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Autore: storiedellasera    03/12/2020    7 recensioni
Storia di fantasmi ambientata in una vecchia foresta.
Questa storia partecipa al contest “Storie di fantasmi” indetto da elli2998 e Inchiostro_nel_Sangue sul forum di EFP.
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di seta e d’argento


L’orrore giunse in un’oscura notte d’autunno
Smarrito il mio cammino, mi ritrovai a vagare in un bosco antico. Gli alberi attorno a me si confondevano gli uni con gli altri. Le loro crudeli e torte forme tessevano un terrificante intreccio di rami e tronchi. A lungo rimasi a fissarli, con fare guardingo, mentre vagavo senza una meta precisa. Orrori fantastici infestavano la mia mente. E trasalivo a ogni rumore.
Persino il sommesso soffio del vento mi riempiva di un terrore mai provato prima. Quel vento che a tratti pareva un mesto lamento.

All’improvviso avvertii, o credetti di avvertire, un crepitio di foglie morte alle mie spalle.
Non osai voltarmi e iniziai a tremare.
Se non la mia fervida immaginazione, un animale o qualcos’altro poteva aver generato quel suono.  
Allora mi sembrò di esser osservato. Degli occhi, nascosti nel buio, scrutavano ogni mio movimento.
Raccolsi le forze dal fondo della mia anima e ripresi il cammino.
Poi un sussurro, un lieve ma chiaro sussurro, mi fece sobbalzare.
Istintivamente, quasi senza rendermene conto, voltai il mio sguardo all’indietro. Ammetto che il mio fu un movimento improvviso e sgraziato, poiché spaventai un corvo posato su un ramo non poco distante da me. Intravidi le ali maestose di quella fosca creatura mentre si allontanava. Volò in direzione di una rupe affacciata sull’abisso della notte.
Sulla sua sommità, un castagno svettava solitario.
Vidi la sua nera figura stagliarsi contro la luna. I suoi rami, come artigli, sembravano protrarsi verso di me con l’intento di ghermirmi. Non ricordo di aver mai posato lo sguardo su un albero così spaventoso.

La notte si riempì di orrendi suoni: versi disumani, provenienti dalle plutonie sponde notturne, si mescolavano a formare una terrificante sinfonia… mentre una gelida nebbia avanzava e strisciava tra gli alberi. Ero pervaso da paure inaudite, ormai certo di non esser più solo.
Mi guardai attorno, come se mi aspettasti di trovare un demone nascosto tra gli alberi.
Ma quando posai di nuovo lo sguardo sull’orrendo castagno, notai un cappio da impiccato, apparso dal nulla, oscillare da uno dei suoi tronchi.
Non so dire quale forza mi impedì di svenire in quel momento.
I tremori separavano la pelle dal resto del mio corpo… o almeno era la sensazione che provai.
Un fruscio di rami e cespugli catturò la mia attenzione. Un fruscio che era sempre più vicino alla mia persona.

Ripresi a camminare, accelerando il passo. Pregavo di trovare una strada, un sentiero o una misera scia di breccia e pietrisco. L’aria attorno a me si fece fredda. Nelle mie orecchie rimbombavano i battiti del mio cuore. I tremori si fecero più forti e mi spinsero a voltarmi per l’ennesima volta.
Fu in quel momento che la vidi. Durò solo un instante ma l’orrore che provai fu infinito.
A pochi passi da me colsi il serico movimento di lunghi capelli. Adornavano il volto di una donna evanescente che appariva, sotto la luce lunare, come di seta e d’argento.
Mi fissava con occhi spalancati mentre avanzava inesorabile verso di me.
Non posso descrivere il terrore che mi assalì. Rammento poco o nulla dei successivi momenti. Corsi, corsi come non avevo mai fatto in vita mia, con l’anima bruciante in corpo e il respiro cristallizzato in gola. Rami o artigli spettrali mi ferivano il volto e si avvinghiavano attorno ai miei abiti. Oltre al rumore dei miei passi sulle foglie morte, ero certo di udire altri suoni alle mie spalle… suoni che non ho l’ardore di raccontare.

Stremato, intravidi quasi per puro caso la nera figura di una villa antica non molto distante dalla mia posizione. Notai solo in quel momento che la vegetazione attorno a me si era fatta meno fitta.
Forse, pensai, stavo uscendo dal bosco. Una flebile speranza si accese in me.
Raggiunsi in fretta l’abitazione. Si trattava di una casa fatiscente, probabilmente eretta nel secolo scorso. Era alta, oscura e imponente.
Nel giardino che la circondava vidi alberi morti e piante appassite. Notai anche un’obsoleta altalena che il tempo aveva logorato. Il vento faceva cigolare i suoi cardini arrugginiti.

Non badai a tutti quei dettagli. In men che non si dica raggiunsi la porta e bussai con vigore.
Inizialmente nessuno rispose.
Poi una fioca luce di candela sorse in una stanza. Intravidi la luce ambrata da una finestra.
Come uno spiritello, quella fiammella si avvicinò alla porta.
“Perdonate il mio bussare” dissi per annunciarmi. Con voce tremante implorai poi di entrare in casa, assicurando, a chiunque ci fosse al suo interno, che ero solo un uomo smarrito nel bosco alla ricerca di un riparo.
Qualcuno aprì un poco la porta. Un volto atterrito apparve al mio cospetto, illuminato dalla fioca aura della candela.
Si trattava di un uomo. Era pallido e curvo su se stesso.
Pensai che fosse tremendamente magro. Oltre le rughe del volto e la bianca barba incolta scorgevo le ossa del suo cranio. Un tempo doveva essere un distinto signore ma in quel momento vedevo solo una misera creatura.
Mi scusai di nuovo con lui per averlo svegliato di soprassalto.
Sulle prime, il padrone di casa non capì cosa stava accadendo. Mentre parlavo con lui, tendevo sempre le orecchie alle mie spalle. Ma non volevo più voltarmi per controllare quali orrori si stavano raccogliendo nel bosco.

Infine il mio ospite si decise ad accogliermi nella sua vetusta dimora.
Entrai.
Lui fece per chiudere la porta, ma alzò di colpo lo sguardo in direzione della foresta. Strabuzzò gli occhi e rimase fermo, incapace di muoversi per diversi secondi. Qualcosa tra gli alberi l’aveva spaventato. Fu pervaso da tremori così forti che la candela quasi gli sfuggì di mano.
Richiuse poi la porta, prese un gran respiro e mi fece cenno di accomodarmi nel salone. La casa sembrava esser immersa in un’oscurità più buia di quella della notte stessa.
Scorgevo angusti corridoi e varie porte appena rivelate dalla luce della candela. Mi sentii irrequieto e pensai che tra quelle ombre si annidavano terrori più grandi di quelli che ci celavano nel bosco.
In silenzio raggiunsi il salone.
La luce della candela rivelava statue, dipinti antichi e altre cose disseminate in quella stanza.
Sotto il suggerimento del mio ospite, mi accomodai su una poltrona vicino al camino.
Il padrone di casa iniziò a sussurrare qualcosa tra se e se. Trovai quel comportamento alquanto bizzarro ma non osai proferir parola.
L’uomo poi accese un fuoco nel camino e si sistemò su una poltrona di fronte alla mia.
Alla luce del falò riuscii a scorgere altri elementi della villa. Tutto era immerso in un assurdo soqquadro. Libri ammuffiti erano accatastati in vari angoli del salone. Strati di polvere erano ammassati sul pavimento e sui mobili divorati dalle termiti.
Credetti persino di udire uno di quegli insetti zampettare nel legno di una credenza.
Implorai di nuovo perdono al mio ospite per averlo svegliato. Iniziai poi a raccontare la mia disavventura nel bosco.

“Avete visto il fantasma della donna?” Chiese improvvisamente il padrone di casa.
Mi stupii nell’udire quella domanda poiché non avevo ancora descritto il mio incontro con quell’evanescente figura. Non riuscii più a parlare.
“Si tolse la vita molti anni fa…” continuò lui “…impiccandosi al castagno sulla rupe. Avete visto anche l’albero?”
Fui in grado solo di annuire.
Con occhi spenti e con la voce tremante, l’uomo riprese a parlare: “il suo fantasma appare di notte. E la sua forma pare di seta e d’argento. Non riesce ad allontanarsi di molto dal castagno… ma ogni notte è in grado di avanzare un poco di più. Cerca i vivi. Cerca i vivi per poterli prendere e impiccare allo stesso albero in cui si tolse la vita. So che ha già preso e ucciso, molto tempo fa, tre o quattro persone. E ora vuole me.
Ogni notte si avvicina sempre di più a questa casa. Poco fa, quando avevate bussato alla mia porta, temevo che fosse lei.”
Quel racconto rinnovò in me la paura. Alzai così lo sguardo in direzione di una finestra che si affacciava verso il bosco. Credetti di vedere una fioca luce evanescente tra gli alberi... o forse era il
riflesso del focolare contro i vetri.
“Perché non abbandonate questa casa?” Chiesi. La mia fu una domanda istintiva, solo in un secondo momento mi accorsi di esser stato sgarbato.
Ma il mio ospite non badò alla mia scortesia e rispose: “sarebbe inutile. E’ da molto tempo che lei avanza verso di me. Prima o poi mi porterà via con se. So che non posso sfuggire al suo volere. Inoltre sono vecchio e stanco.”

Restammo a parlare fino all’alba.
Alle prime luci del sole, l’uomo mi invitò ad andar via e a dimenticare per sempre lui e la sua triste dimora. Lo ringraziai e uscii fuori dalla casa.
Era una gelida mattina: la nebbia non si era ancora diradata. Quella coltre spettrale offuscava il bosco e ogni altra cosa attorno a me. Al suolo vidi le orme che avevo lasciato la notte scorsa. Provenivano dal bosco e passavano per il giardino della vetusta villa.
Trasalii quando scorsi una serie di altre impronte a fianco alle mie… e fresche come le mie.
Si fermavano al limitar del giardino.
Ripensai alla storia narrata dal mio ospite e non potei fare a meno di immaginare il fantasma della donna avanzare di notte verso la vecchia casa, seguendo i miei stessi passi.



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Molti anni sono passati da quella terribile notte.
Spesso mi chiedo che fine abbia fatto il mio ospite. Non ho avuto più sue notizie e non oso più avvicinarmi a quel bosco.
Ora sono vecchio e non posso muovermi con tanta facilità, come facevo un tempo.
Quando cala il sole, nei miei incubi più bui, rivedo il castagno sulla rupe. Diversi uomini impiccati oscillano silenziosi sotto i suoi rami.
E poi un volto evanescente, adornato da lunghi capelli, appare tra i torti alberi della tetra foresta.
Mi fissa e avanza verso di me.
Allora mi sveglio nel mio letto, tremante e sudato, incapace di muovermi.
Certe notti, quando apro gli occhi, vedo le tende della mia stanza svolazzare con fare incerto. E il delicato tocco della luna le fa apparire come se fossero di seta e d’argento.   


   
 
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