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Autore: Abby_da_Edoras    06/12/2020    11 recensioni
Ecco la decima ff della mia serie di OS "L'amore non ha fine", ispirate alla quinta e sesta stagione di "Vikings" e con il pairing Hvitserk/Aethelred.
Ubbe ha affrontato coraggiosamente i Danesi e, grazie a lui, non ci sarà una nuova battaglia. Non appena guarirà dalle sue ferite, i vichinghi potranno partire alla riconquista di Kattegat con tanti nuovi alleati. Hvitserk non sta in sé dalla gioia, Aethelred invece è preoccupato, ma non perché non vuole partire con il suo giovane amante, anzi. Una notte fa un sogno angoscioso che gli rivela tutte le sue vere paure...
Ringrazio di tutto cuore tutte le persone che leggono e commentano le storie di questa serie e tutti i lettori silenziosi. Ogni vostra lettura, commento, incoraggiamento sono per me una gioia immensa.
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a autori, registi e produttori della serie TV "Vikings".
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Hvitserk
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'L'amore non ha fine '
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Come closer

 

I want to lay my head down
Come closer, come closer
Trying not to remember our most precious of times
Remember winters cold and summers by my side
Please tell me I do leave a void of any kind

Winter shadow cools you
White before your eyes
Summer shadow soothes
Nothing on your mind
Winter shadow cools you white before your eyes
Summer shadow suits you… tonight!

(“Come closer” - Delain)

 

La Regina Judith era morta dopo atroci sofferenze tanto che, verso la fine, era caduta preda di deliri e allucinazioni spaventose. Probabilmente era la sua cattiva coscienza che, finalmente, aveva dato segni di risveglio e le aveva fatto scontare tutto ciò che meritava per quello che aveva inflitto a Aethelred, suo figlio. Nessuno avrebbe pianto troppo a lungo la sua scomparsa, nemmeno Alfred che, dopo un comprensibile e composto dolore, era ritornato ai suoi doveri verso la moglie e verso il Wessex.

Insomma, la malvagia strega dell’Est era morta e non avrebbe più fatto del male né a Aethelred né a nessun altro.

Nello stesso giorno in cui si svolse il funerale della Regina, Torvi e Ubbe fecero ritorno dall’incontro con i Danesi. I Re a capo degli eserciti si erano mostrati disposti a stabilirsi pacificamente nelle terre concesse da Alfred, uno di loro però si era detto contrario e aveva sfidato Ubbe a un duello all’ultimo sangue: se avesse vinto il sovrano danese, ci sarebbe stata la battaglia; se avesse vinto Ubbe, i Danesi avrebbero scelto la soluzione pacifica. Ubbe aveva avuto la meglio e aveva ucciso il Re ostile, ma adesso era ferito gravemente e avrebbe avuto bisogno di molti giorni di riposo e di cure.

Alfred diede subito ordine di far portare Ubbe nelle sue stanze e di convocare i migliori medici del Regno per guarirlo. Era felice che l’amico si fosse salvato e che fosse anche riuscito a impedire un’altra sanguinosa battaglia ed ora avrebbe messo a disposizione tutto ciò che aveva pur di ricompensarlo per ciò che era riuscito a fare. Torvi e gli altri vichinghi, seppure preoccupati per le condizioni di Ubbe, erano anche molto fieri di lui. Ubbe aveva dimostrato grande coraggio, certo, ma anche saggezza ed era solo per suo merito se i minacciosi Danesi avevano deciso di rinunciare alle razzie.

C’era da ricordare, inoltre, che la partenza per Kattegat era stata rimandata proprio in previsione di aspre battaglie contro le truppe danesi e, ora che questo rischio era stato eliminato, restava solo da organizzare l’esercito vichingo con quelli degli alleati, di Re Harald e i soldati messi a disposizione da Alfred e guidati da Aethelred. Una volta guarito Ubbe, niente avrebbe più impedito a Bjorn e agli altri di fare vela verso Kattegat e prepararsi a combattere e a scacciare Ivar.

La prospettiva di partire entro poche settimane per Kattegat rendeva molto felice Hvitserk e altrettanto ansioso Aethelred. Il Principe aveva deciso di non mostrare le sue preoccupazioni per non ferire il giovane vichingo, ma non poteva impedirsi di provarle. Così, quella notte, fece un sogno molto angoscioso…

Aethelred era a Kattegat con gli altri vichinghi, ma non c’era nessuna battaglia in corso e l’esercito sassone non si vedeva. Il Principe era solo in mezzo a quel popolo straniero. Si guardava intorno smarrito, cercando Hvitserk o, almeno, Lagertha o Ubbe o qualche altro volto amico, ma non vedeva nessuno. Anzi, gli sguardi dei vichinghi che incrociava erano di ostilità e disprezzo.

Ad un certo punto vedeva Hvitserk in lontananza, lo vedeva parlare e sorridere con altri uomini e donne. Era tranquillo e allegro come al solito e non sembrava preoccuparsi del fatto che lui non gli fosse accanto. Aethelred, turbato, cercava di raggiungerlo, ma i vichinghi non si spostavano e gli sbarravano il passo. Hvitserk, inoltre, sembrava allontanarsi sempre di più.

Aethelred, disperato, lo chiamava con tutto il fiato che aveva in gola, ma il ragazzo non sembrava sentirlo e continuava ad allontanarsi ridendo insieme ai suoi amici.

Il Principe continuava a cercare di raggiungere Hvitserk, a chiamarlo, ma era tutto inutile. Poi sentiva una mano sulla sua spalla e si voltava di scatto, trovandosi di fronte Lagertha. La donna lo fissava a lungo con sguardo triste e poi gli parlava.

“Aethelred, tu hai già compiuto ciò per cui sei venuto” diceva Lagertha, mostrandosi rammaricata. “Ci hai aiutati a riconquistare Kattegat e noi te ne saremo sempre grati, ma non puoi rimanere con Hvitserk come vorresti. Non è questo il meglio per lui. Hvitserk è un figlio di Ragnar Lothbrok e, come tale, dovrà scegliere una moglie e fare dei figli che saranno i discendenti di Ragnar. So che tu lo ami davvero ed è proprio per questo che devi fare ciò che è meglio per lui.”

Il sogno fu un vero e proprio incubo per Aethelred, che si risvegliò di colpo e, per qualche attimo, non si rese conto di dove si trovasse. Poi ricordò… e vide Hvitserk addormentato serenamente al suo fianco.

Aethelred sentì il cuore invaso da una pena immensa: era così tenero e bello Hvitserk addormentato, proprio come un Principe delle leggende… come avrebbe potuto vivere senza di lui ora che lo aveva incontrato e aveva conosciuto la felicità di averlo accanto? Ma forse… se era per il suo bene…

Il giovane Principe non riuscì a resistere, si avvicinò piano al volto di Hvitserk e lo baciò lievemente sulle labbra socchiuse, non più che la carezza soffice di una piuma.

Hvitserk, però, era abituato ormai da anni a dormire restando sempre all’erta, perciò si accorse del bacio e iniziò a ricambiarlo, circondando la vita di Aethelred con le braccia e attirandolo a sé. Quel bacio si fece più intimo, languido e prolungato, l’abbraccio più intenso, i corpi si strinsero, si allacciarono, si unirono con naturalezza, come se l’uno fosse il prolungamento dell’altro, infine si fusero assieme e per lunghi momenti i due ragazzi divennero un unico essere, una sola anima, un solo cuore.

Solo alla fine, abbracciato a Hvitserk e con la testa abbandonata sulla spalla di lui, a Aethelred tornò in mente il sogno e il motivo per il quale si era svegliato!

“Hvitserk, tu… sei davvero sicuro che il mio posto sarà a Kattegat?” domandò allora, titubante.

“Io ne sono sicurissimo” rispose il giovane vichingo, “mi sembra però che sia tu ad avere continui dubbi sull’argomento.”

“Non è l’idea di partire con te che mi spaventa, però mi chiedo… qui tu ti sei avvicinato tanto a me perché eravamo entrambi soli, messi da parte dalle nostre famiglie, ci sentivamo sottovalutati e esclusi e questo ci ha fatti sentire vicini” disse Aethelred. “Ma cosa succederà a Kattegat? Là tu sarai uno dei figli di Ragnar Lothbrok e sicuramente avrai un ruolo nel governo della città, invece io non sarò nessuno e… se la tua gente non mi accettasse?”

“Dovranno farlo per forza, visto che sarai il mio compagno” replicò semplicemente Hvitserk.

“Ma se mi disprezzassero proprio per quello?” una nota di angoscia si insinuò nella voce del Principe. “Come figlio di Ragnar tu potresti avere chiunque volessi, Principesse di altri Regni, shieldmaiden intrepide e valorose, potresti avere una famiglia e dei figli, dei discendenti.”

“E’ vero, un tempo anch’io pensavo questo” ammise il vichingo, schietto e diretto come sempre. “Ma poi mi sono reso conto che i miei veri desideri erano altri e che, per me, non era così importante avere dei figli. In fondo, poi, ci penseranno Ubbe e Bjorn a dare una discendenza a nostro padre.”

“Va bene” concordò Aethelred, “ma se, allora, gli altri vichinghi pensassero che avresti dovuto scegliere un compagno degno di te? Un guerriero norreno che fosse alla tua altezza invece di un inutile ragazzo straniero, un Sassone, per giunta il nipote dei sovrani che hanno ucciso tuo padre?”

Hvitserk avvertì e comprese il dolore che straziava il cuore del suo Principe; capì che, questa volta, il giovane non aveva dubbi o preoccupazioni all’idea di seguirlo in una terra lontana e sconosciuta, ma che si sentiva totalmente inadeguato. Una tenerezza infinita lo invase, assieme all’amarezza, considerando che l’insicurezza di Aethelred nasceva dal fatto che era cresciuto in una famiglia che non lo amava, che sua madre lo aveva sempre fatto sentire inadatto e inutile, che lo aveva convinto di non valere niente e di non meritare amore da parte di nessuno.

Lo strinse forte a sé, avvolgendolo in un abbraccio caldo e affettuoso e accarezzandogli i capelli.

“Cosa ti hanno fatto, povero Principe senza corona, per spingerti a ritenerti così imperfetto e sbagliato?” mormorò, commosso. “Ma non devi più pensare ai pregiudizi sciocchi e cattivi di tua madre, lei non c’è più e la tua insicurezza deve morire con lei.”

Aethelred non riusciva a rispondere, turbato e travolto dalla dolcezza del suo giovane amante.

“A me non importa niente di quello che una Regina fanatica ha pensato di te, quello che so è che ti voglio al mio fianco e che, per me, sei la persona migliore che potessi incontrare, quella che mi rende felice e che mi fa stare bene” continuò Hvitserk, tra un bacio e l’altro. “Non mi ero mai sentito così prima e tutto il resto non conta.”

“Non stavo pensando a quello che mi ha sempre detto… la Regina” disse il Principe, rifiutando di pronunciare la parola madre, del tutto inadatta per una persona come lei. “Io… temo che saranno gli altri vichinghi, i tuoi amici, la tua gente a ritenere che io sia un peso per te, che un figlio di Ragnar avrebbe meritato molto di più.”

Hvitserk ridacchiò e baciò ancora con tenerezza Aethelred.

“Beh, io sono uno dei figli di Ragnar e di certo non quello che si fa notare di più, inoltre sono anche considerato un voltagabbana perché prima mi sono schierato con Ivar contro gli altri miei fratelli e adesso combatterò contro Ivar… Insomma, non credo proprio che a Kattegat abbiano una così alta opinione di me!” disse, scherzoso. “E poi cosa sono queste sciocchezze sul meritare? Non c’è niente da meritare. Io mi sono innamorato di te e basta, mi piaci per quello che sei e voglio stare con te, al resto non ci penso. E non ci dovranno pensare nemmeno gli altri.”

Prese il volto di Aethelred tra le mani e lo guardò fisso negli occhi.

“Chiunque a Kattegat e in qualsiasi altro luogo dovrà accettarti perché sei il mio compagno, io ti amo e ti voglio accanto a me” dichiarò, facendosi improvvisamente serio. “Voglio stare con te per il resto della mia vita perché mi fai felice e voglio che anche tu sia felice. Noi ci amiamo e l’amore non si merita, succede e basta. Hai capito?”

“Sì” mormorò appena Aethelred, confuso. Quello che Hvitserk gli aveva detto era meraviglioso e gli riempiva il cuore, si sentiva infinitamente fortunato ad essere amato così e si rendeva conto che quel ragazzo era davvero il raggio di sole della sua esistenza.

In fondo al cuore, tuttavia, pensava ancora di non essere degno di lui, ma decise di non parlarne più, almeno finché non fosse stato necessario.

Hvitserk lo baciò ancora a lungo, poi lo strinse a sé per addormentarsi allacciato al suo corpo.

Aethelred si abbandonò tra le braccia del giovane vichingo, pensando che, comunque fosse finita, per lui era già un’immensa fortuna averlo conosciuto, essere lì con lui, poter vivere almeno per qualche tempo la gioia di essere il suo compagno. Nessuno mai, in tutta la sua vita, lo aveva amato così, nessuno lo aveva mai fatto sentire completo come si sentiva con Hvitserk. Non doveva tormentarsi con preoccupazioni su ciò che sarebbe accaduto nel futuro, doveva godere di quella felicità senza se e senza ma, vivere intensamente ogni attimo con Hvitserk.

E se, un giorno, Hvitserk non lo avesse amato più, se avesse fatto altre scelte, lui le avrebbe rispettate e lo avrebbe lasciato andare senza rimpianti, grato per la felicità che gli aveva donato.

Quello che contava era solo ed esclusivamente la felicità di Hvitserk.

 

 

FINE

 

 

   
 
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