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Autore: _Lightning_    07/12/2020    3 recensioni
Din non ha mai avuto alcun problema a dormire: crolla sempre come un sasso, ovunque si stenda – o anche in piedi – comunque pronto a destarsi al minimo cenno d’allarme. Le notti insonni non sono mai state un problema, e ciò è decisamente una benedizione per un cacciatore di taglie. Nelle ultime settimane, ne ha collezionato un numero spropositato. Rimane ad occhi aperti nel buio per ore, tenuto sveglio dallo sferragliare dei suoi stessi pensieri, ad ascoltare il respiro lieve del Bambino interrotto di tanto in tanto da un lamento assonnato.
È sveglio anche adesso, steso sulla schiena con un braccio ripiegato sulla fronte. Una posizione difensiva che assume in automatico, a sopperire la mancanza dell’elmo – come se qualcosa o qualcuno potesse attaccarlo là dentro, nelle solide paratie della Crest, con Cara di guardia fuori.

[The Mandalorian // implied!CaraDin // What If? // Mando&BabyYoda // Fluff/Introspettivo]
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Baby Yoda/Il Bambino, Carasynthia Dune, Din Djarin
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tales of Two Space Warriors and Their Green Womprat'
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Contesto: post-S1
Genere: introspettivo, sentimentale, commedia
Personaggi: Din Djarin, Cara Dune, il Bambino
Avvertimenti: 3 capitoli, what if?


©shima_spoon

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1. Una discutibile scelta di parole



 

Il giorno è arrivato

In realtà, “il giorno” è arrivato da almeno tre settimane, ma Din continua a rimandare ciò che dovrebbe far accadere. O meglio, ciò che avrebbe dovuto far accadere circa un anno fa. Non è esatto dire che abbia rimandato, all’epoca; semplicemente, non si è nemmeno concesso di prendere in considerazione quella possibilità. Non era un pensiero realistico, allora.

Adesso, però, pensa che potrebbe esserlo. Ha passato più di una notte insonne a rigirarsi quella risoluzione in testa, all’infinito. E dire che non ha mai avuto alcun problema a dormire: crolla sempre come un sasso, ovunque si stenda – o anche in piedi – comunque pronto a destarsi al minimo cenno d’allarme. Le notti insonni non sono mai state un problema, e ciò è decisamente una benedizione, per un cacciatore di taglie. Nelle ultime settimane, ne ha collezionato un numero spropositato. Rimane ad occhi aperti nel buio per ore, tenuto sveglio dallo sferragliare dei suoi stessi pensieri, ad ascoltare il respiro lieve del Bambino interrotto di tanto in tanto da un lamento assonnato.

È sveglio anche adesso, steso sulla schiena con un braccio ripiegato sulla fronte. Una posizione difensiva che assume in automatico, a sopperire la mancanza dell’elmo – come se qualcosa o qualcuno potesse attaccarlo là dentro, nelle solide paratie della Crest, con Cara di guardia fuori.

È sempre così buio, nella sua cuccetta, che si concede di togliersi l’elmo anche se in effetti c’è un altro essere vivente in quella stessa stanza. Non che sia rilevante, considerando che è di fatto suo figlio. A lui sarebbe permesso vederlo. Ma quello è un discorso spinoso sul quale non ama soffermarsi. Non vorrebbe altro che lasciarsi vedere dal Bambino, ma teme che poi lo ricorderebbe per tutta la vita come il cacciatore di taglie che gli ha permesso di affezionarsi solo per poi troncare ogni legame con lui. Non ama nemmeno pensare a quel particolare momento futuro, nonostante sappia che la sua missione lo condurrà lì, inevitabilmente – e al momento è già abbastanza indaffarato con ciò che deve accadere oggi. Non ha davvero bisogno di altre variabili.

Quindi, per ora, si limita a seguire in modo oltremodo zelante le regole. Il Bambino non sembra comunque avere una visione notturna sviluppata, e non è mai sceso dalla sua amaca nel cuore della notte, come se in qualche modo percepisse che non sia la cosa giusta da fare – non ancora, almeno. È indisciplinato e testardo in molte cose, ma sembra capire e rispettare quel suo unico dettame.

È quasi ironico come sia lui stesso quello ad avere qualche difficoltà in proposito, sin dalla battaglia di Nevarro, quando ha sfiorato la morte con la punta delle dita quasi accogliendola. Una parte di lui è convinta che la scusa dell’essere “vivente” sia, in effetti, una scusa. Ha infranto il Credo. Non del tutto, magari, ma non l’ha nemmeno rispettato appieno. L’ha... incrinato, in qualche modo. Non ne va fiero: lo fa sentire sporco, indegno, un reietto del suo stesso popolo.

Proprio perché la sua devozione è già in dubbio, ha l’obbligo morale di fare nel modo giusto almeno questa cosa. Sta già camminando sul filo del rasoio, ed è un rasoio in beskar estremamente affilato.

Dopo un altro paio d’ore di elucubrazioni, e dopo essersi vestito e bardato alla meglio nello spazio ristretto di quel cubicolo, esce infine dalla cuccetta col Bambino abbarbicato in braccio, ritrovandosi nella luce piena del mattino inoltrato. La rampa della stiva è abbassata e una leggera brezza primaverile si insinua fin laggiù, dopo aver increspato le distese d’alta steppa giallognola che abbracciano l’orizzonte.

Cara occupa uno dei due sgabelli disponibili, intenta a prendersi cura del suo blaster con un assortimento di strumenti di manutenzione a invadere il tavolinetto accanto a lei.

«’Giorno, Mando,» lo saluta, concentrata sul suo compito. «È tardi, stavo per controllare che fossi vivo... ma considerata l’ultima caccia, ho pensato che avessi solo bisogno di riposare,» aggiunge, alzando gli occhi verso di lui e abbozzando un sorriso. «Dormito bene?»

«Meglio del solito,» replica lui, incapace di mentire. È quasi vero, in fondo. «E grazie. Ne avevo davvero bisogno.»

Lei gli rivolge un’occhiata penetrante, ma non indaga oltre e riprende ad occuparsi del blaster, scrutandolo con sguardo critico. Din trae un sospiro silenzioso, cercando di ricomporsi. Prima di tutto, ha bisogno di una tazza di caf. E di una fetta di torta di uj, se il suo stomaco riesce a non rigettarla. Poi, magari, di una rinfrescata. Stila quella brevissima lista di incarichi mattutini come fosse quella ben più importante dei rifornimenti per la Crest, ripetendosi che ha tutto il tempo del mondo, per fare le cose come si deve.

Sarà comunque una giornata tranquilla: l’ultima taglia, per quanto impervia, ha pagato bene, e si sono concessi un po’ di meritato “riposo ricreativo” su Lothal, al sicuro tra le sue steppe sconfinate. Delle voci riportano l’esistenza di alcune rovine Jedi nascoste da qualche parte là attorno, così ne hanno approfittato per unire l’utile al dilettevole. Hanno passato un paio di giorni a raccogliere provviste cacciando nella prateria, per poi mettersi in cerca delle rovine, in quelle che sono sembrate più escursioni di piacere che vere e proprie ricognizioni – soprattutto col Bambino esultante al seguito.

Ma non hanno scadenze, né alcuna pressione esterna, per una volta – solo un urgente bisogno di rilassarsi. Gli è sembrato naturale cogliere al volo quello stato di profonda tranquillità per mettere ordine tra i suoi pensieri e dare loro una direzione. E adesso non può tornare sui propri passi.

Deposita il Bambino ai piedi di Cara e confida nel fatto che saprà tenerlo d’occhio mentre gironzola attorno al banco da lavoro improvvisato, sapendo quanto ami qualunque oggetto sia abbastanza piccolo da essere messo in bocca col rischio di strozzarsi. Si dirige poi nel cucinino improvvisato della Crest, niente più che un fornelletto a tibanna e qualche pentola ammaccata. Mette a scaldare un po’ di caf, gettandosi un’occhiata alle spalle: Cara ha spostato lo sgabello in modo da dargli la schiena e prende poi in braccio il Bambino, districandosi tra gli attrezzi così che neanche lui possa guardarlo direttamente mentre fa colazione.

Le rivolge un’occhiata grata, anche se lei non può vederlo. Si tira poi su l’elmo fino a metà volto, ingollando in un paio di sorsi la bevanda tiepida, e infine, dopo un’occhiata ai resti del dolce, rinuncia a mangiare cibi solidi per timore di non riuscire a trattenerli. Ha la nausea, come se si stesse per imbarcare in una caccia dalla quale non è certo di tornare vivo. Anzi, in quel caso sarebbe di certo più tranquillo. Ha sempre affrontato stoicamente ogni suo incarico – non ricorda l’ultima volta che ha avuto la nausea. Forse il giorno prima di indossare il beskar, da ragazzo. Gli si stringe ancor più lo stomaco a quella coincidenza.

Fa scivolare l’elmo al suo posto e fa per poggiare la tazza con abbastanza forza da essere udibile anche a Cara, per segnalarle che adesso può voltarsi. Una routine giornaliera ormai consolidata. Esita.

Forse... la sua mano libera è ancora posata sull’elmo. Forse... no, no. Preme il palmo sulla calotta, in modo da indossarlo completamente, e poi batte fermamente la tazza sul ripiano metallico.

Non può mandare tutto all’aria così. Sta pianificando tutto da un tempo infinito, e si è approcciato alla questione come avrebbe fatto con una taglia particolarmente pericolosa e imprevedibile. Ha preso in considerazione ogni singola variabile e tutti i possibili esiti. Ha scartato un paio – una dozzina – di modi differenti per affrontare la questione. Non ne ha ancora trovato uno pienamente funzionale, perciò ha deciso semplicemente di inventarne uno sul momento, a seconda della situazione.

È sensato lasciare una piccola parte d’improvvisazione in ogni piano – o almeno, continua a ripeterselo – visto che niente va mai secondo i piani. Ma un fatto è scolpito nel beskar: non prenderà quella decisione da solo. Non vuole ridursi a quello; non è così che vuole impostare il discorso.

Moderata improvvisazione, quindi. Ciò che farebbe durante una caccia, sull’onda del momento, deve farlo adesso, con criterio. E, in qualche modo incomprensibile, potrebbe andare a finire peggio di qualunque taglia o caccia fallita. I crediti persi possono essere compensati col lavoro successivo, le ferite alla fine guariscono, e la morte... beh, non c’è molto spazio per pensare oltre quella, in fin dei conti.

Ma ciò che sta per fare potrebbe rimescolare le carte della propria esistenza e dargli o una mano molto svantaggiosa o un sabacc puro. C’è un motivo, se non gioca spesso d’azzardo... eppure adesso è qui, pronto a farlo. Non ha molta fiducia nei suoi pronostici.

Così, cerca di leggere il momento.

I tintinnii e cigolii degli attrezzi di manutenzione riempiono la stiva, mentre Cara è intenta a pulire e aggiustare il blaster dopo la loro ultima, movimentata caccia. È caduto da un’altezza considerevole e adesso la canna è leggermente deviata verso il basso. Cara ci sa fare, con le armi, e il blaster sembra essere in condizioni molto migliori, a dispetto della limitata gamma di attrezzi a disposizione.

Il Bambino allunga le mani verso di essi ogni volta che ne ha l’occasione, ma lei si limita a tenere il tutto fuori dalla sua portata, anche se è evidente come, di tanto in tanto, si trovi a dover contrastare una forza invisibile che la strattona. Din sorride silenziosamente a quella scena. Gli dà un senso di casa, come su Nevarro – ma più calda, abitata da una famiglia. E all’improvviso, si ritrova ancor più risoluto nella sua decisione, anche se l’ansia lo sta divorando vivo.

Si avvicina a loro e si siede sullo sgabello libero di fronte. Poggia rigidamente un braccio sul tavolino mentre lei comincia a rimettere gli attrezzi nella loro cassetta. Gli lancia un’occhiata interrogativa, e Din sa che il suo comportamento è anomalo. È silenzioso, certo, ma non così silenzioso, almeno non con loro attorno.

Il Bambino perde interesse nei traffici di Cara e trotterella verso di lui, allargando le braccia in una richiesta inequivocabile, che Din accoglie sollevandolo. Gli arruffa un orecchio e se lo accomoda sulle gambe, dando inizio al gioco preferito del piccolo, ovvero cercare di mangiargli la manica e qualunque altro lembo di tessuto scoperto. Succede ogni volta che non indossa l’armatura completa – oggi ha rinunciato ai parabracci, suo malgrado. Sospira e districa il tessuto dalla sua presa tenace; Cara sorride divertita nel guardarli mentre si alza per rimettere il blaster nella rastrelliera e la cassetta al proprio posto.

Lancia poi un’occhiata alla torta di uj residua. «Non la mangi?» chiede con noncuranza, ma palesemente speranzosa.

Din trattiene a malapena un risolino e le fa cenno col capo di servirsi – cosa che lei non si fa ripetere. Non può fare a meno di sorridere tra sé. Il tipico cibo Mandaloriano non è affatto raffinato e potrebbe essere cucinato da un bantha cieco e paralitico – è quello il punto, in effetti. Finché è dolorosamente piccante o stucchevolmente dolce, semplice da preparare anche in situazioni estreme, e riesce a tenere in piedi un guerriero per un altra battaglia, viene considerato commestibile.

Non sa spiegarsi il perché, ma è intimamente contento che Cara lo apprezzi così tanto – così come il Bambino... ma non c’è molto da stupirsi, considerando il suo appetito. Nella sua completa futilità, gli sembra solo un altro piccolo ingranaggio che va a inserirsi nella semplice, efficiente macchina della sua vita, adesso resa un po’ più complessa dalle ultime aggiunte impreviste – mai ricercate, ma forse necessarie. Cara e il Bambino vi si incastrano alla perfezione, così come l’elmo sulla sua testa.

Sente una raffica di emozioni espandersi in gola, con un picco quando Cara si siede di nuovo di fronte a lui; stringe di riflesso la presa sul Bambino, suscitando un trillo allegro da parte sua. Gli stringe un dito, raggomitolandosi contro il suo guanto.

«Posso chiederti una cosa?» si trova a chiederle, poco brillantemente.

Sa già di aver aperto la partita nel modo sbagliato, perché Cara gli rifila uno dei suoi sorrisetti dispettosi.

«Solo se non mi pentirò della risposta,» replica scaltra, rigirando le sue parole come le piace fare, solo per confonderlo.

Din si umetta le labbra, al sicuro dietro al beskar, e si sente comunque allo scoperto. Ha sferrato un pugno alla cieca e ha abbassato la guardia, esponendosi al contrattacco. Stupido. Stupido e imprudente. Sta già rovinando tutto.

«Oh, cavolo, a quanto pare me ne pentirò.» Cara sorride al suo silenzio, con gli occhi resi sottili dalla curva ilare delle guance. «Su, spara. Sempre se è adatto ai bambini.»

Din si lascia scappare un sospiro nervoso che potrebbe passare per uno sbuffo divertito, e tentenna. Il suo elaborato piano è già a brandelli, e non è nemmeno colpa di Cara. Cara si comporta come sempre, ignara del tumulto che ha in testa lui, e che gli fa vedere ogni deviazione dal percorso prospettato come un dirupo invalicabile.

Magari, semplicemente, non è il momento giusto. Magari sta affrettando le cose. Magari non vuole davvero farlo– bugiardo, lo rimprovera una parte di lui, schioccando con sufficienza la lingua.

«In realtà, non è urgente,» replica con tutta la nonchalance che gli riesce, e si concentra poi sul Bambino, che sta vivacemente cercando di attirare la sua attenzione.

Lo solleva e lo adagia nella nicchia tra corazza ed elmo, sapendo quanto gli piaccia accoccolarsi lì, il più vicino possibile a lui armatura permettendo. Sa anche che può sentire il suo turbamento – non capisce con chiarezza come, ma ci riesce. E a quanto pare lo sa anche Cara, perché sta fissando intentamente il piccolo come se fosse una spia lampeggiante sul quadrante di comando. Il Bambino ha messo su un’espressione sobria e quasi inquisitrice. Cara riporta lo sguardo su di lui, e Din non smetterà mai di sorprendersi per come riesca sempre a trovare e incontrare con precisione i suoi occhi, anche oltre il beskar.

«Sai che sto scherzando e che puoi dirmi tutto, vero?»

Din annuisce, cercando di mostrarsi distaccato, e continua a rivolgersi verso il Bambino. Conclude che il nuovo piano sicuro sia ritirata. Ma la sua bocca ha altri piani, decisamente meno convenzionali, e parla prima che lui possa pensare. Improvvisa al posto suo, e lo fa nel peggiore dei modi:

«Voglio che tu mi tolga l’elmo.»

E, con quelle esatte parole, ogni sua speranza di fare le cose “nel modo giusto” va irrimediabilmente in frantumi.


 

 




 



Note:
-La torta di uj è davvero un cibo mandaloriano nell'universo espanso; io ho solo elucubrato sulla sua "logica culinaria" :')

Note dell’Autrice:

Cosa? Cos’era quello?
Niente! Niente di niente, solo la mia voglia di fluff condito con un pizzico d’angst, e quella di scrivere trattati e saggi su questi due idioti spaziali che saranno la mia fine. E di scrivere uno scenario in cui Din venga confrontato col "fattore-elmo" in modo più pacato della mia long in corso :')
Tutte, o almeno alcune delle big revelations sono rimandate al prossimo capitolo, non mi uccidete, e saranno comunque tre capitoli tondi tondi ♥
Fatemi sapere che ne pensate se vi va: commenti, pomodori e insulti sono tutti bene accetti :D

-Light-

P.S. Per l'amor della Forza, andate a dare un'occhiata all'artista che ha la copyright sulla fanart del banner: troverete pane per i vostri denti!

   
 
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