva accuratamente evitato Delphi da quel giorno e la sola idea di doverla incontrare gli metteva un po’ di ansia. Si ripeteva che non aveva nulla da temere perché sarebbe stato in compagnia di Roddie e Rabastan e ad Hogsmeade. Certo che, ogni volta che lei compariva, rischiava di finire immancabilmente nei guai.

 

 

 

 

 

 

Nota:

L’episodio di cui parlano le cugine Weasley su Roland lo trovate postato nelle note dello scorso capitolo! Qui vedete lo stesso episodio percepito da una prospettiva radicalmente diversa (quella di James e di Victoire).

Spero che l’incontro dei due Malandrini non abbia ferito molte di voi, so che ci sono fan di quei due screanzati. L’idea che incontrassero proprio James Sirius era troppo bella per non essere sfruttata. xD Al povero Louis è andata decisamente peggio.

I Lestrange, al momento, sono salvi, ma stanno ancora cercando di venire a capo del mistero. Al momento, pare essere chiaro che ci sono le Arti Oscure di mezzo. Chissà se Delphi riuscirà a dare qualche indizio in più o farà solo in modo che Roland finisca nei guai. Lo vedremo nel prossimo capitolo!

Grazie ancora per il sostegno, i feedback e le teorie che mi fa sempre piacere leggere.

Un abbraccio

Sev

 

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Severa Crouch