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Autore: shilyss    06/12/2020    8 recensioni
Storia sulla discesa nell'oscurità del dio degli inganni. L’astuto e sfrontato principe Loki si è macchiato di una colpa terribile, per cui non prova alcun tipo di pentimento. L’esilio di Thor è ancora lontano, ma molte ombre stanno cominciando ad addensarsi sul trono di Odino. Perché ogni sacrilegio deve essere punito, solo che.
Lei era proibita e anche solo guardarla rappresentava un errore, un sacrilegio compiuto nei confronti dell’ordine costituito; avrebbe dovuto rinunciarci senza indugiare in pensieri pericolosi e malsani, ma la soddisfazione non era nella sua natura – questo, però, non lo sapeva ancora.
“Chi di voi due?” La voce di Sigyn era risuonata altera e decisa, non priva, però, di una nota oscura, figlia di un terrore che aveva nascosto per una notte intera.

[pre-Thor] [Thor] [hurt/comfort]
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 20

 

Sigyn allungò la mano verso la pergamena, facendo attenzione a non interrompere il contatto visivo con il principe di Asgard. La spingevano alla cautela l’inevitabile e straziante tensione che l’avvolgeva quando l’Ase era vicino a lei, e il timore di non comprendere a fondo perché Loki desiderasse liberarla, infrangendo la promessa fatta da Sigurdr al suo futuro, vero, carceriere.

Piegò la bocca in una leggera smorfia, indugiando nell’aprire il foglio che sentiva, ruvido e poroso, sotto i polpastrelli. “Perché?”

Loki si mise più a suo agio sulla sedia, poggiando le spalle sullo schienale. Il bel viso affilato era rischiarato dalla luce di una candela vicina e il riflesso del fuoco dava, ai suoi occhi chiarissimi, una sfumatura quasi cangiante e azzurrata, che si accentuò quando lui inclinò il capo, come per guardarla meglio.

“Non è chiaro il motivo? Temi forse che possa chiederti qualcosa in cambio? Sei mia ospite, qui, Sigyn,” sorrise, calcando la voce su quella parola, ospite, che, alle orecchie dell’ancella, aveva lo stesso suono metallico di prigioniera o schiava. “Sei mia ospite,” ripeté, “ed è compito mio e della mia famiglia proteggerti.”

Le belle dita di mago di Loki iniziarono a tamburellare sul tavolo con distratta lentezza, in attesa che lei leggesse e reagisse.

Sigyn, finalmente, aprì la pergamena, valutandone il contenuto con attenzione. E, a mano a mano che i suoi occhi scorrevano le frasi appuntate con perizia e una bella grafia corsiva, sentì montare, dentro di lei, qualcosa di indefinibile, di nuovo, perché tutto quello che circondava l’ingannatore era fuori da ogni incasellamento. Si trattava di sdegno e stupore e ammirazione, anche. “Tu sei pazzo,” disse infine, alzandosi in fretta e posando il foglio, come se scottasse.

“Me lo dicono in molti,” riconobbe il principe con un ghigno soddisfatto.

“Avrà delle conseguenze.” Lei scosse il capo, in un gesto energico di diniego. “Oltre a essere folle mette in pericolo la mia famiglia. Così il patto, qualunque esso sia, verrà infranto.”

“Ti interessa?” Un lampo, gelido come il tono assunto all’improvviso dalla sua voce, attraversò gli occhi di Loki. “Loro ti vendono e a te importa cosa gli capiterà?”

Quella battuta sferzante la fece impallidire. L’Ase aveva ragione: la sua considerazione era così sincera e tagliente da sembrare un sibilo della sua coscienza.

“E tu credi che Odino ti consentirà di rischiare così tanto per me?”

Il nome del sovrano di Asgard fece serrare la mascella diritta del principe. I suoi occhi brillavano d’ammirazione, quando parlava di suo padre. L’inorgogliva l’idea di essere il figlio di un simile capo, e desiderava ripercorrerne le orme per rendere Ásaheimr ancora più grande e prospera. Lui, che era insofferente a qualsiasi regola e trovava immensamente divertente aggirare divieti e imposizioni, subiva il carisma del re degli Æsir riconoscendone l’autorità e l’intelligenza, così come riteneva di aver ereditato proprio dal genitore la sua astuzia tagliente. Ma Odino non era solamente un re accorto e lungimirante; nutriva aspettative nei confronti di tutti i suoi figli, che l’ingannatore, in quel tempo, ambiva ancora a soddisfare, a qualsiasi costo. Dopo, non più. Un giorno avrebbe scoperto di non aver mai avuto nelle sue vene il sangue di Padre Tutto, e gli sforzi fatti per compiacere il genitore adottivo gli sarebbero sembrati nient’altro che una farsa penosa, una bugia ignobile dentro cui era vissuto. Ma in quella biblioteca, davanti a Sigyn rossa in volto, Loki, ancora ignaro delle sue ascendenze, si limitò ad alzarsi rispondendole a tono.

“Per la Scintilla.”

“Io non ho visioni.”

“Non sempre si tratta di visioni. Alcune volte sono sensazioni.” Increspò le labbra in un sorriso mesto e appena accennato, che mise in risalto la ferita ancora fresca. “Il Ragnarok è vicino ed è scritto che noi combatteremo fino alla morte, tutti. Lo sentirai arrivare nelle ossa, prima di noi: avvertirai il gelo e saprai che è il primo dei sette inverni predetti,” mormorò e Sigyn si ritrovò a pensare che doveva essere terribile, crescere con la consapevolezza che una tragedia tramandata di generazione in generazione segnerà, tra tutte, proprio le nostre vite. Le sembrò che le parole di Loki si insinuassero sotto il suo abito, lambendole la pelle con loro soffio gelato; provò un’ammirazione calda e vischiosa di fronte alla tracotanza con cui il giovane principe affrontava, a viso aperto, l’ineluttabile destino che lo attendeva. Era audace e pronto a incrociare le armi durante il Ragnarok come per liberarla dalla sua maledizione. E, in quel preciso istante, comprese che il figlio di Odino voleva salvarla dal suo destino per mescolare insieme la propria gloria e quella di Asgard, per sfruttare il suo potere e tenerla tra le braccia, come fosse un trofeo. Intuì, con lucida precisione, che il dramma personale del giovane e spregiudicato condottiero che le stava di fronte era l’incapacità di accontentarsi di ciò che le Norne avevano filato per lui, l’ostinazione nel voler essere l’unico artefice del proprio destino, il solo in grado di dare voce alla sua storia. Non avrebbe accettato mai che salvarla non significava strapparla alla vita contemplativa. Sigyn era e sarebbe rimasta un’ancella segnata dalla Norne, ceduta come ostaggio a un popolo di pirati. Loki la chiamava scintilla e si permetteva di farle doni splendidi e inopportuni, guardandola come qualcosa di prezioso, ma sembrava voler ignorare a tutti i costi che le parole scritte sulla pergamena appena letta rappresentavano un sentiero troppo stretto e insicuro, da percorrere. E, forse, la cosa peggiore era che anche lei stava cedendo alla menzogna che Loki si raccontava – le raccontava. Solo in questo modo poteva spiegarsi la ridda di sentimenti che l’aveva avviluppata da quando si era mostrata al banchetto con un abito appariscente addosso. Agì d’impulso, tentando di raddrizzare la stortura.

“Devo restituirti l’anello. È tuo. Fa parte di un tesoro spartito – avrei dovuto dartelo prima della tua partenza, ma mi sono accorta della tua sorpresa troppo tardi,” spiegò, incasellando in fretta una parola dietro l’altra sotto lo sguardo vigile e divertito di Loki.

“È un gioiello da donna. Credo doni più a te,” osservò l’Ase. Lasciò correre lo sguardo sul suo collo leggermente arrossato dall’imbarazzo, sulla scollatura castigata, ma presente, che arrivava fin quasi al seno, sul delicato polso di fata su cui brillava il monile che le aveva riparato, forse desiderandola o disegnando, nella propria mente, le curve nascoste del suo corpo che, sotto i vestiti, poteva solo immaginare. Deglutì impercettibilmente. “S’intona anche con lui,” aggiunse, indicando il bracciale. “La chiusura non ti ha più dato problemi, spero.[1]

“Non posso comunque tenerlo. Io sono un’ancella e un tuo ostaggio. I tuoi doni mi mettono a disagio,” spiegò. Solo alcune settimane prima avrebbe detto mi offendono, ma ora quelle due parole suonavano stonate e false. Se le avesse usate, lui si sarebbe accorto che mentiva, avrebbe colto la sua mancanza di convinzione e sarebbe stato peggio, pensò.

Di fronte al suo contegno severo, Loki s’irrigidì appena. La bocca perennemente divertita assunse una piega maliziosa e sarcastica, un bagliore lucente rese più metallico il suo sguardo.

“E perché mai? Che pensi ci sia stato, tra noi, Sigyn?” inquisì.

L’ancella avvampò. “Lo sai. È stato un sacrilegio, non avremmo dovuto.”

Una luce vittoriosa brillò negli occhi dell’ingannatore. Lei era coinvolta: non aveva osato negare quel noi, anzi, l’aveva rafforzato. Scosse la testa, avvicinandosi di un passo. “L’anello è un insignificante regalo,” spiegò, allargando le braccia, “l’omaggio di un guerriero in partenza a una ragazza carina, prima di una battaglia. È un’usanza a cui tu hai dato un’importanza ridicola.”

Sigyn strinse le labbra, colpita dal feroce sarcasmo di Loki, che le rinfacciava il suo non sapere nulla del mondo e sviliva le sue rimostranze accampando gesti scaramantici che, a ogni buon conto, non avevano sortito l’effetto sperato.

“Anche il resto è insignificante?” l’incalzò.

“Ci siamo baciati, Sigyn.” Il ghigno trattenuto di Loki si allargò in una smorfia sagace e soddisfatta.  “Possibile che tu non riesca nemmeno a dirlo?” le sibilò. “È stato solo uno sciocco bacio, dato, scusa se mi ripeto, prima di una battaglia. Forse abbiamo offeso gli Antenati, ma ti assicuro che equivale a niente. Non ci siamo compromessi, stai tranquilla.”

“Per te è un gioco, un divertimento? Hai oltraggiato un’ancella per l’ebbrezza di una trasgressione?”

“Sfidare gli antenati non significa amare te. Ho commesso un sacrilegio – ero mortalmente curioso di sapere che si prova, a baciare una di voi. Non c’è nient’altro. La scintilla serve a me, serve ad Asgard.”

Mentiva, e lo stava facendo con forza, con studiata consapevolezza e il preciso intento di ferirla. E questo nonostante il profumo di lei gli offuscasse i sensi, il suo sguardo s’incatenasse, ostinato, sulla pelle bianca e morbida che il vestito lasciava scoperta. Seno che avrebbe voluto denudare, baciare, percorrere con la lingua finché Sigyn non lo avesse supplicato di entrare dentro di lei. Ma quella, decise, era solo passione, accentuata dall’aura di intoccabilità che circondava la Scintilla. Se fosse stata una qualunque, dopo averla presa, l’avrebbe dimenticata – ma non lo era. E questo, Sigyn, non poteva saperlo.

 

Livida in volto e con le labbra serrate, raccolse le gonne chiare e s’incamminò verso l’uscita della biblioteca, offesa come giovane donna e come ancella. Nel suo modo di nascondere l’orgoglio ferito e nello sdegnoso silenzio di cui lo fece oggetto, Loki riconobbe i tratti della principessa: era così fiera che baciarla si trasformava, di nuovo, in una necessità, in un bisogno che le tenebre notturne dovevano rendere attuabile. L’intercettò in prossimità delle sue stanze, grazie a una delle molte scorciatoie che l’Ase conosceva da quando era bambino e che lei, invece, ignorava. Sigyn sussultò, trovandoselo davanti all’improvviso. Ed era bella, con gli occhi sgranati dalla sorpresa, la bocca che a stento tratteneva un’esclamazione stupita, l’ira che le imporporava le guance. Era bella, sì, e la spinse contro la parete, costringendola a sollevare il viso e lambendole le labbra con le sue, in un bacio che era una carezza sfrontata e leggera, un assaggio audace, famelico come la stretta in cui Sigyn si lasciò imprigionare. Lo maledisse, tra un bacio e un altro, lo insultò e provò persino a graffiarlo, ma alla fine si aggrappò a lui e i graffi divennero carezze dolenti, che già sapevano di rimpianto e di rinuncia.

“Ho temuto che mi portassero la notizia della tua morte,” gli bisbigliò, sfiorandogli i capelli scuri che gli lambivano la nuca.

Loki non rispose. La ferita gli bruciava ancora e non vedeva il fondo dell’abisso in cui stava precipitando mentre teneva quella ragazza stretta contro il suo corpo. Padre Tutto non avrebbe mai approvato. Era impossibile che tollerasse un simile sacrilegio; se i suoi corvi maledetti non gli si erano ancora posati sulle spalle per raccontargli delle sue malefatte, era solo perché attendevano che la sua colpa s’ingigantisse. Desiderare un’ancella non era vietato, sebbene sconveniente, baciarla una volta, forse, nemmeno, considerate le attenuanti che senz’altro Loki poteva addurre, ma reiterare nell’errore era imperdonabile. Non ci sarebbero state scuse da sostenere, né un piano logico da difendere. E il trono di Asgard, ambito da sempre, poteva andare a un principe che si era macchiato di un simile atto egoistico? Che se ne infischiava delle leggi che lui stesso doveva proteggere e garantire per un piacere effimero e personale – per una ragazza dagli occhi grigi colmi di lacrime fieramente trattenute tra le ciglia scure, per il suo corpo flessuoso premuto dolorosamente contro il suo? Non significa niente, si disse lasciandola andare, ma quelle tre parole, in gola, avevano un sapore strano e aspro, diverso da quello, dolce, che gli era rimasto sulle labbra.

 

Thor riconobbe Loki dal passo. Svelto, deciso, sottilmente nervoso. Si voltò asciugandosi con un braccio la fronte e puntandogli contro una scure.

“Che te ne pare, fratello?”

L’ingannatore assottigliò le palpebre, concentrandosi sul filo della lama, sulla particolarità dell’elsa. “Una splendida ascia, non c’è che dire.”

Il primo figlio di Odino annuì soddisfatto. “Con quello sfregio non ti si può guardare. Pensavo ti avrebbe potuto migliorare o rendere più interessante, ma no. Il più bello, tra di noi, resto sempre io,” decise, sfoggiando un sorriso sornione.

“Scherzi? Le donne lo ameranno.” Loki spostò la sua attenzione sulle altre belle armi presenti nella sala. In particolare, s’interessò a un pugnale affilatissimo, il cui acciaio pareva mandare bagliori azzurri. Lo prese in mano valutandone il peso e il bilanciamento, indeciso se valesse o meno la pena di inserirlo nella sua collezione personale.

“No, fratello. È solo che gli fai tenerezza.”

Di fronte alla battuta, il mago inarcò un sopracciglio, fintamente offeso. “Devo trasformarti di nuovo in un rospo, Thor?”

“Attento, fratellino: anche da rospo posso romperti le ossa con Mjollnir.”  Il tonante sorrideva ancora, ma il suo tono aveva assunto una spiacevole nota metallica, simile a quella che avrebbe avuto un comandante nei confronti di un subalterno. Loki la registrò, assimilandone il significato profondo, intuendo il messaggio sotteso di Thor – io sono il maggiore, tra di noi, il primogenito; stringo tra le mani la reliquia più potente di tutta Asgard. E tu, invece?

Ci fu un momento in cui in cui due fratelli si fissarono negli occhi, consci che la mossa successiva, a prescindere da chi l’avrebbe intrapresa, sarebbe stata determinante per allargare o chiudere la crepa sotto cui ribolliva il magma della loro disarmonia: in battaglia erano talmente affiatati da suscitare invidia sia negli avversari che negli alleati, perché bastava loro uno sguardo per capirsi. La loro complicità quasi leggendaria aveva condotto Asgard alla vittoria innumerevoli volte, eppure, chi frequentava il palazzo di Asgard non poteva ignorare anche l’altro: che i figli di Odino possedevano un temperamento focoso e fiero non solo in guerra, ma anche nelle sale del potere. Si scontravano spesso, litigando ferocemente spesso per delle sciocchezze su cui si impuntavano per orgoglio, per non cedere all’altro la parvenza di una resa, per stabilire, costantemente, chi fosse più degno dell’altro. Anche in quel momento, la frase di Thor avrebbe potuto scatenare l’ennesima lite e risvegliare lo spirito tempestoso di Loki, ma così non fu. Il tonante allungò una mano verso il fratello, dandogli una pacca sulla spalla con brusco affetto; il mago, dal canto suo, rispose rilassando leggermente i muscoli già tesi. Per quella volta, la tensione si era sciolta nello scherzo, ma Asgard non sarebbe stata sempre altrettanto fortunata; e questo, Loki e Thor avrebbero dovuto intuirlo o riconoscerlo o, ancora, prevederlo – sentirlo nelle ossa, nelle vene e nel sangue. Ma non era il momento. Avvenne qualcos’altro, invece. Il dio del tuono ritenne che la silenziosa pace appena stipulata valesse una confessione.

“La tua sacerdotessina mi ha chiesto di te, mentre eri via,” confessò. “Aveva due occhioni spaventati…”

Per tutta risposta, Loki arricciò le labbra in una smorfia scontenta. “Spero che l’abbia fatto solo con te,” sibilò caustico.

“Da quando sono qui, non ha fatto altro che passare tutto il suo tempo in biblioteca e a pregare.”

Il mago incrociò le braccia dietro la schiena e gonfiò il petto. “Non dovevi tenerla d’occhio per me. Non te l’ho chiesto.”

“No,” riconobbe il dio del tuono. “Per questo l’ho fatto. Perché non me l’hai chiesto. E, se fosse stata meno interessante, mi avresti obbligato a farlo e non ti saresti limitato a me. No, fratello,” insistette. “Avresti coinvolto Sif e i guerrieri e chiunque altro.”

“Se non l’ho fatto,” si difese Loki a denti stretti, “è perché ho ritenuto che non ce ne fosse bisogno, evidentemente.”

“Evidentemente, pensi di poterla gestire da solo.”

A questa considerazione, l’ingannatore si animò e sorrise, sfoggiando il suo ghigno furbo e ancora sofferente. Girò attorno al fratello come se fosse in procinto di interrogare un imputato per estorcergli qualche confessione. “E cosa sto gestendo, di grazia?”

Ma il primo figlio di Odino era immune alle strategie intimidatorie dell’altro. Per lui Loki era il primo amico che avesse mai avuto, il compagno di giochi di una vita intera, l’insopportabile braccio destro che a volte parlava decisamente troppo. Tranne quando doveva, come in quel momento. “Dimmelo tu. Perché sei qui? Tutto quello che fai, ultimamente, è legato a quella ragazza.”

“Da quanto non c’erano scintille, ad Asgard?”

“La verità, Loki. O qualcosa di abbastanza vicino, magari.” La voce di Thor aveva assunto una nota scocciata, adesso.

Il dio degli inganni assottigliò le palpebre e si fermò. “Altrimenti?”

“Verrà il momento in cui, qualsiasi cosa passi per quella tua testaccia, mi chiederai aiuto.”

Loki restò in silenzio un istante, quasi volesse assorbire completamente il senso della predizione del fratello. Che stava cadendo, come tutte le volte, nella sua rete, evitandogli il fastidio di doversi abbassare a invocare il suo ausilio. “Interessante,” osservò infine, leccandosi la cicatrice dolorante. “Dovrei spartire con te fortuna e gloria?”

A quelle due parole, Thor figlio di Odino impallidì e dubitò della sanità mentale dell’altro. “Allora è così. Vuoi liberarla?”

 

Il piccolo Balder non sentì una sola parola di quello che si dissero i suoi fratelli maggiori. Dal punto in cui si trovava non riusciva a udirli, ma se si fosse avvicinato troppo, Thor e Loki lo avrebbero scoperto e si sarebbero assicurati di non essere più spiati. E così, a lui sarebbe stata preclusa la sua attività preferita su tutte: osservarli e fantasticare sul giorno in cui anche lui avrebbe preso parte ai loro conciliaboli: sarebbe intervenuto con fierezza e intelligenza, stupendoli entrambi. E Thor e Loki si sarebbero trovati assolutamente d’accordo con lui, lodandolo per la sua chiaroveggenza e lungimiranza. Era un sogno a occhi aperti, che non si sarebbe mai realizzato: i suoi fratelli raramente erano totalmente d’accordo su qualcosa, ma avrebbero convenuto entrambi, sempre, che lui, Balder, era troppo giovane o ingenuo o inadatto per seguirli. Ma questo, il giovane principino non poteva immaginarlo: s’incantava ammirando le movenze fluide e sempre un filo circospette di Loki, a cui la ferita fresca sul volto regalava un’aria selvaggia e un po’ piratesca, e desiderava possedere la sbalorditiva forza di Thor e la sua muscolatura potente e guizzante. Si chiese se stessero parlando della sua amica Sigyn.

Nelle settimane in cui Asgard era stata in guerra, lei gli aveva chiesto più o meno giornalmente notizie e informazioni ulteriori rispetto a quelle che giravano per il palazzo, certa che lui, in quanto membro della famiglia reale, captasse qualche dettaglio in più sulle gesta belliche dell’ultima guerra di Odino. Il modo in cui si torceva le mani quando aspettava che le rispondesse sembrava quasi suggerire che dubitasse della certa vittoria degli Æsir. E lui, Balder, di fronte alla sua paura, si era sentito grande come i suoi fratelli e le aveva spiegato quanto Asgard fosse invincibile, i suoi guerrieri più forti degli altri e Loki e Thor più abili e spietati di tutti. Sigyn ascoltava con attenzione i suoi ragionamenti e spesso, curiosa, gli faceva delle domande, finché, passato un tempo per Balder sempre troppo breve, alle prime avvisaglie che il sole stava tramontando, lei si alzava rassettando la gonna chiara e gli annunciava che doveva tornare a servire gli Antenati. Si allontanava sorridendogli, ma il suo sorriso era tirato e pareva forzato. Il giorno in cui era giunta la notizia che Loki era stato catturato, Sigyn era rimasta ad ascoltare Balder finché il cielo non si era fatto completamente nero, dimenticandosi completamente del consueto appuntamento serale. Quando, infine, si era alzata per andarsene, era pallida e nervosa. Rimase così per giorni e giorni – settimane. Continuava ad andare da Balder per avere delle novità, ma mentre il ragazzino parlava, spesso sembrava distratta e sovrappensiero, arrivando a porgli domande che avevano già avuto risposta e che riascoltava annuendo con la testa, le sopracciglia corrugate sul bel viso pallido. La sbadataggine non svanì del tutto nemmeno con l’annuncio del ritorno di Loki. Sigyn era fisicamente presente, ma distante con lo sguardo e con i pensieri, le dita che carezzavano, irrequiete, il bracciale che teneva sempre al polso.

 

 

Padre Tutto pensò che aveva bisogno di un corno del migliore idromele. Con un cenno, ordinò al servitore silenzioso e immobile che attendeva i suoi comandi, di portargli qualcosa proveniente dalla sua riserva personale. Nell’attesa, tamburellerò con le dita sul tavolo in noce, in un gesto distratto che Loki aveva osservato e imitato fino al punto di farlo suo. Huginn e Munin gli gracchiavano, da giorni, le stesse notizie. Odino avrebbe voluto ignorarli, fingere di non sapere, oppure tornare indietro al tempo in cui le forze non abbandonavano, ogni giorno di più, il suo corpo ormai stanco, che nemmeno le mele di Idunn potevano riportare all’antica vigoria. All’epoca, Thor e Loki erano bambini scalmanati e gestibili. I loro desideri e impulsi non coinvolgevano Asgard e il trono cui ambivano era ancora una chimera lontana, un obiettivo più vicino al sogno che alla realtà. Ma più il tempo passava, più il sovrano di Asgard doveva fare i conti con alcune scelte antiche che avevano avuto risvolti inaspettati. Una su tutti gli lacerava il cuore. Una che Frigga conosceva e su cui non si esprimeva più – aveva detto, a suo tempo, cosa pensava della questione e che significasse, per lei, la scelta fatta da suo marito.

 

 

L’angolo di Shilyss

Care Lettrici e cari Lettori del mio cuore,

Eccomi tornata dopo “solo” due settimane ♥ avete visto che miglioro??? Colpa dei miei bei piccioni ♥. Il prossimo aggiornamento è sicuramente il 42 di Accordo – perdonatemi, ma devo rileggermi gli ultimi tre capitoli per far quadrare tutto.

 

Ringrazio chi ha listato, recensito o semplicemente letto questa storia (se non l’avete fatto, ricordatevi che Babbo Natale vi guarda e che a Natale siamo tutti più buoni): a parte gli scherzi (lokini) siete importanti e sappiate che leggo tutti i vostri commenti e non vi mangio. Spesso non rispondo pubblicamente, ma se vi palesate lo faccio e sono molto alla mano, ecco. Se avete piacere, passate su Ombre e fate attenzione agli avvertimenti. Piacerà anche a chi ama il canone.

 

Ricordo che il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia, è una mia personale interpretazione/reinterpretazione/riscrittura. Non vi autorizzo a ispirarvi o peggio a questa versione o alle altre storie da me postate né qui né altrove (peggio mi sento con le fiabe) e lo stesso vale per gli headcanon su Vanheim, su Loki o su Asgard stessa. Creare un mondo con usi e costumi non è uno scherzo.

A presto e grazie per tutto l’affetto/sostegno/cose, vi si lovva (e spero voi lovviate me).

Vostra,

Shilyss



[1] Come forse ricorderete, negli scorsi capitoli Loki ha riparato un gioiello di famiglia di Sigyn, un braccialetto. Le ha, in seguito, regalato con un trucco un anello. L’anello è quello che lei porterà via con sé nel Tempio.

   
 
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